Concorso anomalo nel reato: prevedibilità ma assenza di dolo

Ai sensi dell’art. 116 c.p., sussiste il concorso anomalo nel reato solo nei casi in cui l’evento ulteriore, benché prevedibile in quanto collegato al delitto base programmato da un nesso di pura eventualità, non sia stato dall’agente voluto neppure nella forma del dolo indiretto, mentre ricorre l’ipotesi di concorso ex art. 110 c.p. se l’agente ha effettivamente previsto l’evento o comunque accettato il rischio del suo verificarsi.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 48258/16 depositata il 15 novembre. Il caso. La Corte d’Assise d’appello confermava la sentenza cui due imputati erano stati ritenuti colpevoli per i reati di rapina pluriaggravata e omicidio preterintenzionale così riqualificando l’originaria imputazione di omicidio volontario commessi in concorso con altro soggetto giudicato separatamente. I due imputati ricorrono per la cassazione del provvedimento dolendosi per la violazione dell’art. 116 c.p. in quanto, dalle dichiarazioni rese dal coimputato, non era possibile accertare se il reato inizialmente programmato dai tre era quello di furto o di rapina ed essi non potevano dunque rispondere dell’iniziativa criminosa altrui essendosi limitati ad indicare una potenziale vittima ed il giorno dell’azione. A sostegno delle loro argomentazioni i ricorrenti invocano la sentenza della Corte Costituzionale n. 42/1965 con cui veniva offerta una lettura costituzionalmente orientata dell’istituto del concorso anomalo nel reato che consente di ritenere responsabile il concorrente nel diverso reato commesso dal correo solo laddove questo sia uno sviluppo logicamente prevedibile dell’originario programma criminoso comune. Concorso anomalo. La doglianza così prospettata non viene condivisa dalla Corte di legittimità che ricorda come, secondo la consolidata giurisprudenza, può configurarsi un concorso anomalo ex art. 116 c.p. esclusivamente nei casi in cui l’evento ulteriore, benché prevedibile in quanto collegato da un nesso di pura eventualità rispetto al delitto base programmato, non sia stato dall’agente voluto neppure nella forma del dolo indiretto , mentre ricorre la diversa ipotesi di concorso ex art. 110 c.p. se l’agente ha effettivamente previsto l’evento o comunque accettato il rischio del suo verificarsi. Si rivela dunque corretta la qualificazione giuridica del fatto da parte della Corte di merito ai sensi della norma citata, non potendo inoltre essere riconosciuta la sussistenza della diversa fattispecie di cui all’art. 586 c.p. morte come conseguenza di un altro delitto invocata dai ricorrenti in quanto l’omicidio preterintenzionale si caratterizza per essere l’attività del colpevole diretta a realizzare un delitto colposo diverso dalle percosse o dalle lesioni personali, coerentemente a quanto rilevato dalla ricostruzione della vicenda operata dal giudice territoriale. In conclusione, la Corte rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 23 settembre – 15 novembre 2016, n. 48258 Presidente Cammino – Relatore Fumu Fatto e diritto 1. S.L. e S.M. impugnano la sentenza della Corte di assise di appello di Firenze con la quale è stata confermata sentenza del G.i.p. del Tribunale di Siena che li ha dichiarati colpevoli di delitti rapina pluriaggravata ed omicidio preterintenzionale in concorso, così riqualificato l'originario capo di imputazione di omicidio volontario. 2. Secondo la ricostruzione accusatoria condivisa dai giudici di merito i due imputati, in concorso con altre due persone di nazionalità straniera, esecutori materiali uno dei quali condannato in questo processo e non ricorrente, un altro giudicato separatamente perché minore , avevano programmato ed attuato una rapina, per la cui commissione era stata utilizzata una pistola finta, nell'abitazione di B.G., ottantanovenne, il quale era deceduto a seguito delle percosse subite. Nell'affermare la responsabilità degli imputati Corte di appello, alla stregua di quanto ritenuto dal giudice di primo grado, valorizzava le dichiarazioni auto ed eteroaccusatorie di uno dei concorrenti di nazionalità straniera, tale A.P., il quale aveva ammesso di aver concordato con loro le modalità esecutive del reato le deposizioni testimoniali dalle quali risultava che essi si trovavano sul luogo nel tempo del delitto la loro pregressa frequentazione della vittima e la conoscenza della sua casa e delle sue abitudini di vita, compresa la notizia dei giorno in cui avrebbe ritirato la pensione la circostanza, confermata dal fornitore, che fu S.L. a procurare l'arma finta al complice straniero la consulenza tecnica del pubblico ministero il quale aveva attribuito ad un'azione violenta i segni esterni trovati sul corpo della vittima e a un insufficienza cardiaca sorta in conseguenza del trauma lesivo psico-fisico subito nell'aggressione la sua morte l'ulteriore accertamento, attuato anche attraverso l'esame dei tabulati telefonici, che dopo il fatto i tre si fossero recati nella città di Perugia per vendere ad un commerciante gli oggetti sottratti, spartendo tra di loro il ricavato. 3. Con comune atto di ricorso denunciano a mezzo del difensore 3.1. violazione dell'articolo 116 del codice penale. Rilevano i ricorrenti come non sia dato sapere, sulla base delle dichiarazioni del coimputato Aka, se fosse stata deliberata la commissione di un reato di furto ovvero di una rapina. Osservano che la loro condotta si è ridotta all'aver indicato la potenziale vittima ed il giorno dell'azione, con la conseguente impossibilità di dover rispondere dell'iniziativa criminosa altrui non voluta se non a titolo di inammissibile responsabilità oggettiva. Osservano in proposito che la sentenza costituzionale numero 42 del 13 maggio 1965 ha offerto una lettura costituzionalmente orientata dell'articolo 116 del codice penale ed impone di ravvisare la responsabilità del concorrente per il reato diverso commesso dal correo solo qualora esso possa essere considerato uno sviluppo logicamente prevedibile di quello oggetto del programma criminoso. Deducono in proposito che nel caso di specie non è certo neppure quale reato dovesse essere commesso,con la conseguenza che la prevedibilità dell'evento morte appare essere del tutto opinabile e comunque tanto aleatoria da non poter consentire l'applicazione dell'articolo 116 del codice penale in ogni caso, ferma restando la critica di inattendibilità delle propalazione confessorie del coimputato, non adeguatamente riscontrate, si configura una loro minima partecipazione al fatto, sì da poter far ritenere sussistente l'attenuante di cui all'articolo 114 del codice penale. 3.2 mancata applicazione dell'art. articolo 586 del codice penale. Deducono i ricorrenti come appaia evidente che essi non abbiano svolto alcuna attività né attinto l'integrità fisica di chicchessia osservano che segni riscontrati sul cadavere in sede di autopsia non possono essere ritenuti univocamente derivanti da un'attività lesiva dell'integrità fisica e specificano che comunque l'attività posta in essere dall'esecutore materiale, peraltro non voluta e non prevista, si è tradotta in una semplice immobilizzazione del soggetto passivo senza che vi fosse un'attività fisica volta a percuoterlo o ferirlo. L'assoluta involontarietà dell'evento morte, unita al fatto che l'attività di coazione fisica fosse diretta alla realizzazione dell'ipotesi delittuosa principale, cioè la rapina, e non a percuotere o ferire come vuole la lettera dell'articolo 584 del codice penale, avrebbero dovuto indurre i giudici ad applicare l'articolo 586 dello stesso codice e ritenere un'ipotesi di morte come conseguenza di altro delitto e non di prete rintenzione. 4. L'impugnazione deve essere rigettata con le conseguenze di legge. 5. Rileva la Corte, innanzi tutto, che le censure formulate nel ricorso per cassazione costituiscono la riformulazione, a volte anche letterale, di quelle proposte al giudice di secondo grado, il quale ha fornito corretta ed esauriente risposta a tutte le doglianze difensive. Le doglianze sono comunque infondate. I giudici di merito, nelle sentenze conformi che si integrano, hanno congruamente argomentato in ordine alla credibilità del dichiarante ed alla circostanza che i correi fin dall'inizio avessero progettato di compiere una rapina, travisati e con la pistola in pugno, nell'abitazione di una persona anziana di cui era noto lo stato di cardiopatia sicché l'evento morte potevasi/dovevasi rappresentare come assolutamente prevedibile . La responsabilità è stata dunque benevolmente ascritta agli imputati solo a titolo di concorso anomalo si deve precisare per completezza, infatti, che secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità può configurarsi un concorso anomalo ai sensi dell'art. 116 c.p. esclusivamente nei casi in cui l'evento ulteriore, benché prevedibile in quanto collegato da un nesso di pura eventualità rispetto al delitto base programmato, non sia stato dall'agente voluto neppure nella forma del dolo indiretto ricorre, invece, l'ipotesi del concorso ex art. 110 cod. pen., ove l'agente abbia effettivamente previsto l'evento o comunque accettato il rischio dei suo verificarsi da ultimo si veda Sez. 1, n. 11595 del 15/12/2015, dep. 18/03/2016, Rv. 266647, PM in proc. Cinquepalmi in applicazione di tale principio la Corte di cassazione ha censurato la decisione con cui il la Corte territoriale aveva affermato la responsabilità dell'imputato ai sensi dell'art. 116 cod. pen., in ordine al reato di cui all'art. 575 cod. pen., pur risultando che, nel programmare con il correo la rapina nei confronti di una anziana donna, aveva messo in conto, come poi effettivamente accaduto, il possibile ricorso ad una azione violenta per neutralizzare la reazione della vittima . Quanto alla doglianza concernente il negato riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 114 cod. pen., osserva il collegio che un costante orientamento giurisprudenziale ne esclude l'applicazione nell'ipotesi, verificatasi nella fattispecie, della violenza e minaccia portata da più persone riunite, atteso che la disposizione del secondo comma dell'art. 114 cod. pen., secondo cui l'attenuante della minima partecipazione al fatto pluripersonale non si applica quando ricorra una delle circostanze aggravanti delineate all'art. 112 dello stesso codice, e, dunque, quando il numero dei concorrenti sia pari o superiore a cinque, si riferisce anche ai casi nei quali il numero delle persone concorrenti nel reato sia posto a base di un aggravamento della pena in forza di disposizioni specificamente riguardanti il reato stesso Sez. 2, n. 18540 del 19/04/2016, dep. 04/05/2016, Rv. 266852, ric. Vincenti . Del tutto corretta, infine, si palesa la conclusione della Corte di merito circa la qualificazione giuridica del fatto come omicidio preterintenzionale atteso che, ferma la ricostruzione della vicenda e l'accertamento della causa della morte effettuati secondo parametri logici non censurabili in questa sede, l'invocata ipotesi del delitto previsto dall'art. 586 cod. pen., morte come conseguenza di un altro delitto si differenzia dall'omicidio preterintenzionale perché nel primo l'attività del colpevole è diretta a realizzare un delitto doloso diverso dalle percosse o dalle lesioni personali, mentre nel secondo l'attività è diretta - come nella specie - a realizzare un evento che, ove non si verificasse la morte, integrerebbe un reato contro l'incolumità individuale Sez. 5, n. 21002 del 20/04/2015, dep. 20/05/2015, Rv. 263712, Cutrufello nella specie la Corte ha ritenuto che correttamente la sentenza impugnata avesse ravvisato l'omicidio preterintenzionale in relazione ad un decesso causato da un'azione violenta consistita nell'immobilizzare ed imbavagliare la vittima e dalla quale era derivato un fenomeno di asfissia da soffocamento . P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.