Falsa attribuzione di qualifica professionale vs falsa attribuzione di qualità di pubblico ufficiale

Se l’induzione a compiere o subire atti sessuali si realizza traendo in inganno la persona offesa attraverso una falsa attribuzione di una qualifica professionale qualsiasi si risponde del reato di cui all’art. 609-bis c.p. semplice, mentre, se la falsa attribuzione di qualifica consiste nel simulare la qualità di pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio, si risponde del reato di cui all’art. 609-bis c.p. aggravato dall’art. 609-ter c.p

È quanto stabilito dalla S.C. con la sentenza n. 47848/16 depositata l’11 novembre. Il caso. La Corte d’appello, in parziale riforma della sentenza di prime cure, riteneva l’imputato responsabile dei reati di rapina aggravata, di possesso di segni distintivi contraffatti aggravato e di tentativo di abuso sessuale aggravato, concedendo attenuanti generiche in equivalenza alle aggravanti e condannandolo a 3 anni di reclusione e 1000 euro di multa. Ricorre il P.G. presso la Corte d’appello deducendo l’erronea applicazione della legge penale e la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. La sostituzione di persona. La Corte d’appello esclude la sussistenza del reato di cui al capo D abuso sessuale aggravato della rubrica, ritenendo che quanto stabilito nell’art. 609- bis , comma 2, n. 2, c.p. – risponde di violenza sessuale chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali [] traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona – riguardi solo la prima delle condotte di cui all’art. 494 c.p., ossia colui che induce taluno in errore sostituendo illegittimamente la propria all’altrui persona. La S.C. non condivide tale interpretazione. Il legislatore ha infatti, per sinteticità, richiamato nell’art. 609- bis solo il titolo dell’art. 494 c.p., articolo in cui vengono specificate tutte le varie condotte in cui può concretarsi la sostituzione di persona. Da ciò consegue che risponde di violenza carnale chiunque induce taluno a compiere o subire atti sessuali traendo in inganno la persona offesa compiendo una qualsiasi delle condotte indicate nell’art. 494 c.p. nel caso in esame, la condotta consiste nella falsa attribuzione di una qualifica professionale – appartenente alla Polizia di Stato . Nell’art. 609- ter c.p., poi, si legge che la pena è della reclusione da 6 a 12 anni se i fatti di cui all’art. 609- bis c.p. sono commessi [ ] da persona travisata o che simuli la qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio . Interpretando l’art. 609- bis e ter c.p. nel modo corretto, si verifica ciò se l’induzione a compiere o subire atti sessuali si realizza traendo in inganno la persona offesa attraverso una falsa attribuzione di una qualifica professionale qualsiasi si risponde del reato di cui all’art. 609- bis c.p. semplice, mentre, se la falsa attribuzione di qualifica consiste nel simulare la qualità di pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio, si risponde del reato di cui all’art. 609- bis c.p. aggravato dall’art. 609- ter c.p Carenza di motivazione. È effettivamente carente e contraddittoria anche la motivazione in fatto della sentenza impugnata. La S.C. ha infatti già affermato che l’induzione a compiere o subire atti sessuali si realizza quando, con un’opera di persuasione sottile e subdola, l’agente spinge, istiga o convince la persona che si trova in stato di inferiorità ad aderire ad atti sessuali che diversamente non avrebbe compiuto. Ma la Corte territoriale non ha adeguatamente motivato in merito. Per tali ragioni la sentenza viene annullata limitatamente alla sussistenza del reato di cui al capo D con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 23 settembre – 11 novembre 2016, n. 47848 Presidente Cammino – Relatore Iasillo Osserva Con sentenza del 10/03/2015, il G.U.P. dei Tribunale di Torino dichiarò C.E. responsabile dei reati di rapina aggravata capo A , di possesso di segni distintivi contraffatti aggravato capo B ed E , di tentativo di abuso sessuale aggravato capo C e - con le attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti e con la diminuente per la scelta del rito - lo condannò alla pena di anni 3 e mesi 4 di reclusione ed Euro 1.000,00 di multa e lo assolse, perche il fatto non sussiste, per il reato di abuso sessuale aggravato capo D . Avverso tale pronunzia proposero gravame il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino chiedendo la condanna dell'imputato anche per il capo D e l'imputato C.E. chiedendo l'assoluzione per tutti i reati . La Corte d'appello di Torino, con sentenza del 12/01/2016, in parziale riforma della sentenza impugnata riconobbe per il reato di cui al capo C l'ipotesi tentata di cui all'art. 609 bis ultimo comma c.p. dichiarata, unitamente alle già concesse attenuanti generiche in equivalenza alle contestate aggravanti e rideterminò la pena in anni 3 di reclusione ed Euro 1.000,00 di multa. Confermò nel resto la decisione di primo grado. Ricorre per Cassazione il P.G. presso la Corte di Appello di Torino deducendo - in relazione al capo D della rubrica - l'erronea applicazione della legge penale e la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Il ricorrente P.G. conclude, pertanto, per l'annullamento dell'impugnata sentenza. Ricorre per Cassazione C.E. deducendo la mancanza e manifesta illogicità della motivazione. L'imputato conclude, pertanto, per l'annullamento dell'impugnata sentenza. Motivi della decisione 1. Il ricorso del Procuratore Generale è fondato e va, pertanto, accolto. Infatti, la Corte di appello esclude la sussistenza del reato di cui al capo D della rubrica ritenendo, in diritto, che quanto stabilito nell'art. 609 bis, comma 2 n. 2, dei c.p. - risponde di violenza sessuale chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona - riguardi solo la prima delle condotte indicate nell'art. 494 del c.p. e cioè colui che induce taluno in errore sostituendo illegittimamente la propria all'altrui persona. E' evidente che non può condividersi tale interpretazione. Infatti, il legislatore ha, per evidenti motivi di sinteticità, richiamato nell'art. 609 bis del c.p. solo il titolo dell'art. 494 c.p. sostituzione di persona , articolo nel quale si specificano tutte le varie condotte nelle quali può concretarsi la sostituzione di persona. Dunque risponde di violenza carnale chiunque induce taluno a compiere o subire atti sessuali traendo in inganno la persona offesa compiendo una qualsiasi delle condotte indicate nell'art. 494 del c.p. nel caso di cui ci occupiamo la condotta posta in essere consiste nella falsa attribuzione di una qualifica professionale appartenente alla Polizia di Stato . La conferma della fondatezza di quanto sopra si rileva, anche, dal successivo art. 609 ter c.p. circostanze aggravanti . Infatti, al primo comma di tale articolo si legge La pena è della reclusione da sei a dodici anni se i fatti di cui all'art. 609 bis del c.p. sono commessi da persona travisata o che simuli la qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio . La Corte di appello non ha minimamente tenuto conto di quanto stabilito dal predetto articolo 609 ter cod. penale. E' chiaro che se si seguisse l'interpretazione della Corte di merito la induzione a compiere o subire atti sessuali simulando la qualità di pubblico ufficiale dovrebbe, allora, essere considerata figura autonoma di reato. In realtà interpretando l'art. 609 bis e ter c.p. correttamente, si verifica quanto segue se l'induzione a compiere o subire atti sessuali si realizza traendo in inganno la persona offesa attraverso una falsa attribuzione di una qualifica professionale qualsiasi ad esempio fisioterapista o medico si risponde del reato di cui all'art. 609 bis c.p. semplice, se invece la falsa attribuzione di qualifica consiste nel simulare la qualità di pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio si risponde dei reato di cui all'art. 609 bis c.p. aggravato dall'art. 609 ter cod. penale. 1,2. D'altronde questa Corte Suprema ha sempre interpretato in tal senso la normativa sulla violenza carnale. Sia allorchè tale reato era previsto dall'art. 519 del c.p. che al secondo comma n. 4, in modo del tutto simile alla norma attuale, affermava Alla stessa pena soggiace chi si congiunge carnalmente con persona la quale al momento del fatto è stata tratta in inganno, per essersi il colpevole sostituito ad altra persona . Sia nella vigenza dell'art. 609 bis del cod. penale. 1,3. Per quanto riguarda l'abrogato art. 519 del c.p. questa Suprema Corte ha affermato che la violenza carnale e gli atti di libidine violenti commessi secondo le modalità previste dall'art 519 cpv. n 4 cod. pen. realizzano una forma tipica di reato complesso, in quanto la sostituzione di persona cui si riferisce la stessa norma può consistere in una qualsiasi delle azioni previste come reato dall'art 494 cod. pen. e deve ritenersi responsabile del reato di cui agli articolo 521 e 519 n. 4 colui che, attribuendosi falsamente la qualità di medico e affermando di dover procedere ad esame sanitario onde accertare l'idoneità fisica richiesta per un rapporto di lavoro, visiti una ragazza a scopo lascivo si veda, tra le tante, Sez. 3, Sentenza n. 3456 del 20/12/1961 Ud. - dep. 29/01/1962 - Rv. 098785 . 1,4. Per quanto riguarda il vigente art. 609 bis del c.p. questa Suprema Corte ha affermato che il reato di induzione a compiere o subire atti sessuali con l'inganno per essersi il reo sostituito ad altra persona art. 609 bis, comma secondo, n. 2, cod. pen. è integrato anche dalla falsa attribuzione di una qualifica professionale, rientrando quest'ultima nella nozione di sostituzione di persona di cui all'art. 609 bis cod. pen. nella specie il ricorrente aveva convinto la vittima a sottoporsi ad una visita ginecologica tantrica qualificandosi come medico ginecologo, qualifica di cui non era in possesso Sez. 3, Sentenza n. 20578 del 06/05/2010 Cc. - dep. 01/06/2010 - Rv. 247492 . 