Reati fiscali: il sequestro deve tenere conto delle rate già versate dall’imprenditore con piano concordato

Il sequestro sui beni del presunto evasore o della sua società deve essere effettuato al netto delle rate già versate in virtù di un piano concordato con l’amministrazione finanziaria.

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 52857, depositata il 14 dicembre 2016, ha affermato che dopo l’ultima riforma fiscale attuata dal legislatore, il sequestro sui beni deve essere effettuato al netto delle rate già versate, in virtù di un piano concordato con l’amministrazione finanziaria. I Giudici di legittimità hanno accolto il ricorso del legale rappresentante di un azienda indagato per omessa dichiarazione delle imposte sui redditi e IVA. Il contenzioso. Con ordinanza del maggio 2015 il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere accoglieva l’appello proposto dal pm, avverso l'ordinanza emessa dal gip del medesimo Tribunale con la quale era stata rigettata la richiesta di sequestro preventivo per equivalente, nei confronti di una società di persone e del suo legale rappresentante in ordine al reato di cui all'art. 5, d.lgs. n. 74/2000 omessa presentazione della dichiarazione dei redditi per gli anni 2009-2011 . Il Tribunale ordinava il sequestro preventivo diretto nei confronti della società, quale beneficiaria del reato fiscale, della complessiva somma di € 765.485,16 pari alle imposte non versate e in alternativa e subordinatamente, nei confronti del legale rappresentante sotto forma di sequestro per equivalente, in caso di esito infruttuoso nei riguardi della società. Avverso il detto provvedimento il legale rappresentante ha proposto ricorso sostenendo diversi profili di violazione di legge per inosservanza dell’art. 5, d.lgs. n. 74/2000, con riferimento ai periodi di imposta 2010 , per i quali non erano applicabili le disposizioni di cui al d.l. n. 138/2011 - e 2011 - per il quale non era ancora scaduto il termine di legge per la presentazione della dichiarazione dei redditi e, con riferimento al periodo di imposta 2009 per il quale era stata presentata richiesta di accertamento con adesione seguita dalla rateizzazione dell'intero debito fiscale per quell'anno, parzialmente pagato nella misura di € 67.109,02. Le recenti modifiche del legislatore. Il d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 è stato profondamente modificato dal legislatore con il d.lgs. n. 158/2015. In particolare l’art. 5, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, come modificato dal d.lgs. n. 158/2015, prevede che è punito con la reclusione da un anno e 6 mesi a 4 anni chiunque al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte, quando l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte ad euro cinquantamila. E' punito con la reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni chiunque non presenta, essendovi obbligato, la dichiarazione di sostituto d'imposta, quando l'ammontare delle ritenute non versate è superiore ad euro cinquantamila. Ai fini della disposizione prevista non si considera omessa la dichiarazione presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine o non sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto. L’analisi della Cassazione. La Cassazione evidenzia che il giudice del riesame, disattendendo le argomentazioni in base alle quali il gip. aveva rigettato la richiesta di sequestro preventivo diretto avanzata dal pm affermando l'assenza dei presupposti per emettere il provvedimento cautelare sia nella forma diretta nei confronti della società che nei confronti del legale rappresentante nella forma per equivalente , riteneva sussistere le condizioni per il sequestro diretto sulla base dell'analisi compiuta dal pm sullo stato economico finanziario della società, peraltro operativa sul mercato oltre che attiva dal punto di vista economico. La Cassazione osserva che, con riferimento all'anno di imposta 2011, è certamente inesatto quanto rilevato dal Tribunale posto che il reato di omessa dichiarazione dei redditi si ritiene consumato non già alla data di scadenza del termine ordinario per la presentazione della dichiarazione 30 settembre 2011 così come figura nel capo di incolpazione provvisoria, ma alla scadenza dell’ulteriore termine dei 90 giorni successivi al termine stabilito dalla legge. Con riguardo all'anno di imposta 2010, rileva invece la S.C., vi è stata l'erronea applicazione della norma di cui all’art. 5, del menzionato d.lgs. n. 74/2000, in quanto la somma oggetto di contestazione - pari ad € 42.967,86 - era inferiore alla soglia di punibilità per fatti commessi prima della conversione del d.l. n. 138/2011 nella l. n. 148/2011 pari, in concreto, ad € 77.468,55 la punibilità per importi inferiori, pari ad € 30.000,00 è stata, infatti, introdotta per condotte poste in essere dopo il 19 settembre 2011, epoca di entrata in vigore della menzionata legge di conversione. Con riferimento infine al periodo di imposta riguardante l'anno 2009 era stata presentata all’Amministrazione Finanziaria istanza di accertamento con adesione cui era seguita istanza di rateizzazione in 12 soluzioni accolta dall’Amministrazione con versamento - nelle more - di € 67.109,02. In proposito la giurisprudenza della Cassazione ha più volte affermato il principio secondo il quale, fermo restando che il raggiungimento di un accordo tra contribuente e Amministrazione Finanziaria per la rateizzazione del debito tributario non esplica i suoi effetti soltanto in ambito tributario-amministrativo ma anche in ambito penale nel senso che un accordo siffatto incide sul quantum della somma sequestrata in relazione al profitto derivato dal mancato pagamento dell'imposta evasa , l'effetto solutorio parziale che si verifica nella ipotesi di versamento non integrale del dovuto attraverso il piano di rateizzazione, implica una corrispondente proporzionale riduzione del debito cui deve corrispondere la riduzione del sequestro per l'importo sino a quel momento. Si è così precisato che in evenienze siffatte il mantenimento del sequestro preventivo in vista della confisca nel suo quantum iniziale, nonostante il pagamento, sia pure parziale, del debito erariale, darebbe luogo ad una inammissibile duplicazione sanzionatoria, in contrasto col principio che l'espropriazione definitiva di un bene non può mai essere superiore al profitto derivato . La Cassazione ritiene di dover dare conto di un indirizzo ulteriore formatosi all'indomani dell'entrata in vigore delle nuove disposizioni di cui al d.lgs. n. 158/15, non ancora entrate in vigore al momento della decisione impugnata, in virtù del quale la previsione contenuta nell'art. 12- bis , d.lgs. n. 74/2000, come introdotte dal d.lgs. n. 158/15 secondo la quale la confisca sia diretta che per equivalente non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all'erario anche in presenza di sequestro , si riferisce ad assunzioni di impegno formale da parte del contribuente nei termini ammessi dalla speciale legislazione tributaria, tra i quali appunto la rateizzazione e l'accertamento con adesione. Le conclusioni. Da quanto sin qui osservato consegue, secondo la Corte di Cassazione, che in riferimento al sequestro operato nell'intero per l'anno 2009, questo avrebbe dovuto quanto meno essere ridotto proporzionalmente all'importo già versato attraverso la rateizzazione concordato con l’amministrazione finanziaria. La Cassazione, in conclusione, annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale che si dovrà uniformare a quanto statuito dai giudici di legittimità.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 14 gennaio – 14 dicembre 2016, n. 52857 Presidente Fiale – Relatore Grillo Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 15 maggio 2015 il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere - in funzione di Giudice del Riesame - in accoglimento dell’appello proposto dal Pubblico Ministero presso quel Tribunale avverso l’ordinanza emessa dal Giudice per le Indagini preliminari del medesimo Tribunale in data 8 ottobre 2014 con la quale era stata rigettata la richiesta di sequestro preventivo per equivalente nei confronti di S.C. e della S. COSTRUZIONI s.n.c. in persona del suo legale rappresentante in ordine al reato di cui all’art. 5 del D. Lgs. 74/00 omessa presentazione della dichiarazione dei redditi per gli anni 20092011 , ordinava il sequestro preventivo diretto nei confronti della società, quale beneficiaria del reato fiscale, della complessiva somma di Euro 765.485,16 pari alle imposte non versate per detto periodo e in alternativa e subordinatamente, nei confronti del legale rappresentante sotto forma di sequestro per equivalente, in caso di esito infruttuoso nei riguardi della società. 2. Avverso il detto provvedimento propone ricorso l’indagato S.C. tramite il proprio difensore di fiducia lamentando sotto molteplici profili violazione di legge per inosservanza dell’art. 5 del D. Lgs. 74/00 con riferimento ai periodi di imposta 2010 - per i quali non erano applicabili le disposizioni di cui al D.L. 138/2011 - e 2011 - per il quale non era ancora scaduto il termine di legge per la presentazione della dichiarazione dei redditi e dell’art. 321 cod. proc. pen. in relazione all’art. 322 ter cod. pen. con riferimento al periodo di imposta 2009 per il quale era stata presentata richiesta di accertamento con adesione seguita dalla rateizzazione dell’intero debito fiscale per quell’anno, parzialmente pagato nella misura di Euro 67.109,02 . Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato nei termini di cui appresso. 2. Va premesso, per un corretto inquadramento della fattispecie sottoposta alla valutazione del Tribunale del Riesame, che il reato provvisoriamente ascritto all’odierno ricorrente S.C. riguarda la violazione dell’art. 5 del D. Lgs. 74/00 omessa presentazione delle dichiarazioni dei redditi anche ai fini IVA . Il giudice del riesame, disattendendo le argomentazioni in base alle quali il G.I.P. aveva rigettato la richiesta di sequestro preventivo diretto avanzata dal Pubblico Ministero affermando l’assenza dei presupposti per emettere il provvedimento cautelare sia nella forma diretta nei confronti della società che nei confronti del legale rappresentante nella forma per equivalente , riteneva sussistere le condizioni per il sequestro diretto sulla base dell’analisi compiuta dal Pubblico Ministero sullo stato economico finanziario della società, peraltro operativa sul mercato oltre che attiva dal punto di vista economico. Alla base del provvedimento cautelare il detto Tribunale faceva richiamo alla nota decisione delle S.U. di questa Corte Suprema n. 1056/14 ed ai principi in essa contenuti. 3. Ciò doverosamente precisato e facendo riferimento specifico alla contestazione formulata in via provvisoria sulla base della quale è stato emesso il provvedimento impugnato, osserva il Collegio che, con riferimento all’anno di imposta 2011, è certamente inesatto quanto rilevato dal Tribunale posto che il reato di omessa dichiarazione dei redditi si ritiene consumato non già alla data di scadenza del termine ordinario per la presentazione della dichiarazione 30 settembre 2011 così come figura nel capo di incolpazione provvisoria, ma alla scadenza dell’ulteriore termine dei 90 giorni successivi al termine stabilito dalla legge v. oltre a Sez. 3^ 20.1.2015 n. 17120, Nicosi, Rv. 263251 con riferimento, in particolare, al termine iniziale di decorrenza della prescrizione, di questa stessa Sezione, in senso analogo per quanto attiene il periodo di consumazione del reato, 18.6.2015 n. 33026, Falco, Rv. 264250 . 4. Con riguardo all’anno di imposta 2010, rileva il Collegio l’erronea applicazione della norma di cui all’art. 5 del menzionato D. Lgs. 74/00, in quanto la somma oggetto di contestazione - pari ad Euro 42.967,86 - era inferiore alla soglia di punibilità per fatti commessi prima della conversione del D.L. 138/11 nella L. 148/11 pari, in concreto, ad Euro 77.468,55 la punibilità per importi inferiori, pari ad Euro 30.000,00 è stata, infatti, introdotta per condotte poste in essere dopo il 19 settembre 2011, epoca di entrata in vigore della menzionata legge di conversione. 5. Residua il periodo di imposta riguardante l’anno 2009 per il quale, però - sulla base di quanto documentato dal ricorrente - era stata presentata all’Amministrazione Finanziaria istanza di accertamento con adesione cui era seguita istanza di rateizzazione in 12 soluzioni accolta dall’Amministrazione con versamento - nelle more - di Euro 67.109,02. 5.1 In proposito la giurisprudenza di questa Corte Suprema ha più volte affermato il principio secondo il quale, fermo restando che il raggiungimento di un accordo tra contribuente e Amministrazione Finanziaria per la rateizzazione del debito tributario non esplica i suoi effetti soltanto in ambito tributario-amministrativo ma anche in ambito penale nel senso che un accordo siffatto incide sul quantum della somma sequestrata in relazione al profitto derivato dal mancato pagamento dell’imposta evasa , l’effetto solutorio parziale che si verifica nella ipotesi di versamento non integrale del dovuto attraverso il piano di rateizzazione, implica una corrispondente proporzionale riduzione del debito cui deve corrispondere la riduzione del sequestro per l’importo sino a quel momento. Si è così precisato che in evenienze siffatte il mantenimento del sequestro preventivo in vista della confisca nel suo quantum iniziale, nonostante il pagamento - sia pure parziale - del debito erariale, darebbe luogo ad una inammissibile duplicazione sanzionatoria, in contrasto col principio che l’espropriazione definitiva di un bene non può mai essere superiore al profitto derivato v., oltre a Sez. 3^ 4.4.2012 n. 3260, P.M. in proc. Curro, Rv. 254679, Sez. 3^ 8.1.2014 n. 6635, Rv. 258903 e più recentemente Sez. 3^ 15.4.2015 n. 20887, Aumenta, Rv. 263409 in cui si sottolinea, oltre al profilo sopra enunciato, anche irrilevanza ai fini della revoca della misura ablativa della mera rateizzazione del pagamento che invece spiega pieni effetti sul piano amministrativo - tributario determinando la sospensione della procedura esecutiva di recupero, in quanto la rateizzazione non equivale all’adempimento . 5.2 Ritiene tuttavia il Collegio di dover dare conto di un indirizzo ulteriore formatosi all’indomani dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni di cui al D. Lgs. 158/15 non ancora entrate in vigore al momento della decisione impugnata, in virtù del quale la previsione contenuta nell’art. 12 bis del D. Lgs. 74/00 come introdotte dal D. Lgs. 158/15 secondo la quale la confisca sia diretta che per equivalente non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro , si riferisce ad assunzioni di impegno formale da parte del contribuente nei termini ammessi dalla speciale legislazione tributaria tra i quali appunto la rateizzazione e l’accertamento con adesione v. Sez. 3^ 14.1.2016 n. 5728, Orsetto, poi massimata - Rv. 266037 - nelle more del deposito della presente decisione con la quale si è anche precisato che è comunque legittimo il sequestro per gli importi non ancora corrisposti in linea di continuità con le precedenti pronunce di questa sezione dianzi citate . 5.3 Da quanto sin qui osservato consegue che in riferimento al sequestro operato nell’intero per l’anno 2009, questo avrebbe dovuto quanto meno essere ridotto proporzionalmente all’importo già versato attraverso la rateizzazione. 5.4 Nulla ha statuito sul punto il Tribunale del Riesame che non ha oltretutto svolto alcuna argomentazione in proposito così come non nemmeno preso posizione in riferimento ai limiti al sequestro derivanti dalla legislazione del 2011 L. 148/2011 tanto con riferimento all’anno di imposta 2010 quanto con riferimento allo stesso anno di imposta 2011 nei termini in cui risultava contestato il reato di cui all’art. 5 del D. Lgs. 74/00. 6. Da qui l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere che in quella sede dovrà uniformarsi ai principi enunciati da questa Corte. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere.