Prima registra e poi distrugge …. i poteri del pm in tema di registrazione

La Cassazione formula il principio di diritto secondo il quale tra i soggetti interessati che possono richiedere la distruzione della documentazione, cui si riferisce l’art. 269, comma 2, c.p.p., rientra anche il pubblico ministero.

Ne consegue che è abnorme il provvedimento con cui il Giudice per le Indagini Preliminari, richiesto dal pm di provvedere alla distruzione della documentazione relativa alle intercettazioni ritenute inutili e relative ad un procedimento già archiviato, rigetti de plano l’istanza ritenendo il pm non legittimato alla richiesta ed omettendo di fissare la prescritta udienza camerale. Il caso. Il GIP presso il Tribunale di Lecce con propria ordinanza respingeva la richiesta con cui il pubblico ministero presso il medesimo Tribunale aveva avanzato richiesta di distruzione delle bobine e dei supporti magnetici ove erano registrate le conversazioni oggetto di captazione relative ad un procedimento penale già archiviato. Avverso detta ordinanza proponeva ricorso il Procuratore della Repubblica presso il medesimo Tribunale deducendo l’abnormità del provvedimento. Il pm rientra nella nozione di parte interessata? Il GIP, nel rigettare la richiesta ritenendo il pm non legittimato alla sua proposizione aveva osservato come l’art. 269 c.p.p. trovi applicazione solo in relazione alle sentenze e come, a detto genus , non sia ascrivibile il decreto di archiviazione, posto che il medesimo è di per sé sempre revocabile e ritenendo il pm non rientrare nella nozione di parte interessata, dettata dall’art. 269 c.p.p. che, a suo parere, identifica esclusivamente i soggetti oggetto della captazione. Il pubblico ministero ricorrente rileva come a seguire la tesi del GIP, le registrazioni sarebbero atti da conservarsi sine die , posto che esse riguarderebbero procedimenti in astratto sempre riapribili” in presenza di nuovi elementi, senza tenere in alcun conto la regola dettata dallo stesso art. 269 del codice di rito che rimandando all’art. 271, comma 3, c.p.p. impone al giudice la distruzione, in ogni stato e grado del procedimento, la distruzione delle intercettazioni e dei supporti che le contengono se non più utili, come del resto lo stesso art. 269, comma 2, attribuisca alle parti interessate la possibilità di chiedere la distruzione delle bobine e dei supporti al giudice che ha disposto l’intercettazione e non già a quello che sta procedendo. Se ne deve dedurre che il giudice deve disporre la distruzione anche nel caso di procedimento archiviato, previa valutazione della rilevanza o meno delle stesse, senza rivestire importanza alcuna la circostanza che il decreto di archiviazione sia suscettibile di revoca. Il pensiero della Corte gli Ermellini ricostruiscono, con apprezzabilissima opera, ratio e funzione della norma. La lettura dell’art. 269 c.p.p. dà atto di come essa si riferisca a soggetti interessati. Interessati ovviamente al contenuto delle intercettazioni ma anche all’esito del procedimento. Il ministero pubblico è certamente soggetto interessato al contenuto delle intercettazioni ne ha richiesto l’effettuazione sia all’esito del processo/procedimento sul quale esercita il potere di impulso . La medesima norma sembrerebbe escludere che la procedura indicata possa avere riguardo ai procedimenti conclusisi allo stato con decreto di archiviazione posto che detto atto è ontologicamente non definitivo. Rebus sic stantibus appare immediatamente come il pubblico ministero debba necessariamente essere ricompreso nei soggetti legittimati a richiedere la distruzione delle bobine e dei supporti contenenti le intercettazioni. L’insegnamento della Corte Costituzionale. Il ragionamento seguito dalla Suprema Corte trova conforto anche ai sensi della giurisprudenza costituzionale. Il Giudice delle leggi ha infatti statuito come il diritto alla segretezza, coniugato nell’accezione della riservatezza, delle comunicazioni sia diritto oggetto di tutela Costituzionale ex art. 2 della Carta Fondamentale. La tutela di siffatto diritto ben può e deve essere esercitata anche a cura del Pubblico Ministero che ritenga non più utili, o necessarie, ai fini del processo le intercettazioni raccolte. La Corte Costituzionale ha infatti osservato sent. n. 463/1994 come la decisione di archiviazione, a differenza della sentenza non più soggetta ad impugnazione, sia per un verso priva di stabilità nei suoi effetti e, per altro, costituisca l’atto conclusivo di un procedimento conclusivo di una fase del procedimento caratterizzato dalla segretezza delle indagini eseguite . Se così è, e francamente il ragionamento pare corretto, è ragionevole, l’espressione utilizzata dalla Corte Costituzionale è proprio questa, che sia preservato in capo alle parti il diritto di essere sentite, in applicazione dell’articolo 127 c.p.p. riguardo all’eventuale utilità di uno strumento probatorio acquisito con sacrificio della propria sfera di riservatezza sul quale, in un futuro caso di riapertura delle indagini potrebbe fondarsi ad avviso delle parti stesse un giudizio di non colpevolezza a loro vantaggio . Le conclusioni. Il ragionamento logico giuridico seguito trova conforto anche nella giurisprudenza della Suprema Corte ex pluribus sez. V n. 378/94 che ritiene abnorme il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari, richiesto dal pubblico ministero di dar corso alla procedura camerale finalizzata alla pronuncia sulla distruzione delle registrazioni telefoniche ritenute inutili, ne rifiuti l’adempimento adducendo quali non ricorrenti i presupposti dell’art. 269, comma 2, c.p.p L’abnormità, secondo gli Ermellini, risulta evidente posto che il giudice, non dando corso alla richiesta procedura, di fatto si sottrarrebbe ad ogni e qualsiasi controllo. Così come abnorme è stato ritenuto il provvedimento del GIP che, richiesto dall’imputato di provvedere in ordine alla distruzione delle intercettazioni ambientali ritenute inutili, abbia de plano rigettato l’istanza omettendo di fissare l’udienza camerale Cass. Sez. III n. 24832/2013 . L’udienza camerale ex art. 127 c.p.p. diventa dunque obbligatorio passaggio, imprescindibile ed ineludibile, da parte del GIP che venga fatto oggetto di richiesta, motivata a tutela della riservatezza, di distruzione delle registrazioni relative ad intercettazioni telefoniche ritenute essere non necessarie per il procedimento. Siano esse registrazioni parte di procedimento conclusosi con sentenza irrevocabili, ancora in corso o oggetto di decreto di archiviazione. I forget it La richiesta può provenire da qualunque soggetto interessato al contenuto di quelle conversazioni, anche da più curioso di tutti il pubblico ministero.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 20 ottobre – 17 novembre 2016, n. 48595 Presidente Di Nicola – Relatore Scarcella Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza emessa in data 19/11/2015, depositata in pari data, il GIP presso il tribunale di LECCE respingeva la richiesta con cui il PM presso il medesimo tribunale aveva avanzato richiesta di distruzione delle bobine e dei supporti magnetici ove sono registrate le conversazioni oggetto di intercettazione relative ad un procedimento penale già archiviato. 2. Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di LECCE, deducendo l'abnormità del provvedimento impugnato in sintesi il PM ricorrente - premesso che il provvedimento impugnato si inserisce in un procedimento penale iscritto a mod. 44 contro ignoti, nel corso dei quale erano state disposte intercettazioni telefoniche e che tale procedimento è stato già da tempo archiviato senza che il GIP si pronunciasse sulla distruzione delle bobine - censura l'impugnato provvedimento per aver rigettato la richiesta, da un lato, ritenendo che l'art. 269 c.p.p. trovi applicazione solo per le sentenze e non per i decreti di archiviazione, di per sé sempre revocabili ex art. 414 c.p.p. e, dall'altro, non ritenendo ricorrere i presupposti di legge in quanto il PM non rientrerebbe nella nozione di parte interessata ex art. 269, comma 2, c.p.p., da identificarsi solo nei soggetti le cui conversazioni sono oggetto di intercettazione secondo il PM ricorrente, ambedue le ragioni fondanti il rigetto sarebbero censurabili, da un lato perché il GIP esclude dall'ambito di applicazione della norme sulla distruzione delle registrazioni intercettate tutti i procedimenti definiti con archiviazione senza peraltro indicare alcun limite temporale, così rendendo di fatti indistruttibili sine die i supporti su cui sono registrate le intercettazioni disposte nell'ambito del procedimento archiviato il GIP non terrebbe invece conto che la regola della sentenza non più soggetta ad impugnazione trova espressa eccezione all'art. 269 c.p.p. che rimanda alla previsione dell'art. 271, comma terzo, c.p.p. che impone al giudice in ogni stato e grado del processo la distruzione delle intercettazioni e dei supporti che le contengono se non più utili, come del resto lo stesso art. 269, comma secondo, c.p.p. attribuisce alle parti interessate la possibilità di chiederne la distruzione al giudice che ha disposto l'intercettazione e non a quello che procede in altri termini, quindi, se l'intercettazione è inutile ai fini dell'indagine, il giudice ne deve disporre la distruzione, sicchè anche nel caso di procedimento archiviato il GIP avrebbe dovuto valutare la rilevanza o meno delle intercettazioni e stabilire se distruggerle o meno e quali non avrebbe alcuna importanza, peraltro, la circostanza che il decreto di archiviazione sia suscettibile di revoca, ciò in quanto la distruzione delle intercettazioni può essere disposta anche dal giudice che le ha disposte e non dal giudice che procede ex art. 269, comma secondo, c.p.p., sicchè non sussisterebbe alcun collegamento tra la modalità di definizione dei procedimento e la decisione sulla distruzione delle intercettazioni dall'altro lato, deduce il PM ricorrente, illegittima sarebbe anche l'interpretazione del GIP che ha ritenuto non legittimato il PM a richiedere la distruzione ritenendo che parti interessate ai sensi dell'art. 269, comma secondo, c.p.p. siano solo quelle private e non il PM l'errore giuridico sarebbe a maggior ragione qui rilevabile trattandosi di procedimento contro ignoti, dove non esistono parti interessate e dove, quindi, l'unica parte dotata del potere di agire è il PM, donde la motivazione sarebbe anche illogica oltre che giuridicamente erronea. 3. Con requisitoria scritta depositata preso la cancelleria di questa Corte in data 30/06/2016, il P.G. presso la S.comma di Cassazione ha chiesto accogliersi il ricorso in particolare, ha osservato il P.G., che il PM sia legittimato a proporre istanza di distruzione ex art. 269 c.p.p. è stato affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 463 del 1994, evidenziando non solo come il PM possa avanzare la richiesta al GIP ma anche che, in tal caso, dev'essere disposto il rito camerale partecipato ex art. 127 c.p.p. in quanto gli indagati o i soggetti intercettati potrebbero avere interesse alla distruzione delle registrazioni ma anche alla conservazione del materiale probatorio acquisito con sacrificio della propria sfera di riservatezza, sul quale, in futuro, in caso di riapertura delle indagini, potrebbe fondarsi a loro avviso un giudizio di non colpevolezza a loro vantaggio ne discende, secondo il PG, che il provvedimento impugnato è abnorme in quanto il GIP da un lato adducendo che non ricorrono i presupposti ex art. 269, comma secondo, cod. proc. pen. e, dall'altro, rifiutando de piano la richiesta di distruzione delle intercettazioni, non ha applicato il rito camerale così sottraendosi ad ogni forma di controllo del suo provvedimento. Considerato in diritto 4. Il ricorso è fondato. 5. L'art. 269 c.p.p. sotto la rubrica Conservazione della documentazione , disciplina le sorti delle conversazioni oggetto di intercettazione, stabilendo che 1. I verbali e le registrazioni sono conservati integralmente presso il pubblico ministero che ha disposto l'intercettazione. 2. Salvo quanto previsto dall'articolo 271 comma 3, le registrazioni sono conservate fino alla sentenza non più soggetta a impugnazione [c.p.p. 648]. Tuttavia gli interessati, quando la documentazione non è necessaria per il procedimento, possono chiederne la distruzione, a tutela della riservatezza, al giudice che ha autorizzato o convalidato l'intercettazione. Il giudice decide in camera di consiglio a norma dell'articolo 127. 3. La distruzione, nei casi in cui è prevista, viene eseguita sotto controllo del giudice. Dell'operazione è redatto verbale . 6. Quanto ai soggetti legittimati alla richiesta, la norma processuale si riferisce agli interessati , tra cui rientra sicuramente il PM quanto all'interpretazione del comma secondo dell'art. 269 c.p.p, laddove il GIP esclude l'applicabilità della norma ai procedimenti archiviati atteso il riferimento espresso alla sola sentenza non più soggetta ad impugnazione , non v'è dubbio che la distruzione possa essere richiesta anche nei procedimenti per cui è disposta l'archiviazione. 7. Ritiene invero il Collegio anzitutto illegittima l'interpretazione del GIP che ha escluso dal novero di tali soggetti il PM. Ed invero, come correttamente dedotto dal PM ricorrente e, in sede di requisitoria scritta dal PG presso questa Corte, sulla questione si era incidentalmente già pronunciata la Corte Costituzionale Corte cost., sentenza 30 dicembre 1994, n. 463 che ebbe a dichiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 269 c.p.p., comma 2, ultima proposizione, nella parte in cui impone l'applicazione dei rito camerale disciplinato dall'art. 127 c.p.p. alla decisione del giudice per le indagini preliminari sulla richiesta del pubblico ministero, avanzata contestualmente all'istanza di archiviazione, volta alla distruzione della documentazione attinente a intercettazioni telefoniche, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 76 della Costituzione, dal giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Torino. Come si evince dalla lettura stessa della sentenza, la Corte ritenne pacificamente che tra i soggetti legittimati a presentare la istanza ex art. 269 c.p.p. rientrasse il PM, aggiungendo inoltre l'obbligo per il GIP di fissare l'udienza camerale ex art. 127 c.p.p. Sul punto, la Corte costituzionale ebbe ad osservare che è indubbio che la decisione giudiziale - contemplata dall'art. 269, comma 2, cod. proc. pen. - sulla richiesta, da chiunque formulata, relativa alla distruzione dei materiale documentale attinente ad intercettazioni telefoniche incide in ogni caso sopra un diritto costituzionale quello alla riservatezza delle proprie comunicazioni - dichiarato più volte dalla Corte Costituzionale come un diritto inviolabile ai sensi dell'art. 2 Cost. Pertanto, poiché anche nel caso in cui la richiesta di distruzione del materiale documentale sia avanzata dal pubblico ministero - in relazione ad intercettazioni ritenute non necessarie ai fini del procedimento - contestualmente alla istanza di archiviazione vengono in considerazione valori e interessi non diversi da quelli coinvolti allorché la richiesta di distruzione della documentazione delle intercettazioni venga presentata dagli interessati, l'interpretazione della norma nel senso che anche nella prima, come nella seconda ipotesi nonostante che solo per questo lo si preveda espressamente si impone l'applicazione del rito camerale di cui all'art. 127 c.p.p., non soltanto è possibile ma è anzi l'unica compatibile con la salvaguardia dei principi costituzionali. Non può ammettersi infatti che con la decisione con cui - come ben può verificarsi - mentre si archivia il procedimento, si rigetti l'istanza di distruzione delle intercettazioni telefoniche, la conservazione di un materiale probatorio, acquisito con sacrificio di un diritto personale di carattere inviolabile, venga disposta senza una valutazione, in contraddittorio tra le parti, tanto del legame di necessarietà, rispetto al procedimento, delle intercettazioni di cui è stata richiesta la distruzione, quanto della incidenza della decisione stessa sulle esigenze di tutela della riservatezza degli interessati. E d'altro canto, dato che la decisione di archiviazione, a differenza della sentenza non più soggetta ad impugnazione, è, per un verso, priva di stabilità nei suoi effetti, e, per altro, costituisce l'atto conclusivo di un procedimento conclusivo di una fase del procedimento caratterizzato dalla segretezza delle indagini eseguite, è ragionevole - precisa la Corte Costituzionale - che sia preservato in capo alle parti il diritto di essere sentite, in applicazione dell'art. 127 cod. proc. pen., riguardo all'eventuale utilità di uno strumento probatorio, acquisito con sacrificio della propria sfera di riservatezza, sul quale in futuro in caso di riapertura delle indagini, potrebbe fondarsi, ad avviso delle parti medesime, un giudizio di non colpevolezza a loro vantaggio. 8. A ciò, infine, va aggiunto come la stessa giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto abnorme il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari, richiesto dal pubblico ministero della procedura camerale per la distruzione di registrazioni telefoniche ritenuti inutili, rifiuta l'adempimento, adducendo che non ricorrono i presupposti di cui all'art. 269, secondo comma cod. proc. pen È evidente, infatti, l'anomalia di una siffatta pronuncia, mediante la quale il giudice, rifiutando la prevista procedura camerale, pretende sottrarsi ad ogni controllo V. Sez. Il, n. 1015, C.comma 22 febbraio 1994, Conidi Sez. 5, n. 378 del 26/01/1994 - dep. 23/02/1994, P.M. in proc. Stefani, Rv. 197277 . Analogamente, più di recente, si è ribadito che è abnorme il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari, richiesto dall'indagato di provvedere alla distruzione della documentazione relativa alle intercettazioni telefoniche e ambientali ritenute inutili, rigetti de piano l'istanza omettendo di fissare la prescritta udienza camerale Fattispecie nella quale questa stessa Sezione ha ritenuto necessario il contraddittorio per contemperare il diritto dei richiedente a tutelare la sua riservatezza con l'interesse pubblico alla conservazione degli atti del procedimento, in ragione del fatto che, essendo solo archiviato, esso è sempre suscettibile di riapertura Sez. 3, n. 24832 del 13/03/2013 - dep. 06/06/2013, Vasciarelli e altro, Rv. 255456 . 9. Deve, pertanto, essere accolta l'impugnazione del PM ricorrente, con conseguente annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata e trasmissione degli atti al tribunale di Lecce in diversa composizione monocratica, che si atterrà al seguente principio di diritto Tra i soggetti interessati che possono richiedere la distruzione della documentazione, cui si riferisce l'art. 269, comma secondo, cod. proc. pen., vi rientra anche il Pubblico Ministero. Ne consegue che è abnorme il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari, richiesto dal PM di provvedere alla distruzione della documentazione relativa alle intercettazioni ritenute inutili e relative ad un procedimento già archiviato, rigetti de plano l'istanza ritenendo il PM non legittimato alla richiesta ed omettendo di fissare la prescritta udienza camerale Fattispecie nella quale le operazioni di intercettazione erano state disposte in un procedimento contro ignoti . P.Q.M. La Corte annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al tribunale di LECCE per l'ulteriore corso.