Tentato omicidio: il nesso causale va valutato in base ad una prognosi postuma

In tema di nesso di causalità, il tentativo e l’idoneità dell’azione devono essere valutati con giudizio ex ante, ed attraverso la c.d. prognosi postuma. Si tratta di uno scrutinio a verifica anticipata rispetto all’evento che, come nel caso di specie, per le caratteristiche intrinseche della vicenda, non risulta essersi concretizzato solo per cause indipendenti dall’azione del soggetto.

Lo ha ribadito la prima sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 46548/16, depositata il 4 novembre. L’accertamento del nesso di causalità Come è noto, la materia del nesso causale è governata dai principi stabiliti nella fondamentale decisione delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, di cui alla sentenza del 10 luglio 2002, n. 30328 Franzese . Secondo il dictum delle Sezioni Unite, al fine di stabilire la sussistenza del nesso di causalità, occorre verificare l’esistenza, nel caso di specie, di una legge generale di copertura, intesa quale successione regolare di antecedenti, conforme ad una legge dotata di validità scientifica. Nello specifico, nella maggior parte dei casi, bisogna fare riferimento alle cosiddette leggi statistiche, in base alle quali il verificarsi di un evento è accompagnato dal verificarsi di un altro evento solo in una certa percentuale di casi. Secondo parte della dottrina, peraltro, il nesso causale sussiste pure se l’azione ha anche soltanto aumentato la probabilità di verificazione dell’evento, atteso che quest’ultimo non costituisce altro se non la realizzazione del rischio vietato c.d. teoria dell’”aumento del rischio” . Invero, la teoria dell’”aumento del rischio” contrasta con i principi di legalità e tassatività della legge penale, nonché con il principio che sancisce la responsabilità penale personale art. 27, comma 1, Cost. . Ne consegue che, al fine di accertare il nesso causale, occorre un duplice controllo non basta infatti verificare l’esistenza di una legge statistica astrattamente applicabile al caso singolo, ma è altresì necessario un giudizio di alta probabilità logica, in base al quale verificare l’attendibilità, in concreto, della legge statistica individuata. Bisogna cioè verificare che, ipotizzandosi come avvenuta l’azione doverosa omessa, esclusa l’interferenza di decorsi causali alternativi, e considerate le prove processuali, l’evento, con elevato grado di credibilità razionale, non si sarebbe verificato, oppure sarebbe avvenuto molto dopo, o avrebbe comunque avuto minore intensità lesiva. Nel caso in cui vi sia un ragionevole dubbio circa la certezza processuale” del nesso causale dato dall’insufficienza, contraddittorietà e/o incertezza probatoria , dev’esserci assoluzione ex art. 530, comma 2, c.p.p e l’obbligo di adeguata motivazione. In tema di nesso di causalità, è potenzialmente viziata da contraddittorietà, e deve pertanto essere annullata con rinvio, la sentenza priva di adeguata motivazione con riferimento alla ricostruzione del grado di autonoma determinazione della persona offesa nell’accettare la verificazione dell’evento di morte. Per poter accertare eventuali profili di responsabilità penale, occorre infatti verificare se l’intervento dell’imputato abbia costituito concausa dell’evento o sia consistito soltanto in un’occasione per la realizzazione di un risultato che comunque si sarebbe prodotto anche in altre circostanze, e cioè a prescindere dall’azione del soggetto agente. Nel caso di specie, la Suprema Corte ha ritenuto congruamente motivata la decisione del giudice a quo, con particolare riguardo alla qualificazione del dolo sotteso alla fattispecie di tentato omicidio, confermato come alternativo, e non eventuale. I gradi del dolo. Il dolo non si ricollega soltanto ai momenti della previsione e volontarietà del fatto ma, in aderenza al principio costituzionale dell’imputazione personalistica, abbraccia un momento di valore, vale a dire il convincimento del soggetto di agire in contrasto con le esigenze di tutela dell’ordinamento giuridico. La volontà dolosa, a seconda dei vari livelli di intenzionalità dai quali può essere caratterizzata, può dar luogo alla configurabilità di 1 dolo intenzionale, allorché si persegue l’evento come scopo finale della condotta o come mezzo necessario per ottenere un ulteriore risultato 2 dolo diretto, allorché l’evento non costituisce l’obiettivo della condotta, ma l’agente lo prevede e lo accetta come risultato certo o altamente probabile di quella condotta 3 dolo eventuale, connotato dall’accettazione del rischio di verificazione dell’evento, visto, nella rappresentazione psichica dell’agente, come una delle possibili conseguenze della condotta. Come la stessa Suprema Corte ha più volte ribadito, sussiste il dolo eventuale quando l’agente, ponendo in essere una condotta diretta ad altri scopi, si rappresenta la concreta possibilità del verificarsi di ulteriori conseguenze della propria azione e, nonostante ciò, agisce accettando il rischio di cagionarle quando invece l’ulteriore accadimento si presenta all’agente come probabile, non si può ritenere che egli, agendo, si sia limitato ad accettare il rischio dell’evento, bensì che, accettando l’evento, lo abbia voluto, sicché in tale ipotesi l’elemento psicologico si configura nella forma di dolo diretto e non in quella di dolo eventuale.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 14 ottobre – 4 novembre 2016, n. 46548 Presidente Cortese – Relatore Cairo Ritenuto in fatto 1. II Tribunale di Genova con sentenza in data 5-9-2013 dichiarava B. A. colpevole del tentato omicidio di C. M., P. M. e L. F. e, ritenuta la continuazione, lo condannava alla pena di anni otto di reclusione, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche da ritenere equivalenti alla contestata aggravante del motivo futile. La Corte d'appello di Genova confermava la decisione il 29-5-2014. In particolare l'imputato aveva colpito con un casco da moto e con un'accetta le vittime, provocando al L. una ferita da taglio al fianco sinistro un trauma cranico e facciale al P. M. un trauma con ferita da taglio al fianco ed all'anca sinistra, con lesione della fascia muscolare per il C. M Riteneva la Corte d'appello che il mezzo usato, un'accetta, appunto, assumesse particolare rilevanza in funzione della valutazione della condotta posta in essere. Per valutare l'idoneità del tentativo si sarebbe dovuto considerare, secondo la Corte territoriale, il momento attuativo della condotta e non la pericolosità delle lesioni inferte. La valutazione del dolo, d'altro canto, prescindeva dal pericolo di vita delle vittime e si riferiva alla condotta tenuta dall'agente nella specifica congiuntura concreta. 2. Ricorre per cassazione B. A., a mezzo del difensore di fiducia, e deduce inosservanza ed erronea applicazione della legge penale. La Corte d'appello, lamenta il ricorrente, aveva fatto riferimento al dolo non aveva, tuttavia, come sarebbe stato suo obbligo, motivato sugli altri elementi, anche acquisiti al processo e, in particolare, sulla circostanza che la perizia medico legale aveva escluso che vi fosse stato pericolo di vita e che i colpi avessero attinto aree corporee vitali. La ricostruzione del dolo alternativo, nella prospettiva a discarico, non risultava appagante tanto che uno degli aggrediti era stato colpito da un colpo di casco a dimostrazione che non vi fosse intenzione di ledere, al punto di causare lesioni mortali. Considerato in diritto 1. II ricorso è infondato e va respinto. A parte la sua intrinseca genericità ed il tentativo di chiamare questa Corte ad una rivalutazione dell'oggetto dei dolo, attraverso una nuova e distinta valutazione del risultato della prova, si deve osservare come la motivazione resa dalla Corte territoriale sia immune dalle censure rivolte. Si osserva, invero e correttamente, che il tentativo e l'idoneità dell'azione debbano essere valutati con giudizio ex ante ed attraverso la cd. prognosi postuma. Si tratta di uno scrutinio a verifica anticipata rispetto all'evento che, nel caso di specie, per le caratteristiche intrinseche della vicenda, non risulta essersi concretizzato solo per cause indipendenti dall'azione del soggetto. E' pertanto conclusione corretta quella della Corte territoriale d'aver ritenuto ininfluente la conclusione dei medico legale, che aveva annotato come non vi fosse stato pericolo di vita per le vittime in concreto. Ciò perché la mancanza di esso traeva scaturigine da una pura congiuntura del caso e non dalla caratteristica dell'azione valutata ex ante, che risultava, appunto, e contrariamente a quanto ritenuto in ricorso, assolutamente idonea a produrre l'evento. In questa logica la Corte territoriale ha, ancora, valorizzato il contesto commissivo e la tipologia del mezzo lesivo impiegato per aggredire le vittime. Né sarebbe stato ammissibile un approccio distinto alla questione giuridica, approccio adombrato in ricorso e che, se ammesso, avrebbe indotto a giudicare dell'idoneità del tentativo ab exitu, secondo un percorso logico estraneo alla fattispecie dei delitto punito dall'art. 56 cod. pen Infine, risultano corrette le considerazioni che la Corte territoriale ha svolto sul dolo, aspetto esattamente ricondotto alla figura alternativa e sulla cui motivazione nella parte relativa non ricorre alcuno dei vizi denunciati. Va solo rettificato il riferimento all'accettazione dei rischio che figura incidentalmente nella motivazione del provvedimento impugnato e che potrebbe erroneamente indurre a postulare la natura indiretta dei dolo stesso, recuperandolo alla forma cd. eventuale. La motivazione, invero, si richiama chiaramente al dolo alternativo e pone l'accento sulla reiterazione dei colpi, oltre che sulle modalità d'impiego dello strumento lesivo, rivolto ai corpi delle vittime, divenuti bersaglio dei colpi vibrati. Sulla scorta di questi particolari si è ritenuta la volontà diretta al conseguimento dell'obiettivo, non meramente rappresentato ed accettato come possibile, nel suo verificarsi, ma posto come epilogo alternativo della condotta e, dunque, come evento direttamente ed indifferentemente voluto dall'agente. Alla luce di quanto premesso, la manifesta infondatezza, per un verso, e la proposizione fuori dei casi consentiti, del ricorso, ne impone il rigetto. Segue la condanna al pagamento delle spese processuali P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.