Violazione arresti domiciliari: l’interrogatorio di garanzia resta escluso anche dopo l’introduzione della clausola di lieve entità

Anche all’indomani della modifica introdotta dalla l. n. 47/2015 all’art. 276, comma 1-ter, c.p.p. in tema di tema di violazione delle prescrizioni inerenti ad una misura cautelare, l’interrogatorio di garanzia non risulta necessario in caso di sostituzione della misura degli arresti domiciliari con quella della custodia in carcere.

È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nella pronuncia n. 47931 del 5 ottobre 2016, depositata l’11 novembre 2016. Il caso. Il Tribunale di Caltanissetta, in funzione di giudice di appello cautelare, rigettava l’impugnazione avverso la misura custodiale in carcere, quale aggravamento della pregressa misura degli arresti domiciliari cui era sottoposto l’istante. Veniva lamentato, in particolare, l’omesso interrogatorio di garanzia di cui all’art. 294 c.p.p. che, all’indomani della nuova formulazione dell’art. 276 comma 1- ter c.p.p. così come risultante dalla modifica apportata dalla Legge n. 47/2015 che ora prevede la revoca della misura degli arresti domiciliari e l’applicazione della custodia in carcere in caso di trasgressione del divieto di allontanarsi dall’abitazione salvo che il fatto risulti di lieve entità, elemento non presente nella formulazione precedente , risulterebbe necessario. Ciò in quanto, secondo il ricorrente, con l’inserimento della clausola di salvezza, il legislatore, facendo venire meno l’automatico aggravamento della misura, avrebbe optato per la diversa strada della valutazione discrezionale del giudice, da cui deriverebbe la necessità di sentire il soggetto violatore. La Cassazione ha dichiarato infondato il ricorso. Aggravamento della misura e interrogatorio di garanzia due istituti, due funzioni. La Corte nel rigettare il ricorso avalla l’orientamento prevalente in materia inaugurato con la sentenza a Sezioni Unite n. 4932/2009. In particolare, viene fatta leva sulla diversità ontologica dell’interrogatorio di garanzia di cui all’art. 294 c.p.p. rispetto all’istituto dell’aggravamento della misura previsto dall’art. 276 c.p.p. il primo è diretto a verificare se permangono le condizioni di applicabilità della misura, ed in particolare la gravità indiziaria, la quale potrebbe essere stata scalfita dalle dichiarazioni difensive della persona sottoposta alle indagini ovvero imputata laddove sia già stata esercitata l’azione penale l’art. 273, comma 1, sancisce, infatti, che nessuno può essere sottoposto a misure cautelari se a suo carico non sussistono gravi indizi di colpevolezza , e la persistenza di almeno una delle esigenze cautelari elencate tassativamente nell’art. 274 c.p.p. che potrebbe essere venuta meno . Differentemente, invece, nelle ipotesi previste dall’art. 276 c.p.p., i presupposti per l’applicazione delle misure cautelari appena citati non vengono messi in discussione. In questi casi, infatti, residua solo l’aspetto della adeguatezza della misura stessa, e la persona nei cui confronti sia stato disposto l’aggravamento potrà, al più, diversamente tutelarsi mediante la proposizione dei mezzi ordinari di impugnazione appello ovvero ricorso per cassazione . La portata non innovativa della clausola di lieve entità. Con particolare riferimento al comma 1- ter dell’art. 276 c.p.p., la cui nuova formulazione, giova ripeterlo, esclude l’automatica sostituzione della misura inframuraria in quella più grave della custodia in carcere laddove la trasgressione del divieto di allontanamento risultasse essere connotata da lieve entità, la Corte opta per una interpretazione letterale-sistematica della disposizione da un lato la norma, ora come allora, non prevede l’adempimento di cui all’art. 294 c.p.p. in tema di interrogatorio di garanzia, ma bensì solo la modificazione di una misura cautelare quale conseguenza di inosservanze operate dal soggetto sottoposto alla stessa dall’altro, l’inciso aggiunto dall’intervento riformativo del 2015, vale a delimitare l’ambito delle eccezioni alla regola della sostituzione automatica della misura degli arresti domiciliari con quella più grave della custodia in carcere. Inoltre, la giurisprudenza costituzionale ex multis ordinanza 6 marzo 2002 n. 40 ha più volte ribadito che, così come accade per i casi rientranti nel primo comma in cui viene utilizzato il verbo potere” in riferimento alla sostituzione o cumulo di tutte le misure cautelari , anche nelle ipotesi sussumibili nel comma 1ter dell’art. 276 c.p.p. al giudice cautelare è dato il compito di verificare e di apprezzare se la condotta di trasgressione presenti quei caratteri di incisività e lesività tali da integrare quella violazione che la norma pone come presupposto e fondamento per la sostituzione, in modo tale da operare una valutazione concreta del disvalore della condotta di trasgressione, di talché la modifica introdotta dalla riforma del 2015 non implicherebbe affatto un allontanamento dall’orientamento interpretativo costante in materia. In definitiva, si ribadisce, che anche all’indomani delle modifiche apportate all’art. 276 comma 1- ter c.p.p. in caso di trasgressione al divieto di allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora da parte del soggetto nei cui confronti è stata disposta la misura degli arresti domiciliari, l’intervenuto aggravamento con la custodia cautelare in carcere non impone l’esperimento dell’interrogatorio di garanzia e, in difetto, l’inefficacia della misura.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 5 ottobre – 11 novembre 2016, n. 47931 Presidente Vecchio – Relatore Cairo Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 24 maggio 2016 il Tribunale di Caltanissetta, in funzione di giudice d’appello cautelare, rigettava l’impugnazione proposta da R.M. , sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere, giusta ordinanza in data 4 maggio 2016 - emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Gela in aggravamento della misura pregressa, cui l’istante era sottoposto - impugnazione finalizzata ad ottenere la declaratoria d’inefficacia, per omesso interrogatorio dell’indagato. Osservava il giudice a quo che, sebbene fosse stato modificato l’art. 276 comma 1 ter cod. proc. pen. permanevano inalterate le ragioni poste a fondamento della decisione delle Sezioni Unite di questa Corte, nr. 4932/2008. La norma indicata era, invero, rimasta immutata nella parte in cui prevedeva come doverosa l’adozione del provvedimento di aggravamento nel caso in cui la trasgressione commessa dal soggetto agli arresti domiciliari fosse stata quella di non allontanarsi dalla propria abitazione. Del resto, non v’era obbligo di procedere ad interrogatorio in caso di aggravamento della misura e la valutazione sulla entità della violazione era rimessa alla valutazione del giudice procedente. Il soggetto avrebbe avuto ampi poteri di dolersi delle eventuali erronee valutazioni con lo strumento dell’appello. 2. Ricorre per cassazione R.M. a mezzo del difensore di fiducia e deduce le seguenti ragioni. Lamenta la violazione di legge e il vizio di motivazione. La difesa aveva, in particolare, rappresentato che la modifica introdotta all’art. 276 comma 1-ter cod. proc. pen., per effetto dell’art. 5 legge 16 aprile 2015, n. 47, aveva previsto la sostituzione della misura degli arresti domiciliari con la custodia in carcere salvo che il fatto fosse di lieve entità, elemento non previsto nella formulazione iniziale e che incideva sulla necessità dell’interrogatorio di garanzia. L’istituto previsto dall’art. 294 cod. proc. pen. era diretto a verificare se permanessero le condizioni di applicabilità della misura ed in particolare la gravità indiziaria e il quadro connesso alle esigenze cautelari ed alla adeguatezza della misura. Si trattava, pertanto, di un adempimento che avrebbe consentito alla persona sottoposta alla misura cautelare di prospettare le ragioni difensive ed al giudice di valutare globalmente l’esistenza dei presupposti per mantenere la misura. L’inserimento della clausola di salvezza, relativa alla circostanza che il fatto fosse di lieve entità, avrebbe messo in discussione, a giudizio della difesa, la ricostruzione che riteneva non necessario l’interrogatorio di garanzia in caso di aggravamento della misura cautelare per la violazione del divieto di allontanarsi dalla propria abitazione. Ciò perché mentre il testo della precedente disposizione rendeva automatico l’aggravamento stesso, il testo della nuova disposizione apriva ad una valutazione, rimessa al giudice e su cui occorreva, comunque, sentire il soggetto che aveva posto in essere la violazione. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e va respinto. 1.1. Come già ricordato dal giudice del provvedimento impugnato, nell’ipotesi di aggravamento delle misure cautelari personali a seguito della trasgressione alle prescrizioni imposte, il giudice non deve procedere all’interrogatorio di garanzia in alcuno dei casi contemplati dall’art. 276, commi 1 e 1-ter, cod. proc. pen. Cass., S.U, n. 4932 del 4/2/2009, Giannone, Rv 242028 da ultimo, Cass., n. 5162 del 14/1/2014 . Contro il provvedimento di sostituzione della misura cautelare è consentito l’appello al Tribunale del riesame, il cui procedimento si svolge nelle forme previste dall’art. 127 cod. proc. pen. art. 310 cod. proc. pen. . L’interessato ha diritto all’avviso e può comparire personalmente all’udienza. In quella sede egli può rendere, ove lo ritenga, tutte le dichiarazioni utili alla difesa. Nessuna violazione è, pertanto, collegabile al fatto che non sia stato eseguito l’interrogatorio. Questa Corte ha affrontato la questione ribadendo che non risultano applicabili, in caso di aggravamento della misura, le disposizioni di cui agli artt. 294 e 302 cod. proc. pen. Sez. 5, Sentenza n. 16743 del 5-2-2016 dep.21-4-2016 Sez. 6, Sentenza n. 26576 del 3 maggio 2016 depositata il 24-6-2016 . 1.2. Gli orientamenti indicati risultano validi anche all’indomani della modifica introdotta all’art. 276 comma 1-ter cod. proc. pen., per effetto dell’art. 5 legge 16 aprile 2015, n. 47. Si è, infatti, prevista la revoca della misura degli arresti domiciliari e l’applicazione della custodia in carcere, in caso di trasgressione al divieto di allontanarsi dall’abitazione, salvo che il fatto risulti di lieve entità. L’inciso, non contemplato nella formulazione originaria della disposizione, integra, a giudizio del ricorrente, l’elemento di novità che indurrebbe il superamento dell’orientamento giurisprudenziale segnalato, di guisa che risulterebbe, appunto, necessario l’interrogatorio di garanzia , nelle ipotesi d’aggravamento della misura. 1.3. L’art. 276 cod. proc. pen. disciplina i casi di trasgressione alle prescrizioni inerenti ad una misura cautelare e prevede al primo comma che il giudice possa disporre la sostituzione o il cumulo con altra più grave. Il comma 1-ter della medesima disposizione, per la persona che si trovi agli arresti domiciliari, attribuisce al giudice il potere di disporre, di converso, la revoca della misura e la sua sostituzione con la custodia in carcere, nel caso di trasgressione al divieto di allontanarsi dal luogo dove la persona stessa sia ristretta, salva l’ipotesi della lieve entità della violazione. L’inciso da ultimo indicato, segna, secondo quanto si è anticipato, l’ambito materiale delle eccezioni alla regola di sostituzione automatica della misura di autocontrollo domiciliare e risulta a regime per effetto dell’inserimento operato dall’art. 5 della legge 16 aprile 2015, n. 47. Deriva, pertanto, che i casi previsti dal primo comma in cui l’aggravamento si qualifica come discrezionale e quelli previsti dal comma 1-ter - in cui il giudice era inizialmente obbligato a disporre l’applicazione della più grave misura custodiale risultano oramai e de iure condito sostanzialmente equiparati, sotto il profilo dell’ambito valutativo giurisdizionale. È, infatti, riservata al giudice una verifica sulla entità della trasgressione, sia nelle ipotesi di cui all’art. 276 comma 1 cod. proc. pen., che in quelle di cui al comma 1-ter della norma testé richiamata. Anche in questi casi, invero, può escludersi l’aggravamento al cospetto di violazioni che assumano profili di lieve entità . 1.4. Le Sezioni Unite di questa Corte avevano già spiegato, occupandosi del testo previgente della disposizione, che la necessità o meno dell’interrogatorio di garanzia non potesse derivare, tuttavia, dalla natura obbligata o meno dell’aggravamento, rispettivamente contemplato ai commi 1-ter e 1 dell’art. 276 cod. proc. pen Si era, infatti, escluso che, in ragione dell’evocato automatismo nell’aggravamento stesso, si potesse ritenere superfluo l’adempimento dell’interrogatorio di garanzia e che lo si dovesse, contrariamente, postulare necessario, nei casi in cui la sostituzione fosse stata rimessa ad una valutazione discrezionale giudiziale, sull’entità della violazione. Se avesse colto nel segno la tesi secondo cui, nei casi di cui all’art. 276 comma 1 cod. proc. pen., l’interrogatorio era necessario, non vi sarebbe stata ragione logica per escluderlo anche nelle ipotesi di allontanamento dal luogo degli arresti domiciliari, contemplate dall’art. 276 comma 1-ter cod. proc. pen La stessa giurisprudenza aveva avuto, infatti, modo di attenuare la portata dell’automatismo indicato, chiarendo - come a breve si dirà - che anche in ipotesi siffatte spettasse al giudice una verifica sulla concreta lesività della condotta d’inosservanza. 2. Ciò posto, deve ribadirsi che, anche all’indomani della modifica apportata dall’art. 5 della legge 16 aprile 2015, n. 47, l’interrogatorio di garanzia non risulta necessario, in caso di sostituzione della misura degli arresti domiciliari con quella della custodia in carcere. L’adempimento non è, infatti, previsto dall’art. 276 cod. proc. pen., norma con connotati specializzanti e che, nella vicenda dinamica della misura cautelare, ne segna il particolare e possibile statuto modificativo, al cospetto delle ipotesi di trasgressioni, operate dal soggetto ad essa sottoposto. Il sistema prevede, del resto, specificamente i casi in cui, nella fase esecutiva del controllo cautelare, vi sia obbligo di rinnovare l’interrogatorio. Rilevano, in questa logica, e dopo l’esecuzione della misura art. 299 comma 3 ter cod. proc. pen. i casi di revoca o sostituzione della cautela, allorquando l’istanza sia fondata su elementi nuovi o diversi. In queste ipotesi l’interrogatorio è costruito come strumento e passaggio obbligatorio nel confronto cautelare. L’art. 302 cod. proc. pen., ancora, prevede l’obbligo di interrogatorio per emettere una nuova misura, per perenzione di quella precedentemente applicata, divenuta inefficace, per omesso confronto con il destinatario della misura stessa, che non risulti essere stato interrogato, ai termini dell’art. 294 cod. proc. pen L’interrogatorio di garanzia previsto dall’art. 294 cod. proc. pen., allora, è istituto cui l’Ordinamento attribuisce scopo e funzione predefinita e che risulta diretto a verificare se permangano le condizioni strutturali di applicabilità della misura, nella fase immediatamente successiva alla sua esecuzione, sul piano della gravità indiziaria e delle esigenze cautelari. In esito all’interrogatorio, viene anche valutata l’adeguatezza della misura applicata e la congruenza di quel controllo rispetto alla tipologia delle esigenze che si palesano nel caso concreto. L’aggravamento per trasgressione alle prescrizioni imposte si caratterizza, di converso, di connotazioni del tutto peculiari, che ne segnano l’autonomia concettuale, interferendo sul piano del solo e limitato aspetto afferente l’adeguatezza della misura cautelare. D’altro canto, neppure nel caso indicato di aggravamento delle esigenze il codice di rito prevede espressamente l’interrogatorio della persona cui sia stata applicata la misura più grave ovvero che risulti sottoposta ad una forma di controllo con modalità più gravose art. 299 comma 4 cod. proc. pen. . Il destinatario dell’intervento cautelare in personam , ha specifica tutela attraverso gli ordinari mezzi di impugnazione previsti appello e ricorso in cassazione al cospetto del diniego della revoca eventuale. La legge 16 aprile 2015, n. 47 che ha inserito le ipotesi di lieve entità - come limite all’esercizio dei poteri di aggravamento - a ben vedere, non ha, in realtà, effettivamente innovato il testo dell’art. 276 comma 1-ter cod. proc. pen. Piuttosto, risulta aver tipizzato, tra i casi di esclusione dell’aggravamento, una categoria che, per certi versi, era entrata a far parte del profilo materiale della disposizione stessa, già all’indomani dell’interpretazione datane dalla Corte costituzionale ordinanza 6 marzo 2002 n. 40 . In quella occasione si era chiarito all’interprete che, anche nel caso previsto dal comma 1-ter dell’art. 276 cod. proc. pen., il fatto idoneo a giustificare la sostituzione della misura potesse essere apprezzato dal giudice in tutte le sue connotazioni strutturali e finalistiche, per verificare se la condotta di trasgressione in concreto realizzata presenti quei caratteri di effettiva lesività alla cui stregua rimane integrata la violazione che la norma impugnata assume a presupposto della sostituzione . Questo principio, recepito dalla giurisprudenza successiva di legittimità, si era tradotto nelle applicazioni quotidiane e si era richiesta la necessità d’una valutazione, in concreto, del disvalore della condotta di trasgressione così Cass., sez. VI, 18 febbraio 2008 n. 21487, Moccia, rv. 240065 nello stesso senso v. altresì sez. VI, 19 dicembre 2007 n. 5690, Mastrovito, rv. 238734 . Da ciò deriva chiaramente e viepiù la conclusione che la modifica introdotta al testo normativo più volte richiamato sia meno rilevante di quanto si tenda ad evidenziare in ricorso e come, soprattutto, non implichi affatto le conseguenze che si pretende di ritrarne, postulando il superamento del precedente orientamento giurisprudenziale. Va, pertanto ribadito, allora, che anche all’indomani delle modifiche apportate all’art. 276 comma 1-ter cod. proc. pen. dall’art. 5 della legge 16 aprile 2015, n. 47 - in caso di trasgressione al divieto di allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora da parte del soggetto ristretto in regime di arresti domiciliari l’intervenuto aggravamento con la custodia cautelare in carcere non impone l’interrogatorio di garanzia e, in difetto, l’inefficacia della misura. 3. Alle considerazioni svolte consegue il rigetto del ricorso con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’articolo 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen