Quali sono i poteri dell’autorità giudiziaria italiana?

L’autorità giudiziaria italiana non può limitarsi ad un controllo meramente formale della documentazione allegata, ma deve accertare che in essa risultino evocate le ragioni per le quali è stato ritenuto probabile, nella prospettiva del sistema processuale dello Stato richiedente, che l’estradando abbia commesso il reato oggetto della domanda, senza però che tale necessaria verifica comporti una vera e propria valutazione di merito del concreto valore probatorio degli elementi indicati a sostegno della domanda.

E’ quanto emerso dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 386, depositata il 4 gennaio 2017. Il caso. La Corte di Appello di Venezia dichiarava la sussistenza delle condizioni ex lege richieste per l’accoglimento della domanda di estradizione avanzata dal Governo del Brasile al fine di perseguire penalmente N.L.R. per i reati di violenza fisica, minacce e maltrattamenti commessi ai danni di A.L.C. . In particolare, l’autorità giudiziaria brasiliana aveva emesso un mandato di arresto nei confronti di N.L.R., accusata di aver perpetrato – in concorso con il marito, cittadino italiano, A.M. – plurime vessazioni, fisiche e morali, ai danni della domestica tali fatti sarebbero iniziati in Brasile, ove era stata originariamente assunta, per poi essere reiterati sul territorio italiano, finché la vittima non era riuscita a fare rientro in patria. La Corte di Appello aveva ritenuto sussistente il requisito della gravità indiziaria richiesto dal codice di procedura penale per l’accoglimento della domanda, in quanto oltre alla testimonianza della persona offesa, erano stati acquisite in Brasile sia altre testimonianze che i referti medici attestanti le lesioni subite dalla donna. Ricorreva per Cassazione N.L.R. deducendo violazione di legge e vizio motivazionale del provvedimento de quo sotto due profili in primis , relativamente alla ritenuta sussistenza del requisito della gravità indiziaria ex art. 705 c.p.p. in secundis , in ordine alla condizione ostativa ex artt. 705 c.p.p. e 3 del Trattato di estradizione tra Italia e Brasile, da un lato essendo l’estradanda indagata in Italia per gli stessi fatti oggetto della domanda di estradizione e, dall’altro, con riguardo al difetto di giurisdizione ex art. 6 c.p. dello Stato richiedente, essendo l’estradanda cittadina italiana – avendo sposato un cittadino italiano – ed essendo stati i reati commessi, almeno in parte, in Italia. I requisiti formali della domanda di estradizione. Ai sensi dell’art. 11, comma 2, del Trattato di estradizione tra Italia e Brasile, a sostegno della domanda di estradizione processuale deve essere trasmesso solo il provvedimento restrittivo della libertà personale e la documentazione deve contenere esclusivamente la descrizione del fatto, la data ed il luogo di commissione, la sua qualificazione giuridica, gli elementi necessari alla identificazione della persona richiesta e la copia delle disposizioni di legge applicabili. Tuttavia, per pacifica giurisprudenza di legittimità, l’autorità giudiziaria italiana non può limitarsi ad un controllo meramente formale della documentazione allegata, ma deve accertare che in essa risultino evocate le ragioni per le quali è stato ritenuto probabile, nella prospettiva del sistema processuale dello Stato richiedente, che l’estradando abbia commesso il reato oggetto della domanda. Fermo restando che tale necessaria verifica non comporta tuttavia che l’autorità giudiziaria italiana valuti nel merito il concreto valore probatorio degli elementi indicati a sostegno della domanda. Ora, nel caso di specie, secondo i Supremi Giudici la Corte di Appello si è attenuta a tale principio giurisprudenziale, dando puntualmente conto degli elementi di prova rappresentati dalla domanda di estradizione a fondamento della attribuzione all’estradanda delle ipotesi delittuose ivi indicate. Estradanda indagata anche in Italia condizione ostativa all’estradizione solo in due casi. L’art. 3 del Trattato de quo prevede il rifiuto dell’estradizione laddove per lo stesso fatto la persona richiesta sia sottoposta a procedimento penale dalla autorità giudiziarie della Parte richiesta in altri termini, tale motivo di rifiuto è correlato alla condizione ostativa all’estradizione contenuta nell’art. 705, comma 1, c.p.p., laddove si fa riferimento alla circostanza che sia in corso un procedimento penale nello Stato per lo stesso fatto nei confronti dell’estradando. Tuttavia, per giurisprudenza consolidata, la condizione ostativa de qua, può ritenersi sussistente solo in due casi, ovvero allorquando nei confronti dell’estradando, per lo stesso fatto, sia stata esercitata l’azione penale oppure sia stata emessa una ordinanza applicativa della custodia cautelare. Nel caso di specie tale condizione è stata correttamente ritenuta insussistente dalla Corte di Appello, in quanto allo stato risulta iscritto ex art. 335 c.p.p. un procedimento penale a carico di N.L.R. presso la Procura della Repubblica di Venezia per gli stessi fatti oggetto della domanda di estradizione, ma tuttavia il PM ha al momento soltanto promosso una rogatoria per acquisire dalle autorità giudiziarie brasiliane la documentazione per verificare se sussistano le condizione per procedere contro la stessa in Italia.