Il ladro di biciclette e il ciclista: una questione di “pubblica fede”

In questa sentenza la Corte di Cassazione esplora i confini dell’applicabilità e il fondamento dell’aggravante del reato di furto per esposizione a pubblica fede”.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 4200/17 depositata il 30 gennaio. Il caso. Un soggetto si recava all’interno di una tabaccheria, lasciando incustodita la propria bici e, una volta uscito, scopriva che il proprio mezzo di locomozione era stato rubato. Il ladro veniva condannato a due mesi e 20 giorni di reclusione, più 200 € di multa. L’esposizione a pubblica fede e il potere di vigilanza. Nella determinazione della sanzione veniva conteggiata anche l’aggravante dell’esposizione del bene a pubblica fede. Ma sulla nozione di pubblica fede” si fonda il motivo del ricorso in Cassazione ad opera del condannato. Secondo quest’ultimo, il derubato avrebbe lasciato la propria bicicletta incustodita lungo la pubblica via, pur mantenendo potere di vigilanza sul bene, così da poterne controllare lo stato. Per tale motivo egli riteneva che la summenzionata aggravante non si potesse integrare, essendo la condotta del derubato non conforme a consuetudine sociale. La questione di diritto relativa all’aggravante. La Corte di Cassazione, ripercorrendo il ragionamento della sentenza impugnata e sulla base degli elementi probatori, ritiene che l’esposizione a pubblica fede non può escludersi ab origine solo perché la sosta è stata breve oppure perché la bici era lasciata prossima all’esercizio commerciale in cui il danneggiato si è poi introdotto. Il fondamento dell’aggravante in esame, secondo la Corte, può dipendere da due profili quello consuetudinario oppure quello della necessità. Sembra potersi escludere l’esistenza di una consuetudine o di una radicata abitudine del ciclista che giustifichi” l’abbandono della bicicletta, incustodita, e il successivo recupero, rimanendo al contrario buona norma quella di assicurare il mezzo con misure antifurto. Perciò, la Suprema Corte, rifacendosi ad un indirizzo giurisprudenziale recente, riconosce la configurabilità dell’aggravante anche nei casi in cui l’abbandono sia dovuto ad una sosta momentanea, per il disbrigo di incombenti consuetudinari, non accompagnata dalla possibilità ovvero dalla comune ragionevolezza di condurre con sé il mezzo in luogo protetto . Non serve, quindi, né la necessità da impellenza, né da soddisfacimento di un obbligo basta che la condotta del derubato derivi dalla concreta esigenza di realizzare un interesse contingente con maggiore comodità o minore aggravio . Per questi motivi il ricorso deve essere rigettato.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 20 ottobre 2016 – 30 gennaio 2017, n. 4200 Presidente Romis – Relatore Bellini Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Trento con la sentenza impugnata confermava la decisione del Tribunale di Rovereto che aveva riconosciuto R.L. colpevole del reato di furto di bicicletta, aggravato dalla esposizione del bene a pubblica fede e con il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e della circostanza dell’avere interamente risarcito il danno, prevalenti sulla contestata aggravante, lo condannava alla pena di mesi due giorni 20 di reclusione e Euro 200 di multa. 2. In relazione alla riconosciuta circostanza aggravante, riportava arresto giurisprudenziale del S.C., al quale riteneva di conformarsi, che riteneva integrata la esposizione a pubblica fede, nel caso di bicicletta lasciata sulla pubblica via, non già in virtù di un comportamento consuetudinario ed usuale, bensì in una condotta necessaria, giustificata dalla temporanea esigenza di accedere presso un pubblico esercizio per svolgere incombenze usuali. 2. Avverso la suddetta sentenza interponeva impugnazione la difesa del R. contestando la interpretazione fornita dal giudice di appello in ordine alla ricorrenza della suddetta circostanza aggravante. Da un lato rappresentava la giurisprudenza antecedente all’arresto giurisprudenziale richiamato dal giudice di appello, evidenziando che non poteva ritenersi conforme a consuetudine il comportamento del ciclista che lascia una bicicletta incustodita lungo la pubblica via senza dotarla di dispostivi di sicurezza, e dall’altra evidenziava come il giudice di appello avesse riportato un arresto giurisprudenziale senza calare il principio con esso affermato nella situazione concreta, atteso che un successivo intervento del S.C. aveva ritenuto non pertinente il richiamo alla necessità, in presenza di una sosta momentanea, qualora il proprietario avesse mantenuto il potere di vigilanza sul bene esposto all’esterno così da poterne controllare lo stato. Situazione questa del tutto assimilabile al caso in specie in cui il proprietario del mezzo si era fermato presso una tabaccheria uscendone dopo pochi minuti. Deduceva pertanto assoluta carenza motivazionale in punto a verifica dei risultati probatori emersi in primo grado e applicazione dei principi di diritto a questi relativi. Considerato in diritto 1. Il ricorso deve essere rigettato. 2. Deve prendersi atto del fatto che la sentenza impugnata non presenta alcuno dei vizi dedotti dal ricorrente, atteso che l’articolata valutazione da parte dei giudici di merito degli elementi di fatto acquisiti al giudizio ha del tutto coerentemente condotto a valutare le circostanze del reato di furto in maniera del tutto aderente alle acquisizioni probatorie, sul presupposto che la persona offesa aveva lasciato la bicicletta incustodita per alcuni minuti e del fatto che la stessa venne rinvenuta soltanto a seguito dell’allarme dato dal proprietario una volta che la stessa era stata sottratta. 3. Sulla base degli elementi forniti dall’istruttoria deve escludersi poi che risulti controversa la circostanza di una sosta del velocipede talmente breve ovvero talmente prossima all’esercizio commerciale in cui la persona offesa si era introdotta, da escludere ab origine la esposizione a pubblica fede, residuando una possibilità di controllo da parte del proprietario. 4. Rimane quindi da affrontare la questione di diritto in ordine al fondamento della esposizione a pubblica fede della bicicletta e cioè se possa rilevare un profilo consuetudinario atto a giustificare l’abbandono del bene a pubblica fede, ovvero se riconoscere la vigenza della circostanza sul diverso profilo della necessità, intesa come esigenza di parcheggio del velocipede per una sosta momentanea. 5. Certamente deve escludersi che, sulla base di una valutazione della consuetudine nel lungo periodo, possa ritenersi una radicata abitudine del ciclista, quella di abbandonare, soprattutto nel perimetro cittadino, una bicicletta incustodita, per essere successivamente recuperata, ma semmai costituisce buona norma assicurarla con strumenti antifurto, in particolare vincolando la bicicletta a presidi inamovibili ovvero impedendo con lucchetti e catene il movimento dello sterzo o delle ruote sez. IV, 22.9.2010, Catone, Rv. 248836 . 6. Peraltro risulta al pari convincente e fondato il nuovo indirizzo giurisprudenziale introdotto con sentenza sez. V, 28.9.2012, D Santis, Rv. 254381 il quale riconosce la sussistenza della circostanza aggravante al caso che ci occupa non già sulla base di una esposizione a pubblica fede fondata sulla consuetudine, quanto giustificata dalla necessità di una sosta momentanea per il disbrigo di incombenti consuetudinari, non accompagnata dalla possibilità ovvero dalla comune ragionevolezza di condurre con sé il mezzo in luogo protetto. 6.1 Invero nel caso in specie assume rilievo un significato di necessità che non si traduce in impellenza o soddisfacimento di un obbligo, quanto nella concreta esigenza di realizzare un interesse contingente con maggiore comodità o minore aggravio, sempre ché la sosta del bene, impiegato a servizio di tale esigenza, sia temporanea e commisurata alla durata della contingenza. 6.2 In conclusione deve riconoscersi la esposizione della bicicletta a pubblica fede quando, come nel caso in specie, il proprietario la collochi temporaneamente lungo la strada e si allontani per svolgere gli incombenti programmati o usuali per poi riprendere il possesso del mezzo di trasporto. 7. Il ricorso deve pertanto essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.