Aggredisce due carabinieri: l’alcolismo cronico non è una giustificazione

Definitiva la condanna a sei mesi di reclusione per resistenza a pubblico ufficiale. Le precarie condizioni psicologiche e la dipendenza dall’alcool non rendono meno grave il comportamento tenuto nei confronti dei militari.

Affetto da intossicazione cronica da alcool. Ciò non rende, però, meno grave la condotta aggressiva tenuta nei confronti di due carabinieri. Non contestabile, quindi, la condanna per resistenza a pubblico ufficiale Cassazione, sentenza n. 1420, depositata oggi . Psiche. Ricostruito nei dettagli il comportamento tenuto da un uomo nel confronto con due carabinieri. Unica parziale scusante è la seminfermità mentale provocata dalla sua cronica dipendenza dall’alcool. Per i giudici, però, sia in Tribunale che in appello, è inevitabile la pronunzia di condanna per resistenza a pubblico ufficiale, con pena fissata in sei mesi di reclusione, alleggerita dalla applicazione della libertà vigilata. Il legale dell’uomo, però, contesta la decisione, richiamando, ancora una volta, le precarie condizioni psichiche del suo cliente, condizioni note, peraltro, alle forze dell’ordine e caratterizzate da disturbo dell’attenzione e deterioramento cognitivo . Alcool. Ogni obiezione si rivela però inutile. Per i giudici della Cassazione, difatti, la condanna decisa in Appello va confermata in pieno, senza tentennamenti. Ciò innanzitutto perché la condotta dell’uomo era idonea a interrompere o turbare l’atto dell’ufficio egli aveva rivolto minacce ai carabinieri, fatte seguire poi da un pugno che aveva colpito uno dei militari ad una spalla . Secondario, poi, il richiamo difensivo alla dipendenza dall’alcool. Per i magistrati, difatti, lo stato di intossicazione cronica da alcool, accompagnato da deterioramento cognitivo, era all’origine della ridotta capacità di intendere e di volere ma non era incompatibile con la coscienza e la volontà dell’azione realizzata. E non si può escludere la condanna neanche facendo balenare l’ipotesi del fatto di particolare tenuità. A smentire questa visione sono le sette condanne ricevute in passato dall’uomo sempre per resistenza a pubblico ufficiale.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 13 dicembre 2016 – 12 gennaio 2017, n. 1420 Presidente Carcano – Relatore Ricciarelli Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Con sentenza del 17/3/2015 la Corte di appello di Cagliari ha confermato quella del Tribunale di Cagliari del 15/10/2012, con cui C.F. è stato riconosciuto colpevole del delitto di cui all'art. 337 cod. pen. e, con la diminuente della seminfermità mentale equivalente alla contestata recidiva, condannato alla pena di mesi sei di reclusione, con applicazione della misura di sicurezza della libertà vigilata. 2. Ha proposto ricorso il C. tramite il suo difensore. 2.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b ed e , cod. proc. pen. in relazione all'art. 337 cod. pen., osservando che le Forze dell'Ordine conoscevano le condizioni psichiche e la personalità dell'imputato per cui era impossibile che la sua condotta potesse interrompere o turbare l'atto dell'ufficio. 2.2. Con il secondo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b ed e , cod. proc. pen. in relazione agli artt. 42 e 43 cod. pen., rilevando che le condizioni in cui versava l'imputato implicavano che egli non si fosse reso conto di quanto stava accadendo. Tali condizioni erano peggiorate con disturbo dell'attenzione e deterioramento cognitivo. 2.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b ed e , cod. proc. pen. in relazione agli artt. 69, comma quarto e 99, comma quarto, cod. pen, segnalando che proprio tenendo conto delle condizioni personali dell'imputato e delle circostanze del caso concreto si sarebbero dovute concedere le attenuanti generiche con esclusione della recidiva, non potendosi valutare come argomento contrario le manifestazioni della patologia psichiatrica. 2.4. Con il quarto motivo il ricorrente invoca la sopravvenuta applicabilità dell'art. 131- bis cod. pen. deducendo la sussistenza dei relativi presupposti. 3. Il ricorso è inammissibile. 3.1. Il primo motivo deduce genericamente l'inidoneità della condotta ad interrompere o turbare l'atto dell'ufficio, a fronte del fatto che i militari conoscevano il C., ma sul punto la Corte ha nitidamente chiarito come in realtà il ricorrente avesse rivolto minacce, fatte seguire da un pugno che aveva colpito uno dei militari ad una spalla, il che valeva a rappresentare la qualificata opposizione che integra il reato di resistenza. 3.2. Il secondo motivo ripropone il tema della mancanza dell'elemento psicologico in ragione delle condizioni psichiche e dello stato di dipendenza dall'alcool del ricorrente, ma neanche in questo caso il ricorso si confronta con la motivazione della Corte territoriale alla cui stregua il C. aveva piena contezza di trovarsi al cospetto di Carabinieri e di opporsi all'atto dell'ufficio, fermo restando che lo stato di intossicazione cronica da alcool, accompagnato da deterioramento cognitivo, era all'origine della ridotta capacità di intendere e di volere ma non era incompatibile con la coscienza e volontà dell'azione e con la finalizzazione della stessa in quel preciso contesto costituisce peraltro ius receptum che I vizio parziale di mente deve considerarsi logicamente compatibile con il dolo, non essendovi contrasto fra la semi-infermità mentale ed il ritenere provato il dolo. Ed invero, la coscienza e la volontà, pur se diminuite, non sono incompatibili con il vizio parziale di mente, in quanto sussiste piena autonomia concettuale tra la diminuente, che attiene alla sfera psichica del soggetto al momento della formazione della volontà e l'intensità del dolo, che riguarda il momento nel quale la volontà si manifesta e persegue l'obiettivo considerato così Cass. Sez. 5, n. 14107 del 27/101999, Arcilesi, rv. 2161042 relativamente al dolo eventuale, Cass. Sez. 1, n. 39266 del 21/10/2010, Attolico, rv. 248883 relativamente ad una maggiore intensità del dolo, compatibile con il vizio parziale, Cass. Sez. 3, n. 19248 del 7/4/2005, Tiani, rv. 2318498 . 3.3. Il terzo motivo parimenti si limita a riproporre temi correttamente vagliati dalla Corte territoriale in merito all'applicazione della recidiva e al diniego delle attenuanti generiche, senza che siano state formulate specifiche censure alla motivazione contenuta nella sentenza impugnata del resto è stato posto in rilievo come, alla luce dell'innumerevole serie di precedenti specifici, l'episodio in esame costituisse nuova espressione della pericolosità, desunta dai parametri di cui all'art. 133 cod. pen. in relazione all'attitudine palesata dal ricorrente, fermo restando che non ricorrevano elementi valutabili ai fini della concessione delle attenuanti generiche, salva la riduzione di pena ai sensi dell'art. 89 cod. pen., tale da riassumere in sé le sole ragioni di attenuazione del trattamento sanzionatorio, a fronte della mancanza di resipiscenza e dell'intendimento di denunciare i Carabinieri. 3.4. Il quarto motivo è manifestamente infondato, in quanto l'ipotesi di cui all'art. 131- bis cod. pen. non ricorre nel caso di comportamento abituale, desunto fra l'altro dalla commissione di più reati della stessa indole orbene, il C. è gravato da altre sette condanne per il delitto di resistenza a pubblico ufficiale, riferite a fatti commessi prima dell'episodio per cui è causa, il che costituisce ostacolo insormontabile alla configurazione del fatto di particolare tenuità. 4. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa sottesi alla causa di inammissibilità, a quello della somma di euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende.