Prostituzione minorile: basta l’aspettativa di una ricompensa in cambio di prestazioni sessuali

Il reato rubricato come prostituzione minorile” art. 600-bis , nei suoi due commi, contiene due fattispecie diverse. Nel primo comma si punisce l’induzione, favoreggiamento, sfruttamento, gestione, organizzazione o controllo della prostituzione minorile. Il secondo comma, invece, contiene una norma con carattere residuale, volta a rendere sussidiaria l’applicazione di questa fattispecie rispetto ad altri reati che puniscano più severamente il compimento di atti sessuali con minori.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 5628/17 depositata il 7 febbraio. Il caso. Il GIP del Tribunale di Genova disponeva tramite ordinanza l’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di un soggetto, indagato per il reato ex art. 600- bis rubricato prostituzione minorile” . Quest’ultimo chiedeva il riesame e otteneva l’annullamento dell’ordinanza, sulla base dell’insussistenza di alcuna promessa o consegna di somme di denaro da parte dell’imputato nei confronti del minore con cui era accusato di aver intrattenuto rapporti sessuali. Avverso tale ordinanza ricorreva il Procuratore della Repubblica che lamentava la erronea applicazione della legge penale, non essendo necessaria l’incidenza causale sul processo volitivo del minore della dazione di denaro o altra utilità o della relativa promessa , bastando semplicemente la correlazione tra atto sessuale e pagamento o promessa di pagamento. La prostituzione minorile e i suoi due aspetti. L’art. 600- bis è costituito da due commi al primo si sanziona con pena più grave chi recluti o induca alla prostituzione un minore, ovvero ne favorisca, sfrutti, gestisca organizzi o controlli la prostituzione al secondo, invece, si punisce la mera” fruizione della stessa. Elemento differenziale è costituito proprio da una condotta identificabile come induzione” . Il secondo comma, si è detto in giurisprudenza della Corte di Cassazione, è stato introdotto dal legislatore per cercare di eliminare ogni forma di prostituzione minorile [] sottoponendo a sanzione penale anche la mera condotta del cliente” . La sinallagmaticità. Unica pecca della disposizione è la maniera sfumata e non immediata in cui è delineato il nesso di sinallagmaticità intercorrente tra l’atto sessuale del minore e la promessa o consegna di beni. Ma va ritenuto che sia sufficiente la sola promessa per integrare il reato del secondo comma. Nel caso di specie il giudice di merito si è soffermato troppo sul fatto che la vittima abbia preso iniziativa con l’indagato, sul fatto che nei primi appuntamenti” quest’ultimo non gli avesse regalato nulla se non due paia di mutante e piccole somme di denaro . Il consenso” del minore e la determinazione dello stesso. Le dichiarazioni del minore, però, sembrano suggerire una lettura opposta ”andavo da lui perché sapevo che lui mi avrebbe regalato questi soldi che a me servivano per mangiare” . La Corte di Cassazione quindi, ritiene illogica la ricostruzione fatta dal Tribunale di Genova il collegamento tra promessa e prestazioni sessuali c’è. L’aspettativa di una ricompensa aveva fatto acconsentire il minore, motivo per il quale l’ordinanza impugnata deve essere annullata.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 19 settembre 2016 – 7 febbraio 2017, n. 5628 Presidente Fiale – Relatore Liberati Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 21 luglio 2016 il Tribunale di Genova, provvedendo sulla richiesta di riesame presentata da N.R. nei confronti della ordinanza del 23 giugno 2016 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Genova, che aveva disposto nei suoi confronti l’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, in relazione al reato di cui all’art. 600 bis, comma 2, cod. pen., ha annullato l’ordinanza impugnata, disponendo l’immediata liberazione del N. . Nell’accogliere il gravame dell’indagato, il Tribunale ha escluso la sussistenza di un quadro indiziario serio, a proposito della promessa o della consegna di somme di denaro da parte del N. , al fine di procurarsi il consenso di uno dei due minori C.S. , diciassettenne di nazionalità albanese con cui era accusato di aver avuto rapporti sessuali in cambio di denaro ed altre utilità è stato, al riguardo, evidenziato che era stato il minore, C.S. , a prendere l’iniziativa con il N. , da cui non aveva ricevuto alcuna promessa di denaro o altro, e che lo stesso, in occasione del primo incontro con l’indagato, non aveva ricevuto alcunché nelle occasioni successive aveva ricevuto due volte la somma di 20 Euro, ed una volta quella di 50 Euro ed un telefono cellulare. Il Tribunale ha quindi escluso vi fosse la prova della promessa di denaro o altre utilità in cambio delle prestazioni sessuali, o, comunque, una condotta dell’indagato che potesse consentire di collegare direttamente le prestazioni alle consegne dazioni di somme di denaro o di altri beni. Quanto all’altro minore, con cui l’indagato è accusato di aver avuto rapporti sessuali in cambio di denaro, D.S.I. , il Tribunale ha rilevato che quest’ultimo aveva escluso di aver avuto rapporti sessuali con il N. , ed ha ritenuto immotivato il giudizio di inattendibilità del minore al riguardo espresso dal primo giudice, ed irrilevanti, sul piano della prova della consumazione di rapporti sessuali, la differenza di età tra l’indagato ed il minore, i dialoghi connotati da riferimenti sessuali, la presenza di foto intime del N. sul telefono cellulare del minore, escludendo, dunque, anche a questo proposito ma sotto tale diverso profilo, la serietà del quadro indiziario a carico dell’indagato. 2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Genova, affidato ad un unico articolato motivo, mediante il quale ha denunciato violazione dell’art. 600 bis, comma 2, cod. pen., escludendo la necessità, per la sussistenza del reato, di una incidenza causale sul processo volitivo del minore della dazione di denaro o altra utilità o della relativa promessa, essendo sufficiente per la configurabilità del reato che il pagamento o la promessa siano semplicemente correlati con l’atto sessuale, con la conseguente erroneità della affermazione del Tribunale a proposito della mancanza di elementi in ordine all’utilizzo della promessa o delle dazioni per convincere il minore ai rapporti sessuali. Il quadro indiziario quanto ai rapporti con il C. avrebbe, inoltre, dovuto indurre il Tribunale a considerare i rapporti con il D.S. , quanto meno sul piano del pericolo di recidivanza. Considerato in diritto 1. Il ricorso del Pubblico Ministero è fondato. 2. Deve considerarsi che la fattispecie di cui all’art. 600 bis, comma 2, cod. pen. ha carattere residuale, come risulta dall’inciso salvo che il fatto costituisca più grave reato , che si qualifica come clausola di sussidiarietà volta a rendere residuale, appunto, l’applicazione della fattispecie rispetto ad altri reati che sanzionano più gravemente il fatto di chi compie atti sessuali con un minore di età compresa tra i quattordici e i diciotto anni, in cambio di denaro o di altra utilità economica laddove il comma 1 della medesima disposizione sanziona, con una pena più grave, il fatto di chi recluta o induce alla prostituzione una persona di età inferiore agli anni diciotto ovvero - prosegue la stessa disposizione - il fatto di chi ne favorisce, sfrutta, gestisce, organizza o controlla la prostituzione. In comune le due fattispecie hanno la nozione di atti sessuali con un minore di anni diciotto in cambio di denaro o di altra utilità, che può qualificarsi come prostituzione minorile formulazione questa che costituisce infatti la rubrica che accomuna le due ipotesi di reato, e che è centrata sulla sinallagmaticità tra atto sessuale e corrispettivo economico così Sez. 3, n. 4235 del 11/01/2011, F., Rv. 249316 cfr. Sez. 3, n. 33470 del 4 luglio 2006, Cantoni, Rv. 234787, secondo cui anche un isolato atto sessuale retribuito è considerato atto di prostituzione per il fruitore della prestazione e, di conseguenza, per il minore, senza che siano richiesti l’abitualità della condotta o la pluralità di fruitori della stessa cfr. altresì Sez. 3, n. 21335 del 15 aprile 2010, L., Rv. 247633, che ha ritenuto che anche il singolo episodio di percezione del denaro o di altra utilità è idoneo ad integrarne gli estremi del reato di prostituzione minorile . L’elemento differenziale che vale a distinguere l’induzione alla prostituzione art. 600 bis, comma 1 dalla mera sua fruizione comma 2 della stessa disposizione è costituito, appunto, da una condotta identificabile come induzione cfr., al riguardo, Sez. U, n. 16207 del 19/12/2013, S., Rv. 258757, che ha chiarito che nella fattispecie di cui all’art. 600 bis, comma 2, l’agente tiene un comportamento