Decesso della persona offesa e diritti dei prossimi congiunti

L'art. 299, comma 4-bis, c.p.p. pone in capo al richiedente di una modifica migliorativa della misura cautelare, dopo la chiusura delle indagini preliminari, l'onere di notificare l'istanza al difensore della persona offesa dall'illecito commesso con violenza oppure alla vittima stessa, in assenza di un legale. Ove la persona offesa dal reato sia venuta a mancare, i diritti della stessa si estendono ai suoi prossimi congiunti, individuati ai sensi dell'art. 307, comma 4, c.p

E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 51402/2016, depositata l'1 dicembre. Il caso. La Corte d'assise di Lecce sostituiva la misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari, in favore di un soggetto, imputato per gli illeciti di omicidio e distruzione di cadavere artt. 575, 411 c.p. . Le persone danneggiate dal reato presentavano appello avverso la statuizione del Collegio, lamentando l'omessa notifica dell'istanza di sostituzione della misura, prevista dall'art. 299, comma 4- bis c.p.p. a pena di inammissibilitá della richiesta. Il Tribunale adito, ai sensi dell'art. 310 c.p.p., rigettava l'impugnazione. Pur essendo, l'omicidio, un illecito connotato da violenza alla persona e, pertanto, soggetto all'onere introdotto dall'art. 299, comma 4- bis c.p.p., il Tribunale riteneva che i prossimi congiunti della vittima non godessero del diritto di essere informati dell'istanza modificativa della misura cautelare. Ciò per tre ordini di ragioni in primis, perchè non rientranti nella nozione di persona offesa, essendo danneggiati dall'illecito, ma non direttamente lesi dallo stesso. In secondo luogo, in quanto l'estensione di cui all'art. 90 c.p.p., secondo cui le facoltà della persona offesa deceduta possono essere esercitate dai suoi prossimi congiunti, opererebbe esclusivamente in senso attivo e non in senso passivo diritto all'adempimento informativo di cui alla norma in esame . Infine, rilevava il Collegio, come la nozione di prossimi congiunti di cui all'art. 307, comma 4, c.p. spalancasse le porte, potenzialmente, alla necessità di notificare l'istanza modificativa della misura ad un numero elevato di persone, con immediate ricadute sulla celerità del procedimento cautelare. Illeciti commessi con violenza alla persona. La Suprema Corte ha ritenuto fondato il ricorso delle parti civili. A parere degli Ermellini, l'art. 299, comma 4-bis, c.p.p. pone in capo a colui che richiede una modifica migliorativa della misura cautelare, dopo la chiusura delle indagini preliminari, l'onere di notificare l'istanza al difensore della persona che sia stata vittima di un illecito commesso con violenza o direttamente alla vittima, in assenza di legale. Questa disposizione ha lo scopo di favorire l'instaurarsi di un contraddittorio, prima che il giudice si sia pronunciato. La persona offesa, infatti, ha la facoltà, sancita dall'art. 121 c.p.p., di presentare delle memorie. Recentemente, sono entrate in vigore ulteriori norme a tutela della vittima di illecito commesso con violenza. I Giudici di Piazza Cavour, a tal proposito, hanno ricordato il d.lgs. n. 212/2015, emanato per l'attuazione della Direttiva 2012/29/UE, in virtù del quale l'obbligo di notifica sussiste per i procedimenti di cui all'art. 299, comma 2- bis , c.p.p. e, pertanto, per gli illeciti commessi con violenza alla persona, tra i quali rientra, senza dubbio, l'omicidio. Il decesso della persona offesa e le facoltá dei prossimi congiunti. Il Collegio ha, inoltre, evidenziato come, qualora la persona offesa dal reato sia venuta a mancare, spetti ai prossimi congiunti della stessa, individuati ai sensi dell'art. 307, comma 4, c.p.p., esercitarne i diritti. Secondo i Giudici del Palazzaccio, ritenere che la suddetta estensione, legittimata dall'art. 90 c.p.p., riguardi soltanto le situazioni attive sarebbe illogico, oltre che giuridicamente infondato un diritto attivo di fare qualcosa, infatti, presuppone necessariamente un diritto passivo consistente nell'essere informati ricevere notifiche e comunicazioni . In relazione al rischio che l'applicazione della nozione di prossimi congiunti di cui all'art. 307, comma 4, c.p. comprometta la celerità del procedimento cautelare, implicando un numero eccessivo di notifiche, gli Ermellini hanno evidenziato come l'art. 299, comma 4- bis , c.p.p. riduca tale pericolo la disposizione, infatti, limita l'obbligo informativo ai soggetti muniti di difensore o che abbiano, in assenza di un legale, almeno provveduto ad eleggere domicilio. Con tale espressione, secondo il Collegio, devono intendersi coloro che abbiano, in qualche modo, partecipato al processo. Le linee guida europee. A chiosa di quanto argomentato, i Magistrati di Piazza Cavour hanno chiarito che la norma esaminata rimette alla persona offesa dal reato, ovvero ai suoi prossimi congiunti qualora la stessa sia deceduta, la valutazione relativa all'interesse a partecipare o esprimere una valutazione sulla richiesta dell'imputato. La Direttiva ispiratrice della disposizione, peraltro, annovera tra le vittime del reato anche i familiari della persona deceduta in conseguenza del medesimo e prevede che gli stati membri possano stabilire delle procedure per limitare il numero dei soggetti ammessi a beneficiare di quanto previsto dalla normativa. Per le ragioni sopra esposte, la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio l'ordinanza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 28 giugno – 1 dicembre 2016, n. 51402 Presidente Di Tomassi – Relatore Sandrini Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 12.02.2016 il Tribunale di Lecce, costituito ai sensi dell’art. 310 cod.proc.pen., ha rigettato l’appello proposto dal pubblico ministero avverso l’ordinanza emessa l’11.01.2016 con cui la Corte d’assise di Lecce aveva sostituito la misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari nei confronti di Z.A. , condannato alla pena di anni 30 di reclusione con sentenza pronunciata il 12.11.2015 per i delitti di omicidio premeditato e distruzione del cadavere di Bi.Ma. ha contestualmente dichiarato inammissibili gli appelli delle persone offese B.M. , M.A.M. e C.A. in proprio e quale genitore legale rappresentante dei figli minori . Con riguardo al gravame delle persone offese dal reato, fondato sul dato pacifico dell’omesso adempimento da parte dell’imputato dell’onere di notifica dell’istanza di sostituzione della misura, previsto, a pena di inammissibilità, dall’art. 299 comma 4-bis del codice di rito, il Tribunale riteneva che, pur rientrando l’omicidio tra i delitti commessi con violenza alla persona astrattamente soggetti all’onere di legge, una corretta interpretazione letterale e di ordine logico-sistematico-teleologico della norma conduceva a escludere la sussistenza del diritto a essere informati dell’istanza presentata dall’imputato in capo ai prossimi congiunti della vittima, sia perché non rientranti stricto sensu nella nozione di persone offese dal reato dal quale erano stati danneggiati, ma non direttamente incisi nella lesione del bene della vita, costituente il bene giuridico protetto di cui era titolare esclusivamente la vittima , sia perché l’estensione ai prossimi congiunti della persona offesa deceduta delle facoltà e dei diritti spettanti a quest’ultima, prevista dall’art. 90 cod.proc.pen., doveva ritenersi operante solamente in senso attivo e non anche in senso passivo, sia, infine, in ragione del numero tendenzialmente spropositato delle persone altrimenti destinatarie dell’onere di comunicazione alla stregua della nozione di prossimi congiunti prevista dall’art. 307 cod. pen., incompatibile con le esigenze di celerità proprie del procedimento cautelare escludeva l’esistenza di un contrasto dell’interpretazione, così operata, coi principi e con le norme della direttiva 2012/29/UE in materia di tutela delle vittime dei reati e con la relativa legge di recepimento di cui al D.Lgs. n. 212 del 2015, introduttiva dell’art. 90-ter cod.proc.pen., contemplanti forme di tutela pur sempre limitate alla persona offesa, nel senso sopra inteso, attraverso oneri informativi riguardanti i provvedimenti e non le istanze modificativi dello status cautelare dell’indagato, ovvero il fatto materiale della sua evasione, e rilevava l’inutilità della previsione di una partecipazione al contraddittorio sulle istanze ex art. 299 del codice di rito da parte di chi, come la vittima di un omicidio, era stato privato in via definitiva di qualsiasi ipotizzabile rapporto futuro con l’autore del reato, rispetto al quale i prossimi congiunti non avevano normalmente ragione di temere alcun pericolo dalla modifica dello status libertatis del reo, né avevano alcuna possibilità concreta di apportare elementi in grado di accrescere il patrimonio conoscitivo del giudice chiamato a pronunciarsi sull’istanza. Quanto all’appello del pubblico ministero, il Tribunale rilevava che l’avvenuta definizione del giudizio di primo grado, tanto nei confronti dello Z. quanto del coimputato G.A. , aveva ormai cristallizzato il quadro probatorio, con conseguente superamento delle esigenze di prevenire possibili inquinamenti che il solo fatto della condanna dello Z. a una pena molto severa non valeva a integrare di per sé il pericolo di fuga che il pericolo di recidiva non poteva essere desunto dalla condotta processuale dell’imputato sostanziatasi nel negare la propria responsabilità che le residue esigenze cautelari, alla stregua dell’incensuratezza dello Z. , dell’osservanza delle prescrizioni della misura durante i due anni e mezzo di custodia in carcere, dell’estraneità del delitto a contesti di criminalità organizzata, dell’esigenza di equiparare la posizione dell’imputato a quella del correo G. condannato alla medesima pena detentiva potevano essere soddisfatte mediante la misura gradata degli arresti domiciliari in un luogo ricadente nella provincia di Pavia adeguatamente distante da quello del commesso reato. 2. Avverso l’ordinanza suindicata hanno proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Lecce e, con distinti atti, sia le parti civili B.M. e M.A.M. che C.A. anche per conto dei figli minori . 2.1. Il ricorso del pubblico ministero deduce violazione di legge e vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, di cui censura l’erronea e illogica valutazione delle esigenze cautelari con riguardo a tutte e tre le ipotesi disciplinate dall’art. 274 comma 1 cod.proc.pen Il ricorrente rileva che lo Z. aveva prospettato al G. , prima di essere arrestato, l’intenzione di inquinare le prove, secondo un disegno che non si era realizzato grazie alla collaborazione del correo, che lo Z. avrebbe potuto contattare dal luogo degli arresti domiciliari e indurre a ritrattare, senza che la relativa distanza territoriale potesse costituire un reale ostacolo alla possibilità di comunicazione tra i due soggetti. Deduce che la particolare gravità della pena inflitta, di anni 30 di reclusione, era tale da rendere concreto e attuale il pericolo di fuga, specie in assenza di applicazione di dispositivi di controllo elettronico a distanza e a fronte della mancanza di qualsiasi segnale di resipiscenza da parte dello Z. , che durante la carcerazione non aveva fatto altro che uniformarsi doverosamente alle prescrizioni del regime detentivo. Rileva che la gravità del fatto e delle modalità della condotta inducevano un effettivo pericolo di recidiva, anche alla stregua del comportamento processuale dell’imputato, diverso da quello parzialmente collaborativo del G. . 2.2. I ricorsi delle parti civili deducono entrambi violazione di legge, nonché vizio di motivazione, in relazione agli artt. 299 comma 4-bis e 90 del codice di rito, di cui lamentano la disapplicazione. Considerato in diritto 1. I ricorsi delle parti civili sono fondati, per le ragioni che seguono, e il loro accoglimento determina l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata e dell’ordinanza della Corte d’assise di Lecce in data 11.01.2016 che ha sostituito, su richiesta dell’imputato, la misura cautelare della custodia in carcere originariamente applicata a Z.A. con quella degli arresti domiciliari, con effetto assorbente delle doglianze dedotte nel ricorso del pubblico ministero. 2. Occorre premettere che, così come risulta dal testo dell’ordinanza impugnata, l’istanza di sostituzione della misura cautelare è stata presentata dai difensori, nell’interesse dell’imputato, in data 7.01.2016, e dunque nelle more tra la pronuncia del dispositivo della sentenza di condanna dello Z. alla pena di anni 30 di reclusione il 12.11.2015 e il deposito in cancelleria della relativa motivazione avvenuto il 10.02.2016 la presentazione dell’istanza e la conseguente pronuncia dell’ordinanza fuori udienza ha dunque precluso alle altre parti processuali diverse dal pubblico ministero, che ha espresso il proprio parere ex art. 299 comma 4-bis cod.proc.pen. di interloquire sulla stessa, non essendo state le parti civili costituite, corrispondenti agli stretti congiunti della vittima Bi.Ma. - pacificamente - destinatarie di alcuna notificazione o comunicazione della richiesta formulata dall’imputato. 3. L’art. 299 comma 4-bis cod.proc.pen., così come novellato dal D.L. n. 93 del 2013, convertito con modificazioni nella legge n. 119 del 2013, stabilisce a carico della parte che abbia formulato, dopo la chiusura delle indagini preliminari, richiesta di revoca o sostituzione in melius di una delle misure cautelari personali previste dagli articoli del codice ivi richiamati tra le quali, per quanto qui interessa, la custodia in carcere disciplinata dall’art. 285 l’obbligo di notificare contestualmente la richiesta - a pena di inammissibilità - al difensore della persona offesa di un delitto commesso con violenza alla persona, ovvero, in mancanza del difensore, direttamente a quest’ultima salvo che non abbia provveduto a dichiarare o eleggere domicilio , al fine di stimolare l’instaurazione di un contraddittorio cartolare di tipo eventuale prima che il giudice si pronunci, mediante l’esercizio della facoltà riconosciuta alla persona offesa di presentare memorie ai sensi dell’art. 121 cod.proc.pen La norma costituisce attuazione, nel settore delle misure cautelari personali, del sistema di tutele e garanzie dei diritti della persona offesa e di protezione delle vittime dei reati, che è stato ulteriormente implementato dalle nuove disposizioni processuali, di carattere generale, introdotte nel codice di rito dal D.Lgs. n. 212 del 15.12.2015, emanato in attuazione della direttiva 2012/29/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012 la norma, e l’obbligo di notificazione in essa previsto, si applica, in base al suo disposto testuale, ai procedimenti di cui al comma 2-bis del medesimo art. 299 cod.proc.pen., e cioè a quelli aventi ad oggetto delitti commessi con violenza alla persona , tra i quali rientra pacificamente l’omicidio volontario ascritto nel caso di specie allo Z. al quale ha fatto seguito la distruzione del cadavere della vittima, oggetto di autonoma imputazione ex artt. 411 e 61 n. 2 cod. pen. . 4. Poiché la Corte d’assise di Lecce, giudice competente ex art. 279 del codice di rito, ha provveduto alla sostituzione della misura coercitiva - con altra meno grave - su richiesta dell’imputato, doveva trovare integrale applicazione il disposto dell’art. 299 comma 4-bis cod.proc.pen. il dato, pacifico, dell’adozione del provvedimento nonostante l’omessa notificazione della richiesta ai prossimi congiunti della vittima, costituiti parti civili, e la mancata rilevazione della relativa causa di inammissibilità da parte del Tribunale investito dell’appello cautelare del pubblico ministero e delle parti civili integra, dunque, la violazione di legge denunciata nei ricorsi per cassazione delle parti civili. 4.1. L’art. 90 comma 3 cod.proc.pen. statuisce che le facoltà e i diritti riconosciuti dalla legge alla persona offesa dal reato sono esercitati, qualora la stessa sia deceduta come nel caso di specie in conseguenza del reato, dai prossimi congiunti della vittima categoria, individuata dall’art. 307 quarto comma cod. pen., alla quale la recente novella di cui al D.Lgs. n. 212 del 2015 ha aggiunto la persona legata da relazione affettiva e stabilmente convivente . L’ordinanza impugnata, pur dichiaratamente consapevole della norma suddetta, che estende ai prossimi congiunti della vittima del delitto di omicidio la titolarità dei diritti e delle facoltà che la legge attribuiva a quest’ultima, ha escluso che in essi rientri il diritto di ricevere la notificazione prevista dall’art. 299 comma 4-bis cod.proc.pen., sulla base di argomentazioni giuridicamente infondate. 4.2. Erronea, e contrastante con elementari principi logici, prima ancora che giuridici, è l’affermazione del provvedimento gravato secondo cui il subentro, riconosciuto dall’art. 90 comma 3 cod.proc.pen. ai prossimi congiunti della vittima del reato, nella posizione giuridica di tipo attivo costituita dall’esercizio dei diritti e delle facoltà ad essa spettanti, non postula la successione dei medesimi soggetti anche nella titolarità della corrispondente situazione passiva di cui era originariamente titolare la persona offesa , rappresentata dal diritto a, ricevere gli avvisi, le notificazioni e le comunicazioni che sono preordinate e funzionali proprio all’esercizio di quei diritti e di quelle facoltà la titolarità del diritto attivo a un facere presuppone logicamente e necessariamente quella del diritto passivo all’adempimento informativo che è preordinato al relativo esercizio, come si ricava dai principi affermati da questa Corte in materia di avvisi propedeutici all’esercizio delle facoltà riconosciute ai prossimi congiunti della persona offesa nei confronti della richiesta del pubblico ministero di archiviazione del procedimento relativo al reato in conseguenza del quale la stessa sia deceduta Sez. 6 n. 16715 del 26/02/2003, Rv. 224960 Sez. 5 n. 31921 del 2/07/2007, Rv. 237575 . 4.3. Giuridicamente errato, oltre che inconferente al caso di specie, è anche l’argomento che valorizza l’elemento di fatto rappresentato dal numero tendenzialmente elevato dei destinatari dell’obbligo di notificazione gravante sull’imputato, discendente dall’ampiezza della nozione di prossimi congiunti recepita dall’art. 307 quarto comma cod. pen., di cui il Tribunale prospetta l’incidenza negativa sulle esigenze di celerità proprie del procedimento cautelare de libertate lo stesso testo dell’art. 299 comma 4-bis cod.proc.pen. esclude, invero, la paventata dilatazione del novero dei destinatari dell’adempimento informativo, delimitandolo ai soggetti - persone offese o prossimi congiunti delle stesse - che siano muniti di difensore ovvero in mancanza abbiano provveduto a dichiarare o eleggere domicilio, utilizzando una terminologia che, pur non dovendosi interpretare in senso tecnico non prevedendo il codice di rito a carico di soggetti diversi dall’imputato formalità analoghe a quelle disciplinate dagli artt. 161 e segg. , individua come destinatari dell’obbligo di notifica solo quei prossimi congiunti che abbiano comunque interloquito nel processo, nominando un difensore ovvero depositando un atto che contenga le indicazioni necessarie all’esecuzione della notificazione. Nel caso in esame, in cui il processo è pervenuto alla fase del giudizio di merito nel quale i prossimi congiunti della vittima si sono costituiti parti civili, il problema sollevato dall’ordinanza impugnata neppure si poneva, coincidendo esattamente i soggetti destinatari della notificazione della richiesta di sostituzione della misura cautelare con le parti civili costituite. 