Imprenditore arrestato e assolto: risarciti anche danni commerciali e d’immagine

L’uomo, finito ingiustamente sotto accusa, ha trascorso quasi 6 mesi tra carcere e arresti domiciliari. Legittima la sua richiesta di ottenere un indennizzo economico, che però dovrà essere calcolato tenendo conto anche delle ripercussioni subite da lui e dalla moglie.

Danni economici e professionali, da un lato, e clamore mediatico, dall’altro, vanno presi in esame nel calcolo della cifra stanziata per risarcire la persona vittima di una detenzione assolutamente illegittima. Fondate le osservazioni proposte da un imprenditore meridionale, vittima di un clamoroso errore giudiziario. Destinata ad essere aumentata la somma, poco più di 100mila euro, stanziata in Appello come riparazione per l’ingiusta detenzione” Cassazione, sentenza n. 53734/2016, Sezione Terza Penale, depositata il 19 dicembre scorso . Carcere. Ricostruita la originaria vicenda giudiziaria, che ha obbligato l’uomo a trascorrere 77 giorni di custodia in carcere e 88 giorni di arresti domiciliari . Una volta esclusa completamente ogni responsabilità penale, è logica la sua richiesta di un adeguato ristoro economico per l’ ingiusta detenzione subita. Positiva la risposta dei giudici, che riconoscono all’uomo oltre 100mila euro. Nonostante questa cifra, però, l’uomo non si ritiene soddisfatto, sostenendo la risarcibilità dei pregiudizi patrimoniali subiti in ambito imprenditoriale da lui e dalla moglie e dei danni riportati a causa dello ‘strepitus fori’, cioè la pubblicità negativa frutto del clamore mediatico che ha accompagnato la notizia del suo arresto . Ebbene, i magistrati della Cassazione ritengono condivisibili le obiezioni mosse dall’uomo. Ciò perché la liquidazione dell’indennizzo per l’ingiusta detenzione va svincolata da parametri aritmetici o, comunque, da criteri rigidi ma si deve invece basare su una valutazione equitativa che tenga globalmente conto non solo della durata della custodia cautelare, ma anche, e non marginalmente, delle conseguenze personali e familiari scaturite dalla privazione della libertà, comprese le sofferenze morali e la lesione della reputazione . E in effetti, in questa vicenda, emerge l’evidenza data dai mezzi di comunicazione alla notizia dell’arresto dell’uomo, molto conosciuto come imprenditore nel settore del trasporto turistico . Da rivedere e da aumentare, quindi, la cifra di 100mila euro fissata in Appello come indennizzo .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 4 maggio – 19 dicembre 2016, n. 53734 Presidente Grillo – Relatore Liberati Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 21 novembre 2014 la Corte d'appello di Catanzaro, provvedendo quale giudice di rinvio a seguito dell'annullamento disposto da questa Corte con la sentenza n. 17843 del 2014, in accoglimento della domanda di riparazione per l'ingiusta detenzione sofferta da D.S., ha condannato il Ministero dell'Economia e delle Finanze a corrispondergli la somma di euro 100.542,14, compensando integralmente le spese processuali. La Corte d'appello, premesso che con precedente ordinanza era stata liquidata al richiedente la somma di euro 28.542,14 in relazione a 77 giorni di custodia in carcere e a 88 giorni di arresti domiciliari, essendo stata esclusa completamente la sua responsabilità con sentenza della Corte d'appello di Catanzaro del 19 luglio 2011, ha esaminato gli ulteriori documenti allegati dal ricorrente, come indicato nella suddetta sentenza di annullamento con rinvio di questa Corte, rilevando un danno ulteriore, determinato dallo stato di detenzione illegale, conseguente alla risoluzione del contratto con la cooperativa Real Estate ed all'anticipato scioglimento della società di navigazione Euroline, di cui il ricorrente era amministratore unico con un compenso annuo di euro 36.000,00, ravvisando un pregiudizio patrimoniale pari alla perdita di due annualità di tale compenso, pari a complessivi euro 72.000, che ha aggiunto alla somma in precedenza determinata, pervenendo così alla liquidazione della somma complessiva di euro 100.542,14. La Corte ha, invece, escluso la risarcibilità di pregiudizi patrimoniali subiti dalla consorte del ricorrente e di quello conseguente al c.d. strepitus fori, da ritenersi compreso ed assorbito nella somma liquidata sulla base di parametri standard per ogni giorno di detenzione illegale. 2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il richiedente mediante il suo difensore, lamentando violazione di legge penale in relazione all'art. 672, comma 3, cod. proc. pen. e vizio di motivazione, lamentando l'omessa considerazione della documentazione allegata a corredo dell'istanza, nonostante la precisa e cogente indicazione in tal senso contenuta nella precedente sentenza di annullamento di questa Corte. In particolare non erano state adeguatamente considerate la risoluzione del contratto concluso a titolo personale dal S. con la cooperativa a responsabilità limitata Real Service, al fine di assolvere a compiti di gestione e direzione nell'ambito del settore turistico per tre anni, dal 3 gennaio 2008 al 31 dicembre 2010 per un compenso complessivo di euro 221.000, ed il pregiudizio conseguente allo scioglimento della S.r.l. Euroline, di cui la moglie del ricorrente era socia, con una quota del 30% dei capitale sociale. Ha inoltre lamentato la mancata considerazione dello strepitus fori, anche in questo caso in contrasto con quanto indicato nella sentenza di annullamento con rinvio, e la disposta compensazione delle spese processuali nonostante l'accoglimento della domanda. 3. Il Procuratore Generale, richiamando l'orientamento interpretativo circa la natura equitativa della liquidazione dell'indennizzo per l'ingiusta detenzione, ha concluso per l'inammissibilità del ricorso, rilevando la congruità dell'importo liquidato al ricorrente dalla Corte d'appello, che aveva tenuto conto del compenso dallo stesso percepito quale amministratore della S.r.l. Euroline, e la non apprezzabilità in questa sede di situazioni pregiudizievoli derivate per la stessa ragione a carico di familiari del ricorrente. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. 1. Nella precedente sentenza di questa Corte, n. 17843 del 7 marzo 2014, di annullamento con rinvio della prima ordinanza della Corte d'appello di Catanzaro, era già stata rilevata l'omessa giustificazione della esclusione dal giudizio di liquidazione delle conseguenze personali e familiari della privazione della libertà del ricorrente, incluso lo strepitus fori, evidenziando che la Corte territoriale era addivenuta alla liquidazione dell'indennizzo senza alcun esame della documentazione inerente a tali circostanze, ed in particolare della comunicazione di risoluzione del contratto del 27/12/2007, della delibera assembleare della S.r.l. Euroline del 30/06/2008 e della copia della comunicazione di sospensione del servizio trasporto passeggeri del 27/12/2007, ritenendo di conseguenza carente l'ordinanza impugnata nella parte in cui aveva omesso di prendere in considerazione le conseguenze personali della privazione della libertà dedotte dal ricorrente, documentate con le produzioni indicate nella stessa ordinanza impugnata, stabilendo che il giudice del rinvio avrebbe dovuto procedere a nuovo esame della domanda di liquidazione dell'indennizzo, prendendo in esame tali produzioni. Nel giudizio di rinvio la Corte d'appello di Catanzaro, nel riesaminare l'istanza di liquidazione dell'indennizzo per l'ingiusta riparazione sofferta dal ricorrente, pur dando atto della esistenza di un contratto d'opera concluso il 15 ottobre 2007 dal ricorrente con la cooperativa a responsabilità limitata Real Service avente ad oggetto lo svolgimento da parte del ricorrente di compiti di gestione e direzione nell'ambito del settore turistico per tre anni, dal 3 gennaio 2008 al 31 dicembre 2010, per un compenso complessivo di euro 221.000 e della comunicazione della risoluzione di tale contratto in data 27 dicembre 2007 cioè successivamente al fermo del ricorrente, avvenuto il 14 dicembre 2007 , non ha tratto alcuna conclusione sul piano della determinazione dell'indennizzo dall'esistenza di tale contratto, né ha giustificato in alcun modo l'eventuale irrilevante, sul piano indennitario, di tali documenti, attribuendo al ricorrente un ulteriore indennizzo solamente in relazione alla perdita di due annualità dei compenso quale amministratore unico della S.r.l. Euroline pari a complessivi euro 72.000, che sono stati sommati a quanto già riconosciuto a titolo indennitario con la precedente ordinanza della Corte d'appello, pari ad euro 28.542,14 la Corte d'appello ha, inoltre, escuso anche qualsiasi indennizzo ulteriore per il pregiudizio conseguente al c.d. strepitus fori, ritenendolo compreso ed assorbito nella somma attribuita in via generale al danneggiato, determinata secondo gli standard liquidatori consueti. 2. Risulta, dunque, fondata la censura di carenza di motivazione sollevata dal ricorrente, per avere la Corte d'appello omesso completamente di considerare l'esistenza del suddetto contratto di prestazione d'opera concluso dal ricorrente con la cooperativa Real Service, tra l'altro contemplante un compenso piuttosto significativo, e la risoluzione dello stesso immediatamente dopo il fermo del S., ed anche quanto prospettato dal ricorrente a proposito dei danno alla sua immagine conseguente alla privazione della libertà personale, avendo la Corte genericamente affermato essere indennizzato tale pregiudizio nella somma corrisposta in via generale ed automatica in conseguenza della privazione della libertà personale. 2.1. La Corte d'appello, dunque, nella determinazione dell'indennizzo, che pur non avendo portata risarcitoria deve essere il più equo possibile in relazione al concreto e specifico pregiudizio sofferto dal soggetto indebitamente privato della libertà personale, sicché la sua misura deve essere adeguata alla specificità positiva o negativa della situazione concreta cfr. Sez. 3, n. 29965 del 01/04/2014, Chaaij, Rv. 259940 , ha del tutto omesso di considerare il suddetto elemento, allegato dal ricorrente sin dalla proposizione della domanda di liquidazione dell'indennizzo, costituente carattere di specificità della vicenda, quanto meno secondo la prospettazione del richiedente, che ha affermato di aver subito una grave perdita patrimoniale, sub specie di lucro cessante, in conseguenza della risoluzione di tale contratto d'opera, riconducibile causalmente al suo arresto tale prospettazione, di per se idonea ad allegare un pregiudizio patrimoniale conseguenza diretta ed immediata della privazione della libertà, corredata da documenti la cui rilevanza era già stata evidenziata nella precedente sentenza di questa Corte nella quale era stato sottolineato l'omesso esame della valenza probatoria della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà del 22/10/2007 e della comunicazione di risoluzione dei contratto dei 27/12/2007 e la mancata analisi di quanto emergente da tali documenti in relazione alla privazione della libertà persona , non è stata in alcun modo considerata dalla Corte territoriale, con la conseguente sussistenza del vizio di motivazione denunciato dal ricorrente. 2.2. Considerazioni in parte analoghe possono essere svolte per quanto riguarda l'esclusione di qualsiasi indennizzo per il pregiudizio conseguente al c.d. strepitus fori, giustificato dalla Corte d'appello con l'essere compreso tale indennizzo nella somma liquidata in via generale per l'ingiusta detenzione sulla base del criterio proporzionale elaborato in base al disposto dell'art. 315 cod. proc. pen. Va al riguardo ricordato che costituisce principio dei tutto consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui la liquidazione dell'indennizzo per la riparazione dell'ingiusta detenzione è svincolata da parametri aritmetici o comunque da criteri rigidi, e si deve basare su una valutazione equitativa che tenga globalmente conto non solo della durata della custodia cautelare, ma anche, e non marginalmente, delle conseguenze personali e familiari scaturite dalla privazione della libertà, comprese le sofferenze morali e la lesione della reputazioni conseguenti al c.d. strepitus fori Sez. 4, n. 40906 del 06/10/2009, Mazzarotto, Rv. 245369 conf. Sez. 4, n. 34857 del 17/06/2011, Giordano, Rv. 251429 Sez. 3, n. 3912 del 05/12/2013, D'Adamo, Rv. 258833 Sez. 3, n. 29965 del 01/04/2014, Chaaij, Rv. 259940 . Ora, nella specie, la Corte d'appello di Catanzaro, pur a fronte della articolata prospettazione del richiedente a proposito dell'evidenza data dai mezzi di comunicazione alla notizia del suo arresto essendo un noto imprenditore nel settore del trasporto turistico e del pregiudizio alla sua reputazione che ne sarebbe derivato, ha del tutto omesso di considerare tali dati peculiari della richiesta, limitandosi a ribadire la sufficienza dell'indennizzo determinato secondo il criterio aritmetico ed omettendo qualsiasi valutazione equitativa volta ad adeguarlo alla specificità della vicenda, ampiamente illustrata dal richiedente nel ricorso introduttivo, con la conseguente insufficienza, anche sotto questo profilo, della motivazione dell'ordinanza impugnata. In definitiva l'ordinanza impugnata deve essere annullata, stanti i vizi di motivazione evidenziati in ordine alla determinazione della misura dell'indennizzo, con nuovo rinvio alla Corte d'appello di Catanzaro. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio alla Corte d'appello di Catanzaro.