Legittimità delle intercettazioni: il delicato tema della motivazione dei decreti autorizzativi

Partendo dall’estrema pregnanza degli interessi in gioco, la Suprema Corte offre una bellissima sintesi del dibattito sul tema della motivazione dei decreti autorizzativi delle intercettazioni.

Questo il tema affrontato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 48009/16, depositata il 14 novembre. In linea generale si deve premettere come le intercettazioni telefoniche ed ambientali intervengano direttamente in un ambito coperto, sotto diversi aspetti, da tutela costituzionale laddove interferiscano sia con il diritto inviolabile alla libertà ed alla segretezza della corrispondenza e di ogni forma di comunicazione, ex art. 15 Cost. coperto dalla doppia riserva di legge e di giurisdizione sia con il cd. diritto alla riservatezza, cui viene generalmente riconosciuta copertura costituzionale ora dagli artt. 13, 14 e 15 Cost., in combinato disposto, di volta in volta, alle altre norme costituzionali a presidio degli specifici interessi toccati dai dati e dalle informazioni riservate. Ora dall'art. 2 Cost. come completato dall'art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo che assicura protezione i diritti della personalità che si esprimono nella vita privata e familiare. In conformità al disposto della Carta fondamentale e della CEDU, il codice di procedura penale prevede che la limitazione del principio della libertà ed inviolabilità delle diverse forme di comunicazione possa avvenire soltanto nell'ambito dei procedimenti per determinate categorie di reati, definite nell’art. 266 c.p.p., e con decreto motivato del giudice su richiesta del pubblico ministero il quale, solo in casi di eccezionale urgenza, può provvedere con proprio decreto motivato, soggetto a convalida, anch'essa motivata, da parte del giudice entro il termine di 48 ore. Presupposti di legge. A norma dell'art. 267 c.p.p., l'intercettazione può essere autorizzata solo qualora sussistano gravi indizi di reato ed essa sia indispensabile assolutamente ai fini della prosecuzione delle indagini. Lo strumento di indagine presuppone, pertanto, da un lato che sussista un quadro di elementi sufficientemente solido da tratteggiare già una notizia di reato il che mira ad evitare che tale mezzo sia utilizzato a strascico per far emergere vicende delittuose ancora non denunciate né disvelate dalle indagini da altro verso, che l'intrusione nella privacy dell'individuo sia indispensabile ai fini della raccolta degli elementi utili per accertare i fatti e non possa essere sostituita da un altro mezzo di ricerca della prova. L'evidente intento del legislatore era ed è quello di imporre un preventivo accertamento di serietà delle esigenze investigative che legittimano l'intrusione dell'autorità giudiziaria nella sfera dei diritti inviolabili e delle libertà di comunicazione dei cittadini. Tutti questi presupposti normativi rigorosi trovano un temperamento nei casi in cui si procede per delitti di criminalità organizzata e di terrorismo, nei quali l'intercettazione può essere autorizzata quando sussistono sufficienti indizi di reato, anziché gravi indizi, ed il mezzo di ricerca della prova sia necessario, e non assolutamente indispensabile, per lo svolgimento delle indagini. I decreti che consentono le intercettazioni, l’importanza della motivazione. Assenza di motivi e difetto di motivi. Strettamente collegato all'argomento in parola è il tema della motivazione dei decreti autorizzativi alle intercettazioni atteso che solo attraverso rigoroso controllo della stessa è possibile verificare se il mezzo di ricerca della prova sia stato attivato nei casi consentiti dalla legge e se i relativi esiti siano utilizzabili a fini di prova. Nel ricordare i principali arresti, va in primo luogo dato conto della pronuncia con la quale il giudice costituzionale ha sancito che il decreto con cui il giudice autorizza l'intercettazione telefonica deve contenere una adeguata e specifica motivazione a concreta dimostrazione del corretto uso del potere esercitato. In una materia che incide sui diritti fondamentali della persona, un provvedimento giurisdizionale privo di motivazione in senso grafico oppure come motivazione apparente configura una sorta di antigiuridicità processuale della prova, dalla quale inevitabilmente scaturisce la inutilizzabilità dei risultati conseguiti attraverso l'inosservanza delle disposizioni richiesti dalla legge per la corretta formazione del procedimento probatorio. Su questa scia, la Corte di Cassazione, pronunciandosi nel più ampio contesto, ha chiarito che si ha mancanza di motivazione non solo quando l'apparato giustificativo manchi in senso fisico ma anche quando la motivazione sia apparente, semplicemente ripetitiva della formula normativa, del tutto incongrua rispetto al provvedimento che dovrebbe giustificare. Mentre, al contrario, si ha difetto di motivazione, emendabile dal giudice cui la doglianza venga prospettata, allorché quest'ultima sia incompleta, insufficiente, non perfettamente adeguata, affetta da vizi che non negano nè compromettono la giustificazione ma la rendono solo non puntuale. I decreti autorizzativi per relationem. Lo specifico tema che veniva in rilievo dal caso posto all'attenzione della Suprema Corte era proprio quello relativo alla motivazione dei decreti autorizzativi per relationem ad altri atti del procedimento. In particolare, la Corte richiama la sentenza a Sezioni Unite la quale aveva stabilito che la motivazione di tal genere deve ritenersi legittima quando 1 faccia riferimento ad un legittimo atto del procedimento, la cui motivazione risulti congrua rispetto alle esigenze di giustificazione proprie del provvedimento di destinazione 2 fornisca la dimostrazione che il giudice ha preso cognizione del contenuto sostanziale delle ragioni del provvedimento di riferimento e le abbia meditate e ritenute coerenti con la sua decisione 3 il documento di riferimento, quando non venga allegato o trascritto nel provvedimento da motivare, sia conosciuto dall'interessato o almeno ostensibile, quantomeno al momento in cui si rende attuale l'esercizio della facoltà di valutazione ed eventualmente di gravame e, conseguentemente, di controllo dell'organo della valutazione o delle impugnazione. Sulla stessa lunghezza d'onda la Corte aveva reiteratamente affermato, in materia, che è legittima la motivazione per relationem dei decreti autorizzativi quando in essi il giudice faccia richiamo alle richieste del pm e dalle relazioni di servizio della polizia giudiziaria, ponendo in evidenza l' iter cognitivo e valutativo seguito per giustificare l'adozione di quel particolare mezzo di ricerca della prova. Dunque, sull'autorità giudiziaria incombe, in maniera espressa e diretta, l'obbligo di dare necessariamente conto delle ragioni che giustificano l'intercettazione ai fini della prosecuzione delle indagini. E, dunque, di esplicitare i motivi per i quali si ritenga indispensabile il monitoraggio di una specifica utenza telefonica, indicando il collegamento tra le indagini in corso e la medesima.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 28 settembre – 14 novembre 2016, n. 48009 Presidente Ippolito – Relatore Bassi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 7 novembre 2008, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Roma ha condannato - fra gli altri imputati - C.F.M. alla pena di anni 10 di reclusione , F.M. alla pena di anni 3 di reclusione e 16.000 Euro di multa , R.M. alla pena di anni 10 di reclusione , G.M. alla pena di anni 1 mesi 8 di reclusione e 20.000 Euro di multa , P.M. alla pena di anni 10 di reclusione e M.M. alla pena di anni 3 di reclusione e 20.000 Euro di multa , in relazione alle violazioni dell’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, loro rispettivamente ascritte, ed i soli C. , P. e R. anche per il reato associativo di cui all’art. 74 della stessa legge, esclusa l’aggravante del ruolo apicale. 2. Con il provvedimento in epigrafe, in parziale riforma dell’indicata sentenza, la Corte d’appello di Roma - ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di C. , R. e P. in ordine ai delitti di cui ai capi 14 , 34 , 36 , 59 e 60 reati-fine dell’associazione , perché estinti per prescrizione - ha ritenuto sussistente, quanto a R. , il vincolo della continuazione tra i residui reati sub iudice e quello giudicato con sentenza irrevocabile della stessa Corte capitolina del 14 gennaio 2005, determinando la pena complessiva inflitta in anni 10 di reclusione - ha rideterminato la pena per i residui reati ascritti a C. e P. rispettivamente in anni 9 e mesi 8 di reclusione ed anni 9 e mesi 10 di giorni 10 di reclusione - ha confermato nel resto la sentenza, condannando G. , M. e F. alle spese processuali del grado. 3. Avverso la sentenza ha presentato ricorso C.F.M. , a mezzo del Proprio difensore Avv. Sandro D’Aloisi, chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi. 3.1. Violazione di legge penale nonché mancanza ed illogicità della motivazione in relazione all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, per avere la Corte d’appello confermato il giudizio di penale responsabilità in ordine al reato associativo sulla base di tre soli episodi nei quali è stato possibile procedere a sequestri di sostanze stupefacenti e dal contenuto di una sola telefonata, dalla quale ha evinto che C. , P. , R. e Fo. avessero costituito un’associazione, con ciò trascurando di considerare che C. si allontanava dal gruppo pochi giorni dopo l’inizio delle operazioni d’intercettazione telefonica a metà gennaio 2004, che P. e Ru. venivano rispettivamente arrestati il 26 gennaio 2004 ed il 6 maggio 2004 e che l’inizio dell’attività criminosa a partire dal dicembre 2003 - come indicato nella contestazione - non risulta supportato da nessun elemento di riscontro. Ad avviso del ricorrente, mancano, dunque, i requisiti del reato associativo, che richiede la stabilità e la permanenza dell’accordo illecito e l’esistenza di un interesse comune ai componenti del gruppo. 3.2. Violazione di legge penale nonché mancanza ed illogicità della motivazione in relazione all’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, per avere la Corte confermato la sentenza di condanna in assenza di elementi obbiettivi di riscontro quanto al reale oggetto delle conversazioni intercettate. 4. F.M. ricorre personalmente avverso la sentenza e ne chiede l’annullamento, quale unico motivo, per contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, per essere stato egli condannato per un fatto da lui non commesso. 5. Nel ricorso presentato nell’interesse di R.M. , l’Avv. Pietro Odoardo Vincentini chiede che la sentenza pronunciata nei confronti dell’assistito sia cassata per i seguenti motivi. 5.1. Violazione di legge processuale e carenza e manifesta contraddittorietà della motivazione con riguardo all’utilizzazione dei risultati delle intercettazioni telefoniche, in considerazione del fatto che, nei decreti autorizzativi, il giudice si è limitato a richiamare per relationem le richieste del P.M. e le relazioni della P.G. senza svolgere una motivazione autonoma. 5.2. Carenza e manifesta contraddittorietà della motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza del reato associativo, avendo i Giudici di merito riportato i principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità in materia ed omesso di individuare, in concreto, i fatti specifici e le circostanze oggettive suscettibili di sostanziare il reato associativo. Evidenzia il ricorrente come sia necessario distinguere il semplice accordo criminoso fra due o più persone dall’associazione per delinquere, che non può fondarsi sulla mera reiterazione delle condotte criminose, ma richiede l’esistenza di una struttura organizzata con predisposizione stabile e duratura di mezzi e strumenti, finalizzata al perseguimento di un generico programma criminoso. Situazione che non ricorrerebbe, nella specie, in quanto l’utilizzo dell’officina del P. per gli incontri fra i presunti associati costituiva fatto del tutto estemporaneo e casuale gli imputati ricoprivano ruoli intercambiabili e non condividevano un interesse comune, agendo esclusivamente nell’interesse proprio. Sotto diverso aspetto, il ricorrente censura la motivazione spesa dal Collegio di merito in risposta all’invocata mitigazione del trattamento sanzionatorio. In particolare, denuncia l’assenza di motivazione rispetto alla commisurazione della pena a titolo di continuazione con il reato oggetto della precedente sentenza di condanna irrevocabile nonché l’irragionevolezza della pena, avendo il giudice applicato un aumento di pena ex art. 81, comma secondo, cod. pen., maggiore di quelli operati per i fatti sub iudice , seppure concernenti quantitativi di droga superiori. 6. Ha presentato ricorso anche G.M. , a mezzo del proprio difensore di fiducia Avv. Emilio Siviero, ed ha chiesto l’annullamento della sentenza per i seguenti motivi 6.1. violazione di legge processuale e vizio di motivazione in relazione agli artt. 267, comma 1, 125, comma 3, 185, comma 1, e 271 cod. proc. pen. con riguardo ai risultati delle intercettazioni telefoniche evidenzia il ricorrente come - contrariamente a quanto argomentato dalla Corte territoriale - i decreti autorizzativi siano privi di motivazione, essendosi il giudice limitato ad utilizzare moduli prestampati integrati a mano ed a richiamare per relationem le informative di P.G., senza un autonomo apprezzamento dei relativi contenuti i provvedimenti autorizzativi delle intercettazioni sono dunque connotati da una motivazione soltanto apparente, che non garantisce il livello minimo di garanzie che la Costituzione pone a tutela della libertà e della segretezza delle comunicazioni 6.2. violazione di legge penale e vizio di motivazione in relazione agli artt. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, e 157 cod. pen., per avere la Corte, per un verso, confermato la condanna in ordine alle imputazioni di cui ai capi 6 e 83 , seppure fondate su sole congetture quanto all’oggetto dei presunti scambi, trattandosi di cd. droga parlata in assenza di sequestri per altro verso, per avere omesso di dichiarare estinti per intervenuta prescrizione i reati di cui ai capi suddetti, là dove il giudice di primo grado ha applicato in relazione ad essi una pena compatibile con l’ipotesi prevista dall’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, ed ha ad ogni modo espressamente escluso la sussistenza dei presupposti della lieve entità con riguardo al solo capo 6 della rubrica. 7. Nel ricorso proposto da P.M. a mezzo del proprio difensore di fiducia Avv. Emilio Siviero, si chiede l’annullamento della sentenza per i seguenti motivi 7.1. violazione di legge processuale e vizio di motivazione in relazione agli artt. 267, comma 1, 125, comma 3, 185, comma 1, e 271 cod. proc. pen. con riguardo ai risultati delle intercettazioni telefoniche, svolgendo considerazioni identiche a quelle poste a base del primo motivo del ricorso di G.M. 7.2. violazione di legge penale e vizio di motivazione in relazione agli artt. 73 e 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, per avere la Corte, per un verso, confermato la condanna in ordine al reato associativo di cui al capo 1 ed alle imputazioni ex art. 73 di cui ai capi 2 , 3 , 15 , 16 , 21 , 27 , 29 e 76 sulla base di sole congetture, dal momento che difetta la prova dell’esistenza di una struttura organizzativa volta alla realizzazione di un programma indeterminato di violazioni della legge sugli stupefacenti, non essendo dimostrato che - come anche rilevato in appello - l’officina meccanica del P. costituisse il deposito stabile ove veniva custodita la sostanza. Per altro verso, per avere il Giudice d’appello omesso di motivare l’integrazione delle ulteriori imputazioni, fondate sul solo contenuto delle intercettazioni in assenza di elementi obbiettivi a riscontro, quali i sequestri di stupefacente. 8. Infine, nel ricorso presentato nell’interesse di M.M. , il difensore di fiducia Avv. Marco Zaccaria ha chiesto l’annullamento della sentenza per mancanza o manifesta illogicità della motivazione, in quanto fondata esclusivamente sul contenuto delle intercettazioni, in assenza di riscontri oggettivi quali sequestri o servizi di osservazione, là dove i contatti e gli appuntamenti fra Zaccaria e P. - peraltro solo saltuari - si spiegano alla luce del loro rapporto di amicizia. Ad ogni modo, non v’è prova circa la qualità e la quantità della sostanza oggetto della condotta sicché sussistono quantomeno i presupposti dell’ipotesi delineata nel comma 5 dell’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309. Considerato in diritto 1. È fondato il motivo, comune ai ricorrenti R. , G. e P. sub punti 5.1, 6.1 e 7.1 , con il quale essi hanno eccepito la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione ai decreti autorizzativi e di proroga, eccezione da essi formulata già in primo grado all’udienza del 5 marzo 2007 e coltivata in appello. 1.1. In linea generale, va premesso come le intercettazioni telefoniche ed ambientali intervengano direttamente in un ambito coperto, sotto diversi aspetti, da tutela costituzionale, là dove interferiscono sia con il diritto inviolabile alla libertà ed alla segretezza della corrispondenza e di ogni forma di comunicazione sancito all’art. 15 della Carta Fondamentale, coperto dalla doppia riserva di legge e di giurisdizione sia con il cosiddetto diritto alla riservatezza, cui viene generalmente riconosciuta copertura costituzionale ora dagli artt. 13, 14 e 15 Cost., come combinati - di volta in volta - alle altre norme costituzionali, a presidio degli specifici interessi toccati dai dati e dalle informazioni riservate, ora dall’art. 2 Cost. - come completato dall’art. 8, della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo -, che assicura protezione ai diritti della personalità che si esprimono nella vita privata e familiare. In conformità al disposto della Carta Fondamentale e della CEDU, il codice di procedura penale prevede che la limitazione del principio della libertà ed inviolabilità delle diverse forme di comunicazione possa avvenire soltanto nell’ambito dei procedimenti per determinate categorie di reati definite nell’art. 266 cod. proc. pen. e con decreto motivato del giudice su richiesta del pubblico ministero, il quale - soltanto in casi di eccezionale urgenza - può provvedere con proprio decreto motivato, soggetto a motivata convalida da parte del giudice entro il termine di quarantotto ore. A norma dell’art. 267 del codice di rito, l’intercettazione può essere autorizzata soltanto qualora sussistano gravi indizi di reato ed essa sia assolutamente indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini . Lo strumento d’indagine presuppone, dunque, per un verso, che sussista un quadro di elementi sufficientemente solido da tratteggiare già una notizia di reato, il che mira ad evitare che tale mezzo sia utilizzato a strascico per far emergere vicende delittuose ancora non denunciate né disvelate dalle indagini. Per altro verso, che l’intrusione nella privacy dell’individuo sia indispensabile ai fini della raccolta degli elementi utili per l’accertamento dei fatti e non possa essere sostituita da altro mezzo di ricerca della prova. L’evidente intento del legislatore è, quindi, quello di imporre un preventivo accertamento di serietà delle esigenze investigative che legittimano l’intrusione dell’autorità giudiziaria nella sfera dei diritti inviolabili e delle libertà di comunicazione dei cittadini Sez. U, n. 45189 del 17/11/2004, P.M. in proc. Esposito, nella motivazione . Tali rigorosi presupposti normativi trovano un temperamento nei casi in cui si proceda per delitti di criminalità organizzata e di terrorismo a norma dell’art. 13 d.l. 13 maggio 1991, n. 152, convertito con legge 12 luglio 1991, n. 203, richiamato dal d.legge 18 ottobre 2001, n. 374, convertito con modif. con legge 15 dicembre 2001, n. 438 , nei quali l’intercettazione può essere autorizzata quando sussistano sufficienti indizi di reato anziché gravi indizi ed il mezzo di ricerca della prova sia necessario e non assolutamente indispensabile per lo svolgimento delle indagini. 1.2. Particolarmente delicato è il tema della motivazione dei decreti autorizzativi delle intercettazioni. Ed invero, solo attraverso un rigoroso controllo della motivazione del provvedimento di autorizzazione è possibile verificare se il mezzo di ricerca della prova, fortemente invasivo della sfera individuale costituzionalmente presidiata, sia stato attivato nei casi consentiti dalla legge, dunque in modo legittimo, e se i relativi esiti siano, pertanto, utilizzabili a fini di prova. A tale proposito, mette conto rilevare come il combinato disposto degli artt. 191, comma 1, e 271, comma 1, cod. proc. pen. vieti l’utilizzo dei risultati delle intercettazioni quando le operazioni siano state eseguite fuori dai casi consentiti ovvero non siano state osservate le prescrizioni degli artt. 267 e 268, commi 1 e 3, e dunque anche in caso di violazione della prescrizione concernente l’obbligo di motivazione del decreto in merito ai presupposti delle operazioni. Obbligo di motivazione che risulta, ad ogni modo, presidiato anche dall’art. 125, comma 3, cod. proc. pen. là dove prescrive che i decreti siano motivati a pena di nullità nei casi in cui la motivazione è espressamente prescritta dalla legge , prescrizione che appunto si rinviene nell’art. 267, comma 1, stesso codice. 1.3. Vista l’estrema pregnanza degli interessi in gioco, il tema della motivazione dei decreti autorizzativi delle intercettazioni è da sempre oggetto di un intenso dibattito in dottrina ed in giurisprudenza, di cui v’è chiara eco nei diversi interventi della Corte Costituzionale e delle Sezioni Unite di questa Corte di legittimità succedutisi in materia. Nel ricordare i principali arresti, va in primo luogo dato conto della pronuncia con la quale il Giudice delle Leggi ha sancito che il decreto con cui il giudice autorizza l’intercettazione telefonica deve contenere una adeguata e specifica motivazione a concreta dimostrazione del corretto uso del potere dal giudice esercitato C. cost., n. 34, del 4/04/1973, massima 6607 . In una materia che incide sui diritti fondamentali della persona, un provvedimento giurisdizionale privo di motivazione in senso grafico o con motivazione apparente configura una sorta di antigiuridicità processuale della prova, dalla quale inevitabilmente scaturisce l’inutilizzabilità dei risultati conseguiti attraverso l’inosservanza delle disposizioni richieste dalla legge per la corretta formazione del procedimento probatorio. Su questa scia, la Corte di cassazione, pronunciandosi nel suo più ampio consesso, ha chiarito che si ha mancanza di motivazione, dante luogo ad inutilizzabilità dei risultati delle operazioni captative, non solo quando l’apparato giustificativo manchi in senso fisico - testuale, ma anche quando la motivazione sia apparente, semplicemente ripetitiva della formula normativa, del tutto incongrua rispetto al provvedimento che dovrebbe giustificare mentre si ha difetto della motivazione - emendabile dal giudice cui la doglianza venga prospettata, sia esso il giudice del merito che deve utilizzare i risultati delle intercettazioni, sia esso quello dell’impugnazione nella fase di merito o in quella di legittimità - allorché quest’ultima sia incompleta, insufficiente, non perfettamente adeguata, affetta da vizi che non negano, né compromettono la giustificazione, ma la rendono soltanto non puntuale Sez. U, n. 17 del 21/06/2000, Primavera ed altri, Rv. 216665 . 1.4. Le Sezioni Unite di questa Corte si sono più volte interessate anche dello specifico tema - che viene qui in rilievo - della motivazione dei decreti autorizzativi per relationem ad altri atti del procedimento. In particolare, la Corte a composizione allargata ha stabilito che la motivazione per relationem dei decreti autorizzativi delle intercettazioni deve ritenersi legittima allorquando 1 faccia riferimento, recettizio o di semplice rinvio, a un legittimo atto del procedimento, la cui motivazione risulti congrua rispetto all’esigenza di giustificazione propria del provvedimento di destinazione 2 fornisca la dimostrazione che il giudice ha preso cognizione del contenuto sostanziale delle ragioni del provvedimento di riferimento e le abbia meditate e ritenute coerenti con la sua decisione 3 l’atto di riferimento, quando non venga allegato o trascritto nel provvedimento da motivare, sia conosciuto dall’interessato o almeno ostensibile, quanto meno al momento in cui si renda attuale l’esercizio della facoltà di valutazione, di critica ed, eventualmente, di gravame e, conseguentemente, di controllo dell’organo della valutazione o dell’impugnazione Sez. U, n. 17 del 21/06/2000, Primavera e altri, Rv. 21666401 . Principio ribadito dalle Sezioni Unite sia con riguardo alla motivazione per relationem del decreto col quale il P.M. disponga lo svolgimento delle operazioni di captazione mediante impianti in dotazione della polizia giudiziaria Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro e altri, Rv. 22009501 sia in relazione alla motivazione del decreto autorizzativo delle intercettazioni che richiami la richiesta del P.M., anche quando essa sia allegata soltanto parzialmente oppure in copia senza sottoscrizione, giacché la sua fisica allegazione ne determina l’integrazione materiale nel provvedimento autorizzativo, con la conseguenza che gli argomenti dell’atto richiamato e allegato diventano rilevanti indipendentemente dalla loro provenienza la quale in ogni caso, una volta attestata dal giudice, non pus essere messa in discussione . Sez. U, n. 919 del 26/11/2003 - dep. 2004, Gatto, Rv. 22648501 . Sulla stessa lunghezza d’onda, questa Corte ha reiteratamente affermato che, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, è legittima la motivazione per relationem dei decreti autorizzativi quando in essi il giudice faccia richiamo alle richieste del P.M. ed alle relazioni di servizio della polizia giudiziaria, ponendo così in evidenza, per il fatto d’averle prese in esame e fatte proprie, l’iter cognitivo e valutativo seguito per giustificare l’adozione del particolare mezzo di ricerca della prova Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, Caridi e altri, Rv. 242418 Sez. 6, n. 46056 del 14/11/2008, Montella, Rv. 24223301 Sez. 5, n. 24661 del 11/12/2013 - dep. 2014, Adelfio e altri, Rv. 25986701 . Si è inoltre precisato che, a norma degli artt. 15 Cost. e 267, comma 1, cod. proc. pen., sull’autorità giudiziaria incombe, in maniera espressa e diretta, l’obbligo di dare necessariamente conto delle ragioni che giustificano l’intercettazione ai fini della prosecuzione delle indagini e, dunque, di esplicitare i motivi per i quali si ritenga indispensabile il monitoraggio di una specifica utenza telefonica, indicando il collegamento tra l’indagine in corso e la medesima Fattispecie in tema di inutilizzabili di conversazioni telefoniche intercettate sulla base di decreti autorizzativi motivati per relationem con il rinvio ad atti di polizia giudiziaria Sez. 6, n. 12722 del 12/02/2009, P.M. in proc. Lombardi Stronati e altri, Rv. 24324101 . 1.5. Tirando le fila delle considerazioni che precedono, non è revocabile in dubbio che i decreti autorizzativi possano essere legittimamente motivati per relationem ad altri del procedimento - allegati o ostensibili -, in particolare alla richiesta di autorizzazione del P.M. ovvero alle relazioni della P.G. Nondimeno, è indispensabile, per un verso, che la motivazione dell’atto cui si faccia rinvio risulti congrua rispetto all’esigenza di giustificazione propria del provvedimento di destinazione per altro verso, che il giudice lasci traccia visibile del fatto di aver preso in esame il contenuto e l’apparato argomentativo dell’atto richiamato e di averli fatti propri. La Corte d’appello di Roma, pur sollecitata dagli appellanti ad operare una verifica sul punto, non ha dato risposta adeguata, la dove, dopo avere - correttamente - enunciato il principio secondo il quale i decreti autorizzativi delle intercettazioni possono essere legittimamente motivati per relationem - ha eluso lo scrutinio sulla - contestata - idoneità degli atti richiamati a supportare la ritenuta sussistenza dei requisiti di legge delle operazioni intercettive, segnatamente dei gravi indizi di reato, sia dell’assoluta indispensabilità ai fini delle indagini ovvero dei sufficienti indizi di reato e della utilità” del mezzo, in caso di procedimenti di criminalità organizzata . Il Collegio di merito si è, invero, limitato a dare atto - con una considerazione assertiva ed apodittica - che gli atti impugnati contengono chiari ed esaustivi riferimenti alle condizioni legittimanti il mezzo di ricerca della prova , senza indicare gli specifici elementi o i passaggi argomentativi degli atti richiamati giudicati idonei a fornire adeguata giustificazione alle operazioni captative. In altri termini, la Corte territoriale ha sviluppato una motivazione perentoria ed in effetti inconsistente sulle censure degli appellanti sul punto, omettendo di dare dimostrazione della effettiva idoneità del compendio argomentativo degli atti richiamati nei decreti a fornire giustificazione ai mezzi di ricerca della prova autorizzati dal Gip, con riguardo ad entrambi i requisiti della gravità indiziaria e dell’assoluta indispensabilità ai fini delle indagini ovvero della sufficienza degli indizi di reato e della utilità ai fini delle indagini, ove risulti che le intercettazioni venivano autorizzate ab origine per il reato associativo . 1.6. Un discorso diverso deve essere fatto quanto ai decreti di proroga, in relazione ai quali deve essere ribadito il principio più volte affermato da questo Giudice di legittimità, alla stregua del quale la motivazione dei decreti di proroga può essere ispirata anche a criteri di minore specificità rispetto alle motivazioni del decreto di autorizzazione, potendosi anche risolvere nel dare atto della constatata plausibilità delle ragioni esposte nella richiesta del pubblico ministero Sez. U, n. 17 del 21/06/2000, Primavera e altri, Rv. 21666401 da ultimo, Sez. 4, n. 16430 del 19/03/2015, Caratozzolo, Rv. 263401 . 1.7. Conclusivamente, la sentenza impugnata deve essere annullata per difetto di motivazione in ordine alla dedotta inutilizzabilità degli esiti delle intercettazioni telefoniche ed ambientali per difetto di motivazione dei decreti autorizzativi, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Roma per un nuovo giudizio sul punto. Il Giudice di rinvio dovrà verificare se, considerate unitariamente la sintetica motivazione svolta dal Gip nei vari decreti autorizzativi ed il contenuto degli atti richiamati negli stessi decreti richieste del P.M. e relazioni di P.G. , sia possibile ritenere soddisfatto l’onere di motivazione con riguardo a ciascuno dei presupposti delle intercettazioni, id est dei gravi indizi di reato e dell’indispensabilità dell’intercettazione ai fini della prosecuzione delle indagini, in relazione a ciascuna delle diverse utenze sottoposte a monitoraggio presupposti declinati in termini di mera sufficienza degli indizi ed utilità investigativa ove le captazioni risultassero essere state autorizzate ab origine ai sensi dell’art. 13 d.l. 13 maggio 1991, n. 152, convertito Con legge 12 luglio 1991, n. 203 . 2. L’annullamento della sentenza per difetto di motivazione sulla questione concernente l’utilizzazione delle risultanze delle intercettazioni telefoniche giova anche agli altri imputati che non hanno dedotto tale specifico motivo. 2.1. Come questa Corte ha più volte affermato, l’inutilizzabilità degli esiti delle operazioni captative derivante dall’inosservanza dell’obbligo di motivazione dei decreti autorizzativi delle intercettazioni integra un’inutilizzabilità del risultato delle intercettazioni avente carattere assoluto, perché derivante dalla violazione dei diritti fondamentali della persona tutelati dalla Costituzione Sez. 3, n. 15828 del 26/11/2014 - dep. 2015, Solano Abreu e altri, Rv. 263342 . Ne discende che il motivo con il quale sia dedotta l’inutilizzabilità degli esiti delle intercettazioni telefoniche - sui quali si fondi il giudizio di responsabilità dei concorrenti in un medesimo reato - giova anche agli imputati che non abbiano proposto ricorso, o che abbiano proposto un ricorso originariamente inammissibile, o ancora che al ricorso abbiano successivamente rinunciato, trattandosi di motivo non esclusivamente personale che rende operante l’effetto estensivo dell’impugnazione Sez. U, n. 30347 del 12/07/2007, Aguneche ed altri, Rv. 236756 da ultimo, Sez. 6, n. 1940 del 03/12/2015 - dep. 19/01/2016, Aresu e altri, Rv. 266686 . 