Se l’indagato non vuole sottoscrivere il verbale…

ciò non ne comporta né l’inefficacia né la nullità, atteso che il verbale è, per un recente orientamento giurisprudenziale condiviso dalla sez. VI Penale della Cassazione, atto pubblico, il cui contenuto fa fede fino a che non ne venga dimostrata la falsità.

In questo senso la Cassazione con la pronuncia n. 46671 del 7 novembre 2016. Il caso. Il gip del Tribunale di Napoli, quale giudice dell’esecuzione, rigettava la richiesta di restituzione nel termine formulata dall’istante per proporre opposizione avverso il decreto penale, ritenendo perfettamente valida la notificazione del decreto penale a mezzo del servizio postale, decorso il prescritto periodo di giacenza. Avverso l’ordinanza ricorre l’istante, deducendo che il giudice ha omesso di valutare che l’elezione di domicilio era stat rifiutata dall’imputato. I due orientamenti giurisprudenziali. In merito alla validità dell’elezione di domicilio in caso di rifiuto di sottoscrizione del verbale da parte dell’indagato nella giurisprudenza della S.C. si registrano due orientamenti. Un primo orientamento più risalente , ritiene che la dichiarazione o l’elezione di domicilio, ricevute a verbale dalla polizia giudiziaria, attesa la loro natura di dichiarazioni di volontà aventi valore negozial-processuale, sono nulle qualora il verbale non risulti sottoscritto dal dichiarante, mancando il dato della formale e concreta riferibilità della dichiarazione al soggetto dichiarante ex multis, Cass. n. 28618/08 . Secondo il più recente e consolidato orientamento, invece, che il Collegio ritiene più condivisibile, il verbale redatto da pubblici ufficiali è atto pubblico, il cui contenuto fa fede fino a dimostrazione di falsità, a nulla rilevando la circostanza che l’allora indagato si sia rifiutato di firmarlo, atteso che la mancata sottoscrizione, da parte dell’indagato, del verbale contenente l’elezione di domicilio ne determina l’invalidità solo qualora risulti che egli abbia rifiutato di sottoscrivere l’atto, eccependone la difformità rispetto alle dichiarazioni rese o all’intenzione di non dare più corso all’elezione di domicilio Cass. n. 22372/15 . Le conseguenze della mancata sottoscrizione del verbale. Tale ultima interpretazione si fonda sul testo dell’art. 137, comma 2, c.p.p. che, pur contemplando l’ipotesi che uno degli intervenuti non voglia sottoscrivere il verbale, non ne prevede l’inefficacia, prescrivendo solo che di ciò venga fatta menzione a verbale con l’indicazione del motivo. Neppure ciò comporta la nullità, atteso che questa è tassativamente prevista solo nel caso in cui vi sia la incertezza assoluta sulle persone intervenute o se manchi la sottoscrizione del pubblico ufficiale. Da ciò consegue che la mancata sottoscrizione del verbale di dichiarazione o elezione di domicilio non invalida l’atto né la mancata sottoscrizione può interpretarsi come revoca della dichiarazione di domicilio. Il ricorso è rigettato.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 18 ottobre – 7 novembre 2016, n. 46671 Presidente Rotundo – Relatore Criscuolo Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza impugnata il G.i.p del Tribunale di Napoli, quale giudice dell'esecuzione, ha rigettato la richiesta di restituzione nel termine formulata da N.F. per proporre opposizione avverso il decreto penale, emesso il 31 marzo 2014, ritenendo perfettamente valida la notificazione del decreto penale a mezzo del servizio postale, decorso il prescritto periodo di giacenza. Il Giudice ha ritenuto regolarmente attivata tale procedura, non incidendo il rifiuto del N. di sottoscrivere il verbale di elezione di domicilio, redatto in data 9 gennaio 2014, dopo averne ricevuto lettura, sulla validità dell'elezione di domicilio. 2. Avverso l'ordinanza ricorre il difensore del N., che deduce vizio di motivazione il giudice ha omesso di valutare che l'elezione di domicilio in via C.D.comma 23 era stata rifiutata dall'imputato secondo il più recente orientamento giurisprudenziale è sufficiente il rifiuto di firmare l'atto, rispetto alla necessaria eccezione di difformità rispetto alle dichiarazioni rese, per invalidare l'elezione di domicilio, dovendo intendersi il rifiuto di sottoscrivere l'atto come volontà di non dar seguito all'elezione di domicilio così come predisposta. Considerato in diritto 1. Premesso che, come correttamente evidenziato nella requisitoria in atti, poiché nel caso in esame il ricorrente contesta la corretta formazione e validità del titolo esecutivo per invalidità della notificazione del decreto penale di condanna, non si versa nell'ipotesi di cui all'art. 175 cod. pen., che, invece, presuppone la corretta notificazione del provvedimento, del quale l'istante lamenti la mancata conoscenza, ma nell'ipotesi di cui all'art. 670 cod. proc. pen. Sez. 6, ordinanza n. 49876 del 29/11/2013, Rv. 258389 Sez. 4, n. 39766 del 26/10/2011, Rv. 251927 Sez. 1, n. 17529 del 02/04/2012, Rv. 252927 , il ricorso è infondato. In merito alla validità dell'elezione di domicilio nel caso di rifiuto di sottoscrizione del verbale da parte dell'indagato nella giurisprudenza di questa Corte si registrano due orientamenti. Secondo l'orientamento giurisprudenziale più risalente la dichiarazione o l'elezione di domicilio, ricevute a verbale dalla polizia giudiziaria, attesa la loro natura di dichiarazioni di volontà aventi valore negozial-processuale, sono nulle qualora il verbale non risulti sottoscritto dal dichiarante, mancando il dato della formale e concreta riferibilità della dichiarazione al soggetto dichiarante Sez. 5, n. 28618 del 28/05/2008, Rv. 240430, Sez. 6, n. 4921 del 09/12/2003, dep. 06/02/2004, Rv.228319, Sez. 1, n. 4100 del 24/11/1998, dep. 31/03/1999, Rv. 213259 . Pur avendo prestato adesione a tale orientamento in una vicenda processuale avente ad oggetto l'effettiva conoscenza del procedimento da parte di uno straniero, del quale non era stata accertata la conoscenza della lingua italiana, che aveva rifiutato di sottoscrivere il verbale di elezione di domicilio e non aveva mai avuto contatti con il difensore d'ufficio nominatogli né avuto effettiva conoscenza del procedimento penale, svoltosi in assenza , il Collegio reputa maggiormente condivisibile, per le ragioni di seguito esposte, il più recente e consolidato orientamento, secondo il quale il verbale redatto da pubblici ufficiali è atto pubblico, il cui contenuto fa fede fino a quando non ne sia stata dimostrata la falsità, ed a nulla rileva la circostanza che l'allora indagato si sia rifiutato di firmarlo atteso che la mancata sottoscrizione, da parte dell'indagato, del verbale contenente l'elezione di domicilio ne determina l'invalidità solo qualora risulti che egli abbia rifiutato di sottoscrivere l'atto, eccependone la difformità rispetto alle dichiarazioni rese o all'intenzione di non dare più corso all'elezione di domicilio Sez. 4, n. 22372 del 26/02/2015, Rv. 263901 Sez. 3, n. 23870 del 26/04/2013, Rv. 256288 . Tale interpretazione si fonda sul dato testuale dell'art. 137, comma 2, cod. proc. pen., che, pur contemplando espressamente l'ipotesi che uno dei soggetti intervenuti non voglia sottoscrivere il verbale, non ne prevede l'inefficacia, prescrivendo soltanto che della circostanza sia fatta menzione a verbale con l'indicazione del motivo neppure ne è prevista la nullità, come si ricava dalla lettura coordinata dell'art. 142 cod. proc. pen., atteso che la nullità del verbale è tassativamente prevista solo nel caso in cui vi sia incertezza assoluta sulle persone intervenute o se manchi la sottoscrizione del pubblico ufficiale. Ne discende che la mancata sottoscrizione del verbale di dichiarazione o elezione di domicilio non invalida l'atto né la mancata sottoscrizione può interpretarsi, di per sé, come revoca della dichiarazione di domicilio, in quanto, come appena detto, per aversi tale effetto occorreva che la mancata sottoscrizione venisse giustificata esplicitamente dal ricorrente con tale motivazione, ai sensi dell'art. 137, comma 2, cod. proc. pen., dopo aver ricevuto lettura del verbale. Ne deriva la ritualità della notifica del decreto penale di condanna e la correttezza dell'ordinanza impugnata. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.