Non basta un passaporto per portare via il figlio minorenne al padre naturale

La cessazione della convivenza tra i genitori naturali non conduce più alla cessazione dell’esercizio della potestà genitoriale. Quest’ultima resta in capo ad entrambi i genitori, salva la possibilità per il giudice di attribuire a ciascuno dei due il potere di assumere singolarmente decisioni sulle questioni di ordinaria amministrazione.

Così ha sancito la Corte di Cassazione con sentenza n. 10953/17 depositata il 7 marzo. Il caso. La madre dopo aver sottratto il figlio minorenne al padre, conducendolo in Ucraina, veniva condannata per il reato di sottrazione trattenimento di minore all’estero. La Corte d’appello, stante l’impedimento di esercitare la potestà genitoriale da parte del padre proprio per tale trasferimento, confermava tale responsabilità. La madre ricorre in Cassazione. L’esercizio della potestà genitoriale fra coppie conviventi. Il Collegio di legittimità afferma che la l. n. 54/2006 sull’esercizio della potestà in caso di crisi della coppia genitoriale e sull’affidamento condiviso ha esteso i nuovi principi sulla potestà genitoriale e sull’affidamento anche ai figli di genitori non coniugati, al fine di assicurare alla filiazione naturale forme di tutela identiche a quelle riconosciute alla filiazione legittima. In virtù di tale presupposto, la Cassazione sostiene che, ad oggi, la cessazione della convivenza tra i genitori naturali non conduce più alla cessazione dell’esercizio della potestà genitoriale, poiché quest’ultima è ora esercitata da entrambi i genitori, salva la possibilità per il giudice di attribuire a ciascuno dei due il potere di assumere singolarmente decisioni sulle questioni di ordinaria amministrazione . Nella fattispecie, la circostanza sollevata dalla ricorrente circa il consenso del padre all’inserimento del figlio minorenne nel suo passaporto, non ha rilevanza alcuna. Pertanto, la Cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 17 gennaio – 7 marzo 2017, n. 10953 Presidente Carcano – Relatore Calvanese Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. T.V. chiede l’annullamento della sentenza indicata in epigrafe con la quale la Corte di appello di Firenze riformava, quanto alla pena, la sentenza che l’aveva condannata per il reato di cui all’art. 574-bis cod. pen. per aver sottratto il figlio minorenne al padre, conducendolo in . La Corte di appello aveva ritenuto la responsabilità dell’imputata, essendo stato accertato che la predetta, nonostante l’opposizione del padre del minore, si era trasferita in con quest’ultimo, impedendo così all’altro genitore di esercitare la responsabilità genitoriale. Nel ricorso si contesta la violazione dell’art. 522 cod. proc. pen. per la mancata correlazione della sentenza e il capo di imputazione, avendo entrambi i giudici di merito qualificato il fatto nel più grave reato di cui all’art. 574- bis cod. pen., così anche violando l’art. 6 della Convenzione EDU., non essendo stata l’imputata avvisata della riqualificazione giuridica del fatto la erronea applicazione dell’art. 317-bis, secondo comma cod. pen., in quanto la potestà genitoriale spettava alla sola imputata e il padre aveva firmato il consenso all’inserimento del figlio minore nel passaporto della imputata. 2. Il ricorso è infondato. 2.1. Non ha pregio giuridico il primo motivo, in quanto il fatto ritenuto in sentenza era stato compiutamente contestato all’imputata nei medesimi termini, avendolo soltanto, già in primo grado, i giudici di merito diversamente qualificato nella specie, nel paradigma della fattispecie di cui all’art. 574-bis cod. pen. . Ben poteva pertanto la ricorrente esercitare il diritto di difesa, proponendo impugnazione Sez. 3, n. 2341 del 07/11/2012, dep. 2013, Manara, Rv. 254135 . 2.2. Quanto al secondo motivo, va ribadito che la legge 8 febbraio 2006, n. 54, sull’esercizio della potestà in caso di crisi della coppia genitoriale e sull’affidamento condiviso, applicabile anche ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati, ha corrispondentemente riplasmato l’art. 317-bis cod. civ. Sez. 1, n. 10265 del 10/05/2011, Rv. 61803 Sez. 1 civ., n. 8362 del 03/04/2007, Rv. 595912 l’art. 4, comma 2 della suddetta legge, ha il significato di estendere - all’evidente fine di assicurare alla filiazione naturale forme di tutela identiche a quelle riconosciute alla filiazione legittima - i nuovi principi e criteri sulla potestà genitoriale e sull’affidamento anche ai figli di genitori non coniugati. La disposizione del codice sull’esercizio della potestà nella filiazione naturale assume, per effetto della L. n. 54 del 2006, un nuovo volto, perché si arricchisce dei contenuti oggetto di quella legge. Pertanto, la cessazione della convivenza tra i genitori naturali non conduce più alla cessazione dell’esercizio della potestà, perché la potestà genitoriale è ora esercitata da entrambi i genitori, salva la possibilità per il giudice di attribuire a ciascun genitore il potere di assumere singolarmente decisioni sulle questioni di ordinaria amministrazione. Irrilevante è infine la circostanza che il padre avesse acconsentito al rilascio del passaporto al figlio minore, in quanto la stessa non legittimava l’imputata al compimento della condotta delittuosa di sottrazione. 3. Sulla base di quanto premesso, il ricorso va rigettato con le conseguenze di legge. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.