4.4. Privo di fondamento, e ai limiti del paradosso, infine, si rivela l’argomento che pretende di fondare sulla definitiva interruzione di ogni rapporto del presunto autore del reato con la persona offesa, per effetto della morte di quest’ultima, l’esclusione dei prossimi congiunti della vittima di omicidio volontario - che costituisce il delitto in cui la violenza alla persona raggiunge la massima esplicazione - dai destinatari legali dell’obbligo informativo funzionale a garantire e stimolare il diritto di interloquire sulla modifica dello status cautelare dell’imputato. L’ordinanza gravata muove dal dichiarato, quanto indimostrato ed erroneo, postulato teorico che i prossimi congiunti della vittima di un omicidio non abbiano nulla da temere dalla modifica dello status libertatis dell’imputato, e non abbiano perciò, in via di principio, né l’interesse, né la concreta possibilità di interloquire sulla relativa richiesta di modifica mediante l’apporto di utili elementi di conoscenza al giudice chiamato a decidere sulla stessa. L’argomento di mera natura fattuale, così introdotto, non trova riscontro né nella lettera della norma di cui all’art. 299 comma 4-bis cod.proc.pen., né nella ratio legis del relativo intervento normativo. La valutazione dell’interesse e dell’opportunità di interloquire sulla richiesta di modifica dello stato cautelare dell’imputato è, infatti, rimessa dalla norma di nuovo conio alla persona offesa dal reato, e qualora essa sia deceduta in conseguenza di esso ai prossimi congiunti, con riferimento alla intera categoria generale dei delitti commessi con violenza alla persona, espressione che - come è stato chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 10959 del 29/01/2016 - deve essere intesa in senso ampio, comprensiva tanto delle aggressioni fisiche al bene della vita e dell’incolumità della persona, quanto delle aggressioni morali o psicologiche alla sua integrità psichica o sessuale , senza alcuna possibilità per l’interprete di operare restrizioni di sorta all’interno di tale categoria che finirebbero per rivelarsi arbitrarie , escludendo dalle nuove forme di tutela del contraddittorio processuale una o più tipologie di delitti che rientrano nella nozione definita dalla legge, anche solo sotto il profilo della limitazione del diritto di ricevere gli avvisi o le notificazioni il cui obbligo è stato introdotto proprio al fine di garantire e ampliare la facoltà di partecipazione della vittima del reato al procedimento penale a carico del suo autore. 4.5. È proprio l’interpretazione sistematica e funzionale della novella normativa, raccordata ai contenuti della direttiva 2012/29/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012, che ha istituito norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato alla quale è stata data attuazione nell’ordinamento interno col citato D.Lgs. n. 212 del 2015 , a convalidare ed esigere un’esegesi della lettera della norma che non escluda, contrariamente a quanto affermato dall’ordinanza impugnata, i prossimi congiunti della persona offesa dal reato, che sia deceduta in conseguenza di esso, dal novero degli aventi diritto alla notificazione prevista dall’art. 299 comma 4-bis cod.proc.pen. l’articolo 2 della direttiva la cui dichiarata funzione, si ribadisce, è quella di garantire forme minime di tutela alle vittime dei reati ricomprende testualmente - nella definizione di vittima anche il familiare di una persona la cui morte è stata causata direttamente da un reato e che ha subito un danno in conseguenza della morte di tale persona , prevedendo che gli Stati membri possano stabilire procedure per limitare il numero di familiari ammessi a beneficiare dei diritti previsti dalla direttiva il successivo articolo 10 stabilisce, poi, a carico degli Stati membri di garantire che la vittima come sopra definita possa essere sentita nel corso del procedimento penale e possa fornire elementi di prova, secondo le norme procedurali stabilite dal diritto nazionale. 5. Il provvedimento di annullamento deve essere comunicato al Procuratore Generale in sede perché dia i provvedimenti occorrenti, conseguenti al venir meno del titolo concessivo degli arresti domiciliari allo Z. , in applicazione estensiva del disposto dell’art. 626 del codice di rito. P.Q.M. Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e l’ordinanza della Corte d’assise di Lecce in data 11.01.2016. Dispone la comunicazione del dispositivo al Procuratore Generale in sede perché dia i provvedimenti occorrenti.