Affidamento in prova di un tossicodipendente: quando ne è ammessa l’esclusione

L’art. 94 d.P.R. 309/90 prevede che il Tribunale possa respingere l’istanza di affidamento in prova in casi particolari in due ipotesi, analizzate dalla Corte di Cassazione nel caso di specie.

Così la Cassazione con la sentenza n. 47940/16 dell’11 novembre. Il caso. Il Tribunale di Sorveglianza rigettava l’istanza di affidamento in prova ex art. 94 d.P.R. n. 309/90 e di detenzione domiciliare avanzate dal condannato per rapina aggravata ed altri reati e in detenzione domiciliare ex art. 656, comma 10, c.p.p La ragione della decisione ruotava intorno al fatto che il Tribunale non poteva escludere contatti con la criminalità organizzata, e sussisteva il fondato dubbio che la commissione di reati non fosse esclusivamente conseguenza della tossicodipendenza, ma anche del desiderio di provare emozioni dal crimine, trattandosi di soggetto appartenente a famiglia agiata. Bisognava dunque sperimentare la personalità del reo prima in un percorso intramurario, soprattutto per appurare se la sua pericolosità fosse conseguenza della sua tossicodipendenza. Il condannato ricorre per cassazione, ricordando di trovarsi nelle condizioni di cui all’art. 89 d.P.R. n. 309/90, essendo stato rilasciato certificato di tossicodipendenza e di idoneità del programma terapeutico da parte della ASL e lamenta che l’ordinanza non aveva preso in analisi la serietà del programma terapeutico predisposto, disponendone l’interruzione. L’istanza di affidamento in prova. Il ricorso è fondato. L’art. 94 d.P.R. 309/90 prevede che, pur in presenza delle certificazioni previste, il Tribunale possa respingere l’istanza di affidamento in prova in casi particolari in due ipotesi art. 94, cit., comma 3, quando accerta che lo stato di tossicodipendenza o l’esecuzione del programma di recupero sono preordinati al conseguimento del beneficio e, comma 4, quando ritiene che il programma di recupero e le prescrizioni non contribuiscano al recupero del condannato e non assicurino la prevenzione del pericolo che gli commetta altri reati. Le emozioni” del condannato. Nel caso di specie, lo stato di tossicodipendenza è ammesso espressamente dall’ordinanza, ma l’istanza del condannato viene rigettata per la gravità delle modalità esecutive dei reati, per l’impossibilità di escludere rapporti con la criminalità organizzata e per le emozioni” che il condannato proverebbe e che lo porterebbero alla commissione dei reati. Il Tribunale, però, non chiarisce affatto quale sia la fonte di questo dubbio la famiglia agiata” non comporta che lui abbia la disponibilità di tutto il denaro necessario per acquistare la droga, e, comunque, viene fatto cenno nello stesso provvedimento ad un problema familiare di tossicodipendenza. Il Tribunale non aggiunge altro sarebbe invece stato necessario giungere ed affermare che il programma terapeutico non era idoneo a recuperare il condannato o a prevenire il pericolo di commissione di altri reati. Questa valutazione manca del tutto, piuttosto è presente l’affermazione che la personalità del reo vada vagliata” e messa alla prova dalla durezza del percorso intramurario, sperimentazione” che, però, è un criterio di valutazione diverso da quelli indicati dal legislatore. L’ordinanza viene annullata con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 11 ottobre – 11 novembre 2016, n. 47940 Presidente Siotto – Relatore Rocchi Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Sorveglianza di Ancona rigettava le istanze di affidamento in prova ai sensi dell'art. 94 d.P.R. 309 del 1990 e di detenzione domiciliare avanzate da M.D., condannato per rapina aggravata ed altri reati e in detenzione domiciliare ex art. 656, comma 10 cod. proc. pen Il Tribunale osservava che non era possibile escludere contatti con la criminalità organizzata, come dimostrava il coinvolgimento del condannato in inchieste per traffico di sostanze stupefacenti, e che sussisteva il fondato dubbio che la commissione di reati non fosse esclusivamente conseguenza della tossicodipendenza, ma anche del desiderio di provare emozioni dal crimine, trattandosi di soggetto appartenente a famiglia agiata. In definitiva, il Tribunale riteneva necessario sperimentare la personalità del M. prima in un percorso intramurario, soprattutto al fine di appurare se la sua elevata pericolosità derivasse esclusivamente dalla tossicodipendenza. 