L’impugnazione della sentenza contumaciale da parte dell’avvocato munito di procura speciale

Laddove l’imputato, a seguito di una sentenza emessa nella sua contumacia, abbia conferito al proprio difensore procura speciale per proporre impugnazione, è privato dell’autonoma legittimazione ad impugnare il provvedimento anche in assenza di notifica dell’estratto contumaciale, essendosi spogliato del proprio diritto all’impugnazione proprio mediante il rilascio della delega.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 10537/17 depositata il 3 marzo. La vicenda. La Corte d’appello di Catania riformava la sentenza di primo grado e rideterminava la pena in 8 masi e 15 giorni di reclusione, oltre a 1.200,00 euro di multa, per il reato di cui all’art. 570 c.p L’imputato, con atto di impugnazione affidato al difensore di fiducia, ricorre per la cassazione del provvedimento deducendo la nullità della sentenza per il mancato esame dei motivi di appello, nonché la tempestività dell’appello proposto a seguito di notifica dell’estratto contumaciale della sentenza di primo grado e la violazione dell’art. 597 c.p.p. perché, in assenza di impugnazione del PM, la Corte territoriale avrebbe inflitto una pena superiore rispetto a quella comminata in prime cure. Sentenza contumaciale e impugnazione. La Corte di Cassazione condivide l’assunto del ricorrente secondo cui la notifica dell’estratto contumaciale ha lo scopo di informare l’imputato circa l’esistenza di una sentenza a suo carico emessa in contumacia in modo tale da consentirgli di esercitare il proprio diritto di impugnazione, che non si esaurisce con la semplice presentazione dell’impugnazione da parte del difensore . Nel caso di specie, dalla procura rilasciata al difensore, risulta pacifica la piena conoscenza da parte del ricorrente del provvedimento impugnato proprio a mezzo del difensore munito di apposita procura speciale, ritenendo con ciò pienamente consumato il diritto di impugnazione. La Corte di legittimità non trascura comunque l’impatto che la sentenza n. 317/2009 della Corte Costituzionale ha avuto sulla tesi dell’unitarietà dell’impugnazione spettante all’imputato e al difensore con la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 175, comma 2, c.p.p. nella parte in cui non consentiva la restituzione nel termine per l’impugnazione in favore dell’imputato, il quale non avesse avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento, anche nel caso in cui quest’ultimo fosse stato precedentemente impugnato dal difensore dello stesso imputato . Con un’interpretazione adeguatrice, la Corte è dunque giunta ad affermare che il gravame proposto dal difensore lascia inalterata l’autonoma facoltà di impugnazione dell’imputato, laddove la stessa non sia stata tempestivamente esercitata e non sia stata altrimenti garantita l’effettiva conoscenza del provvedimento da parte dell’imputato. Tale non è però la situazione verificatasi nel caso di specie, posto che la procura speciale rilasciata al difensore ha consentito di accertare che l’avvocato aveva ricevuto mandato ad hoc e non agiva dunque di propria iniziativa ma su precise direttive dell’assistito. Risulta invece fondata la doglianza relativa alla determinazione della pena che si pone in contrasto con il divieto di reformatio in pejus di cui all’art. 597 c.p.p Per questi motivi la Corte annulla la sentenza impugnata limitatamente al profilo sanzionatorio e rinvia la causa alla Corte d’appello per un nuovo giudizio.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 9 febbraio – 3 marzo 2017, n. 10537 Presidente Paoloni – Relatore Giordano Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Catania, dichiarato inammissibile l’appello proposto in data 13 gennaio 2016 dall’imputato F.S. e dal difensore di fiducia, avv. Pannuzzo, in accoglimento dell’appello proposto dall’avv. Giannone, originario difensore poi revocato, ha riformato la sentenza di primo grado e, con le circostanze attenuanti generiche, ha rideterminato la pena in quella di mesi otto e giorni quindici di reclusione ed Euro 1.200,00 di multa per il reato di cui all’art. 570 cod. pen., commesso dal marzo al novembre 2009. Ha confermato le statuizioni in favore della parte civile. 2. F.S. , con atto di impugnazione affidato al difensore di fiducia, propone due motivi di ricorso. Con il primo motivo deduce la nullità della sentenza impugnata per il mancato esame dei motivi di appello depositati, con atto sottoscritto dall’imputato e dal difensore, in data 13 gennaio 2016. Rileva, in particolare, la tempestività dell’appello proposto nel rispetto del termine di cui all’art. 585, comma 2, lett. d cod. proc. pen. a seguito della notifica dell’estratto contumaciale, avvenuta il precedente 3 dicembre 2015, e la conseguente grave compromissione del diritto di difesa dell’imputato, subito per effetto della decisione. Con il secondo motivo denuncia la violazione del divieto di cui all’art. 597 cod. proc. pen. poiché, in mancanza di appello del pubblico ministero, la Corte di appello, con le pur applicate circostanze attenuanti generiche, ha inflitto al F. una pena di gran lunga superiore a quella comminatagli in primo grado cioè mesi due di reclusione ed Euro 400 di multa . Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato con riguardo al secondo motivo di ricorso ma va rigettato nel resto. 2. È incontestato, a tenore della impugnata sentenza e degli elementi evincibili dagli atti del procedimento ai quali la Corte, in ragione della natura dell’errore dedotto può accedere, che l’avvocato Vincenzo Giannone, difensore di fiducia del F. nel giudizio di primo grado, ha proposto appello in data 22 gennaio 2014 e che all’imputato veniva notificato l’estratto contumaciale della sentenza di primo grado solo in data 3 dicembre 2015, a seguito di notifica disposta dalla Corte di appello dopo che alla precedente udienza l’imputato presente ne aveva eccepito la mancata notifica. A seguito di tale notifica l’imputato e il nuovo difensore in data 13 gennaio 2016 proponevano appello, impugnazione, dichiarata inammissibile dalla Corte di merito con decisione che non si presta a censura alcuna. 