Revoca della sospensione condizionale della pena per la rinuncia al beneficio

La rinuncia al beneficio della sospensione condizionale della pena è una atto personalissimo e comporta la revoca della misura sanzionatoria durante l’applicazione.

Così ha deciso la Corte di Cassazione con sentenza n. 644/17 depositata il 9 gennaio. Il caso. Il Tribunale di Brescia applicava all’imputato la pena concordata con patteggiamento per aver egli detenuto nella propria abitazione sostanze stupefacenti ai fini di spaccio. Nell’applicazione della misura sanzionatoria la Corte territoriale non concedeva il beneficio della sospensione condizionale della pena. La rinunciabilità del beneficio della sospensione condizionale della pena. La Cassazione ha avuto l’occasione, nel caso di specie, di ribadire che la questione circa la revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena deve ritenersi superata, poiché la decisione è stata liberamente concordata dalle parti stesse durante il patteggiamento. La rinuncia del beneficio, continua la Corte, è un atto personalissimo idoneo ad incidere sul profilo sanzionatorio, qualora provenga dall’imputato o dal suo difensore munito di procura speciale. Pertanto la Suprema Corte non può che ritenere la revoca del beneficio in questione legittima, dichiarando il ricorso inammissibile e condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 20 dicembre 2016 – 9 gennaio 2017, n. 644 Presidente Paoloni – Relatore Scalia Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Brescia, con la sentenza in epigrafe indicata, ha applicato a F.L. la pena concordata, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., di otto mesi di reclusione ed euro 1.200,00 di multa, per il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, per avere il primo detenuto, ai fini di cessione, grammi 22,85 circa di marijuana e, nella sua abitazione, una pianta di marijuana insieme a strumenti per la pesatura ed il confezionamento dello stupefacente. Nell’applicata misura il Tribunale, su accordo delle parti, ha ritenuto la continuazione dei fatti contestati con quelli giudicati con sentenza emessa dal medesimo ufficio giudiziario il 28 dicembre 2015, irrevocabile il 7 aprile 2016, e non ha concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena. 2. Avverso l’indicata sentenza propone ricorso per cassazione, in proprio, il prevenuto, articolando tre motivi. 2.1. Con il primo motivo, il ricorrente fa valere violazione di legge per erronea applicazione dell’art. 444 cod. proc. pen., in relazione all’art. 129 cod. proc. pen Il Tribunale aveva mancato di indicare e valutare con precisione gli elementi di prova contrari ad un’assoluzione nel merito. 2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia violazione di legge e pena illegale per erronea applicazione dell’art. 444 cod. proc. pen., in relazione all’art. 81 cod. pen. ed agli artt. 163, 164, 168 cod. pen Riconosciuta la continuazione tra i fatti per i quali si era proceduto e quelli di cui alla sentenza del Tribunale di Brescia n. 5668 del 28 dicembre 2015, la pena finale sarebbe stata illegale non rispondendo a criteri di legge l’aumento in continuazione e la diminuente del rito, applicati. Illegittima sarebbe stata anche la revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena, atteso che il riconoscimento del reato continuato in sede di cognizione produce un unico e primo giudicato, come tale non integrativo dei presupposti ai sensi dell’art. 168 cod. pen., per i quali opererebbe di diritto la revoca della sospensione. 2.3. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce violazione di legge in relazione all’art. 464-quater cod. proc. pen. e manifesta illogicità della motivazione. Come riportato nel verbale d’udienza il prevenuto aveva personalmente richiesto la sospensione del procedimento in corso, con messa alla prova, ed il giudicante aveva rigettato la richiesta sulla sola mancanza di prognosi favorevole. 3. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, con requisitoria scritta, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso nella congruità della motivazione resa quanto all’art. 129 cod. proc. pen. nella genericità di ogni censura portata al calcolo della pena nell’intervenuto accordo delle parti anche sulla revoca della sospensione condizionale della pena nel carattere discrezionale della concessione del beneficio della sospensione del procedimento con messa alla prova art. 168 bis cod. proc. pen. . Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile in quanto generico, manifestamente infondato ed avente ad oggetto indeducibili censure, per le ragioni che qui di seguito si espongono. 1.1. Il denunciato omesso controllo ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. è del tutto genericamente dedotto in ricorso. Non si indica per lo stesso infatti la ragione per cui, a fronte di una richiesta di applicazione di pena finale proveniente dallo stesso imputato, tale da presupporre rinuncia implicita a qualsiasi questione sulla colpevolezza e sull’entità della concordata pena, il giudice avrebbe dovuto eludere la richiesta e giungere ad una decisione liberatoria, dovendo la richiesta di applicazione pena essere considerata come ammissione del fatto Sez. 2, n. 41785 del 06/10/2015, Ayari, Rv. 264595 Sez. U, 5777 del 27/03/1992, di Benedetto, Rv. 191135 . 1.2. La censura sulla illegalità della pena resta anch’essa consegnata a critica del tutto generica non riportandosi neppure in ricorso le norme la cui violazione integrerebbe la dedotta illegittimità. La questione poi della illegalità della revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena è superata, come rilevato dallo stesso P.G., per avere le parti liberamente concordato la revoca del beneficio, nella piena rinunciabilità dello stesso ad opera dell’imputato, o del difensore di questi munito di procura speciale, costituendo la rinuncia atto personalissimo idoneo ad incidere sul profilo sanzionatorio Sez. 3, n. 11104 del 30/01/2014, Ercolini, Rv. 258701 . La sentenza impugnata riporta espressamente, sul frontespizio, le conclusioni rassegnate dalle parti che, comprensive della rinuncia al beneficio, sono riferite all’imputato, presente. Tanto vale ad integrare la dismissione del beneficio in un contesto in cui, incidendo la misura della sospensione ai sensi dell’art. 168 cod. pen. sul trattamento sanzionatorio, la procura speciale conferita per patteggiare, e quindi per definire la misura della pena, avrebbe peraltro consentito il riconoscimento di un siffatto potere anche in capo difensore officiato. 1.3. L’ulteriore critica avanzata dal ricorrente sul provvedimento di diniego della sospensione del procedimento si presta a plurime valutazioni di inammissibilità. 1.4. La concessione del beneficio della sospensione del procedimento con messa alla prova, ai sensi dell’art. 168 bis cod. pen, è rimessa al potere discrezionale del giudice e postula un giudizio volto a formulare una prognosi positiva, negativamente integrata anche da un solo precedente specifico, che deve confrontarsi con l’efficacia riabilitativa e dissuasiva del programma di trattamento proposto Sez. 4, n. 9581 del 26/11/2015 dep.2016 , Quiroz, Rv. 266299 . Nel ricorso, poi, la mancanza di motivazione della concessione viene del tutto genericamente, e quindi inammissibilmente, dedotta, in alcun modo il ricorrente facendosi carico di segnalare quale programma, per la censurata decisione, sia stato disatteso dal giudice del merito nei suoi dedotti effetti riabilitativi. 2. All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., nel testo modificato dalla sentenza della Corte costituzionale 13 giugno 2000, n. 186. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende.