Il territorio come punto nodale per la rimessione del procedimento

Il punto nodale è costituito dal territorio in cui si radica il processo qualora il territorio sia investito da una situazione di tale gravità da rendere il processo incompatibile con la permanenza in quel luogo, soccorre l’istituto della rimessione.

Così si è espressa la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 49560/16 del 22 novembre. Il caso. Si richiede rimessione del procedimento pendente innanzi al Tribunale da parte dell’imputato per associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta in relazione a 7 diverse società, di reati fiscali ed altro. In particolare, si richiede, ex art. 45 c.p.p., che il processo venga rimesso ad altro giudice designato ex art. 11 c.p.p. sussistendo circostanze gravi tali da legittimare il timore che la serenità e l’imparzialità dei giudici possano essere compromesse. La rimessione del procedimento. L’istituto della rimessione del procedimento tende a garantire la serenità e l’imparzialità dell’organo giudicante, e trova applicazione nei casi tassativamente previsti attraverso un’interpretazione restrittiva della norma in quanto costituisce deroga alle ordinarie norme di determinazione del giudice territorialmente competente. Deve dunque sussistere un nesso tra l’ambiente giudiziario e quello generale creatosi in relazione ad una determinata vicenda giudiziaria. Gli atti e i comportamenti del pm, quando censurabili, sono presupposto per la rimessione del processo nel caso in cui abbiano caratteristiche di una grave situazione territoriale estranea alla dialettica processuale, ove abbiano pregiudicato la libera determinazione delle persone che vi partecipano o abbiano dato causa a motivi di legittimo sospetto sull’imparzialità dell’ufficio giudiziario della sede in cui si svolge il processo come già affermato da Cass. n. 23962/15 . Il punto nodale è dunque costituito dal territorio in cui, in ossequio alle norme sulla competenza, si radica il processo qualora il territorio sia investito da una situazione di tale gravità da rendere il processo incompatibile con la permanenza in quel luogo, soccorre l’istituto della rimessione. In tale prospettiva, ciò che accade all’interno del processo non può avere alcuna rilevanza.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 8 luglio – 22 novembre 2016, numero 49560 Presidente Palla – Relatore Morelli Ritenuto in fatto 1. Viene proposta richiesta di rimessione del procedimento numero 3888/10 RGNR pendente avanti al Tribunale di Varese, in fase di udienza preliminare, da parte di P.S. , imputato, con altri, di associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta in relazione a sette diverse società, di reati fiscali ed altro. Si chiede che, ai sensi dell’articolo 45 c.p.p., il processo venga rimesso ad altro giudice designato ex articolo 11 c.p.p., sussistendo circostanze gravi tali da legittimare il timore che, per il concorso di una situazione ambientale anomala, la serenità e l’imparzialità dei giudici possano essere compromesse. Si chiede altresì che il processo venga sospeso ai sensi dell’articolo 47 co. 1 c.p.p 2. La richiesta, assai articolata, pone in evidenza alcune anomalie nella trattazione dei procedimenti che hanno coinvolto il P. esse riguardano, in particolare - l’atteggiamento dei magistrati della Procura della Repubblica di Varese, in particolar modo del dr. A. , nella gestione di diversi procedimenti originati da denunce provenienti dal P. o che comunque lo riguardavano - la manipolazione del personal computer del P. ad opera della Polizia Giudiziaria varesina, riconducibile al comandante della sezione di PG che aveva in carico le indagini, il Igt. S. , coniuge del PM dr. D.S. , incaricata di sostenere l’accusa nel processo a carico di P. - l’atteggiamento pregiudizialmente ostile dei giudici fallimentari e civili del Tribunale di Varese, titolari dei vari procedimenti originati dal fallimento delle società facenti capo al P. -- l’esistenza di un’ indagine, presso la Procura della Repubblica di Brescia, a carico del PM dr.A. e dei giudici civili dr. C. e Sa. , nonché dei curatori fallimentari M. , B. e G. - il trasferimento disciplinare comminato al dr. A. dal Consiglio Superiore della Magistratura a motivo di una grave compromissione ambientale rispetto all’ufficio da lui ricoperto - il condizionamento dell’opinione pubblica locale ad opera degli organi di stampa, acriticamente schierati con la Procura. 2.1. Sotto il primo profilo, si premette che nel 2009 la famiglia P. aveva acquistato, tramite proprie società, le quote di alcune società di pertinenza della famiglia R. , fra cui le case di cura omissis dopo l’acquisto era emerso un forte indebitamento occulto delle società acquistate, di tal che i P. avevano promosso iniziative sia penali che civili in danno dei R. , sospendendo il pagamento del prezzo. Era stato quindi aperto il proc.numero 3888/10 RGNR nell’ambito del quale venivano segnalate, su denuncia dei P. , evasioni di imposta a carico dei R. . Qualche mese dopo era stato aperto il proc. numero 6784/10 RGNR a seguito della denuncia a carico dei R. , per i reati di appropriazione indebita e false comunicazioni sociali, da parte del nuovo amministratore della casa di cura, dr. P. , e in cui confluiva una contro denuncia da parte dei R. a carico di P. e P. . Con riferimento a questi due procedimenti, si evidenzia che il dr. A. , titolare del primo, si fece trasmettere il secondo dal PM titolare dr. M. , direttamente e senza coinvolgere il Procuratore, adducendo motivi di connessione oggettiva, senza poi, in realtà, provvedere alla riunione e svolgendo indagini, nell’ambito del proc. numero 6784/10, soltanto per approfondire i fatti denunciati dai R. . Presso la Procura di Monza era stato aperto il proc. numero 1620/11 RGNR, su esposto del P. , in cui si segnalava la falsità di una perizia utilizzata per la valutazione degli immobili della clinica omissis il fascicolo era stato trasmesso al dr. A. per la riunione al numero 3888/10 mentre, in realtà, il PM l’aveva riunito al numero 6784/10. Un’ ulteriore denuncia del P. , questa volta per il reato di infedeltà patrimoniale, nei confronti di D.M.D. , amministratore di una delle società della famiglia P. , aveva dato origine al proc. numero 3577/13 RGNR assegnato al dr. P. , che lo aveva trasmesso al dr. A. , senza alcun intervento del Procuratore, per la riunione al numero 3888/10, riunione che non era effettuata e, senza procedere ad alcuna indagine, i PM A. e D. avevano chiesto l’archiviazione, iscrivendo poi nel proc. numero 3888/10 l’ulteriore reato di calunnia, a carico del P. in danno di D.M. . Il proc. numero 4477/08 RGNR, relativo ad autorizzazioni edilizie rilasciate in favore dell’Hotel XXXXXXXX, della famiglia P. , era stato inizialmente affidato al PM dr. P. che ne aveva richiesto l’archiviazione, respinta dal GIP dr. B. che aveva imposto lo svolgimento di indagini il processo era stato poi assegnato al dr.A. che non aveva più svolto alcuna indagine. Il proc. numero 31901/12 RGNR, originato da un esposto del P. alla Procura di Milano nei confronti dell’ex senatore T. , per concussione in danno dello stesso P. , era stato anch’esso assegnato al dr. A. che l’aveva riunito al proc. numero 3888/10. La notizia di reato era stata poi nuovamente stralciata, era stato iscritto anche il reato di corruzione, anche a carico di P. e successivamente il GIP aveva concesso una proroga del termine per le indagini preliminari quanto al reato di concussione ed aveva ordinato di presentare le conclusioni quanto al reato di corruzione. Infine, i procedimenti relativi alle concessioni edilizie dell’Hotel [] ed alle ipotesi di corruzione e concussione coinvolgenti l’ex senatore T. erano stati definitivamente stralciati dal numero 3888/10 e restituiti al Procuratore per una nuova delega. Successivamente, per entrambi, era stata ritenuta la competenza della Procura di Milano. Per contro, le prime denunce dei P. contro i R. , che avevano originato il proc. numero 3888/10 ma in relazione alle quali non vi era stata alcuna iscrizione a mod.21, erano approdate in parte ad un nuovo procedimento, il numero 4545/11, per il mancato versamento dell’IVA per l’anno 2006 e lo stesso dr.A. si era attivato per trasmettere al collega PM il verbale di pagamento dell’IVA, così da agevolare la conclusione del giudizio con il patteggiamento e la concessione delle attenuanti generiche. Così riassunte le pendenze giudiziarie presso la Procura di Varese, il ricorrente si duole essenzialmente del fatto che il dr.A. abbia fatto confluire presso di sé tutti i procedimenti riguardanti P. , anche in veste di persona offesa, e, giocando sulle possibilità di riunione e separazione, abbia svolto indagini solo per le ipotesi di reato ascritte a P. e non su quelle da lui denunciate. Si sottolinea, in proposito, come vi sia stato un vero e proprio accanimento giudiziario in danno del P. ad opera del dr.A. , supportato da soggetti intranei al mondo giudiziario varesino, che ha determinato anche i fallimenti delle società facenti capo al ricorrente. 