2.2. In applicazione dei suddetti principi di diritto, ritenuta fondata l’eccezione processuale de qua - per le ragioni sopra esposte -, la sentenza in disamina deve essere annullata con rinvio nei confronti di tutti i ricorrenti, dal momento che - per quanto dato atto dagli stessi Giudici della cognizione - gli esiti delle conversazioni intercettate costituiscono la principale fonte di prova a carico di tutti gli imputati, sicché del motivo - fondatamente - proposto da R. , G. e P. non possono non giovarsi anche gli altri ricorrenti che pur non hanno dedotto l’eccezione. In particolare, l’effetto estensivo deve ritenersi operante tanto a favore di F. e M. , i quali hanno mosso censure nel motivo da ciascuno di essi proposto, sintetizzato sub punti 4 e 8 del ritenuto in fatto del tutto generiche - e dunque inammissibili - in merito al giudizio di penale responsabilità espresso a loro carico con le sentenze di primo e di secondo grado quanto a vantaggio di C. , che - nel contestare la ritenuta integrazione del reato associativo e dei singoli episodi di narcotraffico a lui ascritti - ha riproposto rilievi già dedotti in appello, senza confrontarsi con le esaustive risposte date dalla Corte territoriale, sollecitando uno scrutinio non praticabile nella sede di legittimità a fronte della linearità, completezza e ragionevolezza delle considerazioni svolte dai Giudici di merito. 3. Gli ulteriori motivi sono assorbiti. Nondimeno, giudica la Corte necessario fissare sin d’ora alcuni punti fermi in relazione agli ulteriori rilievi mossi dai ricorrenti, per l’ipotesi in cui il Giudice di rinvio, stimati utilizzabili gli esiti delle intercettazioni telefoniche, ribadisca il giudizio di penale responsabilità a loro carico. 4. Va ribadita l’insindacabilità nella sede di legittimità di motivi che tendano - anziché a rilevare vizi riconducibili a violazione di legge ovvero a vizi della motivazione riportabili all’art. 606, lett. e , cod. proc. pen. - a sollecitare una rilettura delle prove in quanto ritenuta più plausibile di quella recepita in sentenza, dovendo la Corte di legittimità limitarsi a ripercorrere l’iter argomentativo svolto dal giudice di merito per verificare la completezza e l’insussistenza di vizi logici ictu oculi percepibili, senza possibilità di valutare la rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali ex plurimis Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074 . Tale considerazione vale, in linea generale, per tutti i motivi di merito dedotti dai ricorrenti C. sub punti 3.1 e 3.2 R. sub punto 5.2 G. sub punto 6.2 P. sub punto 7.2 del considerato in diritto . 5. Con riguardo all’imputazione associativa sub capo 1 , va rilevato che - contrariamente a quanto argomentato dai ricorrenti - ai fini della integrazione del delitto ex art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, come delle altre fattispecie associative previste dal nostro sistema penale, non è richiesto che taluno dei sodali ricopra un ruolo apicale. Nelle geometrie variabili con cui possono presentarsi nella prassi le compagini criminali, è invero certamente possibile che i vari appartenenti al gruppo si pongano su di un piano di parità nel gestire l’apparato organizzativo di uomini e di mezzi ai fini della realizzazione del programma criminale. D’altra parte, avendo riguardo alla stessa struttura della norma incriminatrice, la veste di capo, promotore e organizzatore non delinea un elemento costitutivo della fattispecie, ma vale soltanto ad aggravare la condotta di partecipazione all’associazione, in quanto - per ovvie ragioni - connotata da maggior disvalore sociale. A ciò si aggiunga che, come questo Giudice di legittimità ha più volte affermato, per la configurabilità dell’associazione dedita al narcotraffico, non è richiesta la presenza di una complessa e articolata organizzazione dotata di notevoli disponibilità economiche, ma è sufficiente l’esistenza di strutture, sia pure rudimentali, deducibili dalla predisposizione di mezzi, per il perseguimento del fine comune, create in modo da concretare un supporto stabile e duraturo alle singole deliberazioni criminose, con il contributo dei singoli associati Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, P.G., Corso e altri, Rv. 25816501 . Infine, va evidenziato che, anche il coinvolgimento in un solo reato-fine può integrare l’elemento oggettivo della partecipazione all’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, là dove le connotazioni della condotta dell’agente, consapevolmente servitosi dell’organizzazione per commettere il fatto, ne riveli, secondo massime di comune esperienza, un ruolo specifico in funzione delle dinamiche operative e della crescita criminale dell’associazione Sez. 6, n. 1343 del 04/11/2015 - dep. 2016, Policastri, Rv. 26589001 . 6. Quanto poi alle censure concernenti le violazioni di cui all’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, sempre in linea di principio, va osservato che la prova delle condotte di narcotraffico può bene essere tratta dai soli esiti del monitoraggio delle conversazioni. Ed invero, per un verso, costituisce regula iuris ormai pacifica quella secondo la quale la prova dei reati di traffico e di detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti può essere desunta non soltanto dal sequestro o dal rinvenimento delle sostanze, ma anche da altre fonti probatorie quali, come nel caso di specie, il contenuto di intercettazioni v. da ultimo Sez. 2, n. 19712 del 06/02/2015, Alota e altri, Rv. 26354401 Sez. 3, n. 14954 del 02/12/2014 - dep. 2015, Carrara ed altri, Rv. 26304301 . Per altro verso, è altrettanto pacifico che le risultanze delle iXntercettazioni non richiedono di riscontri esterni allorché siano connotate da un linguaggio chiaro ed inequivoco v. Sez. 6, n. 3882, del 4/11/2011 - dep. 2012, Annunziata, Rv. 251527 . 7. Con riguardo al motivo dedotto da G. concernente l’omesso riconoscimento dell’ipotesi prevista dall’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, risulta conforme a ragionevolezza l’osservazione della Corte distrettuale secondo la quale il riconoscimento della sussistenza dei presupposti di siffatta fattispecie non possa trarsi implicitamente dall’errore commesso dal primo giudice nella determinazione della pena-base, là dove ha applicato il trattamento sanzionatorio del comma 5 del citato art. 73, anziché quello del comma 1 nelle pagine 29 e 30 . 8. Coglie invece nel segno la deduzione con quale M. ha eccepito il vizio di motivazione in merito al denegato riconoscimento dell’ipotesi delineata nel comma 5 dell’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309. Sebbene la prova dell’attività di narcotraffico possa essere tratta dal contenuto delle intercettazioni anche in mancanza di sequestri di sostanza richiamate le considerazioni già sopra svolte sub punto 6 , in assenza - nei dialoghi intercettati - di riferimenti chiari e certi alla qualità ed alla quantità dello stupefacente, il decidente è tenuto ad esplicitare le ragioni per le quali, a suo giudizio, le modalità e le circostanze del fatto impediscano di inquadrare la fattispecie concreta nell’ipotesi cd. lieve. Profilo rispetto al quale la Corte territoriale ha omesso di svolgere una motivazione adeguata. 9. Infine, quanto alla censura mossa da R. concernente la motivazione sui singoli aumenti di pena per la continuazione sub punto 5.2. , come notato anche dal Procuratore generale in udienza, sulla materia si registrano nella giurisprudenza di legittimità indirizzi ermeneutici difformi. 9.1. Secondo un primo indirizzo ermeneutico, in tema di determinazione della pena nel reato continuato, non sussiste obbligo di specifica motivazione per ogni singolo aumento, èssendo sufficiente indicare le ragioni a sostegno della quantificazione della pena-base Sez. 5, n. 29847 del 30/4/2015, Del Gaudio, Rv. 264551 Sez. 2, n. 49007 del 16/9/2014, lussi, Rv. 261424 . In particolare, la Corte ha affermato che il consolidamento della progressione criminosa che viene effettuato con il riconoscimento del vincolo della continuazione consente di ritenere giustificati gli aumenti per i reati satellite con i parametri indicati per la determinazione del reato principale Sez. 2, n. 4707 del 21/11/2014, dep. 2015, Di Palma, Rv. 262313 . 9.2. In senso contrario, si è stabilito che, in tema di quantificazione della pena a seguito di riconoscimento della continuazione tra diversi reati, il giudice è tenuto a fornire una congrua motivazione non solo in ordine alla individuazione della pena base, ma anche all’entità dell’aumento ex art. 81, cpv., cod. pen., specie quando questo, pur contenuto nel limite massimo stabilito dalla legge, determini una sperequazione nel trattamento sanzionatorio per le medesime fattispecie di reato Sez. 1, n. 21641 del 08/01/2016, Lendano, Rv. 266885 Sez. 5, n. 16015 del 18/2/2015, Nuzzo, Rv. 263591 Sez. 4, n. 28139 del 23/06/2015, Puggillo, Rv. 26410101 . 9.3. Giudica il Collegio quest’ultimo orientamento interpretativo senza dubbio preferibile, in quanto naturale corollario del principio fissato dalle Sezioni Unite in tema di commisurazione della pena per la continuazione, là dove hanno dichiarato la nullità della sentenza con cui la pena complessiva sia determinata senza alcuna indicazione della pena stabilita per ciascun reato, sia di quella per il reato più grave, sia dell’aumento per la continuazione per ciascun reato-satellite Sez. U, n. 7930 del 21/4/1995, Zouine, Rv. 201549 . Principio più volte ribadito da questa Corte nel suo più ampio consesso Sez. U, n. 25956 del 26/3/2009, Vitale, Rv. 243589 Sez. U, n. 25939 del 28/02/2013, Ciabotti, Rv. 255347 Sez. U, n. 22471 del 26/2/2015, Sebbar, Rv. 263717 . Ritiene il Collegio che, se sussiste un obbligo per il giudice di specificare gli aumenti applicati per ciascuno dei reati in continuazione, esso non possa non presupporre che il giudice dia conto, sia pure sinteticamente, delle decisioni assunte su ogni aspetto dell’esercizio del suo potere discrezionale, ivi compresa la determinazione dell’aumento di pena per i singoli reati-satellite solo garantendo la conoscibilità dei criteri utilizzati e dell’iter seguito dal giudice per determinare gli aumenti per ciascun reato-satellite è, difatti, possibile rendere effettivi la successiva verifica in merito alla congruità della commisurazione della pena da parte del giudice del gravame nonché l’eventuale controllo di legittimità circa la non arbitrarietà o manifesta irragionevolezza della pena inflitta. Onere che diventa ancor più stringente allorquando, in relazione gli aumenti applicati in relazione ai diversi reati in continuazione, si evidenzi - come appunto nella specie - una sperequazione nel trattamento sanzionatorio per medesime fattispecie di reato. 9.4. In ossequio al principio sopra delineato, il Giudice di rinvio - qualora ritenga utilizzabili i risultati delle intercettazioni e confermi nei confronti di R. il giudizio di penale responsabilità che su di essi poggia nonché l’applicazione dell’istituto della continuazione dovrà dare conto dei criteri utilizzati nella determinazione degli aumenti di pena per ciascuno dei reati-satellite. P.Q.M. annulla la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma per nuovo giudizio.