Bastano le condanne pregresse a definire la pericolosità sociale di un soggetto?

Nonostante l’imputato in questa vicenda processuale si renda protagonista di un susseguirsi di condotte illecite in un crescendo criminale non comune, con violenza e in danno della persona , la Corte di Cassazione riflette sulla valutazione, tramite giudizio prognostico, della pericolosità sociale e sulla applicazione delle misure di sicurezza.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 50128/16 depositata il 25 novembre. Il caso. Coltivazione di sostanze stupefacenti, evasione dagli arresti domiciliari, maltrattamenti in famiglia e violenza privata, violenza sessuale, invio di lettere minatorie queste, insieme a molti altri reati oggetto di segnalazioni di polizia, erano le condotte imputabili al ricorrente, le quali portavano l’autore a vedersi applicate misure di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la durata di due anni, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza . In appello la suddetta sanzione veniva confermata con decreto, avverso il quale egli decideva di fare ricorso per Cassazione, lamentandone la mancanza dell’ indicazione dei criteri ermeneutici idonei a fondare l’applicazione della misura con riferimento al giudizio di attuale pericolosità sociale del ricorrente. Secondo quest’ultimo non è sufficiente richiamare per relationem la decisione di primo grado, semplicemente aggiungendo una sterile enumerazione delle circostanze di fatto [] in mancanza della formulazione di un giudizio prognostico attuale, il quale comprenda una valutazione della personalità dell’imputato globalmente considerata e della ragionevole probabilità dello stesso di commettere altri reati. La motivazione in punto di pericolosità del soggetto. Gli elementi di valutazione su cui si fonda l’applicazione della misura di sicurezza in primo grado - poi confermata con decreto - sono risalenti nel tempo quasi sei anni prima tuttavia essi debbono possedere efficacia dimostrativa della loro persistenza nel tempo, essendo l’attualità presupposto indefettibile della adozione della misura di prevenzione personale . Ciò che sicuramente non è ammissibile è la presunzione della pericolosità, la quale discenda esclusivamente dall’esito di un procedimento penale . Il decorrere del tempo. Specie nel caso in cui sia decorso un apprezzabile periodo di tempo , nel giudizio prognostico del giudice vanno considerate le incrementate possibilità che intervengano modifiche nell’atteggiamento del soggetto nei confronti dei valori della convivenza civile , specialmente nei casi, come quello di specie, in cui il soggetto sia sottoposto ad un trattamento specificamente volto alla sua risocializzazione , quale è la detenzione personale. Per altro, una presunzione in senso contrario, e cioè la ritenuta persistenza della pericolosità del soggetto, nonostante il trattamento risocializzante, equivarrebbe alla negazione della sua stessa funzione e utilità per la collettività. Una critica all’assetto attuale. La Suprema Corte, a tal proposito, conclude dicendo che tale presunzione risulta insita in un assetto che attribuisca alla verifica della pericolosità operata in fase applicativa una efficacia sine die , salvo che non intervenga una sua vittoriosa contestazione da parte dell’interessato . Per i motivi succitati, il Collegio annulla il decreto e rinvia il giudizio di pericolosità dell’imputato alla valutazione del giudice d’appello, in diversa formazione.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 11 novembre – 25 novembre 2016, n. 50128 Presidente Conti – Relatore Giordano Ritenuto in fatto 1. A.G. , con il patrocinio del difensore, propone ricorso per Cassazione avverso il decreto della Corte di Appello di Reggio Calabria con il quale è stata data conferma alla decisione in primo grado assunta dal locale Tribunale di irrogargli la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la durata di due anni con obbligo di soggiorno nel comune residenza e relative prescrizioni. 2. Il giudizio di pericolosità sociale, posto a fondamento del provvedimento, riposa sulla considerazione che, in forza di fatti concreti attestati dalle condanne subite, l’A. risulta essere persona socialmente pericolosa quale autore, a partire da un iniziale arresto per coltivazione di sostanze stupefacenti accertato il omissis e in un crescendo criminale non comune, di condotte illecite, con violenza e in danno della persona, commesse in spregio ai provvedimenti restrittivi ai quali era sottoposto. Le condanne subite, in particolare, lo hanno visto protagonista del reato di evasione dagli arresti domiciliari il omissis , ad appena due giorni dalla concessione della misura di efferati reati in danno dei genitori maltrattamenti e violenza privata e della sorella minore violenza sessuale , consumati in un contesto che vedeva responsabile anche la madre del ricorrente e per condotte protrattesi dall’anno [] al []. Mentre si trovava detenuto in carcere per tali fatti, l’A. si rendeva altresì responsabile, nell’agosto 2009, della spedizione di lettere minatorie alla ex fidanzata, rea di avere interrotto la relazione sentimentale. Completano il quadro indiziario le sue frequentazioni negative, con personaggi a loro volta pericolosi e poco raccomandabili e segnalazioni di polizia per reati in materia di stupefacenti, truffe, minacce e guida in stato di ebrezza, in epoca antecedente all’arresto per i fatti di droga, tutti elementi apprezzati dalla Corte come sintomatici di una personalità incline alla violenza ed alla sopraffazione e incapace di domare, neppure in costanza di detenzione, i suoi impulsi antisociali. 