Salute precaria ed età avanzata: possibile evitare il carcere

Di nuovo in discussione la richiesta, avanzata da un detenuto, di ottenere almeno la detenzione domiciliare. Da valutare con maggiore attenzione in appello le patologie che lo affliggono e che sono rese ancora più gravi dalla sua età.

Condizioni davvero precarie per un uomo rinchiuso in carcere. Diverse e complesse le patologie che ne minano la salute. A rendere il quadro ancora più delicato, però, la sua età, che si avvia verso gli 80 anni. Proprio quest’ultimo dato va analizzato con attenzione per decidere sull’ipotesi di differimento dell’esecuzione della pena . Cassazione, sentenza n. 52979, sezione Prima Penale, depositata il 14 dicembre 2016 Umanità. Posizione rigida, quella assunta dal Tribunale di Sorveglianza no” sia alla richiesta di detenzione domiciliare che alla possibilità di un differimento dell’esecuzione della pena . Nonostante tutto, difatti, le patologie lamentate dal detenuto e accertate con perizia medico-legale sono ritenute compatibili con la detenzione in carcere . Di parere diverso, però, i giudici della Cassazione. Innanzitutto a loro parere è difficile parlare di patologie non gravi il detenuto è gravemente cardiopatico, cieco ad un occhio e non in grado di camminare , senza dimenticare diabete, ipertensione e ipertrofia prostatica . Per completare il quadro, poi, viene richiamata l’età dell’uomo egli ha ormai raggiunto i 75 anni . E anche questo elemento andrà tenuto in considerazione in appello, soprattutto alla luce del precario stato di salute, per decidere se confermare o meno la detenzione in carcere , valutando se essa possa diventare, in questo caso, un trattamento contrario al senso di umanità che prevede la nostra Costituzione.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 13 luglio – 14 dicembre 2016, n. 52979 Presidente Vecchio – Relatore Bonito Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Con ordinanza del 5 maggio 2015 il Tribunale di sorveglianza di Roma dichiarava inammissibile l'istanza di detenzione domiciliare ai sensi dell'art. 47-ter co. 1 lett. c e d O.P. e rigettava, contestualmente, quella di differimento della esecuzione della pena ai sensi dell'art. 147 c.p., anche nelle forme della detenzione domiciliare, proposte da D.G.M.A Il Tribunale motivava la decisione rilevando, in relazione alla detenzione domiciliare, il difetto del requisito relativo alla pena residua da espiare, e quanto al differimento della pena, che le patologie accertate con perizia medico-legale non sarebbero gravi e comunque incompatibili con la detenzione intramuraria. 2. Avverso detto provvedimento ricorre per cassazione l'interessato, assistito dal difensore di fiducia, il quale nel suo interesse sviluppa due motivi di impugnazione. 2.1 Col primo di essi denuncia la difesa ricorrente violazione di legge e vizio della motivazione in ordine alla dichiarata inammissibilità della domanda relativa alla detenzione domiciliare art. 47-ter co. 1 lett. c e d giacché superiore ad anni quattro di reclusione la pena da espiare risultante dal cumulo del 27.2.2008, osservando che in esso cumulo risulta inclusa una condanna, pari ad anni cinque di reclusione pronunciata dal Tribunale di Brescia, per la quale il D.G. non è stato estradato, di guisa che non può, per essa, essere privato della libertà personale ai sensi dell'art. 32 1. 69/2005 e del principio di specialità ivi disciplinato. 2.2 Col secondo motivo di impugnazione denuncia altresì la difesa ricorrente vizio della motivazione in relazione alla istanza di differimento della pena anche nelle forme di cui all'art. 47-ter co. I ter O.P., sul rilievo che non avrebbe il tribunale valutato se le accertate e gravi patologie, ancorché compatibili con la detenzione, non si atteggino nel caso concreto come in violazione del senso di umanità e, quindi, del diritto alla salute costituzionalmente garantito e che, comunque, non risulta motivato il diniego di applicazione dell'art. 47-ter co. 1-ter O.P 3.1 Con argomentata requisitoria scritta il P.G. in sede concludeva per il rigetto del ricorso. 