Causa estintiva del reato vs nullità processuale assoluta e insanabile. Cosa prevale?

Rimessa alle Sezioni Unite la questione inerente all’obbligo o meno in capo alla Suprema Corte di dichiarare la nullità della sentenza di proscioglimento per prescrizione pronunciata de plano in violazione del contraddittorio.

Così ha deciso la III Sezione Penale della Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 9140, depositata in cancelleria il 24 febbraio 2017. Il proscioglimento in appello per intervenuta prescrizione. Nel caso concreto, un veterinario è stato rinviato a giudizio per il reato di maltrattamento di animali di cui all’art. 544- ter , c.p Secondo l’accusa, il professionista avrebbe commesso violenze nei confronti di diversi cavalli da corsa, anche attraverso la somministrazione di sostanze dopanti. In esito al giudizio di primo grado, il Tribunale – in relazione al quadro probatorio – ha riconosciuto la responsabilità penale dell’imputato per l’effetto condannandolo alla pena di legge. Tuttavia, la Corte d’appello - pur constatando l’insussistenza di elementi tali da escludere la correttezza della decisione di prime cure - ha paralizzato il verdetto di condanna, dichiarando il non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato ex art. 129, comma 2, c.p.p Sempre su impulso dell’imputato, la vicenda è stata infine portata all’attenzione dei giudici di legittimità. In questa sede, il ricorrente ha evidenziato talune carenze processuali tali da rendere radicalmente nullo il provvedimento emesso dalla Corte d’Appello. Più precisamente, tra vari motivi di censura, la difesa ha lamentato l’illegittimità della sentenza gravata poiché emessa d’ufficio, in camera di consiglio, senza previa citazione in giudizio dell’imputato appellante, perciò affetta da nullità generale e insanabile. In questi termini, l’imputato ha insistito per l’annullamento del proscioglimento in rito, stante l’asserita violazione del proprio diritto di difesa e, dunque, del diritto a pretendere un’assoluzione - nel merito - con formula piena. Il contrasto giurisprudenziale. L’attenzione dell’ordinanza in epigrafe si appunta sul seguente quesito se il Supremo Consesso debba dichiarare la nullità della sentenza predibattimentale, pronunciata in violazione del contraddittorio, di proscioglimento per intervenuta estinzione del reato per prescrizione ovvero se debba invece dare prevalenza alla causa estintiva del reato, senza regressione alcuna del procedimento penale. Sul punto, la Corte ha riepilogato il consistente contrasto maturato nel corso degli ultimi anni in sede di legittimità. Prevale la nullità assoluta. Secondo una prima corrente interpretativa, nell’ambito del giudizio di appello non sarebbe consentito pronunciare una sentenza predibattimentale di proscioglimento ex art. 496, c.p.p., nemmeno agli effetti dell’art. 129, cit., posto che la pronuncia di assoluzione per sussistenza di cause di non punibilità presuppone comunque l’esercizio della giurisdizione con effettiva pienezza del contraddittorio ex multis , Cass. Pen., Sez II, n. 33741/2016 . In questi termini, la sentenza de plano d’appello che dichiari il proscioglimento per intervenuta prescrizione determina la lesione del diritto al contradditorio, con conseguente regressione forzata del procedimento e correlata celebrazione della fase d’appello. L’orientamento in esame prende le mosse da una evidente ragione di fondo, ossia l’ampiezza e la profondità del sindacato del giudice d’appello rispetto al giudizio di legittimità la cognizione ex art. 129, c.p.p. della Cassazione, infatti, è limitata al contenuto delle sentenze e degli atti di impugnazione, mentre quella del giudice d’appello si estende al contenuto di tutti gli atti del processo di primo grado, con evidente incisione sul perimetro delle ragioni che potrebbe, in astratto, promuovere l’imputato. Prevale la causa estintiva. All’orientamento sopra esposto se ne contrappone un altro che, di contro, fa prevalere - sebbene con alcuni temperamenti - l’esigenza di definizione immediata del procedimento pur a fronte della patente nullità della sentenza pronunciata de plano che accerti l’intervenuta prescrizione. In particolare, tale seconda corrente di pensiero in giurisprudenza, cfr. Cass. Pen. Sez. III, n. 42703/2015 ritiene che il principio di immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità vuole che, nell’ambito del giudizio di legittimità, qualora ricorrano contestualmente una causa estintiva del reato prescrizione e una nullità processuale assoluta e insanabile sentenza predibattimentale pronunciata in assenza della citazione in giudizio dell’imputato , la causa estintiva abbia la meglio, salvo che - qui il temperamento - l’operatività della causa estintiva non presupponga specifici accertamenti e valutazioni riservati al giudice di merito, nel qual caso assume valore pregiudiziale la nullità, in quanto funzionale alla necessaria rinnovazione del giudizio . Per la tesi in esame la nullità della sentenza va dichiarata allorché l’imputato prospetti la concreta necessità” di godere di un giudizio di merito potenzialmente idoneo a condurre ad una decisione assolutoria più favorevole i.e. l’imputato non può limitarsi ad eccepire la nullità per violazione del contradditorio, essendo necessario che indichi specificamente nel ricorso gli atti del processo dai quali risulti la causa di proscioglimento, nel merito, maggiormente di favore o, comunque, quando la causa estintiva possa trovare applicazione solo dietro specifici accertamenti e valutazioni riservati al giudice di merito. Rimessione alle Sezioni Unite. Sul crinale del contrasto giurisprudenziale sopra sintetizzato, la Sezione interessata del ricorso ha dunque ritenuto opportuno rimettere la questione al Primo Presidente per la rituale assegnazione della questione alle Sezioni Unite.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 17 – 24 febbraio 2017, n. 9140 Presidente Amoroso – Relatore Andronio Ritenuto in fatto 1. - Con sentenza del 2 dicembre 2015, pronunciata in camera di consiglio senza la partecipazione delle parti, la Corte d’appello di Reggio Calabria - in riforma della sentenza del Tribunale di Reggio Calabria del 1 aprile 2011, con la quale, per quanto qui rileva, l’imputato odierno ricorrente era stato condannato per il reato di cui agli artt. 110, 81, secondo comma, 544 ter, primo e secondo comma, cod. pen., per una serie di maltrattamenti inflitti a diversi cavalli da corsa, anche attraverso la somministrazione di sostanze dopanti, effettuata nella sua qualità di veterinario fatti commessi fino all’ottobre 2006 - ha dichiarato non doversi procedere, per essere il reato estinto per prescrizione. La Corte distrettuale ha constatato l’inesistenza di circostanze idonee ad escludere la sussistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato o la sua rilevanza penale. 2. - Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento. 2.1. - Con un primo motivo di doglianza, si deduce la violazione degli artt. 601, commi 3 e 6, 429, comma 1, lettera t , 178, comma 1, lettera c , 179, comma 1, cod. proc. pen., a causa dell’omessa citazione in giudizio dell’imputato appellante. Il difensore sostiene di essere venuto a conoscenza della celebrazione e della definizione del giudizio di appello solo a seguito della ricezione di copia della sentenza e produce un’attestazione di cancelleria del 10 marzo 2016 dalla quale emerge che la sentenza è stata pronunciata l’ufficio, ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. Così procedendo, la Corte d’appello sarebbe incorsa in una nullità generale, insanabile perché attinente al diritto di difesa dell’imputato. 2.2. - In secondo luogo, si prospettano la violazione dell’art. 129, comma 2, cod. pen. e la mancanza di motivazione in relazione alla sussistenza delle condizioni per il proscioglimento dell’imputato nel merito. La difesa lamenta, in particolare, la mancata disamina critica della sentenza di primo grado, che si basa essenzialmente su intercettazioni telefoniche, oltre che sugli esiti di una consulenza tecnica di parte dell’accusa, le cui conclusioni sarebbero smentite dalle opposte risultanze di una consulenza della difesa. Secondo il ricorrente, nella valutazione dell’efficacia dopante e dell’effettiva utilizzazione di due farmaci Eprex e Finadyne , i giudici di appello avrebbero dovuto tenere conto delle risultanze delle indagini difensive, da cui era emerso che il prima di tali due farmaci è utilizzato per curare i cani e non i cavalli il secondo dei due farmaci era stato effettivamente prescritto dall’imputato per la malattia di un cavallo, e non a fini di doping, ovvero non per migliorare le prestazioni equine nelle corse. Si lamenta, inoltre, la mancata considerazione del regolamento UNIRE in tema di doping, nonché del fatto che nei giorni di gara non era mai stata trovata negli animali alcuna traccia di sostanze dopanti. Si svolgono, infine, considerazioni circa la qualificazione quali maltrattamenti delle corse dei cani su strada svolta, sostenendo che le stesse sarebbero state, invece, giustificate dalla necessità di