3. Con i motivi di ricorso, qui sintetizzati ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen. nei limiti strettamente indispensabili ai fini della motivazione, il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione, ancorando nominalmente quest’ultima doglianza anche ai disposto di cui all’art. 606, lett. e , cod. proc. pen. sul punto della mancata indicazione dei criteri ermeneutici idonei a fondare l’applicazione della misura con riferimento al giudizio di attuale pericolosità sociale dell’A. . Evidenzia che la decisione impugnata si limita, richiamando per relationem quella di primo grado, ad un sterile enumerazione delle circostanze di fatto a carico dell’A. in mancanza della formulazione di un giudizio prognostico, alla stregua della globale valutazione della personalità del proposto, di ragionevole probabilità della commissione di reati, giudizio che deve essere formulato al momento della decisione, quindi, attuale. Per contro si evidenzia che sono risalenti nel tempo - cioè al biennio OMISSIS - le condotte ascrittegli e la condanna per reati in materia di sostanze stupefacenti ovvero per reati contro la persona, risalenza tanto più apprezzabile perché seguita da un lungo periodo di detenzione subito dal ricorrente. Considerato in diritto 1. Le censure sono fondate e, pertanto, il provvedimento deve essere annullato con rinvio ad altra sezione della stessa Corte di appello, per nuovo esame. 2. Va ribadito che, nel procedimento di prevenzione, il ricorso per Cassazione, secondo il disposto dell’art. 10, comma 2, d.l.vo 159/2011, che ripete sul punto la previsione di cui all’art. 4, comma 2, della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, è ammesso soltanto per violazione di legge. Ne consegue che, in tema di sindacato sulla motivazione, sono escluse dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità le ipotesi previste dall’art. 606, comma 1, lett. e cod. proc. pen., potendosi soltanto denunciare, ai sensi della lett. c dello stesso articolo, la motivazione inesistente o meramente apparente, integrante la violazione dell’obbligo, imposto dall’art. 7 d.l.vo richiamato di provvedere con decreto motivato, ossia la motivazione priva dei requisiti minimi di coerenza, di completezza e di logicità ovvero quando la motivazione stessa si ponga come assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito, oppure, ancora, allorché le linee argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da fare risultare oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione della misura ex plurimis, Sez. 6, n., del 8/03/2007, dep. 18/09/2007, Bruno, Rv. 237277 . 3. Così precisati i limiti del sindacato di legittimità sul vizio di motivazione, rileva il Collegio come, nel caso in esame, gli ultimi fatti dai quali si desume la pericolosità generica del proposto risalgono all’anno 2009 e, dunque, a quasi sei anni prima dell’applicazione della misura di prevenzione - disposta con decisione del Tribunale del 18 marzo 2015 -, anni durante i quali l’A. è stato sottoposto alla detenzione in carcere, venendo, così, la motivazione espressa in punto di pericolosità del proposto a connotarsi in termini di mera apparenza, perché incompleta e incoerente. Ed in vero, premesso che ben può fondarsi il giudizio di pericolosità sociale su pregressi elementi sintomatici e rivelatori di pericolosità, anche risalenti nel tempo, il giudizio prognostico al quale è chiamato il giudice comporta che tali elementi debbono, tuttavia, possedere efficacia dimostrativa della loro persistenza nel tempo, essendo l’attualità presupposto indefettibile della adozione della misura di prevenzione personale, poiché il giudizio di pericolosità non può prescindere da una valutazione di tipo essenzialmente prognostico teso a qualificare come probabile il ripetersi di condotte antisociali, inquadrate nelle categorie criminologiche di riferimento previste dalla legge, e in rapporto all’esistenza di precise disposizioni di legge che qualificano le diverse categorie di pericolosità attualmente il d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, art. 1 e art. 4 . 4. Ritiene il Collegio condivisibile il principio secondo il quale in tema di misure di prevenzione personali, la valutazione del requisito di attualità della pericolosità sociale deve essere effettuata per tutte le categorie dei soggetti indicati nell’art. 4 D.Lgs. n. 159 del 2011 che possono essere assoggettati a misure di prevenzione personali, con la conseguenza che, non essendo ammissibile una presunzione di pericolosità derivante esclusivamente dall’esito di un procedimento penale, è onere del giudice verificare in concreto la persistenza della pericolosità del proposto, specie nel caso in cui sia decorso un apprezzabile periodo di tempo tra l’epoca dell’accertamento in sede penale e il momento della formulazione del giudizio sulla prevenzione Sez. 1, n. 23641 del 11/02/2014, Mondini, Rv. 260104 . Tale conclusione appare in linea con la volontà espressa dal legislatore delegante del 2010 di rimarcare - al di là del mero inquadramento criminologico del soggetto - la necessità di un autonomo giudizio di pericolosità soggettiva legittimante l’applicazione della misura, con norma ricognitiva di un preciso filone giurisprudenziale espresso da tempo nella presente sede di legittimità ed in conformità alle descrizioni di cui all’art. 1 del medesimo corpus normativo si tratta della tradizionale area della cd. pericolosità generica mutuata dalla legge n. 1423 del 1956 che contengono riferimenti tali da assicurare la verifica della pericolosità concreta ed attuale, oltre che dal necessario rispetto dei principi costituzionali sul tema, che sono stati, in tempi recenti, ribaditi dalla decisione n. 291 del 2.12.2013 della Corte Costituzionale, richiamata nella requisitoria del procuratore generale. I principi affermati in tale ultima decisione appaiono di particolare rilievo nel caso che ci occupa nel quale, come evidenziato, il ricorrente è stato sottoposto ad un lungo periodo di detenzione intramuraria. Anche il giudice delle leggi ha, in vero, fermamente ribadito la necessità - senza alcuna possibilità di deroga - della persistenza della pericolosità sociale tanto al momento della decisione che al momento della esecuzione della misura di prevenzione personale, contestando meccanismi presuntivi e richiedendo, per l’ipotesi di sospensione dovuta a periodo detentivo nel caso che aveva dato luogo all’incidente di costituzionalità la verifica ex officio di tale fondamentale presupposto, con argomentazioni dalla indubbia portata generale circa l’incidenza del decorso del tempo sulla personalità del soggetto giudicabile. Si osserva come il decorso di un lungo lasso di tempo incrementa la possibilità che intervengano modifiche nell’atteggiamento del soggetto nei confronti dei valori della convivenza civile ma a maggior ragione ciò vale quando si discuta di persona che, durante tale lasso temporale, è sottoposta ad un trattamento specificamente volto alla sua risocializzazione. Se è vero, in effetti, che non può darsi per scontato a priori l’esito positivo di detto trattamento, per quanto lungo esso sia, meno ancora può giustificarsi, sul fronte opposto, una presunzione - sia pure solo iuris tantum - di persistenza della pericolosità malgrado il trattamento, che equivale alla negazione della sua stessa funzione presunzione che risulta, per converso, sostanzialmente insita in un assetto che attribuisca alla verifica della pericolosità operata in fase applicativa una efficacia sine die , salvo che non intervenga una sua vittoriosa contestazione da parte dell’interessato. 5. Conclusivamente ritiene il Collegio che il provvedimento impugnato, a fronte delle specifiche deduzioni sviluppate nei motivi di gravame delle quali lo stesso giudice di appello dà atto, non ha compiuto una congrua valutazione della pericolosità del proposto limitandosi ad accertare la gravità delle condotte accertate in sede penale a carico del proposto ed omettendo di accertare e valutare, a fronte della risalenza nel tempo delle manifestazioni antisociali e di un lungo periodo di detenzione finalizzato proprio alla risocializzazione del ricorrente ed in assenza di altri più recenti sintomi, se le manifestazioni antisociali dell’A. siano persistenti nel tempo e, dunque, se la condotta antisociale sia in concreto riproducibile da parte del proposto, omissione che connota vizio di violazione di legge perché priva del requisito di completezza, logicità e coerenza su un punto fondamentale del decisum e, cioè, il giudizio prognostico di probabile reiterazione di condotte sussumibili nelle categorie di pericolosità di cui all’art. 1, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159. 6. Consegue l’annullamento del decreto con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Reggio Calabria sul punto dell’accertamento dell’attualità del giudizio di pericolosità dell’A. , secondo quanto illustrato ai punti che precedono. P.Q.M. Annulla il decreto impugnato e rinvia per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Reggio Calabria.