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 28 dicembre 2016 – 4 gennaio 2017, n. 386 Presidente Conti – Relatore Calvanese Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. N.L.R. ricorre per cassazione avverso la sentenza del 21 marzo 2016 con la quale la Corte di appello di Venezia dichiarava la sussistenza delle condizioni per l’accoglimento della domanda di estradizione presentata dal Governo della Repubblica federale del Brasile al fine del suo perseguimento per i reati di aggressioni fisiche, minacce e maltrattamenti commessi tra il omissis . N.L.R. era ricercata dalle autorità giudiziarie brasiliane, che ne avevano ordinato l’arresto con mandato emesso il 27 luglio 2013, perché in concorso con il marito, M.A. , avrebbe sottoposto la domestica C.A.L. , assunta in omissis , ad un crescendo di vessazioni fisiche e morali, anche a scopo sessuale, durate otto mesi, sino a quando, in data 18 giugno 2010, quest’ultima era riuscita a far rientro in patria. La Corte di appello dava atto che, oltre alla testimonianza della persona offesa, erano state acquisite in le testimonianze dei parenti della donna e di altri testi, a conoscenza dei fatti, oltre ai referti medici in ordine alle lesioni subite e che per i fatti oggetto della domanda estradizionale erano in corso indagini penali in Italia. Alla luce della documentazione trasmessa a corredo della domanda, la Corte territoriale riteneva soddisfatto il requisito della gravità indiziaria richiesto dal codice di rito, in quanto erano stati chiariti i motivi e indicate le fonti di prova per i quali le condotte delittuose erano attribuibili all’estradanda. La medesima Corte non assegnava rilevanza ostativa alla circostanza che il reato fosse stato commesso nello Stato, trattandosi di motivo facoltativo di rifiuto di competenza del Ministro della Giustizia, al pari di quello della sospensione della custodia cautelare a soddisfatta giustizia . La ricorrente chiede l’annullamento della suddetta sentenza per violazione di legge e vizio di motivazione sotto vari profili e segnatamente in ordine al requisito della gravità indiziaria di cui all’art. 705 cod. proc. pen. essendosi basata la Corte di appello solo su provvedimenti giudiziari dell’autorità giudiziaria brasiliana, senza valutare direttamente gli atti istruttori, mai pervenuti mentre dal procedimento pendente in Italia emergerebbe l’assoluta estraneità dell’estradanda ai fatti contestatile alla condizione ostativa prevista dal combinato disposto dell’art. 705 cod. proc. pen. e dell’art. 3 del Trattato di estradizione tra Italia e Brasile, essendo l’estradanda indagata in Italia per gli stessi fatti, oggetto della domanda estradizionale e all’art. 6 cod. pen., in quanto l’estradanda è cittadina italiana essendo sposata con cittadino italiano e lo Stato richiedente difetterebbe di giurisdizione, trattandosi di reati commessi in Italia. 2. Il ricorso è infondato. In ordine al primo motivo, va rilevato che, in base all’art. 11, comma 2, del Trattato di estradizione tra l’Italia e il Brasile del 17 ottobre 1989, entrato in vigore il 1 agosto 1993 L. 23 aprile 1991, n. 144 , a sostegno della domanda di estradizione processuale, deve essere trasmesso soltanto il provvedimento restrittivo della libertà personale e la documentazione deve contenere esclusivamente la descrizione del fatto, la data ed il luogo in cui sia stato commesso, la sua qualificazione giuridica, nonché gli elementi necessari alla identificazione della persona richiesta e la copia delle disposizioni di legge applicabili. Il Trattato suddetto non contempla dunque la valutazione da parte dello Stato richiesto dei gravi indizi di colpevolezza. Tuttavia, secondo un principio oramai consolidato nella giurisprudenza di legittimità, l’autorità giudiziaria italiana non può limitarsi ad un controllo meramente formale della documentazione allegata, ma deve accertare che in essa risultino evocate le ragioni per le quali è stato ritenuto probabile, nella prospettiva del sistema processuale dello Stato richiedente, che l’estradando abbia commesso il reato oggetto della domanda tra tante, Sez. 6, n. 43170 del 