Apposizione contrassegno Siae. Quando è prevista l’assoluzione con la formula “il fatto non sussiste”?

La sentenza Schwibbert emessa dalla CGUE l’8 novembre 2007,in tema di diritto d’autore, sancisce l’inopponibilità nei confronti dei privati dell’obbligo di apposizione del contrassegno Siae per tutte le condotte di cui all’art. 171 l. n. 633/1941 poste in essere anteriormente al 21 aprile 2009, data in cui è entrato in vigore il d.p.c.m. n. 31/2009.

Così ha deciso la Suprema Corte con sentenza n. 9350/17 depositata il 27 febbraio. Il caso. La Corte d’appello di Potenza confermava la condanna dell’imputato per aver commesso il reato di cui all’art. 171- ter l. n. 633/1941 perché deteneva abusivamente all’interno del proprio locale cd musicali privi del marchio Siae. Il ricorrente adisce la Cassazione denunciando l’eterogeneità del capo d’imputazione a lui contestato rispetto all’ipotesi di reato prevista dalla norma violata. Infatti, a lui viene contestata la mera detenzione dei cd, mentre la norma sopracitata punisce la condotta di chi duplica, riproduce, trasmette, detiene per la vendita, introduce o pone in commercio i cd privi del marchio Siae. L’applicabilità della sentenza Schwibbert. La Corte di Cassazione afferma che, posto la contestata attività di abusiva diffusione all’interno di un locale pubblico di opere musicali, protette da diritto di autore, riprodotte su supporti digitali da lui detenuti costituivi da cd musicali privi del timbro Siae e, tenuto conto del tempus commissi delicti al caso in esame, è applicabile il principio contenuto nella sentenza Schwibbert emessa dalla CGUE nel 2007. In particolare, tale sentenza afferma, in tema di diritto d’autore, relativamente ai reati di detenzione di supporti privi del contrassegno Siae per una delle finalità di cui all’art. 171- ter, lettera d , l. n. 633/1941 l’inopponibilità nei confronti dei privati dell’obbligo di apposizione del predetto contrassegno quale effetto della mancata comunicazione alla Commissione dell’UE di tale regola tecnica in adempimento della direttiva n. 83/189/CE. Tale inopponibilità comporta l’assoluzione del soggetto agente con la formula il fatto non sussiste”, per tutte le condotte di cui alla disposizione asseritamente violata poste in essere anteriormente al 21 aprile 2009, data in cui è entrato in vigore il d.p.c.m. n. 31/2009, con cui, sanando la precedente omissione, è stato approvato il testo definitivo della regola tecnica oggetto del procedimento di notifica alla Commissione n. 2008/0162/I . Pertanto la i Giudici di legittimità annullano la sentenza impugnata senza rinvio perché il fatto non sussiste.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 7 aprile 2016 – 27 febbraio 2017, n. 9350 Presidente Rosi – Relatore Gentili Ritenuto in fatto La Corte di appello di Potenza ha confermato, con sentenza del 8 maggio 2014, la decisione assunta dal Tribunale di Matera, Sezione distaccata di Pisticci, il precedente 8 maggio 2012 e con la quale P.D. era stato condannato alla pena di giustizia, in quanto ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 171-ter della legge n. 633 del 1941 perché deteneva abusivamente all’interno del proprio locale denominato omissis cd musicali privi del marchio Siae. Nel respingere l’appello formulato dal ricorrente la Corte territoriale lucana osservava che, data la tipologia del locale gestito dal P. destinato anche all’intrattenimento musicale degli avventori ed il punto di esso ove i predetti supporti erano conservati bancone del bar , era verosimile che gli stessi erano colà detenuti per essere ivi utilizzati ciò integrerebbe, ad avviso della Corte gli estremi del reato contestato e che, quanto alla eccepita prescrizione, il relativo termine non poteva considerarsi maturato in ragione della presenza sia di fattori interruttivi della prescrizione che di fattori sospensivi del corso di essa mentre, per ciò che atteneva all’eventuale richiesta di applicazione del condono di cui alla legge n. 241 del 2006, stante la presenza di diversi pregiudizi a carico del prevenuto, era opportuno che questa fosse valutata dal giudice della esecuzione. Ha proposto ricorso per cassazione il P. deducendo quale primo motivo di impugnazione la eterogeneità del capo di imputazione a lui contestato rispetto alla ipotesi di reato prevista dalla norma asseritamente violata ha infatti, rilevato il ricorrente che a lui è stata contestata la mera detenzione dei predetti supporti, condotta che di per sé non costituisce reato, posto che l’art. 171-ter della legge n. 633 del 1941 punisce la condotta di chi duplica, riproduce, trasmette, detiene per la vendita, introduce o pone in commercio i cd privi del timbro Siae. In via subordinata il ricorrente ha rilevato che, essendogli stato contestata la semplice mancata presenza sui supporti in questione del timbro Siae, la condotta da lui posta in essere non può essere considerata illecita, sulla base della giurisprudenza formatasi, anche presso le giurisdizioni nazionali, successivamente alla decisione assunta dalla Corte di giustizia Europea in relazione al cosiddetto caso Schwibbert. Infine il ricorrente ha contestato la decisione della Corte con la quale è stata respinta la richiesta di applicazione del condono. Considerato in diritto Il ricorso è fondato secondo le ragioni che saranno di seguito chiarite. Deve rilevarsi, con riferimento al primo motivo di impugnazione proposto dal ricorrente - con il quale questi ha dedotto la irrilevanza penale del fatto a lui addebitato nel capo di imputazione, posto che lo stesso fa riferimento alla mera detenzione di un certo numero di supporti digitali, riproducenti opere musicali protette dal diritto di autore, privi del timbro Siae - che, in realtà, come è chiaro dal tenore della decisione, sia di primo che di secondo grado, il P. non è stato sottoposto a giudizio, al di là di un’evidente superficialità della redazione dell’originario capo di imputazione, per avere meramente detenuto i predetti supporti digitali, ma per avere proceduto, in tal modo integrando dal punto di vista della condotta materiale l’illecito previsto e punito dall’art. 171-ter, comma 1, lettera d , della legge n. 633 del 1941, alla diffusione, tramite strumenti di riproduzione sonora, all’interno del locale pubblico da lui gestito, dei contenuti musicali presenti sui supporti digitali dal medesimo detenuti. Che di tale puntualizzazione della contestazione, e conseguente più precisa qualificazione dell’addebito a lui mosso, il ricorrente sia stato tempestivamente posto a conoscenza, in tal senso dovendosi ritenere che non sussista alcuna violazione del principio di correlazione fra la accusa e la sentenza, lo si desume chiaramente sia dal tenore delle argomentazioni svolte dal giudice di primo grado, sia dal contenuto dei motivi di appello svolti dal ricorrente avverso detta sentenza, con i quali il prevenuto censura la decisione proprio nella parte in cui in essa, peraltro in termini di assoluta plausibilità, si è ritenuto che la destinazione dei supporti in questione fosse non l’ascolto privato ma la diffusione all’interno del locale pubblico del P. . Fondato è, viceversa, il secondo motivo di impugnazione, con conseguente assorbimento del successivo motivo. Posto, infatti, che al P. è stata contestata la attività di abusiva diffusione all’interno di un locale pubblico di opere musicali, protette dal diritto di autore, riprodotte su supporti digitali da lui detenuti costituiti da cd musicali privi del timbro Siae, rileva la Corte, tenuto conto anche del tempus commissi delicti riferito al caso ora in esame, cioè il 21 aprile 2006, che, in attuazione della ben nota sentenza Schwibbert emessa dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea in data 8 novembre 2007, in tema di diritto d’autore, relativamente ai reati di detenzione di supporti privi del contrassegno Siae per una delle finalità di cui all’art. 171-ter, lettera d , della legge n. 633 del 1941, l’inopponibilità nei confronti dei privati dell’obbligo di apposizione del predetto contrassegno quale effetto dalla mancata comunicazione alla Commissione dell’Unione Europea di tale regola tecnica in adempimento della direttiva Europea 83/189/CE, comporta l’assoluzione del soggetto agente con la formula il fatto non sussiste Corte di cassazione, Sezione III penale 6 maggio 2013, n. 19442 , per tutte le condotte di cui alla disposizione asseritamente violata poste in essere anteriormente al 21 aprile 2009, data di entrata in vigore del d.P.C.M. 23 febbraio 2009, n. 31, con cui, sanando la precedente omissione, è stato approvato il testo definitivo della regola tecnica oggetto del procedimento di notifica alla Commissione n. 2008/0162/I. La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata, alla luce delle argomentazioni sopra riportate, secondo la formula perché il fatto non sussiste. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.