che è sì abusivo del minore, ma che è assolutamente neutro rispetto alla determinazione della volontà, pur immatura, di quest’ultimo di assentire al compimento di atti sessuali con controprestazione il minore non è benché minimamente sollecitato, o incoraggiato, o blandito perché si determini al compimento dell’atto sessuale con controprestazione . Si è sottolineato in proposito che, con l’art. 600 bis, comma 2, il legislatore, per cercare di eliminare ogni forma di prostituzione minorile, ha introdotto una inedita fattispecie di reato sottoponendo a sanzione penale anche la mera condotta del cliente Sez. 3, n. 33470 del 4 luglio 2006, cit. . Il nesso di sinallagmaticità tra l’atto sessuale del minore e la promessa o la consegna di denaro o altra utilità è, però, delineato in maniera sfumata e non immediata nella disposizione, proprio nella indicata prospettiva di eliminare o comunque scoraggiare ogni forma di prostituzione minorile, in quanto è sufficiente la sola promessa per integrare il reato di cui al secondo comma dell’art. 600 bis. 3. Ora, nella vicenda in esame, il Tribunale di Genova ha escluso che le prestazioni sessuali del minore C.S. siano avvenute in cambio di denaro o altre utilità, sottolineando che sarebbe stato il minore a prendere l’iniziativa con l’indagato, che questi non gli aveva promesso alcunché, che in occasione del loro primo incontro non gli aveva regalato nulla e, in seguito, in occasione degli altri loro incontri, in tre occasioni, gli aveva dato due paia di mutande e piccole somme di denaro 20 Euro e 50 Euro . Tale conclusione risulta, tuttavia, illogica e determina una non corretta applicazione della disposizione di cui al secondo comma dell’art. 600 bis, in quanto ha escluso l’esistenza di un nesso tra quanto consegnato dall’indagato al minore immediatamente dopo i loro rapporti e questi ultimi, laddove, invece, tale relazione appare evidente, anche alla luce delle dichiarazioni dello stesso minore quali riportate nella motivazione della ordinanza impugnata, secondo cui in tre occasioni, dopo aver consumato rapporti, gli aveva dato due mutande, 20 Euro e 50 Euro una volta avevo bisogno di un telefono, sono andato da lui, abbiamo fatto sesso e poi mi ha regalato il telefono dopo la prima volta sono andato da lui perché mi piaceva ma anche perché mi dava dei soldi, mi piaceva ricevere regali andavo da lui perché sapevo che lui mi avrebbe regalato questi soldi che a me servivano per mangiare . Alla stregua di tali dichiarazioni, circa le ragioni che avevano determinato il minore a consentire ai rapporti con l’indagato, risulta illogica l’affermazione del Tribunale a proposito della inesistenza di un collegamento tra quanto dato o promesso dall’indagato al minore e le prestazioni sessuali di quest’ultimo, emergendo con chiarezza che il minore si era determinato a consentire ai rapporti con l’indagato successivi al primo per l’aspettativa di una ricompensa, con la conseguente sussistenza della violazione dell’art. 600 bis, comma 2, cod. pen., denunciata dal Pubblico Ministero ricorrente. 4. Non sussiste, invece, analoga violazione a proposito della contestazione relativa ai rapporti che sarebbero intercorsi con l’altro minore, D.S.I. , avendo il Tribunale escluso la sussistenza di indizi sufficienti al riguardo, in considerazione della esclusione da parte del minore di rapporti con l’indagato e della insufficienza degli elementi indicati al riguardo nella ordinanza del Giudice per le indagini preliminari e cioè la differenza di età tra l’indagato ed il minore, i loro dialoghi connotati da riferimenti sessuali e la presenza di fotografie delle parti intime dell’indagato sul telefono cellulare del minore tale valutazione risulta immune da vizi logici, stante l’equivocità degli elementi evidenziati dal Giudice per le indagini preliminari, e non determina, pertanto, la ravvisabilità della violazione dell’art. 600 bis, comma 2, cod. pen. lamentata dal Pubblico Ministero ricorrente al riguardo. 5. In conclusione l’ordinanza impugnata deve essere annullata, per quanto riguarda l’esclusione della sussistenza di gravi indizi in ordine ai rapporti sessuali dell’indagato con il minore C.S. in cambio di denaro od altre utilità, con rinvio al Tribunale per il riesame di Genova, per nuovo giudizio sul punto. P.Q.M. Annulla con rinvio l’ordinanza impugnata al Tribunale per il riesame di Genova.