L’omessa elezione di domicilio è causa di inammissibilità

L’elezione di domicilio, imposta al condannato non detenuto e correlata alla necessità di avere un domicilio certo dove notificare gli avvisi e di evitare la sua impropria sottrazione alla corretta esecuzione della sentenza di condanna a pena detentiva, è riconducibile alle condizioni di legge di cui all’art. 666, comma 2, c.p.p. anche nelle ipotesi di cui all’art. 656, comma 5, c.p.p., dovendosi ricomprendere tra le indicazioni che la domanda volta ad ottenere la concessione di una misura alternativa, presentata direttamente dal condannato, deve contenere in mancanza di espressa deroga.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 45171/16, depositata il 26 ottobre. Il caso. Il Tribunale di sorveglianza di Catanzaro ha dichiarato inammissibile l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale presentata dall’imputato in relazione al provvedimento in esecuzione, avendo l’interessato omesso di dichiarare o eleggere il domicilio, poiché prescritto dall’art. 677 c.p.p., comma 2 -bis . Ricorre per cassazione il condannato assumendo che in data 18 maggio 2013 veniva raggiunto da ordine di esecuzione per la carcerazione di 4 mesi di reclusione con contestuale decreto di sospensione inviava quindi al Tribunale di sorveglianza istanza di affidamento in prova al servizio sociale, ricorrendone i presupposti di legge in seguito emergeva che l’istanza era carente di elezione del domicilio il difensore trasmetteva tempestivamente la conferma di nomina e l’elezione di domicilio effettuate dal condannato. Lo stesso insisteva, pertanto, per l’annullamento del decreto impugnato. Ma il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso. Dichiarazione o elezione di domicilio come atto personale”. E‘ dato incontroverso, infatti, che l’istanza del ricorrente tesa ad ottenere l’applicazione della misura alternativa alla detenzione, non conteneva alcuna dichiarazione o elezione di domicilio, atto personale” la cui mancanza è causa di inammissibilità ai sensi dell’art. 677 c.p.p., comma 2 -bis , introdotto con la legge n. 438/2001. Le Sezioni Unite della Corte hanno affermato che la dichiarazione o elezione di domicilio, imposta al condannato non detenuto e che è correlata alla necessità, per l’ufficio, di avere un domicilio certo dello stesso dove notificare gli avvisi e di evitare la sua impropria sottrazione alla corretta esecuzione della sentenza di condanna a pena detentiva, è riconducibile alle condizioni di legge di cui all’art. 666, comma 2, c.p.p. anche nelle ipotesi di cui all’art. 656, comma 5, c.p.p., dovendosi ricomprendere tra le indicazioni che la domanda volta a ottenere la concessione di una misura alternativa, presentata direttamente dal condannato, deve contenere in mancanza di espressa deroga . Corretta valutazione della Corte territoriale. Il provvedimento impugnato, che si è uniformato a tale principio, è stato correttamente emesso ai sensi dell’art. 666, comma 2, c.p.p., in relazione all’art. 678 c.p.p., con sintetica individuazione della sussistenza di una causa assorbente d’inammissibilità dell’istanza proposta, e resiste alle censure formulate. La Suprema Corte rigetta pertanto il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 5 febbraio – 26 ottobre 2016, n. 45171 Presidente Vecchio – Relatore Saraceno Ritenuto in fatto 1. Con decreto, deliberato l’8 gennaio 2015 e depositato in pari data, il Presidente del Tribunale di sorveglianza di Catanzaro ha dichiarato de plano inammissibile, ai sensi dell’art. 666 cod. proc. pen., comma 2, l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale presentata da D.A. , in relazione al provvedimento in esecuzione sentenza emessa in data 24.5.2012 dal Tribunale di Rossano , avendo l’interessato omesso di dichiarare o eleggere il domicilio, siccome prescritto dall’art. 677 cod. proc. pen., comma 2 bis. 2. Ricorre per cassazione il condannato, col ministero del difensore di fiducia, avvocato Settimio Biondi, mediante atto recante la data del 4 febbraio 2015, denunziando inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 677 cod. proc. pen. comma 2 bis. Assume il ricorrente che in data 18/5/2013 veniva raggiunto da ordine di esecuzione per la carcerazione a mesi quattro di reclusione con contestuale decreto di sospensione nei termini di legge inviava al Tribunale di sorveglianza, per il tramite della Procura, istanza di affidamento in prova al servizio sociale, ricorrendone i presupposti di legge in data 22/7/2013 il Tribunale di sorveglianza inviava al difensore una comunicazione allegata al ricorso con la quale si chiedeva di mettersi in contatto con il direttore amministrativo di quel Tribunale a seguito di successivo immediato contatto telefonico emergeva che l’istanza era carente dell’elezione del domicilio tempestivamente il difensore trasmetteva in data 24/7/2013 la conferma di nomina e l’elezione di domicilio effettuate dal condannato con sottoscrizione debitamente autenticata, attraverso invio a mezzo fax allegato al ricorso , del quale risultava l’esito positivo di ricezione. Insisteva, pertanto, per l’annullamento del decreto impugnato, non essendo addebitabile a responsabilità del ricorrente l’eventuale smarrimento dell’atto contenente l’elezione di domicilio ed essendo positivamente riscontrato, dal giornale di comunicazione, non solo l’invio del fax, ma anche il suo arrivo a destinazione presso la competente cancelleria. 3. Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, in persona del dott. Antonio Gialanella, nella sua requisitoria scritta, richiamando il tenore testuale della disposizione di cui all’art. 677 cod. proc. pen., comma 2 bis, ai sensi della quale la domanda del condannato deve essere corredata a pena di inammissibilità, dalla dichiarazione o dalla elezione di domicilio e rilevando, ad abundantiam , che il ricorrente non ha adempiuto l’onere, su di esso gravante, di accertare non solo l’arrivo del fax, contenente l’irrituale elezione di domicilio, ma anche il suo tempestivo inoltro al giudice procedente, ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto Il ricorso è infondato. 1. È dato incontroverso che l’istanza del ricorrente, tesa ad ottenere l’applicazione della misura alternativa alla detenzione, non conteneva alcuna dichiarazione o elezione di domicilio, atto personale la cui mancanza è causa di inammissibilità ai sensi dell’art. 677 cod. proc. pen., comma 2 bis, introdotto con la legge n. 438 del 2001. 1.1 Le Sezioni Unite di questa Corte Sez. U, n. 18775 del 17/12/2009, Mammoliti, Rv. 246720 , con decisione condivisa dal Collegio, hanno affermato che la dichiarazione o elezione di domicilio, imposta al condannato non detenuto e che è correlata alla necessità per l’ufficio di avere un domicilio certo dello stesso dove notificare gli avvisi e di evitare la sua impropria sottrazione alla corretta esecuzione della sentenza di condanna a pena detentiva, è riconducibile alle condizioni di legge di cui all’art. 666, comma 2, cod. proc. pen. anche nelle ipotesi di cui all’art. 656, comma 5, cod. proc. pen., dovendosi ricomprendere siccome richiesta in generale per tutte le istanze concernenti il procedimento di sorveglianza tra le indicazioni che la domanda volta a ottenere la concessione di una misura alternativa, presentata direttamente dal condannato ovvero dal suo difensore, deve contenere in mancanza di espressa deroga la stessa dichiarazione o elezione di domicilio, in quanto atto personalissimo, può essere fatta solo dal condannato e non è pertanto delegabile al difensore, non solo nel caso in cui la richiesta di misure alternative alla detenzione sia presentata direttamente dal condannato, ma anche quando l’istanza sia presentata dal difensore, a meno che il condannato non risulti irreperibile o latitante. 