Assolto in primo grado ma condannato al risarcimento in appello: serve un nuovo esame delle prove

La sentenza di assoluzione in primo grado può essere riformata, ai soli fini civili, dal giudice dell’appello sulla base di un diverso apprezzamento dell’attendibilità di una prova dichiarativa ritenuta decisiva solo previa rinnovazione dell’istruzione dibattimentale.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 854/17 depositata il 10 gennaio. Il caso. Il Tribunale di Macerata, quale giudice di seconde cure, dichiarava l’imputato responsabile agli effetti civili derivanti dall’aver minacciato la persona offesa e lo condannava al risarcimento dei danni. Il difensore ricorre per la cassazione del provvedimento per contraddittorietà ed illogicità della motivazione avendo il Giudice di Pace correttamente assolto il suo assistito a causa delle incertezze emerse in merito agli elementi riferiti dalla persona offesa. Riforma della sentenza di primo grado. Come rilevato dal ricorrente, il giudice d’appello ha riformato la sentenza di assoluzione dell’imputato riconoscendo fondamento alla pretesa della parte civile in conseguenza della rivalutazione degli elementi probatori in assenza però della rinnovazione dell’istruzione dibattimentale che sarebbe stata indispensabile per esaminare la persona offesa, l’inidoneità delle cui dichiarazioni erano state considerate determinanti ai fini dell’assoluzione in primo grado. È dunque fondata la doglianza con cui si deduce la violazione dell’art. 603 c.p.p., in contraddizione con il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui il giudice d’appello che riformi, ai soli fini civili, la sentenza di assoluzione di primo grado sulla base di un diverso apprezzamento dell’attendibilità di una prova dichiarativa ritenuta decisiva deve necessariamente – e dunque anche d’ufficio - rinnovare l’istruzione dibattimentale. In conclusione, la Corte accoglie il ricorso e annulla la sentenza con rinvio al giudice civile competente per valore in grado d’appello.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 8 luglio 2016 – 10 gennaio 2017, n. 854 Presidente Palla – Relatore De Bernardis Ritenuto in fatto Con sentenza in data 6.2.15 il Giudice monocratico del Tribunale di Macerata,in accoglimento dell’appello proposto dalla costituita parte civile - C.E. - dichiarava P.E. responsabile agli effetti civili dei fatti contestati ai sensi degli arte. 594-612 CP, condannandolo al risarcimento dei danni in favore della parte civile,liquidati in Euro 1.000,00. All’imputato si contestava di aver rivolto alla persona offesa parole offensive e minacciose dicendole se non c’erano le bambine ti tiravo fuori e ti tiravo il collo non ancora mi conosci e non è finita qui, vedrai cosa succederà . Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore, deducendo 1-la contraddittorietà ed illogicità della motivazione, nonché la violazione di norme processuali, in riferimento agli artt. 187 – 191 – 192 - 603 CPP. - in primo luogo il ricorrente evidenziava che il giudice di pace aveva correttamente pronunziato l’assoluzione,essendo emerse delle incertezze degli elementi riferiti dalla persona offesa che non aveva saputo indicare la data esatta in cui si era verificato l’episodio rilevava altresì che il giudice di appello aveva stravolto la finalità della integrazione istruttoria,in quanto il teste escusso in dibattimento maresciallo dei cc. non aveva saputo riferire circa la data in cui la persona offesa lo aveva contattato,rilevando l’incertezza del fatto contestato. Censurava la decisione,in quanto si era ritenuta la attendibilità della versione accusatoria,in base ad elementi di valore meramente indiziario. In conclusione il ricorrente chiedeva pertanto l’annullamento della impugnata sentenza. Rilevato in diritto Il ricorso risulta dotato di fondamento. Invero, secondo quanto è dato desumere dal testo del provvedimento impugnato, il giudice di appello ha pronunziato riforma della sentenza di assoluzione dell’imputato, rilevando il fondamento della accusa agli effetti civili, in virtù di una rivalutazione del compendio probatorio già esaminato dal primo giudice, senza procedere alla rinnovazione dell’istruzione dibattimentale per esaminare la persona offesa, costituitasi come parte civile, le cui dichiarazioni erano state considerate insufficienti al fine di accertare la condotta ascritta all’imputato nei suoi elementi costitutivi. Si evidenzia pertanto la dedotta violazione di legge inerente all’art. 603 cod.proc.pen., e risulta disatteso l’indirizzo giurisprudenziale di questa Corte,sancito con sentenza delle Sezioni Unite, n. 27620 del 28.4.2016 - RV267489 - ove si stabilisce che il giudice di appello che riformi, ai soli fini civili,la sentenza assolutoria di primo grado sulla base di un diverso apprezzamento dell’attendibilità di una prova dichiarativa ritenuta decisiva, è obbligato a rinnovare l’istruzione dibattimentale,anche d’ufficio. Alla luce di tale principio va pronunziato l’annullamento dell’impugnata sentenza con rinvio, per nuovo esame, al giudice civile competente per valore in grado di appello. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame al Giudice civile competente per valore in grado di appello.