L’incompleta sottoscrizione della sentenza integra una causa di nullità?

L’incompleta sottoscrizione della sentenza da parte del Presidente o del Relatore integra causa di nullità del documento. Le SS. UU., in una costante giurisprudenziale, affermano che la duplicità delle firme è necessaria e inscindibile .

Così si espressa la Corte di Cassazione con sentenza n. 3386/17 depositata il 24 gennaio. Il caso. La Corte d’appello confermava la pronuncia del Tribunale di Genova che condannava l’imputato alla pena di 6 anni di reclusione per il compimento di atti sessuali con la nipotina minorenne e atti osceni in luogo pubblico. Il condannato ricorreva in Cassazione deducendo come motivo l’incompleta sottoscrizione della sentenza d’appello laddove mancava quella del Giudice Relatore e eccepiva, di conseguenza, la nullità della sentenza stessa, così come affermato costantemente dalle SS. UU. della Corte. L’incompleta sottoscrizione della sentenza è causa di nullità. Gli Ermellini considerano il motivo meritevole di accoglimento, affermando che, la Suprema Corte, in ordine alla mancata sottoscrizione della sentenza collegiale da parte del Presidente o del Relatore, ha già avuto occasione di dare il suo contributo giurisprudenziale. In particolare è stato richiamato l’art. 546, comma 3, c.p.p. relativamente ai requisiti della sentenza laddove sancisce che oltre al caso previsto dall’art. 125 comma 3, la sentenza è nulla se manca o è incompleto nei suoi elementi essenziali il dispositivo ovvero se manca la sottoscrizione del giudice . Inoltre, aggiunge la Corte, le SS. UU. hanno ritenuto che ove la sentenza sia emessa da un giudice collegiale, la duplicità delle firme, del Presidente e del Relatore, è necessaria ed inscindibile senza che vi sia distinzione alcuna tra le due. Tale principio ha la funzione di assicurare che il dispositivo della sentenza corrisponda a quello pubblicato in udienza e che le motivazioni siano conformi ai passaggi logici e procedimentali della deliberazione collegiale . Pertanto, conclude la Cassazione, la mancata sottoscrizione della sentenza d’appello da parte del Giudice Relatore, non giustificata espressamente da un suo legittimo impedimento configura la nullità della sentenza intesa come documento, non incidendo però sul giudizio reso dalla Corte territoriale. I Giudici della Suprema Corte annullano la sentenza senza rinvio e trasmettono gli atti alla Corte d’appello di Genova.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 17 novembre 2016 – 24 gennaio 2017, n. 3386 Presidente Rosi – Relatore Mengoni Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 27/10/2015, la Corte di appello di Genova confermava la pronuncia emessa il 19/5/2014 dal locale Tribunale, con la quale P.S. era stato riconosciuto colpevole dei delitti di cui agli artt. 81 cpv., 609- quater , n. 2, 61, n. 2, 527, cod. pen., e condannato alla pena di sei anni di reclusione allo stesso era ascritto di aver compiuto, in tre occasioni, atti sessuali con la nipote V.G. , minore infrasedicenne, a tal fine ponendo in essere anche il reato di atti osceni in luogo pubblico. 2. Propone due distinti e diffusi ricorsi per cassazione il P. , a mezzo dei proprio difensori, deducendo i seguenti motivi, così sintetizzati - violazione dell’art. 546 cod. proc. pen La sentenza di appello, sottoscritta dal presidente del collegio ma non dall’estensore, sarebbe per ciò solo nulla, come da giurisprudenza delle Sezioni unite di questa Corte - vizio motivazionale e travisamento della prova plurime violazioni di legge. La sentenza avrebbe confermato la condanna con motivazione apodittica, assertiva e gravemente lacunosa, con la quale - con riferimento ai tre episodi denunciati - avrebbe erroneamente conferito attendibilità alle sole parole della V. , invero non credibili, senza motivare adeguatamente con riguardo ai plurimi elementi di segno contrario offerti dalla difesa e palesi inverosimiglianze della stessa deposizione ampiamente richiamati in entrambi i ricorsi , a muover dagli argomenti in ordine alla mancata presenza del ricorrente - nelle zone ove abitava la minore - all’epoca del secondo e terzo episodio contestato, fino alle condizioni fisiche dello stesso. Ancora, la sentenza avrebbe travisato il contenuto di numerose deposizioni, peraltro richiamando al riguardo passaggi testimoniali alle stesse non riferibili sì da pervenire ad un argomentare illogico e, quanto alla difesa, difficilmente censurabile. Ancora, si contesta che il Procuratore generale di udienza, lungi dal concludere nel merito diversamente dalle parti private , avrebbe chiesto un supplemento di istruttoria, con audizione di due testimoni la Corte di appello, al riguardo, non si sarebbe mai pronunciata, impedendo pertanto alla difesa di concludere dopo aver sentito le richieste del pubblico ministero. Del pari, la richiesta di integrazione probatoria avanzata dalla difesa testi O. e N. sarebbe rimasta senza risposta, neppure implicita. Errata e carente, di seguito, risulterebbe la motivazione quanto alla violazione dell’art. 210 cod. proc. pen., cui le parole della stessa sarebbero dovute esser sottoposte, attesa la sua veste di indagata per il reato di cui all’art. 527 cod. pen. ne deriverebbe l’inutilizzabilità erga omnes delle dichiarazioni medesime. Del pari, con riguardo alla contestata possibilità di contestare alla V. le dichiarazioni precedentemente rese, la Corte di merito avrebbe riservato la decisione, senza però poi mai sciogliere la riserva medesima. Lo stesso Collegio, inoltre, avrebbe provveduto ad una inammissibile riqualificazione del fatto sub a nei termini del delitto di cui all’art. 609- bis cod. pen., relativa ad un fatto diverso da quello contestato, sì da determinare la nullità della pronuncia. Da ultimo, risulterebbero violati anche gli artt. 62- bis e 81 cod. pen., con riguardo ai quali la motivazione stesa sarebbe apparente, carente ed illogica, tale da comportare ulteriormente l’annullamento della sentenza. Considerato in diritto 3. Il ricorso risulta fondato quanto al primo motivo, con effetto assorbente sui successivi. Ed invero, in ordine alla mancata sottoscrizione della sentenza collegiale da parte del presidente o del giudice estensore, ed ai suoi effetti, questa Corte Suprema si è già espressa nel massimo Consesso Sez. U, n. 14978 del 20/12/2012, R.D., Rv. 254671 in precedenza, tra le altre, Sez. 5, n. 17188 del 18/2/2009, D’Andrea, Rv. 243613 , con argomenti assai congrui e che meritano di esser qui brevemente ripresi. In particolare, il Collegio ha innanzitutto richiamato l’art. 546, comma 1, lett. g , cod. proc. pen., a mente del quale la sentenza contiene la data e la sottoscrizione del giudice di seguito, il comma 3, secondo cui, oltre che nel caso previsto dall’art. 125 comma 3, la sentenza è nulla se manca o è incompleto nei suoi elementi essenziali il dispositivo ovvero se manca la sottoscrizione del giudice . Ciò premesso, le Sezioni Unite hanno affermato che non appare condivisibile . l’orientamento secondo il quale esulerebbe dalla previsione dell’art. 546 c.p.p., comma 3, l’ipotesi di sottoscrizione incompleta della sentenza per carenza alternativa della firma del solo presidente o del solo giudice estensore in quanto la norma farebbe riferimento al solo caso di carenza assoluta cioè totale della sottoscrizione. Già l’art. 475, n. 5, del codice di rito del 1930 sanciva, nella sua formulazione originaria, la nullità della sentenza qualora fosse mancante della sottoscrizione dei giudici o di alcuni di essi . Dopo l’intervento della L. 8 agosto 1977, n. 532 artt. 6 e 7 venne richiesta esclusivamente la firma dell’estensore e del presidente ed in relazione all’assenza di tali sottoscrizioni la nullità poteva configurarsi con riguardo a ciascuna di esse. La novellata prescrizione è stata ribadita dall’art. 546, comma 2, del nuovo codice di procedura ed in relazione alla formulazione di tale disposizione va rilevato che - ove la sentenza sia emessa da un giudice collegiale - la duplicità delle firme è necessaria ed inscindibile ed il dato normativo non autorizza alcuna distinzione, tenuto conto che la sottoscrizione del presidente del collegio ha la funzione evidente di assicurare che il dispositivo corrisponda a quello pubblicato in udienza e che la motivazione si conformi ai singoli passaggi logici e procedimentali della deliberazione collegiale come disciplinati dall’art. 527 c.p.p. corsivo dell’estensore, n.d.e. . Sì concludere che la mancata sottoscrizione della sentenza d’appello da parte del presidente del collegio non giustificata espressamente da un suo impedimento legittimo e sottoscritta dal solo estensore configura una nullità relativa che non incide né sul giudizio né sulla decisione consacrata nel dispositivo, e che, ove dedotta dalla parte nel ricorso per cassazione, comporta l’annullamento della sentenza-documento e la restituzione degli atti al giudice di appello, nella fase successiva alla deliberazione, affinché si provveda ad una nuova redazione della sentenza-documento che, sottoscritta dal presidente e dall’estensore, deve essere nuovamente depositata, con l’effetto che i termini di impugnazione decorreranno, ai sensi dell’art. 585 cod. proc. pen., dalla notificazione e comunicazione dell’avviso di deposito della stessa sentenza ipotesi alla quale - giusta considerazioni che precedono - deve equipararsi quella in cui la sentenza sia sottoscritta dal solo presidente, non anche dall’estensore, in difetto di qualsivoglia elemento che consenta di ritenere che il primo abbia cumulato le due figure o che, ai sensi dell’art. 546, comma 2, cod. proc. pen., l’estensore sia impedito alla sottoscrizione ciò di cui, peraltro, deve essere fatta previa menzione . Quel che non è dato ravvisare nel caso di specie, nel quale - a fronte di una sentenza emessa Sulla relazione del dr. M.F.A. , giudice a latere - il documento risulta sottoscritto dal solo presidente dr. Ma.Gu. , rimanendo invece senza vergatura l’indicazione - posta lì accanto, sulla sinistra - il Consigliere estensore e senza che possa esser d’ausilio una sigla apposta su ogni singola pagina, del tutto incomprensibile. Si impone, pertanto, l’annullamento senza rinvio della sentenza/documento, con trasmissione degli atti alla Corte di appello di Genova, stessa composizione. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti alla Corte di appello di Genova.