2. Ricorre per cassazione il difensore di D.M., deducendo violazione di legge e vizio di motivazione. Il ricorrente ricorda che M. si trova nelle condizioni previste dall'art. 89 d.P.R. 309 del 1990, essendo stato rilasciato certificato di tossicodipendenza e di idoneità del programma terapeutico da parte della ASL e lamenta che l'ordinanza, con una apodittica valutazione concernente i motivi del ricorso al crimine, non aveva preso in alcuna analisi la serietà del programma terapeutico predisposto, disponendone l'interruzione eppure, la scelta della struttura terapeutica era stata effettuata dal SERT della Casa Circondariale di Regina Coeli, a riprova della non strumentalità dei percorso riabilitativo. L'ordinanza aveva valorizzato il coinvolgimento di M. in un'indagine per il delitto di cui all'art. 74 d.P.R. 309 del 1990, senza dare atto che, all'esito del giudizio di primo grado, egli era stato condannato alla modesta pena di anni uno e mesi sei di reclusione per l'ipotesi minore di cui all'art. 74 comma 6 d.P.R. 309 del 1990. In definitiva l'ordinanza eludeva lo spirito delle misure alternative la sua attuazione avrebbe interrotto il percorso terapeutico in atto. 3. Il Procuratore Generale, nella requisitoria scritta, conclude per il rigetto del ricorso. Considerato in diritto Il ricorso è fondato e deve essere accolto. La motivazione dei provvedimento impugnato appare ondivaga e congetturale e non permette di comprendere adeguatamente i motivi dei rigetto delle istanze. L'art. 94 d.P.R. 309 del 1990 prevede che, pur in presenza delle certificazioni previste, il Tribunale possa respingere l'istanza di affidamento in prova in casi particolari in due ipotesi quando accerta che lo stato di tossicodipendenza o l'esecuzione del programma di recupero sono preordinati al conseguimento dei beneficio art. 94, comma 3, d.P.R. 309 dei 1990 e quando ritiene che il programma di recupero e le prescrizioni non contribuiscano al recupero dei condannato e non assicurino la prevenzione dei pericolo che egli commetta altri reati comma 4 . Nel caso in esame, lo stato di tossicodipendenza dei condannato è ammesso espressamente dall'ordinanza, né il Tribunale afferma che esso sia preordinato al conseguimento dei beneficio richiesto tuttavia l'istanza viene rigettata per la gravità delle modalità esecutive dei reati, per l'impossibilità di escludere rapporti con la criminalità organizzata e - parrebbe di comprendere - soprattutto per il dubbio sulle reali motivazioni che spingerebbero M. al crimine provare emozioni . In verità, il Tribunale non chiarisce affatto quale sia la fonte di questo dubbio e perché esso non possa essere risolto il fatto che la famiglia di origine del condannato sia agiata non comporta, di per sé, che egli potesse avere la disponibilità di tutto il denaro necessario per acquistare la droga o, quanto meno, ciò non è affermato nemmeno dall'ordinanza d'altro canto, lo stesso provvedimento fa cenno ad un problema familiare di tossicodipendenza. Ma questo argomento - come si è detto, solo accennato e nemmeno chiarito - non può che essere ricondotto ai criteri di legge quindi il Tribunale avrebbe dovuto giungere ad affermare che il programma terapeutico non era idoneo a recuperare il condannato o a prevenire il pericolo di commissione di altri reati. Questa valutazione manca dei tutto, come esattamente rileva il ricorrente piuttosto, è presente l'affermazione che la personalità di M. debba essere vagliata , messa alla prova dalla durezza dei percorso intramurario solo questa sperimentazione questo è il termine utilizzato dall'ordinanza dovrebbe permettere di valutare adeguatamente il programma di recupero. Si tratta di criteri di valutazione diversi da quelli indicati dal legislatore - che prevede che la misura alternativa possa essere disposta anche senza la previa carcerazione - e, comunque, non chiaramente manifestati. Occorre, quindi, una nuova valutazione, con l'adozione di un provvedimento che segua i criteri indicati dal legislatore ed espliciti le ragioni delle scelte adottate. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Ancona.