Condannati “pericolosi”: l’osservazione scientifica sulla personalità è presupposto essenziale per la concessione dei benefici penitenziari

La legge subordina la concessione dei benefici penitenziari, nel caso di condanna per una serie di delitti a sfondo sessuale, alla sussistenza di una osservazione scientifica sulla personalità del reo, osservazione che dovrebbe essere condotta collegialmente per almeno un anno art. 4-bis, comma 1-quater, Legge n. 354/1975 sull’Ordinamento penitenziario .

Il nesso di pregiudizialità” posto dalla norma in questione è evidente e non parrebbe porre, a prima vista, problemi di interpretazione particolare. Se non che la pratica giudiziaria è sempre ricca di situazioni, che all’apparenza possono ritenersi ipotesi del terzo tipo”, ma è evidente che quando ricorrono nella realtà, la possibilità logica si traduce in cruda esperienza di cui non si può non tenerne conto. Infatti, quid iuris se tale osservazione, per qualunque motivo o comunque per inefficienza burocratica, non viene effettuata? E se essa viene intrapresa e poi non viene condotta a termine nell’arco temporale previsto dalla legge id est un anno ? Può tutto ciò tradursi in preclusione assoluta all’accesso dei benefici penitenziari? Si comprende da quanto sopra come la questione sottesa non sia di poco conto e come la stessa non possa essere sbrigativamente risolta. Il caso di specie rappresenta un paradigma di tutto ciò. Il caso. Il ricorrente si era visto dichiarare inammissibile per la seconda volta la sua richiesta di concessione dell’affidamento in prova ai servizi sociali, posto che la relazione in questione non era stata ancora depositata. Nel ricorso per legittimità, si denunciava quindi come tale ritardo” non potesse essere imputato al condannato e che in ogni caso una simile situazione violava taluni principi costituzionali, tra i quali quelli propri della pena ex art. 27 cost. e del principio di eguaglianza art. 3 Cost. . La Corte di Cassazione ha tuttavia respinto il ricorso, evidenziando come nella specie la legge parli” chiaro, posto che la norma pone come presupposto per la concessione dei benefici i risultati” dell’osservazione scientifica della personalità , e che la paventata lesione dei diritti costituzionali doveva intendersi come non sussistente perché la norma predetta reca solo i requisiti minimi di fatto, affinché sia possibile la concessione dei benefici penitenziari e non indica, dunque, un termine perentorio entro cui debbano essere forniti i risultati dell’osservazione . Sicché, essendo da poco trascorso il termine di un anno, si tratta di uno scarto temporale esiguo e non idoneo ad incidere effettivamente sull’esercizio, da parte del detenuto, dei diritti previsti dall’ordinamento penitenziario . Conclusioni. La decisione della Suprema Corte è corretta dal punto di vista esegetico, posto che la disposizione di cui si tratta in effetti riferisce di osservazione condotta per almeno un anno”, ma la stessa espone il fianco ad una più incisiva critica. Se la legge pone un termine minimo”, è evidente che la necessità di oltrepassare tale termine deve essere correlata ad esigenze proprie dell’osservazione scientifica” e non della inefficienza. Se, infatti, il ritardo non è giustificato e, dunque, motivato su tale base, si ha ingiustificata” compressione dei diritti e non anche lesione tollerabile”, id est legittima, degli stessi. Il punto è fondamentale e non può essere ritenuto secondario. Non basta, dunque, affermare che il ritardo è lieve, ma bisogna comprendere il perché di tale ritardo. La norma in questione così come interpretata dalla Corte di cassazione , dunque, è deficitaria proprio in tal senso, tenuto conto che ogni giorno che si può trascorrere in libertà, ancorché parziale, è comunque un giorno di libertà e non di reclusione. Per risolvere il problema, in definitiva, si dovevano vagliare accuratamente le ragioni del ritardo”. Si dirà ma se queste mancavano o erano deficitarie, comunque non vi erano i risultati” richiesti dalla norma e, dunque, perché concedere ai soggetti rei di gravi reati benefici penitenziari potenzialmente immeritati”? Il fatto è che la legge ha condizionato l’accesso ai benefici a dei risultati che, oltre a non essere di per sé vincolanti per il giudice, risultano comunque connessi all’apparato penitenziario e, dunque, in capo all’amministrazione penitenziaria. Il punto non è, dunque, se vi sia una automatica concessione dei benefici, ma se sia ammissibile” richiederli. La preclusione della domanda in questione, nel caso prospettato, è del tutto fuori luogo, posto che il giudizio nel merito non è affatto precluso. Del resto, è principio comune” che le condizioni sospensive, che non si avverano per colpa della parte che aveva interesse contrario al loro avveramento, si considerano avverate. Ad ogni modo, non vi è chi non veda che il tutto non è questione di termini, ma di valori in gioco. Ci sono questioni che non possono essere protratte oltre un ragionevole termine, specie se vi è un procedimento in corso. Se sia meglio effettuare tale osservazione” nell’ambito di una procedura ad hoc, non è qui il caso di discutere. Tuttavia, è indubbio che tale osservazione, ove mancante, non può precludere il diritto di azione in tal senso. Né si può accettare che un piccolo male sia un male tollerabile forse lo è in senso pragmatico e della convenienza nel caso singolo, ma laddove vi siano questioni costituzionali ciò è inammissibile. Del resto, forse che essere trattati un poco” in maniera differente significa essere trattati in maniera del tutto” uguale? Se così fosse, il principio di eguaglianza sarebbe un principio valido per le grandi” disuguaglianze e non per le annullare anche le più piccole differenze che creino disparità rispetto a beni ritenuti essenziali e fondamentali per tutti”. Un Paese che riduce tale principio a mesta quantità, ne perde, di fatto, ogni qualità.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 14 ottobre 2016 – 23 gennaio 2017, numero 3259 Presidente Cortese – Relatore Cairo Ritenuto in fatto 1. Con decreto in data 28 ottobre 2015 il presidente del Tribunale di sorveglianza di Venezia dichiarava inammissibile l’istanza presentata da P.A. avente ad oggetto la richiesta di riconoscimento dell’affidamento in prova al servizio sociale, ex art. 47 L. 26 luglio 1975, numero 354 disponeva, dunque, non farsi luogo a procedimento di sorveglianza. Osservava che la domanda era una mera riproposizione di altra istanza già dichiarata inammissibile con decreto 462/2015 emesso il 18-8-2015, essendo prevista la stesura della sintesi dell’osservazione scientifica della personalità condotta ai sensi dell’art. 4-bis comma 1-quater L. 26 luglio 1975, numero 354, per il primo trimestre del 2016. 2. Ricorre per cassazione P.A. ed articola due motivi di ricorso. 2.1. Con il primo deduce la violazione dell’art. 4-bis comma 1 quater e 13 comma 2 L. 26 luglio 1975, numero 354. L’osservazione, afferma il ricorrente, deve essere svolta immediatamente ed essa coincide, appunto, in ragione della tipologia dei delitti in contestazione, con il primo anno di detenzione. Eventuali difficoltà o impossibilità di procedere da parte dell’amministrazione penitenziaria non si possono risolvere in una condizione di svantaggio per il detenuto. La norma, d’altro canto, richiede il solo periodo di osservazione annuale per l’ammissione alle misure alternative e non il deposito della relazione di sintesi. 2.2. Con il secondo motivo si eccepisce l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 bis comma 1-quater in relazione agli artt. 3, 24 e 27 Cost Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e va respinto. Deve premettersi che nei casi di condanna per uno dei reati di cui dell’art. 4-bis comma 1 quater L. 26 luglio 1975, numero 354, condizione inderogabile per la concessione delle misure alternative alla detenzione è, indubbiamente, l’osservazione scientifica della personalità, svolta collegialmente, per almeno un anno. Il sistema prevede un’osservazione specifica del detenuto, per un periodo minimo di durata, proprio in ragione della particolarità dei reati commessi a sfondo sessuale , osservazione all’esito della quella è possibile maturare quel giudizio pregnante ed a caratura tecnica, che potrebbe autorizzare la concessione dei benefici penitenziari di cui al comma 1 della medesima disposizione. In questa logica la norma pone, dunque, come presupposto per la concessione dei benefici testé evocati i risultati dell’osservazione scientifica della personalità condotta con le modalità richiamate. Si costruisce, cioè, un percorso differenziato per gli autori dei reati contro la libertà sessuale, percorso che si fonda, da un lato, sull’osservazione protratta per un periodo di tempo minimo annualità e, dall’altro, sulla disponibilità dei risultati dell’osservazione stessa, che possano indurre a ritenere elisa la pericolosità di cui risulta portatore l’autore del fatto. La norma, dunque, si ispira ad una strategia trattamentale differenziata che postula come obbligatorio il vaglio di personalità dell’autore della condotta, in funzione del superamento della spinta a delinquere. Non è, dunque, il mero e semplice decorso del periodo minimo di un anno a fondare il diritto del detenuto alla fruizione dei benefici penitenziari. Piuttosto, eventualità siffatta è condizionata alla ponderazione da parte del decidente dei risultati dell’osservazione collegiale, fissata nella sua durata minima, risultati che devono essere disponibili per il decidente e che integrano la base cognitiva tecnica , in difetto della quale risulta preclusa la decisione. In altri termini, quei risultati realizzano una pre-condizione necessaria e indefettibile per ogni valutazione, in funzione di quanto prescritto dall’art. 4 bis comma 1 quater L. 26 luglio 1975, numero 354. Da quanto premesso deriva che, prima della disponibilità in concreto, dei risultati più volte evocati dell’osservazione di personalità la richiesta e la concessione dei benefici penitenziari risulta, in definitiva, impraticabile, facendo difetto il nucleo essenziale del modello trattamentale differenziato contemplato dall’ordinamento per gli autori di delitti contro la libertà sessuale. 2. Nella fattispecie, dunque, sia al momento del primo provvedimento di inammissibilità in data 18/8/2015 , sia al momento dell’emissione del decreto impugnato 28/10/2015 i risultati dell’osservazione collegiale condotta per almeno un anno non erano disponibili. Ciò ha determinato che, indipendentemente dal decorso dell’annualità dall’inizio della carcerazione, i benefici medesimi risultavano preclusi, per difetto della necessaria pre-condizione cognitiva, su base tecnica, cui il legislatore ha subordinato la possibilità di accedere alle misure alternative ai sensi dell’art. 4 bis comma 1 quater L. 26 luglio 1975, numero 354. Correttamente, pertanto, il Presidente del Tribunale di sorveglianza ha dichiarato inammissibile la richiesta, che riproponeva istanza già decisa il 18/8/2015. D’altro canto, Io stesso provvedimento impugnato ha dato conto della circostanza che la stesura della relazione di sintesi era prevista per il successivo primo trimestre dell’anno 2016. Dall’indicazione si ricava, infatti, come vi fosse monitoraggio e vigilanza, anche sui tempi di deposito di essa, in funzione del compimento del periodo minimo, relativo all’annualità dell’osservazione in corso. Ciò induce a ritenere priva del necessario requisito di rilevanza, ai fini del decidere, la prospettata questione di legittimità costituzionale. Assume il ricorrente, infatti, che il dies a quo per il computo del periodo di osservazione debba essere certo e non possa essere, in definitiva, subordinato o condizionato da disservizi della struttura o da tempi non preventivabili di carattere burocratico, che finirebbero per incidere negativamente sulla condizione del detenuto stesso, che resta in attesa del deposito della relazione, pur decorsa la prescritta annualità. Nella prospettiva del ricorrente vi sarebbe violazione del principio di eguaglianza art. 3 Cost. e della finalità rieducativa della pena art. 27 Cost. oltre che del diritto all’esercizio delle prerogative tutelate dalla L. 26 luglio 1975, numero 354. Deve sul punto solo annotarsi che, in astratto, pur potendo la questione apparire non manifestamente infondata, essa risulta, tuttavia, priva in concreto della necessaria rilevanza. Ciò perché la norma predetta reca solo i requisiti minimi di fatto, affinché sia possibile la concessione dei benefici penitenziari e non indica, dunque, un termine perentorio entro cui debbano essere forniti i risultati dell’osservazione scientifica. Quella valutazione non è frutto di un automatismo, né si risolve in una mera presa d’atto del comportamento intramurario e della buona condotta tenuta dal recluso. Piuttosto, si tratta d’una ponderazione complessa che richiede attente riflessioni sulla personalità, in funzione della prognosi da esprimere e della particolarità dei delitti che caratterizzano il vissuto del singolo condannato. Ciò fa intendere la ragione per la quale essa possa anche non coincidere temporalmente con il periodo annuale di osservazione, che è previsto come arco minimo per tracciare una sintesi dell’osservazione compiuta. Nel caso di specie, del resto, anche a voler considerare la data di inizio della detenzione indicata in ricorso e la previsione temporale richiamata nel provvedimento impugnato per il deposito primo trimestre dell’anno 2016 dei risultati dell’osservazione si tratta di uno scarto temporale esiguo e non idoneo ad incidere effettivamente sul’esercizio, da parte del detenuto, dei diritti previsti dall’ordinamento penitenziario. Quanto premesso impone il rigetto della questione di costituzionalità per difetto della sua rilevanza. 4. Il ricorso va, pertanto, respinto per la sua infondatezza. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.