2. Il provvedimento impugnato, che si è uniformato ai detti principi, è stato correttamente emesso ai sensi dell’art. 666, comma 2, cod. proc. pen., in relazione all’art. 678 cod. proc. pen., con sintetica individuazione della sussistenza di una causa assorbente d’inammissibilità dell’istanza proposta, e resiste alle censure formulate. 2.1 Invero, nel caso che occupa il ricorrente, pur non contestando il rilevato difetto delle indicazioni prescritte a pena di inammissibilità dell’istanza, deduce tuttavia l’insussistenza dei presupposti per l’intervenuta declaratoria di inammissibilità, osservando di aver posto riparo alla già consumata violazione dell’art. 677 cod. proc. pen. comma 2 bis, a un tanto asseritamente sollecitato dall’autonoma iniziativa del direttore amministrativo del Tribunale di Catanzaro, attraverso la successiva trasmissione via fax dell’elezione di domicilio originariamente omessa, così ritenendo correttamente assolto l’obbligo di legge e non imputabile il mancato tempestivo inoltro del documento al giudice procedente per la fissazione dell’udienza camerale funzionale all’esame nel merito della richiesta. 2.2 Alla tesi sostenuta dal ricorrente si oppongono le condivisibili obiezioni formulate dal Procuratore generale presso questa Corte, il quale ha rilevato che l’elezione di domicilio non è stata successivamente depositata in cancelleria, né inoltrata a mezzo telegramma o lettera raccomandata, attraverso cioè le forme di comunicazione prescritte dall’art. 162 cod. proc. pen. ad probationen tantum , siccome dirette ad evitare ogni possibile contestazione sull’esistenza dell’atto e a conferirgli data certa, ma semplicemente inoltrata in copia a mezzo fax. 2.3 Orbene, ferma la necessità, pacificamente affermata e mai contraddetta, che le domande di applicazione delle misure alternative alla detenzione, presentate dal condannato personalmente ovvero nel suo interesse dal difensore, debbono essere sempre corredate, a pena di inammissibilità, dalla dichiarazione del domicilio dell’interessato o dalla elezione, dato incontroverso e dirimente è che il ricorrente omise di corredare la richiesta con la dichiarazione o elezione di domicilio prescritta l’inammissibilità opera di diritto e non è suscettibile di sanatoria mediante la tardiva esecuzione dell’adempimento omesso. Invero, come sono irrilevanti le dichiarazioni o elezioni di domicilio, effettuate dall’interessato nella precedente fase del giudizio, lo sono anche quelle intempestive, effettuate dopo la presentazione della richiesta, come avvenuto nella specie attraverso il successivo inoltro di copia a mezzo fax. 2.4 Peraltro, l’utilizzo di tale irregolare modalità di trasmissione in conformità ai principi affermati e ribaditi da questa Corte nelle ipotesi di utilizzazione del telefax per l’inoltro di memorie, istanze o documenti cfr. Sez. 2, Sentenza n. 9030 del 05/11/2013 dep. 25/02/2014 , Stucchi, Rv. 258526 Sez. 5, Sentenza n. 7706 del 16/10/2014 dep. 19/02/2015 , Chessa, Rv. 262835 Sez. 2, Sentenza n. 24515 del 22/05/2015, Mennella e altro, Rv. 264361 Sez. 3, Sentenza n. 37859 del 18/06/2015, Masenelli, Rv. 265162, tutte in tema di inoltro a mezzo fax della richiesta di rinvio per legittimo impedimento del difensore onerava il ricorrente non solo di accertarsi del regolare arrivo del fax che dalla copia allegata al ricorso risulta trasmesso in orario di chiusura degli uffici di cancelleria, alle ore 17.51 del 24.7.2013 , non essendo a tal fine equipollente e sufficiente la conferma elettronica del suo corretto invio, ma pure di accertarsi del suo effettivo inoltro al giudice procedente, attraverso l’allegazione al fascicolo processuale, verifiche non adempiute dal ricorrente che non può, pertanto, dolersi dell’omesso esame della tardiva elezione di domicilio, della cui presenza agli atti del fascicolo neppure dà atto, adducendo pretesi smarrimenti o errori dell’ufficio. 3. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.