2.2. Sotto il secondo profilo, si evidenzia che il personal computer sequestrato al P. il 12.4.11 fu utilizzato dalla PG senza alcuna protezione a garanzia dell’immodificabilità dei contenuti e nel maggio 2013 ne venne effettuata una clonazione senza assicurare i diritti della difesa, operazione a seguito delle quale erano comparsi files inesistenti in precedenza. La persona che si era occupata personalmente del PC è stata identificata nel comandante della sezione di PG S. , marito del PM dr.ssa D. , incaricata di sostenere l’accusa nel processo a carico del P. , dopo il trasferimento del dr.A. . 2.3. Vengono poi evidenziate le anomalie riscontrate nella procedure fallimentari - il dr. A. ha chiesto il fallimento di tutte le società facenti capo alla famiglia P. - è stata proposta dai curatori ed attuata con l’autorizzazione dei giudici delegati un’operazione economica priva di ragionevolezza che prevede un accordo transattivo per cui il fallimento della s.r.l. omissis rimane in passivo restando insoluti fra l’altro il debiti fiscali contratti dai R. mentre il fallimento della Soc. omissis Casa di Cura Privata ricava somme ben superiori al passivo, che saranno quindi redistribuite fra i soci della società, fra cui i R. - pare che il dr.A. abbia suggerito a Domenico D.M. , legale rappresentante della società gestrice dell’Hotel [], di svuotare la società il punto è stato oggetto di una richiesta di prova testimoniale nell’ambito di una causa civile ed il giudice dr. Pu. non ha mai sciolto la riserva sulla ammissione - era stato evidenziato, nell’ambito della procedura relativa al fallimento [] s.p.a., un errore nel valore attribuito al complesso immobiliare sito in omissis , dovuto ad un errato calcolo della superficie, di tal che il valore attribuito era inferiore di circa 1 milione di Euro rispetto a quello reale ed aveva conseguenze rilevantissime nell’ambito del dichiarando fallimento, posto che da tale valore dipendeva il verificarsi o meno di un passivo. Il giudice delegato, dr.Sa. , aveva disatteso le osservazioni svolte sul punto dai difensori dei P. , avvallando la diversa tesi sostenuta dal dr.A. . Quest’ultimo aveva poi incaricato un consulente di redigere una relazione circa il valore degli immobili della società e tale relazione era stata utilizzata dallo stesso curatore fallimentare, dr.ssa M. , che l’aveva privilegiata rispetto a quella del proprio consulente. Da tali anomalie il ricorrente desume che l’accanimento del dr. A. ha riguardato anche le procedure fallimentari, nell’ambito delle quali è costantemente intervenuto in danno dei P. , coadiuvato dai giudici delegati e dai curatori. 2.4. Le anomale condotte del PM A. e degli altri giudici che, a diverso titolo, si sono occupati delle vicende giudiziarie del P. sono state oggetto di segnalazioni all’autorità giudiziaria e ne sono sorti due procedimenti, attualmente in fase di indagini preliminari presso la Procura della Repubblica di Brescia, a carico del dr. A. , in relazione ai reati di cui agli artt. 323 e 328 c.p. commessi negli anni in cui ha svolto le funzioni di PM nel processo di cui si chiede la rimessione, nonché dei giudici delegati dei fallimenti C. e Sa. , dei curatori M. , B. e G. . 2.5. Si sottolineano le affermazioni contenute nel provvedimento di natura disciplinare adottato dal CSM nei confronti del dr.A. , trasferito ad altra sede, in particolare laddove, riferendosi al procedimento numero 3888/10, si evidenzia come si fosse creata una forte tensione fra il magistrato e i difensori delle parti, e come avesse destato allarme l’omessa iscrizione di notizie di reato. 2.6. Sostiene, ancora, la difesa che anche dopo l’allontanamento del dr. A. si protraggono gli effetti dell’azione di inquinamento da costui posta in essere, con particolare riferimento alle anomale separazioni di procedimenti connessi che hanno determinato una diversa veste processuale dei R. e di D.M. , che risultano parti offese anziché imputati, sicché il trasferimento del PM non è sufficiente a ripristinare la fiducia e la credibilità degli uffici giudiziari varesini. Soprattutto, si sottolinea che il PM titolare del processo è divenuta la dr.ssa D. , che ha affiancato il dr. A. lungo tutte le indagini condividendone le scelte. Non immuni da censura sarebbero le condotte del GUP procedente, che pare non aver colto la gravità della situazione, riservando all’esito dell’udienza preliminare la decisione su tutte le questioni poste dalla difesa P. , nonché dei giudici fallimentari e dei curatori. 2.7. Infine si evidenzia come la vicenda che ha coinvolto P. sia oggetto della costante attenzione della stampa locale, appiattita sulle posizioni della Procura con forti effetti di condizionamento dell’opinione pubblica, degli uffici giudiziari e di tutti i soggetti in rapporti economici con l’imprenditore. 3. Si chiede quindi che il procedimento venga trasferito ad altro giudice onde impedire che i fattori inquinanti evidenziati nei motivi dell’istanza condizionino indebitamente e definitivamente il processo, osservando altresì che la violazione del diritto ad un equo processo, riconosciuto all’imputato dalla Costituzione e dalla Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, giustificherebbe il ricorso immediato alla Corte EDU per violazione dell’articolo 111 Cost. e 6 CEDU. 4. Ha presentato una memoria, in data 16.5.16, il difensore delle parti civili R. e F. chiedendo che l’istanza di rimessione venga dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata e precisando che - P. e P. avevano esperito una azione di responsabilità nei confronti dei fratelli R. lamentando quelle stesse irregolarità contabili già oggetto di denuncia penale il lodo arbitrale pronunciato l’8.2.12 all’esito della procedura instaurata secondo lo statuto della s.r.l. OMISSIS , ha escluso la responsabilità dei precedenti amministratori per gli omessi pagamenti tributari, tutti iscritti a bilancio - il procedimento penale numero 4545/10 per l’omesso pagamento dell’IVA per l’anno 2006 non è stato definito con patteggiamento ed è tuttora pendente in grado di appello, nel relativo fascicolo è stata inserita la prova dell’avvenuto pagamento dell’imposta su iniziativa del difensore dei R. e non già del PM così come si sostiene nell’istanza di rimessione - non è vero che i fallimenti delle società facenti capo alla famiglia P. siano stati dichiarati esclusivamente su istanza del PM, per la maggior parte di essi vi furono altri creditori istanti - non vi è stata alcuna opposizione, in sede di udienza preliminare, da parte delle difese degli imputati alla costituzione di parte civile dei R. - l’istante non ha fornito prova dell’atteggiamento della stampa locale a lui pregiudizialmente ostile di contro, si può affermate che la stampa locale abbia sempre pubblicizzato tutte le notizia processuali favorevoli ai P. 5. Con una memoria depositata il 13.5.16, la difesa di P.S. ha introdotto nuovi documenti relativi al procedimento disciplinare a carico del dr. A. presso il CSM, evidenziando, in particolare, che l’azione disciplinare promossa nei confronti del magistrato è direttamente riferita al processo di cui si chiede la rimessione e l’addebito mosso riguarda la mancata tempestiva iscrizione di notizie di reato pervenute nell’ambito del proc.numero 3888/10, cioè gli illeciti fiscali addebitati ai fratelli R. così che i R. non erano stati iscritti e i P. sì . Si richiamano gli atti del procedimento disciplinare laddove parlano di inquinamento ambientale degli uffici giudiziari varesini, anche a motivo della lunghissima permanenza del dr. A. , che avrebbe creato una serie di relazioni personali coinvolgenti colleghi, personale di segreteria e personale della Polizia Giudiziaria, così da determinare, secondo le parole espresse dalla Procura Generale di Milano, incompatibilità con l’intero ufficio giudiziario di Varese, la Classe forense e l’intera città. 6. Con una ulteriore memoria depositata 11 luglio 2016, la difesa ha comunicato nuovi fatti di rilievo - la revoca, da parte del Procuratore della Repubblica di Varese di recente nomina, dell’assegnazione alla dr.ssa D. del processo di cui si chiede la rimessione - l’iscrizione nel registro delle notizie di reato dei membri della famiglia R. a suo tempo denunciati per reati fiscali. Ciò nondimeno, si sostiene che i provvedimenti presi dal Procuratore sono inidonei a garantire una situazione ambientale che consenta la serena prosecuzione del processo a carico dei P. , tenuto conto dell’atteggiamento del GUP, troppo accondiscendente nei riguardi della Procura, della Polizia Giudiziaria e della complessiva compromissione dell’ambiente giudiziario varesino. Si citano quindi alcune decisioni prese dal GUP dr. S. e tese ad evidenziare una pregiudiziale ostilità nei confronti degli imputati, nonché l’anomala posizione della Polizia Giudiziaria e dell’Agenzia delle Entrate. Considerato in diritto 1. L’istituto della rimessione del procedimento tende a garantire la serenità e l’imparzialità dell’organo giudicante, deve trovare applicazione nei casi tassativamente previsti ed attraverso una interpretazione restrittiva della norma, in L’istituto della rimessione del processo, costituendo deroga alla competenza per territorio determinata dal sospetto di condizionamenti del giudice in ordine alla sua imparzialità, pregiudicata da situazioni locali gravi, tali da turbare lo svolgimento del processo e non altrimenti eliminabili, è regolato da norme che postulano una interpretazione rigorosa e restrittiva, per i chiari riflessi di ordine costituzionale attinenti al giudice naturale precostituito per legge, per cui il pregiudizio effettivo, che si vuole evitare, richiesto dal primo comma dell’articolo 45 cod. proc. penumero , esclude che la turbativa possa essere solo potenzialmente idonea a produrlo, onde si richiede, rigorosamente, un’incidenza negativa di tal concreta portata, da diventare un dato effettivamente inquinante. Fattispecie nella quale la Corte ha escluso che la pluralità di procedimenti a carico dell’imputato trattati dallo stesso pubblico ministero e le locali campagne di stampa costituissero, in assenza di prova della loro incidenza sulla libera determinazione dei giudici, una grave situazione locale di turbativa dello svolgimento del processo . 2.1. È chiaro quindi, stando alla giurisprudenza citata, che il punto nodale è costituito dal territorio nel quale, in ossequio alle norme sulla competenza, si radica un processo ove quel territorio sia investito da una situazione di tale gravità da rendere il processo incompatibile con la permanenza in quel luogo, soccorre l’istituto della rimessione. In tale prospettiva, ciò che accade all’interno processo non può avere, in sé e per sé considerato, alcuna rilevanza. I provvedimenti e i comportamenti del giudice possono assumere rilevanza ai fini della rimessione del processo a condizione che siano l’effetto di una grave situazione locale e che, per le loro caratteristiche oggettive, siano sicuramente sintomatici della non imparzialità del giudice. 3. L’istanza di rimessione e le articolate memorie difensive, da un lato provano troppo poco, con riferimento all’esistenza di una situazione ambientale ostile pregiudizialmente agli imputati P. , mentre, dall’altro, sono invece chiarificatrici circa l’avvenuto intervento dei meccanismi interni al codice di rito e al nostro ordinamento giudiziario e volti a garantire la corretta celebrazione dei processi. 3.1. Il complesso dipanarsi dei procedimenti che hanno visto contrapporsi il gruppo P. e il gruppo R. può anche essere caratterizzato da una gestione troppo accentratrice da parte del PM dr.A. e troppo sbilanciata a favore dei R. , tuttavia è un tema non più rilevante, dal momento che il magistrato è stato trasferito ad altra sede. Analogamente, le censure rivolte al PM dr.ssa D. , in quanto avrebbe proseguito nella linea tracciata dal dr.A. e, in più, sarebbe moglie di un Ufficiale quanto questa costituisce una deroga alle norme ordinarie in base alle quali si determina il giudice territorialmente competente. Si procede in tal senso soltanto quando, in presenza di gravi condizioni ambientali, vi sia l’eventualità di un turbamento delle libertà e dell’indipendenza dei giudici che partecipano al processo. Deve quindi esistere un nesso fra l’ambiente giudiziario e quello generale creatosi in relazione ad una determinata vicenda giudiziaria. 2. Gli atti ed i comportamenti del PM, quando censurabili, possono costituire presupposto per la rimessione del processo in quanto abbiano le caratteristiche di una grave situazione territoriale estranea alla dialettica processuale, ove abbiano pregiudicato la libera determinazione delle persone che vi partecipano o abbiano dato causa a motivi di legittimo sospetto sull’imparzialità dell’ufficio giudiziario della sede in cui si svolge il processo Sez. U. Ordinanza numero 13687 del 28.1.03 . I comportamenti del PM e dei giudici, ove ritenuti sintomatici di mancanza di imparzialità, possono assumere rilevanza, ai fini della rimessione, soltanto ove siano collegati ad una grave situazione locale, da intendersi come fenomeno esterno alla dialettica processuale. In questi termini, più recentemente Sez. 3, numero 23962 del 12/05/2015Rv. 263952 L’istituto della rimessione ha carattere eccezionale, implicando una deroga al principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge e, come tale, comporta la necessità di un’interpretazione restrittiva delle disposizioni che lo regolano, in esse comprese quelle che stabiliscono i presupposti per la translatio iudicii , con la conseguenza che, da un lato, per grave situazione locale deve intendersi un fenomeno esterno alla dialettica processuale, riguardante l’ambiente territoriale nel quale il processo si svolge e connotato da tale abnormità e consistenza da non poter essere interpretato se non nel senso di un pericolo concreto per la non imparzialità del giudice inteso come l’ufficio giudiziario della sede in cui si svolge il processo di merito o di un pregiudizio alla libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo medesimo e, dall’altro, che i motivi di legittimo sospetto possono configurarsi solo in presenza di questa grave situazione locale e come conseguenza di essa. In applicazione del principio, in particolare, la Corte ha escluso che potessero avere rilevanza, ai fini della rimessione, esternazioni pubbliche della locale articolazione territoriale dell’A.N.M. e di magistrati estranei al processo in conseguenza dell’accoglimento dell’istanza di ricusazione nei confronti del presidente del collegio giudicante che stava procedendo alla trattazione del giudizio in primo grado . Ed ancora Sez. 2, numero 2565 del 19/12/2014 dep. 21/01/2015, Rv. 262278 di Polizia Giudiziaria sospettato di avere manipolato dati processuali, hanno perso la loro ragion d’essere nel momento in cui il Procuratore della Repubblica le ha revocato la delega per la trattazione del procedimento. Ciò sta a dimostrare, d’altro canto, che l’Ufficio della Procura della Repubblica di Varese non è pregiudizialmente ostile ai P. né condizionato da una presunta situazione ambientale di quel genere e tale considerazione depotenzia inevitabilmente l’istanza. Gli altri personaggi citati, giudici fallimentari e curatori, avrebbero agito su sollecitazione del dr.A. e, di conseguenza, è oggi del tutto venuta meno la possibile causa di condizionamento. Ad una, eventualmente censurabile, conduzione dell’udienza preliminare da parte del GUP la difesa può opporsi attraverso i rimedi interni al codice di rito oppure proponendo istanza di ricusazione di quel giudice, ove ritenga che la sua condotta non sia imparziale. 4. In tutti i casi, comunque, difetta nell’istanza la prova di una compromissione ambientale che travalichi i limiti della sede giudiziaria varesina. Significativamente, manca la dimostrazione di un atteggiamento della stampa locale pregiudizialmente ostile ai P. e supino alle iniziative della Procura, mentre la difesa delle parti civili R. ha prodotto, in allegato alla propria memoria, articoli di stampa che hanno dato risalto alle tesi della famiglia P. , di tal che si può concludere che quel dato il quale, più di ogni altro, avrebbe potuto dimostrare la compromissione ambientale è invece assolutamente neutro. 5. Ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta la richiesta di rimessione, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento Sez. 1, numero 4633 del 15/07/1996 Rv. 205587 . P.Q.M. rigetta la richiesta e condanna il richiedente al pagamento delle spese processuali.