Forme di formaggio tenute in locali sporchi: sufficiente l'esame visivo dei luoghi

Ai fini della configurabilità della contravvenzione prevista dall'art. 5, lett. b, della legge n. 283/1962, che vieta l'impiego nella produzione di alimenti, la vendita, la detenzione per la vendita, la somministrazione, o comunque la distribuzione per il consumo, di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione, non è necessario che quest'ultimo si riferisca alle caratteristiche intrinseche di dette sostanze, ma è sufficiente che esso concerna le modalità con cui si realizza.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 44927/16, depositata il 25 ottobre. Il caso. L’imputato, nei cui confronti si procede per i reati di cui agli artt. 444 e 515 c.p. per aver detenuto in luoghi non autorizzati, dal punto di vista sanitario, forme di formaggio prodotte in modo non conforme ai regolamenti CEE che disciplinano la produzione di Fontina DOP e in locali dove erano presenti sostanze pericolose per la salute quali disinfestanti, ricorre per l'annullamento dell'ordinanza del gip dei Tribunale di Aosta che, all'esito di udienza camerale, ha parzialmente accolto l'opposizione proposta avverso il decreto del Procuratore della Repubblica presso quel Tribunale che aveva autorizzato la distruzione di 499 forme di formaggio sequestrate a fini probatori e custodite presso varie località. Ricorre per cassazione l’imputato. Nessun contraddittorio con la difesa o accertamento tecnico. Con il primo motivo eccepisce, ai sensi dell'art. 606, lett. b , c.p.p., la violazione e l'erronea applicazione dell'art. 260, c.p.p Lamenta, in particolare, che la decisione di procedere alla distruzione delle forme è stata adottata sulla base di accertamenti condotti dalla polizia giudiziaria senza alcun contraddittorio con la difesa, senza alcun accertamento tecnico irripetibile e senza alcuna campionatura o analisi. Con il secondo motivo eccepisce, invece, vizio di motivazione ai sensi dell'art. 606, lett. e , c.p.p., avendo il Giudice adottato la propria decisione - afferma - senza una approfondita disamina logica e giuridica dei fatti e con motivazione apparente , non idonea a far comprendere i passaggi motivazionali della decisione impugnata. Distruzione di beni sottoposti a sequestro probatorio. A detta della Corte il ricorso è infondato. L'alienazione o la distruzione di beni sottoposti a sequestro probatorio penale costituisce forma anticipata di ablazione dei beni stessi adottata in assenza di un accertamento di responsabilità del loro titolare . Sicché, quando sorga controversia sui presupposti applicativi della norma essi devono essere valutati in maniera rigorosa, senza sconfinare in anticipazioni sul giudizio di responsabilità ma salvaguardando il più possibile il diritto dell’imputato alla conservazione del bene e dunque il suo diritto di proprietà. Divieto di consumo alimentare. Nel caso in esame, il gip, richiamando la relazione dei Dipartimento di Prevenzione della locale ASL, ha autorizzato la distruzione delle forme di formaggio detenute presso il magazzino di una delle località in cui erano conservate sul rilievo che nei relativi locali erano presenti notevoli quantitativi di topicida e insetticida in prossimità dei formaggi, veleni impiegati direttamente nell'ambiente di stagionatura, costituenti un grave pericolo per la salute del consumatore . L'esposizione diretta alla contaminazione di veleni è circostanza che rende assoluto il divieto di consumo alimentare. Il Giudice ha, dunque, ritenuto la violazione evidente dei divieti di possesso, detenzione e commercializzazione degli alimenti che giustifica da sola la possibilità di distruggerli. Secondo l'autorevole insegnamento di questa Corte, infatti, ai fini della configurabilità della contravvenzione prevista dall'art. 5, lett. b, della legge n. 283/1962, che vieta l'impiego nella produzione di alimenti, la vendita, la detenzione per la vendita, la somministrazione, o comunque la distribuzione per il consumo, di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione, non è necessario che quest'ultimo si riferisca alle caratteristiche intrinseche di dette sostanze, ma è sufficiente che esso concerna le modalità estrinseche con cui si realizza, le quali devono uniformarsi alle prescrizioni normative, se sussistenti, ovvero, in caso contrario, a regole di comune esperienza . In questo senso, anche la custodia in locali sporchi e quindi igienicamente inidonei alla conservazione determina la violazione dei divieto di commercializzazione dei prodotto. E' quindi infondata, alla luce delle considerazioni che precedono, anche l'eccezione relativa alla mancata motivazione, avendo il Giudice indicato in modo più che adeguato i fatti che legittimano la immediata distruzione degli alimenti. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 14 giugno – 25 ottobre 2016, n. 44927 Presidente Rosi – Relatore Aceto Ritenuto in fatto 1.I1 sig. G.B., nei cui confronti si procede per i reati di cui agli artt. 444 e 515, cod. pen. per aver detenuto in luoghi non autorizzati dal punto di vista sanitario forme di formaggio prodotte in modo non conforme ai regola menti CEE che disciplinano la produzione di Fontina DOP e in locali dove erano presenti sostanze pericolose per la salute quali topicidi e disinfestanti, ricorre per l'annullamento dell'ordinanza del 21/12/2015 del G.i.p. dei Tribunale di Aosta che, all'esito di udienza camerale, ha parzialmente accolto l'opposizione proposta avverso il decreto del 27/11/2015 del Procuratore della Repubblica presso quel Tribunale che aveva autorizzato la distruzione di 499 forme di formaggio seque strate a fini probatori e custodite parte 251 in località Plaisance, parte 248 in località Vayoux di Nus. In particolare, il G.i.p. ha accolto l'opposizione relativa mente alle 248 forme di formaggio detenute in Vayoux di Nus, respingendola per le altre. 1.1.Con il primo motivo eccepisce, ai sensi dell'art. 606, lett. b , cod. proc. pen., la violazione e l'erronea applicazione dell'art. 260, cod. proc. pen Lamenta, in particolare, che la decisione di procedere alla distruzione delle forme è stata adottata sulla base di accertamenti condotti dalla polizia giudiziaria senza alcun contraddittorio con la difesa, senza alcun accertamento tecnico irri petibile, senza alcuna campionatura o comunque un'analisi. 1.2.Con il secondo motivo eccepisce, sotto altro profilo, vizio di motivazione ai sensi dell'art. 606, lett. e , cod. proc. pen., avendo il Giudice adottato la pro pria decisione - afferma - senza una approfondita disamina logica e giuridica dei fatti e con motivazione apparente , non idonea a far comprendere i passaggi motivazionali della decisione impugnata. Considerato in diritto 2.I1 ricorso è infondato. 3.L'alienazione o la distruzione di beni sottoposti a sequestro probatorio pe nale costituisce forma anticipata di ablazione dei beni stessi adottata in assenza di un accertamento di responsabilità del loro titolare. Sicché, quando sorga con troversia sui presupposti applicativi della norma essi devono essere valutati in maniera rigorosa, senza sconfinare in anticipazioni sul giudizio di responsabilità ma salvaguardando il più possibile il diritto dei 1'indagato/imputato alla conserva zione del bene e dunque il suo diritto di proprietà. 3.1.Non a caso l'art. 260, comma 3-bis, cod. proc. pen., limita la possibilità di procedere alla distruzione delle merci di cui sono comunque vietati la fabbrica zione, il possesso, la detenzione o la commercializzazione alle seguenti ipotesi ben delimitate e alternative tra loro a la custodia difficile o particolarmente onerosa b la custodia pericolosa per la sicurezza, la salute o l'igiene pubblica c l'evidente violazione dei divieti di fabbricazione, possesso, detenzione e com mercializzazione. 3.2.Nel caso in esame, il G.i.p., richiamando la relazione dei Dipartimento di Prevenzione della locale ASL, ha autorizzato la distruzione delle forme di for maggio detenute presso il magazzino di Plaisence sul rilievo che nei relativi locali erano presenti notevoli quantitativi di topicida e insetticida in prossimità dei formaggi, veleni impiegati direttamente nell'ambiente di stagionatura, costituenti un grave pericolo per la salute del consumatore v. relazione citata . L'esposizio ne diretta a contaminazione di veleni è circostanza che rende assoluti il divieto di consumo alimentare e, a fortiori, anche a prescindere dall'esistenza della pre ventiva autorizzazione sanitaria . 3.3.11 Giudice ha dunque ritenuto la violazione evidente dei divieti di posses so, detenzione e commercializzazione degli alimenti che giustifica da sola la pos sibilità di distruggerli. 3.4.Non è inopportuno al riguardo sottolineare che secondo l'autorevole in segnamento di questa Corte, ai fini della configurabilità della contravvenzione prevista dall'art. 5, lett. b, della legge 30 aprile 1962 n. 283, che vieta l'impiego nella produzione di alimenti, la vendita, la detenzione per la vendita, la sommini strazione, o comunque la distribuzione per il consumo, di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione, non è necessario che quest'ultimo si riferisca alle caratteristiche intrinseche di dette sostanze, ma è sufficiente che esso concerna le modalità estrinseche con cui si realizza, le quali devono uniformarsi alle pre scrizioni normative, se sussistenti, ovvero, in caso contrario, a regole di comune esperienza Sez. U, n. 443 del 19/12/2001, dep. il 09/01/2002, Butti, Rv. 220716 . In questo senso anche la custodia in locali sporchi e quindi igienica mente inidonei alla conservazione determina la violazione dei divieto di commer cializzazione dei prodotto Sez. 3, n. 9477 dei 21/01/2005, Ciccariello . 3.5.Non era dunque necessario alcun accertamento sulle caratteristiche in trinseche degli alimenti, essendo sufficiente l'esame visivo dei luoghi in cui essi erano conservati, la cui descrizione non è oggetto di critica puntuale da parte del ricorrente che, senza eccepire il travisamento della relazione della ASL docu mento pubblico di cui non eccepisce nemmeno la falsità , si limita a contestare in modo dei tutto generico e fattuale la ritenuta contaminazione delle forme di for maggio con il veleno e ad escludere che, in ogni caso, essa riguardi indiscrimina tamente tutte le forme. 3.6.Questi, inoltre, si lamenta che l'accertamento non è stato compiuto in contraddittorio ma è agevole osservare che l'art. 260, comma 3-bis, cod. proc. pen., prevede tale modalità solo come eventuale. 3.7.E' quindi infondata, alla luce delle considerazioni che precedono, anche l'eccezione relativa alla mancata motivazione avendo il Giudice indicato in modo più che adeguato i fatti che legittimano la immediata distruzione degli alimenti. 3.8.Ne consegue che il ricorso deve essere respinto con condanna dei ricor rente alle spese. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese proces suali.