Uso indebito di supporto magnetico clonato: l'illecito c'è... ma qual è?

Sussiste un contrasto giurisprudenziale in relazione alla qualificazione giuridica dell'utilizzo indebito di supporti magnetici clonati. Per alcuni tali condotte integrano l'illecito di cui all'art. 55 d.lgs. n. 231/2007 indebito utilizzo di carte di pagamento clonate , per altri quello di cui all'art. 640-ter c.p. frode informatica .

E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8913/2017, depositata il 23 febbraio. Il caso. La Corte d'appello di Roma, a conferma della statuizione del giudice di prime cure, condannava un'imputata per l'illecito di cui agli artt. 110 c.p. e 55 d.lgs. n. 231/2007 concorso nell'indebito utilizzo di carte di pagamento clonate . Alla condannata veniva rimproverato di aver utilizzato indebitamente, in concorso con altri, una carta di pagamento clonata, appunto. L'interessata ricorreva per cassazione, lamentando vizi di motivazione in relazione all'accertamento dei fatti e violazione di legge per errata qualificazione della fattispecie come indebito uso di carta di pagamento invece che come truffa informatica, ex art. 640- ter c.p Il contrasto giurisprudenziale. La Suprema Corte ha ritenuto fondate le doglianze relative al vizio motivazionale, ma si è ugualmente soffermata sulla qualificazione giuridica del fatto. In particolare, gli Ermellini hanno rilevato come sussista un contrasto giurisprudenziale in merito. Da una parte, infatti, vi è una scuola di pensiero che, nell'ipotesi di ripetuto prelievo di somme di denaro mediante supporto magnetico duplicato illecitamente, riconosce la sussistenza del reato di cui all'art. 55, comma 9, d.lgs. n. 231/2007 come nel caso di specie dall'altra, fa capolino un filone giurisprudenziale che, alla condotta consistente nell'abusiva penetrazione nel sistema informatico bancario, mediante uso di carta clonata e codice d'accesso captato con modalità fraudolente , fa corrispondere la fattispecie di cui all'art. 640- ter c.p La sopra delineata incongruenza, secondo il Collegio, non rende manifestamente infondato il ricorso. Indipendentemente dalle ragioni sopra esposte, la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata, essendosi l'illecito estinto per intervenuta prescrizione.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 14 febbraio – 23 febbraio 2017, n. 8913 Presidente Prestipino – Relatore Alma Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 6 novembre 2015 la Corte di Appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale di Velletri in data 31 ottobre 2012 con la quale P.C.V. era stata dichiarata colpevole del reato di cui agli artt. 110 cod. pen. 55 d.lgs. 231/2007 in esso ritenuta assorbita l’ulteriore contestazione di truffa per avere concorso con persona non identificata nell’indebito uso di una carta di pagamento Postepay di provenienza illecita in quanto clonata rispetto a quella originale intestata a Maurizio Giuseppe Costa Avanzato, e condannata a pena ritenuta di giustizia. Il fatto è contestato come commesso in data omissis . 2. Ricorre per Cassazione avverso la predetta sentenza il difensore dell’imputata, deducendo 2.1. Violazione di legge e vizi di motivazione ex art. 606, lett. b , c ed e , cod. proc. pen. in relazione ai criteri di valutazione della prova ai sensi dell’art. 192 cod. proc. pen Evidenzia al riguardo la difesa della ricorrente che i Giudici del merito avrebbero erroneamente ritenuto provata la sussistenza della penale responsabilità della P. , ciò in quanto l’intestazione del numero telefonico sul quale risulta effettuata la ricarica mediante l’uso della carta Postepay clonata di cui si è detto sopra non sarebbe un elemento risolutivo anche perché nel corso dell’istruttoria dibattimentale è emerso che l’utenza telefonica omissis sulla quale fu effettuata la ricarica, pur essendo intestata all’imputata era in realtà in uso ad un parente della stessa. Inoltre i Giudici del merito non avrebbero in alcun modo fornito una spiegazione ragionevole circa il nesso eziologico tra la ricarica sulla scheda telefonica e la clonazione della carta Postepay e quindi dell’addebitabilità alla P. dell’uso illegittimo della carta stessa della quale non è stata raggiunta la prova della effettiva disponibilità. 2.2. Vizi di motivazione della sentenza impugnata ex art. 606, lett. e , cod. proc. pen. in punto di sussistenza del reato contestato. Evidenza al riguardo la difesa della ricorrente l’assenza di indagini da parte della Polizia finalizzate all’individuazione dell’indirizzo IP di collegamento e del computer dalle quali furono effettuate le operazioni on line di ricarica telefonica anche perché delle quattro operazioni di ricarica eseguite solo due di esse hanno riguardato utenze riconducibili alla P La Corte di appello non avrebbe adeguatamente risposto al relativo motivo di gravame sul punto. 2.3. Violazione di legge ex art. 606, lett. b , cod. proc. pen. per errata qualificazione del fatto come violazione dell’art. 55 D.Lgs. 231/2007 in luogo di quello di cui all’art. 640- ter cod. pen. atteso che, come chiarito nella giurisprudenza di legittimità, commette il delitto di frode informatica colui che, servendosi di una carta di credito falsificata e di un codice di accesso fraudolentemente captato effettua illecite operazioni di trasferimento fondi. 2.4. Violazione di legge ex art. 606, lett. b , cod. proc. pen. in relazione agli artt. 133 e 62 n. 4, cod. pen Si duole parte ricorrente dell’eccessività del trattamento sanzionatorio riservato all’imputata anche alla luce del mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. in relazione all’esiguità del danno patrimoniale patito dalla persona offesa. 2.5. Violazione di legge ex art. 606, lett. b , cod. proc. pen. in relazione all’art. 163 cod. pen Si duole parte ricorrente del mancato accoglimento della richiesta di sospensione condizionale della pena nonostante che ne ricorressero le condizioni di legge atteso che l’imputata era incensurata. 2.6. Eccepisce, infine, la difesa della ricorrente l’estinzione per prescrizione del reato maturata tra la data della pronuncia del dispositivo ed il deposito delle motivazioni della sentenza della Corte di appello. Considerato in diritto 1. Il primo ed il secondo motivo di ricorso, che appaiono meritevoli di trattazione congiunta, appaiono fondati sotto il profilo del difetto di motivazione. La Corte di appello nella motivazione della sentenza impugnata con un’affermazione apodittica inerente alla descrizione del fatto e non alla sua valutazione si è limitata a riaffermare a conforto del riconoscimento della penale responsabilità dell’imputata un elemento emergente dalla sentenza di primo grado e cioè che dalle indagini compiute dalla Polizia è emerso che due delle ricariche operate mediante l’uso della carta Postepay clonata furono indirizzate ad utenze telefoniche risultate intestate all’imputata anche se una sola di esse risultata effettivamente in uso alla medesima. Così esprimendosi la Corte di appello non ha di fatto risposto ai motivi di gravame relativi sia alla mancata individuazione delle modalità con le quali furono effettuate le illecite operazioni, sia a quello riguardante il fatto che non tutte le ricariche illecitamente operate furono effettuate su utenze intestate all’imputata, sia, ancora, a quello riguardante l’elemento soggettivo del reato in contestazione laddove la difesa aveva evidenziato non solo che non era stata raggiunta la prova che la P. fosse stata l’effettiva utilizzatrice della carta clonata ma anche che in capo alla stessa sia ravvisabile l’elemento psicologico da individuarsi nella coscienza e volontà di utilizzare indebitamente una carta di proprietà altrui. 2. Quanto, poi, al terzo motivo di gravame non può non rilevarsi l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale sul punto. Infatti, in situazioni assimilabili per la natura dell’azione a quella qui in esame, ad un orientamento giurisprudenziale che ha ritenuto che Integra il reato di indebita utilizzazione di carte di credito di cui all’art. 55, comma nono, d.lgs 21 novembre 2007, n. 231 e non quello di frode informatica di cui all’art. 640- ter cod. pen., il reiterato prelievo di denaro contante presso lo sportello bancomat di un istituto bancario mediante utilizzazione di un supporto magnetico clonato, in quanto il ripetuto ritiro di somme per mezzo di una carta bancomat illecitamente duplicata configura l’utilizzo indebito di uno strumento di prelievo sanzionato dal predetto art. 55 Sez. 6, n. 1333 del 04/11/2015, dep. 2016, Bortos, Rv. 266233 , se ne contrappone uno opposto secondo il quale Integra il delitto di frode informatica, e non quello di indebita utilizzazione di carte di credito, la condotta di colui che, servendosi di una carta di credito falsificata e di un codice di accesso fraudolentemente captato in precedenza, penetri abusivamente nel sistema informatico bancario ed effettui illecite operazioni di trasferimento fondi, tra cui quella di prelievo di contanti attraverso i servizi di cassa continua Sez. 2, n. 41777 del 30/09/2015, Fusinato, Rv. 264774 Sez. 2, n. 17748 del 15/04/2011, Fica, Rv. 250113 . 3. Ora, indipendentemente, dall’affermazione dell’una o dell’altra delle tesi sopra evidenziate, proprio il rilevato contrasto giurisprudenziale non rende anche sotto tale profilo manifestamente infondato il ricorso. 4. A questo punto la Corte non può esimersi dal rilevare che il fatto-reato contestato all’imputata, indipendentemente dalla sua qualificazione giuridica, è ad oggi estinto per intervenuta prescrizione maturata nel novembre 2015 , il che impone l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata e rende non necessario procedere all’esame degli ulteriori motivi di ricorso. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.