Il contratto di leasing e la distrazione dei diritti

In caso di fallimento, qualunque manomissione da parte dell’utilizzatore tale da impedire l’acquisizione del bene alla massa comporta la distrazione non già del bene medesimo, ma dei diritti esercitabili dal fallimento al termine del contratto, determinando altresì per i creditori il pregiudizio derivante dall’inadempimento delle obbligazioni verso il concedente.

Così la Cassazione con la sentenza n. 46713/16 dell’8 novembre. Il caso. Il Tribunale confermava il provvedimento di sequestro preventivo di un’autovettura nel procedimento a carico dell’indagato per il concorso nella distrazione del bene dal patrimonio di una s.r.l. fallita nel 2015. Avverso l’ordinanza ricorre l’indagato deducendo errata applicazione della legge penale, in quanto il Tribunale non avrebbe considerato che il bene asseritamente distratto era stato acquisito dalla fallita a seguito della stipula di un contratto di locazione finanziaria, poi ceduto ad una partecipata al prezzo del riscatto del bene, da cui l’indagato aveva infine acquistato la vettura. Il contratto di leasing. Il contratto di leasing , o locazione finanziaria, è il negozio atipico con cui il concedente, dietro corrispettivo di un canone periodico, concede all’utilizzatore il godimento di un bene, con facoltà di restituirlo al termine prefissato ovvero di riscattarlo” dietro pagamento di una specificata somma residua. La proprietà del bene, in pendenza del termine di durata, rimane in capo al concedente e il relativo trasferimento è solo eventuale in quanto dipende dalla scelta dell’utilizzazione, che sarà effettuata in base ad una valutazione della residua utilità economica della cosa, in rapporto all’ammontare del prezzo di riscatto”. La distrazione. In caso di successivo fallimento, qualunque manomissione da parte dell’utilizzatore tale da impedire l’acquisizione del bene alla massa, comporta la distrazione non già del bene medesimo, ma dei diritti esercitabili dal fallimento al termine del contratto, determinando altresì per i creditori il pregiudizio derivante dall’inadempimento delle obbligazioni verso il concedente. Nel caso di specie ad essere ceduto alla partecipata non è stato il contratto di leasing , bensì direttamente il veicolo che ne costituiva l’oggetto, attraverso il trasferimento del bene dalla formale proprietaria in cambio del versamento alla stessa dalla società interposta del prezzo del riscatto. Dunque è stato ceduto dalla fallita, senza contropartita, l’esercizio del diritto di riscatto sul bene e dopo che quest’ultima aveva pagato tutte le rate del leasing . Il Tribunale ha correttamente ritenuto integrato il fumus del reato contestato, anche alla luce della partecipazione dell’indagato nella gestione delle società coinvolte nella vicenda e dell’acquisto finale del bene da parte del medesimo, nonché del fatto che l’intera operazione è stata realizzata a ridosso del fallimento. Il ricorso è rigettato.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 3 ottobre – 8 novembre 2016, n. 46713 Presidente Palla – Relatore Pistorelli Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza impugnata il Tribunale di Genova, in funzione di giudice del riesame, ha confermato il provvedimento di sequestro preventivo di una autovettura nel procedimento a carico di V.G.F. per il concorso nella distrazione del bene dal patrimonio della B.T.P. Tecno s.r.l., fallita nel 2015. 2. Avverso l'ordinanza ricorre l'indagato a mezzo dei propri difensori deducendo errata applicazione della legge penale. In tal senso viene osservato come il Tribunale non avrebbe correttamente considerato che il bene asseritamente distratto era stato acquisito dalla fallita a seguito della stipula di un contratto di locazione finanziaria, poi ceduto ad una partecipata al prezzo del riscatto del bene, da cui il V. aveva infine acquistato la vettura. In particolare il ricorrente lamenta come i giudici del riesame avrebbero trascurato l'obiezione - debitamente documentata - relativa all'impossibilità della fallita di fare fronte ai costi del riscatto del bene e del suo successivo mantenimento, circostanze in grado di rivelare come l'operazione non potesse corrispondere all'interesse della curatela e, conseguentemente, l'inconfigurabilità del reato. Non di meno il provvedimento impugnato avrebbe omesso di rispondere ai rilievi difensivi in merito all'effettiva quotazione del valore della vettura. 3. In data 14 settembre 2016 il difensore ha trasmesso memoria a confutazione delle conclusioni del PG. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. 2. E' innanzi tutto opportuno ricordare che il contratto di leasing, o locazione finanziaria, è il negozio atipico coi quale una parte concedente , dietro corrispettivo di un canone periodico, concede ad un'altra parte utilizzatore il godimento di un bene, con facoltà di restituirlo al termine prefissato ovvero di riscattarlo dietro pagamento di una specificata somma residua. Figura contrattuale questa che può manifestarsi in forme differenti, come quella - peraltro la più diffusa - del leasing c.d. finanziario che ricorre nel caso di specie, in cui il concedente procura la provvista necessaria all'acquisto effettuato dall'utilizzatore del bene presso un terzo fornitore. 2.1 Tale essendo la struttura del rapporto giuridico, ne deriva che la proprietà del bene, in pendenza del termine di durata, rimane in capo al concedente e il relativo trasferimento è solo eventuale in quanto dipende dalla scelta dell'utilizzazione, che sarà effettuata in base a una valutazione della residua utilità economica della cosa, in rapporto all'ammontare del prezzo di riscatto . 2.2 Ne consegue che, in caso di successivo fallimento, secondo il consolidato insegnamento di questa Corte, qualunque manomissione da parte dell'utilizzatore, tale da impedire l'acquisizione del bene alla massa, comporta distrazione non già del bene medesimo, ma dei diritti esercitabili dal fallimento al termine del contratto, determinando altresì per i creditori il pregiudizio derivante dall'inadempimento delle obbligazioni verso il concedente ex multis Sez. 5, n. 9427/12 del 3 novembre 2011, P.M. in proc. Cannarozzo e altro, Rv. 251995 Sez. 5, n. 33380 del 18 luglio 2008, Bottamedi, Rv. 241397 Sez. 5, n. 6882 del 8 aprile 1999, Trifiletti, Rv. 213604 . Nel caso di cessione del contratto ad altro utilizzatore, invece, il nocumento per la massa è soltanto eventuale, in quanto si realizza soltanto se possa affermarsi che la prosecuzione del rapporto da parte del curatore avrebbe recato in concreto una risorsa economica positiva e non un onere e al relativo accertamento è condizionata la responsabilità dell'imprenditore cedente a titolo di bancarotta fraudolenta patrimoniale Sez. 5, n. 3612/07 del 6 novembre 2006, Tralicci, Rv. 236043 Sez. 5, n. 30492 del 23 aprile 2003, Lazzarini, Rv. 227705 . 2.3 Nel caso di specie, contrariamente a quanto apoditticamente sostenuto nel ricorso, per quanto emerge dal provvedimento genetico e da quello impugnato, ad essere ceduto alla partecipata Lorenz Lifetech il cui consiglio d'amministrazione era peraltro presieduto dall'indagato, già amministratore della fallita non è stato il contratto di leasing, bensì direttamente il veicolo che ne costituiva l'oggetto, il che è avvenuto attraverso il trasferimento del bene dalla formale proprietaria - la società locatrice - in cambio del versamento alla stessa dalla società interposta del prezzo del riscatto. 2.4 In definitiva a Lorenz Lifetech è stato ceduto dalla fallita, senza contropartita alcuna, l'esercizio del diritto di riscatto sul bene e dopo che quest'ultima aveva pagato tutte le rate del leasing. In tal senso è irrilevante che, come obiettato dal ricorrente, la BTP non avesse eventualmente la disponibilità finanziaria necessaria per l'esercizio del diritto di riscatto, giacchè oggetto di contestazione è proprio la svendita, con conseguente distrazione/dissipazione, del medesimo, tenuto conto delle risorse impegnate fino a quel momento per l'utilizzazione del veicolo, del valore di mercato del bene in caso di rivendita e dell'entità del suddetto riscatto. Correttamente, pertanto, il Tribunale ha ritenuto integrato il fumus del reato contestato, anche alla luce della ricordata partecipazione dell'indagato nella gestione delle società coinvolte nella vicenda e dell'acquisto finale del bene da parte del medesimo, nonché del fatto che l'intera operazione è stata realizzata a ridosso del fallimento, peraltro richiesto dalla stessa BTP. In ogni caso le obiezioni del ricorrente sull'omessa confutazione della documentazione prodotta dalla difesa si rivelano generiche, così come quelle relative all'incongruenza del presunto valore di mercato del bene calcolato dalla curatela. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.