3. Ed in vero, è certamente condivisibile l’assunto dal quale muove il ricorrente, secondo cui la notificazione dell’estratto contumaciale ha lo scopo di informare l’imputato dell’esistenza di una sentenza emessa in sua contumacia, affinché possa acquisirne completa conoscenza per esercitare il proprio autonomo diritto di impugnazione, che non si esaurisce con la semplice presentazione dell’impugnazione da parte del difensore. E, tuttavia, nel caso in esame risulta dalla procura speciale rilasciata all’avv. Giannone e allegata alla dichiarazione di appello da questi proposta che il F. non solo aveva avuto completa conoscenza dell’esistenza del provvedimento impugnabile ma che aveva altresì conferito specifico incarico al proprio difensore di esercitare, anche in sua vece, il diritto di impugnazione, effettivamente esercitato dal difensore di fiducia, avv. Giannone. Nella procura speciale, in vero, si dà espressamente atto della conoscenza della sentenza, della motivazione della stessa riservando i motivi di appello al difensore, da noi si aggiunge ratificati e sottoscritti senza riserva alcuna, previa lettura integrale dell’atto di appello e firma dello stesso . Non è, dunque, revocabile in dubbio che l’imputato, a prescindere dalla mancata notifica dell’estratto contumaciale, aveva avuto piena conoscenza del provvedimento e che, per il tramite del difensore al quale aveva conferito apposita procura speciale, aveva esercitato, consumandolo, il diritto di impugnazione. Non ignora il Collegio che la tesi dell’unitarietà dell’impugnazione spettante all’imputato ed al difensore dello stesso è incrinata a seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 175, comma 2, cod. proc. pen. nella parte in cui non consentiva la restituzione nel termine per l’impugnazione in favore dell’imputato, il quale non avesse avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento, anche nel caso in cui quest’ultimo fosse stato precedentemente impugnato dal difensore dello stesso imputato Corte cost., n. 317 del 03/11/2009 . Con interpretazione adeguatrice del richiamato principio dell’unitarietà del diritto di impugnazione, la giurisprudenza di questa Corte, nel rispetto del principio costituzionale di ragionevole durata del processo, oltre che di evidenti esigenze di economia processuale, ha individuato situazioni che consentono di ricondurre ad unità le impugnazioni proponibili avverso lo stesso provvedimento anche in vista di prevenire, con risultati positivi, l’accesso a rimedi straordinari successivi alla formazione del giudicato. E, in coerenza con tale quadro di valori, questa Corte ha precisato che il gravame proposto dal difensore lascia inalterata l’autonoma facoltà di impugnazione dell’imputato, ove la stessa non sia stata tempestivamente esercitata e tale mancato esercizio non abbia fatto seguito a modalità procedurali tali da garantire la conoscenza effettiva del provvedimento da parte dell’imputato situazione, viceversa, puntualmente verificatasi nel caso in esame nel quale, il conferimento di procura speciale per proporre impugnazione all’avvocato Giannone, rilasciato successivamente alla sentenza di primo grado, ha consentito di accertare che l’avvocato Giannone aveva ricevuto un mandato ad hoc e che agiva, dunque, non di propria iniziativa ma su precise direttive del proprio assistito. Occorre, pertanto ribadire quanto già enunciato in materia di rimissione in termini Sez. 2, n. 42651 del 13/10/2015 dep. 22/10/2015, D’Alessandro, Rv. 26525601 , affermando il principio che l’imputato che, dopo una sentenza emessa in contumacia nei suoi confronti, conferisce al proprio difensore procura speciale per proporre impugnazione, è privo di legittimazione a impugnare autonomamente la decisione, nonostante la mancata notifica dell’estratto contumaciale, essendosi spogliato, mediante il rilascio della delega, del proprio diritto all’impugnazione. 4. Il secondo motivo di ricorso è fondato poiché la sentenza impugnata, su appello proposto dal solo imputato, è pervenuta ad una consistente aumento della pena inflitta, in aperta violazione del divieto di reformatio in pejus di cui all’art. 597 cod. proc. pen Si deve, inoltre, rilevare l’erroneità dell’aumento di pena per la continuazione interna, poiché il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, in coerenza con la struttura della condotta omissiva correlata alle permanenti esigenze di sussistenza del beneficiario, è reato permanente che si protrae unitariamente per tutto il periodo in cui perdura l’omesso adempimento. Il conseguenza di questo principio non è configurabile, in mancanza di ulteriori elementi che denotino la esistenza di una pluralità di reati, la continuazione in ragione di persistenti inadempimenti a favore del medesimo beneficiario. Ovvio, il rilievo che il termine di prescrizione del reato inizia a decorrere dalla cessazione della permanenza, coincidente con il sopraggiunto pagamento o con l’accertamento della responsabilità nel giudizio di primo grado e, nel caso dal 30 novembre 2009 sicché il reato in esame non è ad oggi prescritto cfr., ex multis, Sez. 6, n. 51499 del 04/12/2013, T., Rv. 25850401 . 5. Trattandosi di annullamento parziale della sentenza afferente a statuizioni diverse da quelle sottese al già avvenuto accertamento del reato e della responsabilità del ricorrente, la decisione sulla condanna diviene irrevocabile con la presente sentenza di legittimità, con effetti preclusivi per il giudice del rinvio della declaratoria di eventuali sopravvenienti cause estintive del reato. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Catania. Rigetta nel resto il ricorso. Dichiara irrevocabile ex art. 624 cod. proc. pen. il giudizio di colpevolezza del ricorrente.