Si traveste da carabiniere per farsi consegnare denaro dagli automobilisti: truffa o estorsione?

Sia nella truffa che nell’estorsione la condotta criminosa è volta al conseguimento di un ingiusto profitto che costituisca il prezzo” pagato dalla vittima per evitare il male prospettatogli, e la differenza sta nella coartazione o meno della volontà della persona offesa se la vittima risulta semplicemente manipolata o, piuttosto, irresistibilmente coartata.

In questo senso la S.C. con la sentenza n. 44942/16 del 25 ottobre. Il caso. Essendosi finto carabiniere e avendo in tale veste costretto alcuni automobilisti a consegnargli del denaro sotto minaccia di sequestro del veicolo e di ritiro della patente, ponendo così in essere diverse estorsioni, l’imputato veniva condannato a pena ritenuta di giustizia da parte della Corte d’appello di Ancona, che confermava la sentenza di primo grado. L’imputato propone ricorso denunciando, fra gli altri, erronea qualificazione dei reati, trattandosi di truffa piuttosto che di estorsione. Truffa o estorsione? La falsa qualità personale spesa dall’imputato nella commissione dei reati e la conseguente natura non reale del pericolo paventato alle vittime, pone l’alternativa fra il delitto di truffa e quello di estorsione. Il criterio distintivo tra il reato di truffa e quello di estorsione, quando il fatto è connotato dalla minaccia di un male, va ravvisato essenzialmente nel diverso modo di atteggiarsi della condotta lesiva e della sua incidenza nella sfera soggettiva della vittima ricorre la prima ipotesi delittuosa se il male viene ventilato come possibile ed eventuale e comunque non proveniente direttamente o indirettamente da chi lo prospetta, in modo che la persona offesa non è coartata, ma si determina alla prestazione, costituente l’ingiusto profitto dell’agente, perché tratta in errore dall’esposizione di un pericolo inesistente. Si configura, invece, l’estorsione se il male viene indicato come certo e realizzabile ad opera del reo o di altri, poiché in tal caso la persona offesa è posta nell’ineluttabile alternativa di far conseguire all’agente il preteso profitto o di subire il male minacciato ex multis Cass. n. 46084/15 . In entrambi i casi la condotta criminosa è volta al conseguimento di un ingiusto profitto che costituisca il prezzo” pagato dalla vittima per evitare il male prospettatogli, e la differenza sta nella coartazione o meno della volontà della p.o. se la vittima risulta semplicemente manipolata o, piuttosto, irresistibilmente coartata. Coazione o manipolazione? La coazione si distingue dalla manipolazione in quanto nel primo caso la vittima ha la percezione di non avere alternativa per evitare il pericolo la sua volontà non è indotta, bensì costretta” nella direzione auspicata dall’autore del reato. Viceversa, si verte nell’ipotesi di truffa quando la minaccia del pericolo immaginario, per la sua intrinseca consistenza, non ha diretta capacità coercitiva, ma influisce sulla volontà della vittima attraverso l’induzione in errore. La scelta della vittima è apparentemente libera”, sebbene viziata dall’errore ingenerato mediante artifizi e raggiri. Va aggiunto, però, che l’accertamento della capacità della minaccia del pericolo immaginario di coartare in modo irresistibile la volontà della vittima, o semplicemente di deviarne il naturale percorso di formazione mediante l’induzione in errore costituisce accertamento di merito che se, come nel caso di specie, è sorretto da motivazione immune da vizi, si sottrae al sindacato di legittimità. Il ricorso è rigettato.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 15 giugno – 25 ottobre 2016, n. 44942 Presidente Fiandanese – Relatore D’Arrigo Ritenuto in fatto La Corte d'appello di Ancona, con sentenza dei 26 febbraio 2015, ha confermato la sentenza, a seguito di rito abbreviato, dei Tribunale di Fermo dei 16 gennaio 2014 di condanna di S. P. alla pena di anni due e mesi undici di reclusione ed euro 400,00 di multa, per aver posto in essere alcune estorsioni fingendosi carabiniere e, in tale veste, costringendo alcuni automobilisti a consegnargli del denaro sotto minaccia di sequestro dei veicolo, di ritiro della patente e di altre sanzioni amministrative. Concorrono i reati di cui agli art. 494, 482 e 476 cod. pen. L'imputato propone ricorso allegando - l'erronea qualificazione dei reati di cui ai capi a e d , trattandosi di truffa piuttosto che di estorsione il vizio di motivazione in ordine alla ricostruzione delle vicende oggetto di imputazione l'erronea applicazione dell'art. 494 cod. pen., perché il reato di sostituzione di persona rimane assorbito da quello di falso. Considerato in