Nelle motivazioni di sentenza non basta la ""prova"", serve anche la ""riprova""

La Corte di Cassazione si esprime sul contenuto della motivazione, relativamente al quadro probatorio esistente e all’argomentazione e al ragionamento del giudice.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 557/17 depositata il 5 gennaio. Il caso. Un lavoratore in primo grado di giudizio veniva sottoposto agli arresti domiciliari, per il delitto di corruzione aggravata dal metodo mafioso. L’ordinanza era successivamente impugnata. Il giudice del riesame modificava la misura cautelare personale da applicarsi al caso concreto, cambiandola in divieto di dimorare nel territorio della Regione. Tale misura applicata, meno afflittiva di quella originaria, era ritenuta adeguata al caso di specie, sussistendo i gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto aggravato ipotizzato . L’indagato ricorreva in Cassazione avverso l’ordinanza summenzionata. Un quadro probatorio scarno. Il ricorrente lamentava violazione di legge in quanto le contestazioni mosse, specie quelle recanti la definizione di gravi indizi , non erano state esaustivamente motivate. Il giudice si sarebbe invece limitato a ripercorrere la tesi accusatoria. Inoltre, il solo fatto che l’imputato si trovasse in una posizione apicale all’interno della società non vuol dire automaticamente che perpetuasse le condotte di cui si era reso protagonista un suo superiore, addetto all’amministrazione e alla gestione del personale e destinatario di plurimi provvedimenti interdittivi e giudiziari [] in dipendenza con i suoi legami con ambienti mafiosi . Secondo la Corte di Cassazione, nell’ordinanza impugnata non vi è argomentazione che sia atta a superare le obiezioni del ricorrente, secondo il quale gli elementi probatori a suo carico sono rappresentati unicamente dalle dichiarazioni rese dalla coimputata. La prova e riprova” nelle motivazioni di sentenza. Secondo la Corte di Cassazione una motivazione che sia idonea e adeguata deve contenere sia la prova” che la riprova”. Per quest’ultima si intende la confutazione delle obiezioni [] mosse quando specificamente incidenti sugli elementi fondanti la tesi accolta . Di ciò però non vi è traccia nell’ordinanza. E il permanere dell’imputato in una posizione direttiva non vale di per sé a costituire coinvolgimento con ambienti malavitosi . Per questo motivo l’ordinanza impugnata viene annullata.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 30 settembre 2016 – 5 gennaio 2017, n. 557 Presidente Vessichelli – Relatore Gorjan Ritenuto in fatto Il Tribunale di Napoli,quale Giudice del riesame,con l’ordinanza impugnata,resa il 26.5 - 7.6.2016,ha parzialmente modificato l’ordinanza applicativa di misura cautelare personale emessa dal G.i.p. presso il Tribunale partenopeo nei risguardi di F.A. in relazione a delitto di corruzione aggravata dal metodo mafioso. Il Tribunale di Napoli ebbe a modificare l’ordinanza impugnata disponendo l’applicazione al F. del divieto di dimorare nel territorio della regione Campania invece dell’originaria misura degli arresti domiciliari, ritenendo bensì sussistere i gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto aggravato ipotizzato, ma adeguatamente tutelate l’esigenza cautelare,ritenuta esistente, dalla misura meno afflittiva applicata. Ha interposto ricorso per cassazione il difensore fiduciario del F. muovendo avverso l’ordinanza impugnata le seguenti censure concorreva violazione di legge in quanto il Tribunale non ha esposto motivazione alcuna in relazione alle specifiche contestazioni mosse con il riesame avverso l’ordinanza applicativa della misura in relazione alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi, limitandosi a ripercorrere la tesi accusatoria concorreva violazione di legge anche in riferimento alla ritenuta concorrenza dell’aggravante ex lege 203/1991, poiché i Giudici del riesame non ebbero a confrontarsi con i fatti lumeggianti l’assenza anche di sua colpevole ignoranza della circostanza che il titolare dell’impresa,di cui era dipendente, era ritenuto vicino ad associazione mafiosa concorreva infine vizio di omessa motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dell’esigenza cautelare di tutela sociale - reiterazione della condotta illecita - in quanto il Tribunale s’è limitato ad evidenziare come la sua posizione nell’ambito delle società del G. gli consentisse la perpetuazione delle condotte criminose di imputazione, senza nulla argomentare con relazione al fatto dirimente dell’intervenuta commissariamento delle società riconducibili al G. . All’odierna udienza camerale non compariva il difensore dell’imputato, mentre il P.G. chiedeva il rigetto del ricorso. Ritenuto in diritto Il ricorso de quo ha fondamento giuridico e va accolto con conseguente annullamento dell’ordinanza impugnata e rinvio per nuovo esame al Tribunale di Napoli. In effetto i Giudici del riesame non paiono essersi confrontati con le obiezioni mosse dall’indagato all’impianto accusatorio sotto il profilo della sussistenza dei validi elementi di colpevolezza in relazione allo specifico reato di corruzione contestato. Difatti non si ritrova nell’ordinanza impugnata argomentazione atta a superare le obiezioni fondate sulla circostanza che l’unico effettivo elemento probatorio a carico dell’indagato risulta rappresentato dalle dichiarazioni rese dalla coimputata Ferrante, per altro de reato da altri. Gli elementi di riscontro indicati in ordinanza appaiono in effetto anodini al riguardo, poiché altri coimputati nulla di specifico e di rilevante dicono circa la posizione del F. - pacificamente dipendente del G. addetto all’amministrazione e gestione del personale delle sue società -. Inoltre il tenore dei colloqui intercettati appare non significativo al riguardo poiché esternazione dell’esigenza pratica,ovvia in situazione di necessità della prosecuzione dell’attività di una società cooperativa privata del suo vertice e con obblighi verso i dipendenti,di sostituire il legale rappresentante arrestato per continuare l’attività economica in atto. Anche in punto contestazione dell’aggravante ex lege 203/1991, relativamente alla specifica posizione del F. , la censura mossa con il ricorso appare fondata. Difatti il Tribunale si imita a richiamare i plurimi provvedimenti interdittivi e giudiziari a carico del G. in dipendenza con i suoi legami con ambienti mafiosi, ma nulla in effetto i Giudici del riesame contro deducono relativamente all’osservazione - fattualmente fondata su documenti - che i vari provvedimenti richiamati o furono annullati dal Giudice amministrativo o le richieste della Procura non accolte dal Giudice e che in occasione dell’esito positivo dei giudizio amministrativi il G. offrì apposito rinfresco ai dipendenti per rassicurarli. Adeguata motivazione obbliga non solo alla prova della tesi ritenuta corretta ma pure alla riprova ossia alla confutazione delle obiezioni - per giunta fondate su documenti giudiziari - mosse quando specificamente incidenti sugli elementi fondanti la tesi accolta. Ma detta riprova risulta assente in ordinanza impugnata. Infine pure in punto concorrenza dell’esigenza cautelare ex art. 274 lett. C cod. proc. pen. appare sussistere il denunziato vizio di legittimità. Difatti il Tribunale partenopeo si limita a rilevare che il F. rimaneva in posizione direttiva nelle società del G. anche dopo l’arresto di questi, sicché manteneva una posizione che gli consentiva di reiterare le condotte illecite contestategli, ma nulla osserva circa il fatto - effettivamente di valenza rilevante - che tutte le imprese riconducibili al G. e famiglia - persone in effetto raggiunte da misure cautelari personali - sono state sottoposte ad amministrazione giudiziaria. Tale nuova situazione appare rilevante al fine della ragione posta alla base della motivazione espressa dal Tribunale circa il pericolo di reiterazione del reato poiché in effetto escluderebbe l’attualità dell’esigenza cautelare ritenuta. La nuova dirigenza sociale risulta del tutto avulsa da ogni coinvolgimento con ambienti malavitosi e quindi nemmeno l’agire imprenditoriale risulterebbe improntato dalla distorsione precedente. Il Tribunale di Napoli dovrà procedere a nuovo esame della questione secondo le indicazioni desumibili dalle argomentazioni di questa Corte sopra espresse. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli per nuovo esame dispone la trasmissione integrale degli atti.