3.2 Alla requisitoria della pubblica accusa replicava la difesa istante con memoria depositata il 28 giugno 2016 insistendo nelle argomentazioni già affidate al ricorso principale ed in particolare approfondendo il tema della età del detenuto, ormai settantacinquenne, e lamentando la omessa valutazione da parte del tribunale e dello stesso P.G. di tale circostanza, viceversa rilevantissima ai fini della decisione. 4.1 Manifestamente infondato ritiene la corte il primo motivo di censura. La legittimità del cumulo curato dal P.M. e la determinazione della pena detentiva da espiare non è certamente sottoponibile al vaglio del tribunale di sorveglianza, ma può, al più, costituire materia per proporre eventuale incidente di esecuzione, in assenza del quale è inibito al giudice funzionalmente competente a valutare istanza di misura alternativa al carcere non tenerne conto quale pena da espiare. 4.2 Fondato è, viceversa, il secondo motivo di impugnazione. Ad avviso del tribunale, giova ribadirlo, le patologie, accertate con perizia medico-legale su di esse non v'è contrasto , non sarebbero gravi e sarebbero comunque compatibili con la detenzione intramuraria. L'ordinanza appare non motivata per alcuni profili ed apparentemente motivata per altri, tutti comunque essenziali per la decisione. Il giudizio di non rilevante gravità, ai fini per cui è causa, delle patologie accertate si appalesa del tutto apodittico e non coerente con le stesse conclusioni peritali. Il perito ha infatti accertato cardiopatia dilatativa post-ischemica con moderata disfunzione del ventricolo sinistro e pregresso impianto di AICD BIV diabete mellito tipo 2, ipertensione arteriosa, recente episodio di fibrillazione atriale parossistica in attuale terapia anticoagulante orale ipertrofia prostatica benigna glaucoma occhio sinistro, coxartrosi bilaterale gonartrosi bilaterale toracoalgie aspecifiche. Il perito ha altresì evidenziato la necessità che il detenuto sia seguito da specialisti in cardiologia, oculistica, urologia ed ortopedia, che le patologie dette impongono cure presso strutture specialistiche ospedaliere territoriali e che si appalesa necessaria la protesizzazione dell'anca. Omette di considerare il tribunale, nonostante il rilievo ad essi riconosciuto dal perito, sia il dato che il detenuto, nelle condizioni psicofisiche accertate, può subire improvvisi ed imprevedibili aggravamenti, sia la circostanza che il D.G. ha ormai raggiunto i 75 anni di età, l'uno e l'altra oggettivamente decisivi sia per valutare la gravità delle infermità fisiche rilevante ai fini dell'applicazione dell'art. 147 c.p., sia, ed a maggior ragione, per valutare adeguatamente che il trattamento detentivo non sia contrario al senso di umanità privandolo della sua sostanza rieducativa. Non risulta, in definitiva, delibato se sia coerente con la tutela del diritto alla salute, con la funzione rieducativa della pena, con il senso di umanità che la nostra costituzione impone alle modalità esecutive della detenzione il mantenimento in carcere, in luogo della detenzione domiciliare, di una persona di anni 75, gravemente cardiopatico, cieco ad un occhio, in condizioni di non camminare oltre alle rimanenti patologie accertate . 5. Alla stregua di quanto sin qui argomentato, si impone pertanto l'annullamento dell'ordinanza impugnata con rinvio al giudice territoriale affinché provveda a nuovo esame della istanza difensiva alla luce del principio di diritto secondo cui, in caso di detenzione di soggetto malato ultrasettantenne, il tribunale, adito ex art. 147 c.p. o 47-ter o.p., ha un obbligo di motivazione specifica sul punto, incidendo inevitabilmente la età del detenuto sulle valutazioni richieste dalle norme di riferimento e da quelle costituzionali sulla umanità della detenzione e sul diritto alla salute . P.T.M. la Corte, annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Roma.