Tampona il motociclista, lo aiuta a rialzarsi e va via: condannato

Definitiva la sanzione nei confronti dell’automobilista patente di guida sospesa per un anno. L’uomo ha ignorato completamente l’obbligo di fermarsi previsto in caso di incidente stradale. Irrilevante il fatto che egli sia sceso dalla vettura e abbia dato una mano alla persona che era in sella al ciclomotore.

Punibile il bluff dell’automobilista. Dopo avere provocato la caduta di un motociclista, si attiva per aiutarlo a rimettere in piedi il ‘due ruote’, ma poi si allontana spiegando di voler parcheggiare la vettura in realtà egli ne approfitta per darsi alla fuga. Legittima la condanna per avere violato la norma del Codice stradale che prevede l’obbligo di fermarsi in caso di incidente. Irrilevante la mano data al conducente del ciclomotore. Cassazione, sentenza n. 53325, sezione Quarta Penale, depositata il 15 dicembre 2016 L’inganno Una volta ricostruita la dinamica del tamponamento , emerge che il conducente dell’automobile ha sì aiutato il motociclista caduto a terra dopo essere stato urtato , ma subito dopo, con la scusa di dover parcheggiare , si è allontanato senza permettere l’accertamento della sua identità e delle modalità dell’incidente, e l’individuazione del suo veicolo . Tali elementi sono sufficienti, sia in Tribunale che in appello, per arrivare alla condanna dell’automobilista. Secondo i giudici, difatti, l’uomo non ha rispettato l’ obbligo di fermarsi previsto in caso di incidente stradale. Consequenziale l’applicazione della sospensione della patente di guida per un anno . Decisivo anche il fatto che egli abbia bluffato, lasciando il motociclista nell’illusoria attesa di un suo sollecito ritorno sul luogo dove era avvenuto l’incidente. e la fuga”. La sanzione decisa in appello viene ora confermata dai giudici della Cassazione. Anche a loro avviso, difatti, l’uomo è colpevole del reato di fuga . Inequivocabile il comportamento da lui tenuto egli si è allontanato dal luogo dell’incidente dopo essersi solo apparentemente fermato , così mostrando evidente disinteresse per le condizioni del motociclista e delle lesioni provocate dalla caduta a terra . Non a caso, la sua identificazione , aggiungono i giudici, è stata possibile solo in base al numero di targa, rilevato da un testimone che aveva assistito all’incidente. Respinta la linea difensiva proposta dall’automobilista, e centrata su una presunta inconsapevolezza del danno riportato dal motociclista. E su questo fronte è irrilevante, chiariscono i giudici, il fatto che egli non sia stato ritenuto responsabile di omessa assistenza alla persona che guidava il ciclomotore. Ciò che conta, invece, è che al momento della fuga l’automobilista era ben consapevole di aver provocato un incidente idoneo a recare danno alle persone .

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 15 novembre – 15 dicembre 2016, numero 53325 Presidente Blaiotta – Relatore Menichetti Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 8 ottobre 2014 la Corte d'Appello di Trieste confermava la condanna resa dal locale Tribunale nei confronti di V. G. quale responsabile del reato di cui all'articolo 189, sesto comma, CdS e disponeva la sospensione della patente di guida per un anno. 2. La Corte territoriale, nel ricostruire la dinamica di un tamponamento che aveva visto coinvolti l'autovettura condotta dall'imputato ed il motociclista A. A., caduto a terra dopo essere stato urtato, riteneva sussistente l'elemento oggettivo del reato di fuga, dato che il V. era sceso dall'auto per lo stretto tempo necessario ad aiutare il ragazzo a sollevare il proprio ciclomotore e quello a fianco, dei pari caduto a terra, ma poi, con la scusa di parcheggiare, si era allontanato senza permettere l'accertamento della sua identità, delle modalità del sinistro e l'individuazione del suo veicolo, tutti adempimenti che giustificavano ed integravano l'obbligo di fermarsi disciplinato dalla norma incriminatrice tanto era emerso dalla descrizione meramente esteriore dell'automobilista fatta dalla persona offesa alla Polizia Municipale, intervenuta sul luogo, e dalle dichiarazioni rese da un teste che aveva annotato il numero di targa dell'auto mentre si stata allontanando. Quanto al trattamento sanzionatorio, la Corte di merito riteneva di non accogliere la richiesta della difesa di applicazione di una pena più mite e di concessione delle circostanze attenuanti generiche, per una valutazione negativa della personalità dell'imputato, desunta sia dai precedenti a carico, alcuni relativi a guida in stato di ebbrezza, sia dal comportamento ingannevole tenuto nell'occorso, avendo lasciato la persona offesa nell'illusoria attesa di un suo sollecito ritorno sul posto. 3. Ha proposto ricorso l'imputato, a mezzo del difensore di fiducia, lamentando, con un unico motivo, inosservanza e/o erronea applicazione dell'articolo 189, sesto comma, CdS e contraddittorietà della motivazione nella mancata valutazione dell'elemento soggettivo era totalmente assente il dolo, poiché l'agente non era consapevole di aver recato un danno alla persona del motociclista, che non presentava lesioni, tanto che la Corte aveva pronunciato l'assoluzione dal reato di cui all'articolo 189, comma sette, contestualmente contestato. Considerato in diritto 1. II ricorso non è fondato. 2. L'articolo 189 del CdS impone all'utente della strada, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, di fermarsi e di prestare l'assistenza occorrente a coloro che, eventualmente, abbiano subito danno alla persona comma 1 e punisce chiunque, in caso di incidente con danno alle persone, non ottemperi all'obbligo di fermarsi comma 6 , e di prestare l'assistenza occorrente alle persone ferite comma 7 . L'obbligo di fermarsi è strettamente collegato all'esigenza di consentire la identificabilità del conducente e del veicolo. 2.1. Questa Corte ha più volte affermato che nel reato di fuga , punito solo a titolo di dolo, l'accertamento dell'elemento psicologico va compiuto in relazione al momento in cui l'agente pone in essere la condotta e, quindi, alle circostanze dal medesimo concretamente rappresentate e percepite in quel momento, le quali devono essere univocamente indicative della sua consapevolezza di aver provocato un incidente idoneo ad arrecare danno alle persone, rilevando solo in un successivo momento il definitivo accertamento delle effettive conseguenze del sinistro Sez.4, 4 febbraio 2013 numero 5510, Rv 254667 l'elemento soggettivo può essere integrato anche dal dolo eventuale, ossia dalla consapevolezza del verificarsi di un incidente riconducibile al proprio comportamento, che sia concretamente idoneo a produrre eventi lesivi, senza che debba riscontrarsi l'esistenza di un effettivo danno alle persone Sez.4, 9 maggio 2012 numero 17220, Rv 252374 . Si è ancora precisato che nel reato di fuga previsto dai commi 6 e 7 del citato articolo 189, il dolo deve investire non solo l'evento dell'incidente ma anche il danno alle persone e, conseguentemente, la necessità del soccorso, che non costituisce una condizione di punibilità tuttavia la consapevolezza che la persona coinvolta nell'incidente ha bisogno di soccorso può sussistere anche sotto il profilo del dolo eventuale, che si configura normalmente in relazione all'elemento volitivo, ma che può attenere anche all'elemento intellettivo, quando l'agente consapevolmente rifiuti di accertare la sussistenza degli elementi in presenza dei quali il suo comportamento costituisce reato, accettandone per ciò stesso l'esistenza Sez.4, 6 settembre 2007 numero 34134, Rv 237239 . 3. Ciò posto, la Corte di Trieste ha motivato in maniera esaustiva e corretta sull'elemento psicologico dei reato, poiché l'imputato si era allontanato dal luogo dell'incidente dopo essersi solo apparentemente fermato, tanto che la sua identificazione è stata possibile solo in base al numero di targa rilevato da altri, disinteressandosi delle condizioni dei ragazzo e delle lesioni che potevano essere conseguite alla caduta a terra. Nessuna contraddittorietà si ravvisa rispetto all'assoluzione dal reato di cui all'articolo 189, comma settimo, CdS - per il quale era stata riportata condanna in primo grado - cui la Corte è pervenuta mancando l'effettività di bisogno dell'investito Sez.4, 9 maggio 2000 numero 5416, Rv 216465 , cioè il riscontro positivo della presenza di lesioni, ma ciò alla luce della certificazione medica rilasciata dall'ospedale ove il motociclista si era riservato di recarsi, accertamento successivo all'allontanamento dell'imputato, ben consapevole al momento della fuga di aver provocato un sinistro idoneo a recare danno alle persone. Non sussistono pertanto i vizi denunciati. 4. Al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrente ai pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.