17/07/2014, Malatto, Rv. 260042 Sez. 6, n. 26290 del 28/05/2013, Parades Morales, Rv. 256566 . Tale necessaria verifica non comporta quindi che l’autorità giudiziaria italiana valuti nel merito il concreto valore probatorio degli elementi indicati a sostegno della domanda da ultimo proprio con riferimento al Trattato in esame, Sez. 6, n. 945 del 12/01/2015, P.C.M., non mass. . Nella specie, la Corte di appello si è attenuta correttamente a tali principi, dando puntuale conto degli elementi di prova rappresentati dalla domanda di estradizione a fondamento della attribuzione all’estradanda delle ipotesi delittuose ivi indicate. Anche il secondo motivo è infondato. L’art. 3 del Trattato citato prevede il rifiuto dell’estradizione se per lo stesso fatto la persona richiesta è sottoposta a procedimento penale dalle autorità giudiziarie della Parte richiesta . Tale motivo di rifiuto, ricorrente in tutti i trattati di estradizione vigenti in Italia cfr., negli stessi termini, il Trattato con il Perù del 2004 , si correla tra l’altro alla condizione ostativa all’estradizione, contenuta nell’art. 705, comma 1, cod. proc. pen., della circostanza che sia in corso procedimento penale nello Stato per lo stesso fatto nei confronti dell’estradando. Secondo una esegesi ampiamente condivisa da questa Corte, dalla quale non vi è motivo di discostarsi nel caso in esame, la condizione ostativa della pendenza di un procedimento penale sussiste quando nei confronti dell’estradando, per lo stesso fatto, è stata esercitata l’azione penale ovvero è stata emessa un’ordinanza applicativa della custodia cautelare Sez. 6, n. 38850 del 18/09/2008, Rukaj, Rv. 241262 Sez. 6, n. 21351 del 17/05/2002, Stankovic P., Rv. 222030 in senso conforme, con riferimento ad una estradizione richiesta dalla Repubblica del Perù, ai sensi del Trattato bilaterale del 2004, Sez. 6, n. 26290 del 28/05/2013, Paredes Morales, Rv. 256565 . Nel caso in esame, tale condizione non sussiste, avendo questa Corte proceduto alla diretta verifica, con il disposto rinvio dell’udienza, dello status del procedimento penale aperto dalla Procura della Repubblica di Venezia nei confronti di N.L.R. per i fatti oggetto della domanda estradizionale risulta che il P.M., che ha proceduto all’iscrizione ex art. 335 cod. proc. pen. a seguito della notitia criminis contenuta nella domanda estradizionale, ha al momento soltanto promosso una rogatoria allo stato ancora priva di risposta per acquisire dalle autorità giudiziarie del Brasile la documentazione probatoria per verificare se ci siano le condizioni per procedere contro la stessa in Italia. I restanti motivi sono infondati, non configurando ipotesi ostative Sez. 6, n. 46444 del 26/11/2009, Benevides, Rv. 245487 , ma soltanto casi di rifiuto facoltativo dell’estradizione rimessi alla valutazione del Ministro della Giustizia cfr. art. 6 del Trattato cittadinanza della persona richiesta giurisdizione dello Stato richiesto luogo di commissione del reato tra tante, Sez. 6, n. 9119 del 25/01/2012, Topi, Rv. 252040 . Spetterà quindi al Ministro della Giustizia stabilire se le suddette circostanze, che legittimano, in base al Trattato bilaterale, il rifiuto facoltativo da parte del Governo italiano della domanda di estradizione, giustifichino nel caso in esame l’esercizio delle prerogative previste dal citato art. 6, tenuto conto anche della dimensione politica della clausola della reciprocità applicabile nella cooperazione tra Stati segnatamente per la questione della cittadinanza e la mancata risposta alla rogatoria . Con particolare riferimento al motivo di rifiuto facoltativo di cui all’art. 6, par. 2, lett. a del Trattato bilaterale se il fatto per il quale è domandata è stato commesso, in tutto o in parte, sul territorio della Parte richiesta o in un luogo considerato tale dalla legge della Parte stessa , costituisce circostanza da valutare con particolare attenzione in sede politica l’inoltro da parte dell’autorità giudiziaria italiana di una rogatoria alle autorità giudiziarie dello Stato richiedente la consegna in questa fase del procedimento penale potrebbe pregiudicare infatti l’esercizio della sovranità territoriale sui reati oggetto della domanda estradizionale. Ciò premesso, salva ogni opportuna valutazione politica sui punti critici sopra evidenziati, le doglianze della ricorrente non possono trovare accoglimento, stanti i circoscritti poteri di controllo affidati all’autorità giudiziaria nella procedura estradizionale, sicché il ricorso deve essere rigettato con le conseguenze di legge relativamente alle spese processuali. La cancelleria procederà alle comunicazioni di rito. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 203 disp. att. cod. proc. pen