1,5. Dunque, in quanto sopra esposto non può assolutamente ravvisarsi un'interpretazione analogica in malam partem e dunque contrastante con l'art. 25, comma 2, Cost. , come si afferma a pagina 10 dell'impugnata sentenza. Al massimo potrebbe trattarsi di un'ammessa interpretazione estensiva che non deve necessariamente avere carattere letterale, ma ben può avere carattere teleologico - sistematico si veda sul punto Sez. 3, Sentenza n. 2856 dei 16/10/2013 Ud. - dep. 22/01/2014 - Rv. 258583 . In realtà si tratta di un'interpretazione strettamente legata a quanto espresso letteralmente dal Legislatore e costantemente seguito da questa Corte fin dagli anni '50 richiamo nell'art. 609 bis c.p. dell'intero art. 494 c.p. attraverso il titolo della suddetta norma richiamo ben specificato dalla previsione specifica della simulazione della qualità di pubblico ufficiale di cui all'art. 609 ter c.p. . 2. Si deve, poi, rilevare che è effettivamente carente e contraddittoria anche la motivazione in fatto della sentenza impugnata. Invero, come ben rilevato dal ricorrente, questa Suprema Corte ha affermato che l'induzione a compiere o a subire atti sessuali art. 609 bis, comma secondo, n. 1 cod. pen. si realizza quando, con un'opera di persuasione sottile e subdola, l'agente spinge, istiga o convince la persona che si trova in stato di inferiorità ad aderire ad atti sessuali che diversamente non avrebbe compiuto Sez. 3, Sentenza n. 38787 del 23/06/2015 Ud. - dep. 24/09/2015 - Rv. 264698 concetto di induzione che può, certo, valere anche nel caso di specie art. 609 bis, comma 2 n. 2 . Ora la stessa Corte di appello, a pagina 12 della sua sentenza, dà per scontato la sussistenza di insistenze dell'imputato e, contraddittoriamente, non ne tiene conto per verificare la sussistenza dell'induzione. Inoltre, la Corte di merito dimentica di esaminare la portata di tali insistenze effettuate da chi ha simulato la qualifica di agente della Polizia di Stato l'imputato e gli altri coimputati, come ha riferito la persona offesa, si sono fatti vedere più volte dalla B., hanno mostrato le manette, la falsa placca identificativa della P. di S. ed una pistola . La Corte territoriale, poi, dà peso ad una presunta mancanza di prova che in realtà non vi può essere perché si fonda su una mera ipotesi. Infatti, afferma la Corte di appello che non è provato che, se la B. avesse saputo che C. non era un poliziotto, non avrebbe accettato di avere un rapporto sessuale gratuito . In realtà la B. afferma si veda nota 1 di pagina 12 dell'impugnata sentenza e quanto sostiene il P.G. alle pagine 5 e 6 del ricorso che si determina ad adempiere gratuitamente all'atto sessuale per le insistenze, per l'offerta di protezione e garanzia di sicurezza effettuate da uno che riteneva essere poliziotto nds . Né, infine, il giudice di secondo grado spiega perché nonostante le dichiarazioni della persona offesa non appaia certo che quanto posto in essere dalla persona offesa non sia stato determinato dall'erronea convinzione che il C. fosse un agente della Polizia di Stato. 3. Pertanto si deve annullare la sentenza impugnata dal Procuratore Generale nei confronti di C.E. limitatamente alla sussistenza del reato di cui al capo D con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Torino che si dovrà attenere ai principi di diritto sopra enunciati. 4. Il ricorso di C.E. è privo della specificità, prescritta dall'art. 581, lett. c , in relazione all'art 591 lett. c c.p.p., a fronte delle motivazioni svolte dal giudice di secondo grado, che non risultano viziate da illogicità manifeste e sono esaustive avendo risposto correttamente a tutte le doglianze contenute nell'appello e, in particolare, avendo ben evidenziato le ragioni per le quali ritiene di confermare la condanna del ricorrente si vedano le pagine da 12 a 16 dell'impugnata sentenza . Il ricorrente si limita, invero, ad affermazioni apodittiche e a richiami di astratti principi sulla necessità di motivazione e sulla valutazione delle prove senza indicare le eventuali lacune motivazionali della sentenza o individuare elementi probatori a sostegno della sua tesi. Si deve rilevare, poi, che sul punto il ricorrente non ha evidenziato alcuna illogicità o contraddizione della motivazione, confermando, così, l'assoluta genericità del ricorso. 4,1. Questa Corte ha stabilito, in proposito, che la mancanza nell'atto di impugnazione dei requisiti prescritti dall'art. 581 cod. proc. pen. - compreso quello della specificità dei motivi - rende l'atto medesimo inidoneo ad introdurre il nuovo grado di giudizio ed a produrre, quindi, quegli effetti cui si ricollega la possibilità di emettere una pronuncia diversa dalla dichiarazione di inammissibilità. Cass. pen., sez 1, 22.4.97, Pace, 207648 . 5. Uniformandosi a tale orientamento, che il Collegio condivide, va dichiarata inammissibile l'impugnazione. 5,1. Ne consegue, per il disposto dell'art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrente C. al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.500,00. P.Q.M. In accoglimento del ricorso del Procuratore Generale annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato ascritto al capo D con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Torino per nuovo giudizio sul punto. Dichiara irrevocabile l'affermazione di responsabilità in ordine ai reati ascritti ai capi A, B, C ed E. Dichiara inammissibile il ricorso dell'imputato e lo condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 alla Cassa delle ammende.