svolgere riabilitazione da patologie dell’apparato tendineo-legamentoso. E, del resto, neanche dalla ricostruzione dei fatti contenuta nella sentenza di primo grado emergerebbe alcuna prova di danni che gli animali avrebbero subito in conseguenza delle condotte ascritte all’imputato. Considerato in diritto 3. - Deve preliminarmente osservarsi che - come evidenziato dal ricorrente - la sentenza impugnata risulta effettivamente pronunciata in camera di consiglio senza la partecipazione delle parti, come risulta, sia dall’intestazione prestampata, nella quale sono cancellate le parole Sentito il Pubblico Ministero nella persona del S. Procuratore Generale Dott. , gli appellanti ed i difensori di fiducia e di Ufficio , sia dall’attestazione di cancelleria del 10 marzo 2016, in cui si afferma che la sentenza è stata emessa di ufficio ai sensi dell’art. 129 c.p.p. . Nessun atto di citazione per l’udienza è stato, del resto, notificato all’imputato o al suo difensore. La Corte d’appello ha rilevato l’intervenuta prescrizione del reato continuato contestato, ex art. 129, comma 2, cod. proc. pen., constatando l’inesistenza di circostanze idonee ad escludere la sussistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato o la sua rilevanza penale, anche in considerazione delle ampie e motivate argomentazioni del primo giudice relativamente alla responsabilità penale. Ha precisato, in particolare, che la valutazione che il giudice deve compiere a tale ultimo riguardo consiste in una percezione ictu oculi e non in un apprezzamento ed è, dunque, incompatibile con qualsiasi necessità di ulteriore accertamento o approfondimento. Va altresì rilevato, sempre in via preliminare, che non sussistono - allo stato degli atti - i presupposti per poter pervenire in questa sede ad una pronuncia di proscioglimento ex art. 129, comma 1, cod. proc. pen., che renderebbe irrilevante la risoluzione della questione posta dalla difesa con il primo motivo di doglianza. Infatti, il secondo motivo di censura, relativo alla responsabilità penale, è formulato in modo tale che anche un suo eventuale accoglimento renderebbe comunque necessario un annullamento con rinvio della sentenza impugnata, perché non si riferisce a dati immediatamente percepibili dal giudice di legittimità, ma ad un complesso di elementi, emergenti dall’istruttoria svolta, che non sarebbero stati adeguatamente presi in considerazione in primo e secondo grado. 4. - Risulta dunque rilevante, ai fini della decisione, la questione, posta con il primo motivo di ricorso, se Corte di cassazione debba dichiarare la nullità della sentenza predibattimentale pronunciata in violazione del contraddittorio con cui si dichiara l’estinzione del reato per prescrizione, o debba, invece, dare prevalenza alla causa estintiva del reato . 5. - Come segnalato dall’Ufficio del Massimario rel. n. 27/16, del 21 aprile 2016 , su tale questione sussiste attualmente un contrasto tra diversi orientamenti giurisprudenziali di legittimità. 5.1. Un primo indirizzo muove dall’affermazione di principio secondo cui, nel giudizio di appello, non è consentita la pronuncia di sentenza predibattimentale di proscioglimento ex art. 496 cod. proc. pen., in quanto la disciplina dettata dagli artt. 598, 599 e 601 cod. proc. pen. non contiene alcun rinvio, esplicito od implicito, a tale epilogo, né la pronuncia de plano può essere emessa ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., in quanto l’obbligo del giudice di dichiarare immediatamente la sussistenza di una causa di non punibilità presuppone un esercizio della giurisdizione con effettiva pienezza del contraddittorio ex multis, Sez. 2, n. 33741 del 04/05/2016, Ventrella, Rv. 267498 Sez. 6, n. 50013 del 24/11/2015, Capodicasa, Rv. 265701, Sez. 2, n. 42411 del 04/10/2012, Rv. 254351 Sez. 5, n. 44619 del 23/11/2005, Lossetto, Rv. 232718 . A tale affermazione le sentenze del primo orientamento fanno conseguire che la pronuncia della sentenza di proscioglimento de plano in sede di appello, ove pure fosse emessa per dichiarare l’intervenuta prescrizione, determinerebbe una lesione del diritto al contraddittorio, ipotesi a fronte della quale si renderebbe comunque necessaria la regressione del procedimento e la celebrazione della fase d’appello, quantunque il provvedimento non possa considerarsi intrinsecamente abnorme ex plurimis, Sez. 6, n. 50013/2015 Sez. 6, n. 24062 del 10/05/2011, Palau Giovannetti, Rv. 250499 in senso analogo, Sez. 2, n. 42411 del 04/10/2012, Napoli, Rv. 254351 Sez. 3, 13 gennaio 2009, n. 8831, Iannò, Rv.243003 . L’esigenza di far regredire il procedimento è fondata sulla necessità di garantire la pienezza del contraddittorio anche da Sez. 6, n. 10960 del 25/02/2015, Tavecchio, Rv. 262833, che in motivazione sottolinea la peculiarità della nullità assoluta per violazione del contraddittorio, caratterizzante la sentenza d’appello deliberata de plano in presenza della prescrizione del reato. Si precisa, sul punto, che la cognizione ex art. 129 cod. proc. pen. della Corte di cassazione è limitata al contenuto delle sentenze e degli atti di impugnazione, mentre quella del giudice d’appello si estende al contenuto di tutti gli atti del processo di primo grado, sicché radicalmente diversa è la fonte dell’evidenza di una causa di proscioglimento nel merito, con la conseguenza che sussiste l’interesse dell’imputato alla pronuncia in contraddittorio del giudice del merito, perché le ragioni del proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen., che potrebbero essere dedotte davanti allo stesso giudice del merito sono più ampie, e qualitativamente diverse, da quelle conoscibili dal giudice di legittimità. Sempre nell’ambito dello stesso orientamento, Sez. 6, n. 28478 del 27/06/2013, Corsaro, Rv. 255862, espressamente esclude che la sentenza adottata ex art. 129 cod. proc. pen. integri un atto abnorme, ritenendo ugualmente sufficiente la nullità assoluta per violazione del contraddittorio a determinare l’annullamento per consentire il recupero della fase di merito. 5.2. Un secondo orientamento attribuisce, invece, prevalenza alle esigenze di immediata definizione del procedimento, negando la regressione dello stesso ove, a fronte dell’accertata nullità della sentenza pronunciata de plano, risulti comunque maturata la prescrizione. In tal senso si sono recentemente pronunciate Sez. 3, n. 42703 del 07/07/2015, Pisani, Rv. 265194 e Sez. 4, n. 36896 del 13 giugno 2014, Volpato, Rv. 260299, precisando che il principio di immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità sancito dall’art. 129 cod. proc. pen. impone che nel giudizio di cassazione, qualora ricorrano contestualmente una causa estintiva del reato - nel caso di specie la prescrizione - e una nullità processuale assoluta e insanabile, sia data prevalenza alla prima, salvo che l’operatività della causa estintiva non presupponga specifici accertamenti e valutazioni riservati al giudice di merito, nel qual caso assume rilievo pregiudiziale la nullità, in quanto funzionale alla necessaria rinnovazione del relativo giudizio. Ci si basa, in altri termini, sul presupposto che la nullità della sentenza vada dichiarata esclusivamente ove sia prospettata la concreta necessità di un giudizio di merito potenzialmente idoneo a condurre ad una decisione assolutoria maggiormente favorevole per l’imputato. Dunque, l’imputato non può limitarsi ad eccepire la nullità per violazione del contraddittorio ma è necessario che indichi specificamente nel ricorso gli atti del processo dai quali risulti la causa di proscioglimento nel merito di immediata evidenza ex multis, con accenti diversi, Sez. 5, n. 51135 del 19/11/2014, Dondè, Rv. 261919 Sez. 2, n. 2545 del 16/10/2014, Riotto, Rv. 262277 Sez. 6, n. 20065 del 01/04/2014, Di Napoli, Rv. 259726 Sez. 2, n. 6338 del 18/02/2014, Argentieri, Rv. 262761 Sez. 3, n. 1550 del 01/12/2010, Gazzerotti, Rv. 249428 Sez. 6, n. 21459 del 26 marzo 2008, Pedrazzini, Rv. 240066 . Le conclusioni cui giungono le predette pronunce si richiamano al principio generale, affermato da Sez. Un., n. 17179 del 27/02/2002, Conti, Rv. 221403, sia pur con riferimento a diversa fattispecie, in virtù della quale il principio di immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità sancito dall’art. 129 cod. proc. pen. impone che nel giudizio di cassazione, qualora ricorrano contestualmente una causa estintiva del reato e una nullità processuale assoluta e insanabile, sia data prevalenza alla prima, salvo che l’operatività della causa estintiva non presupponga specifici accertamenti e valutazioni riservati al giudice di merito, nel qual caso assume rilievo pregiudiziale la nullità, in quanto funzionale alla necessaria rinnovazione del relativo giudizio. 6. - Poiché la questione di diritto esaminata ha dato luogo al contrasto giurisprudenziale sopra descritto, appare opportuno che il ricorso sia rimesso al Primo Presidente della Corte di cassazione, per l’assegnazione alle sezioni unite, ai sensi dell’art. 618 cod. proc. pen P.Q.M. Rimette il ricorso al Primo Presidente della Corte di cassazione, per l’assegnazione alle sezioni unite.