diritto Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. Il primo motivo di ricorso investe questa Corte della questione circa la corretta qualificazione giuridica dei fatti di cui ai capi a e d dell'imputazione. In entrambi i casi l'imputato, falsamente qualificandosi come Carabiniere, si faceva consegnare dalle vittime del denaro sotto minaccia, altrimenti, di sequestrare un veicolo, in un caso, e di ritirare la patente di guida, nell'altro. La falsa qualità personale spesa dall'imputato nella commissione dei reati e la conseguente natura non reale del pericolo paventato alle vittime, pone l'alternativa fra il delitto di truffa e quello di estorsione. Secondo la giurisprudenza della Corte di legittimità, il criterio distintivo tra il reato di truffa e quello di estorsione, quando il fatto è connotato dalla minaccia di un male, va ravvisato essenzialmente nel diverso modo di atteggiarsi della condotta lesiva e della sua incidenza nella sfera soggettiva della vittima ricorre la prima ipotesi delittuosa se il male viene ventilato come possibile ed eventuale e comunque non proveniente direttamente o indirettamente da chi lo prospetta, in modo che la persona offesa non è coartata, ma si determina alla prestazione, costituente l'ingiusto profitto dell'agente, perché tratta in errore dall'esposizione di un pericolo inesistente. Si configura, invece, l'estorsione se il male viene indicato come certo e realizzabile ad opera del reo o di altri, poiché in tal caso la persona offesa è posta nella ineluttabile alternativa di far conseguire all'agente il preteso profitto o di subire il male minacciato fra le più recenti Sez. 2, n. 46084 del 21/10/2015 - dep. 20/11/2015, Levak, Rv. 265362 Sez. 2, n. 7662 del 27/01/2015 - dep. 19/02/2015, Lanza, Rv. 262574 . In altri termini, la condotta criminosa è volta, in entrambi i casi, al conseguimento di un ingiusto profitto che costituisca il prezzo pagato dalla vittima per evitare il male prospettatogli e il criterio differenziale sta nella coartazione o meno della volontà di quest'ultima se, cioè, la volontà della vittima risulta semplicemente manipolata o, piuttosto, irresistibilmente coartata. La coazione si distingue dalla manipolazione in quanto nel primo caso la vittima ha la percezione di non avere alternativa per evitare il pericolo, a prescindere dalla natura reale o immaginaria del stesso la sua volontà, dunque, non è indotta , bensì costretta nella direzione auspicata dall'autore del reato. Viceversa, si verte nell'ipotesi della truffa quando la minaccia dei pericolo immaginario, per la sua intrinseca consistenza, non ha diretta capacità coercitiva, ma influisce sulla volontà della vittima attraverso l'induzione in errore. La scelta della vittima di cooperare nel reato, quindi, è apparentemente libera , sebbene in realtà viziata dall'errore ingenerato mediante artifizi e raggiri. La concreta efficacia coercitiva, e non meramente manipolativa, della condotta minacciosa rispetto alla volontà della vittima, deve essere valutata con verifica ex ante, che prescinde dalla effettiva realizzabilità dei male prospettato Sez. 2, n. 11453 del 17/02/2016 - dep. 18/03/2016, Guarnieri, Rv. 26712401 . L'accertamento della capacità della minaccia dei pericolo immaginario di coartare in modo irresistibile la volontà della vittima, ovvero semplicemente di deviarne il naturale percorso di formazione mediante l'induzione in errore costituisce accertamento di merito che, se sorretto da motivazione immune da vizi logici e giuridici, si sottrae al sindacato di legittimità. Nella specie, il giudice di merito ha fatto corretta applicazione dei principi di diritto sopra esposti e la qualificazione giuridica dei fatti è corretta. Con riferimento al secondo motivo di ricorso, è sufficiente osservare che il delitto di sostituzione di persona può ritenersi assorbito in altra figura criminosa solo quando ci si trovi in presenza di un unico fatto, contemporaneamente riconducibile sia alla previsione di cui all'art. 494 cod. pen., sia a quella di altra norma posta a tutela della fede pubblica per contro, si ha concorso materiale di reati quando ci si trovi in presenza di una pluralità di fatti e quindi di azioni diverse e separate Sez. 6, n. 13328 del 17/02/2015 - dep. 30/03/2015, Scarano, Rv. 263076 . Nella specie, l'attività di falso ha avuto ad oggetto dei verbali di contravvenzione e, dunque, si tratta certamente di azione diversa da quella sussumibile nella fattispecie di cui all'art. 494 cod. pen. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato in relazione ad ogni profilo ivi dedotto. Al rigetto dei ricorso consegue la condanna dei ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.