Il giudice deve motivare adeguatamente sulla rifusione delle spese delle parti civili

Il giudice ha il dovere di fornire un’adeguata motivazione sulle singole voci dell’attività svolta dal patrono di parte civile e sulla congruità delle somme liquidate, tenuto conto di ciò che sono il numero e l’importanza delle questioni trattate, della tipologia ed entità delle prestazioni difensive ed avuto riguardo ai parametri fissati dalla normativa vigente.

In questo senso la Cassazione con la pronuncia n. 44342/16 del 19 ottobre. Il caso. Il Tribunale condannava un imputato ex art. 444 c.p.p. alla pena ritenuta di giustizia, condannandolo altresì alla rifusione delle spese sostenute dalle costituite parti civili. L’imputato ricorre dunque per la cassazione della pronuncia, lamentando vizi motivazionali e violazione di legge in relazione all’entità della somma riconosciuta in favore delle parti civili a titolo di rimborso per le spese sostenute, sottolineando l’assenza di motivazione che possa permettere di verificare l’individuazione delle singole attività defensionali sia la congruità delle somme liquidate. Il dovere del giudice di motivare. Considerato che la domanda di rifusione delle spese processuali avanzata dalla parte civile nel processo di cui all’art. 444 c.p.p. è estranea all’accordo tra il pm e l’imputato e che il giudice è tenuto a provvedere su tale richiesta con una pronuncia di condanna” solo dopo aver vagliato positivamente la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della pena concordata tra le parti, è indubbio che la parte della sentenza interessata sia legittimata a formulare i rilievi attinenti alla pertinenza delle voci di spesa, alla loro congruità e alla loro documentazione. Dunque il giudice ha il dovere di fornire un’adeguata motivazione sulle singole voci dell’attività svolta dal patrono di parte civile e sulla congruità delle somme liquidate, tenuto conto di ciò che sono il numero e l’importanza delle questioni trattate, della tipologia ed entità delle prestazioni difensive ed avuto riguardo ai parametri fissati dalla normativa vigente. Tale dovere è preordinato a consentire alle parti la doverosa verifica in ordine alla pertinenza delle singole voci di spesa e all’osservanza delle altre condizioni di legge nella liquidazione delle singole voci di spesa. Abrogazione delle tariffe professionali. Va aggiunto che, a seguito dell’abrogazione delle tariffe professionali ad opera dell’art. 9, comma 1, d.l. n. 1/2012, tali principi non hanno perduto il loro significato, ma, anzi, vanno ribaditi. Il giudice è infatti non più vincolato ai limiti minimi e massimi fissati per determinare ciò che deve essere rifuso a titolo di compenso per le prestazioni del patrono di parte civile, ma deve comunque fare riferimento ai parametri di cui al d.m. n. 140/2012 e, dunque, fornire adeguata motivazione sulla loro utilizzazione. Il d.m. n. 140 cit. descrive infatti quali debbano essere i parametri specifici per la determinazione del compenso . Il rinvio al giudice civile. La S.C., rilevato il vizio motivazionale della pronuncia impugnata, la annulla limitatamente alla statuizione sulle spese della parte civile con rinvio al giudice civile, ex art. 622 c.p.p Peraltro la Corte provvede, in relazione a quest’ultima disposizione, in conformità all’indirizzo secondo cui, in tema di patteggiamento, allorché la Cassazione annulli la pronuncia relativamente alla liquidazione delle spese a favore di parte civile effettuata globalmente” senza nessuna indicazione delle voci concorrenti a formare l’importo, il rinvio va effettuato al giudice penale a quo se la relativa statuizione manchi del tutto, mentre l’annullamento va disposto con rinvio al giudice civile competente per valore in grado d’appello – ex art. 622 cit. – laddove l’annullamento riguardi la statuizione circa il diritto della parte civile alla liquidazione delle spese ovvero il quantum effettivamente liquidato dal giudice.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 30 settembre – 19 ottobre 2016, n. 44342 Presidente Blaiotta – Relatore Piccialli Ritenuto in fatto Con sentenza del 3 febbraio 2016 il G.u.p. del Tribunale di Trani applicava ex art. 444 cod.proc.pen. a S.D. la pena ritenuta di giustizia per il reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale, condannando altresì l'imputato alla rifusione delle spese sostenute dalle costituite parti civili, che contestualmente liquidava in complessivi euro 1.759,50, oltre IVA e CAP, se e in quanto dovute, per ciascuna di esse. Nell'interesse dello S. è stato proposto ricorso per cassazione, con il quale si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, con riguardo all'entità della somma riconosciuta in favore delle parti civili a titolo di rimborso per le spese sostenute. Si sottolinea in particolare l'assenza di qualsiasi motivazione che permetta di verificare la individuazione da parte del giudicante delle singole attività defensionali sia la congruità delle somme liquidata, tenuto anche conto del numero delle parti civili 6 costituite nel presente procedimento. E' stata depositata memoria difensiva a sostegno del ricorso. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. Come ricordato anche dalle Sezioni Unite Sez. U, n. 40288 del 14 luglio 2011, Tizzi e altro, Rv. 250680 , infatti, considerato che la domanda di rifusione delle spese processuali avanzata dalla parte civile nell'ambito del processo instaurato nelle forme di cui all'art. 444 cod.proc.pen. è estranea all'accordo intercorrente tra il pubblico ministero e l'imputato e che il giudice è tenuto a provvedere su tale richiesta, con una pronuncia avente natura formale e sostanziale di condanna , soltanto dopo avere positivamente vagliato la sussistenza dei presupposti per l'applicazione della pena concordata tra le parti essenziali del processo, è indubbio che su questo capo della sentenza la parte interessata imputato o parte civile che sia è legittimata a formulare i rilievi attinenti alla pertinenza delle voci di spesa, alla loro congruità, alla loro documentazione. Correlativamente sussiste il dovere del giudice di fornire, pur nell'ambito di una valutazione discrezionale, un'adeguata motivazione sulle singole voci riferibili all'attività svolta dal patrono di parte civile e sulla congruità delle somme liquidate, tenuto conto del numero e dell'importanza delle questioni trattate, della tipologia ed entità delle prestazioni difensive ed avuto riguardo ai parametri fissati dalla normativa vigente. L'osservanza di tale dovere, che costituisce il risvolto del potere discrezionale di disporre la compensazione, totale o parziale, delle spese sostenute dalla parte civile, è preordinata a consentire alle parti la doverosa verifica in ordine alla pertinenza delle singole voci di spesa e all'osservanza delle altre condizioni di legge nella liquidazione delle singole voci di spesa fra le tante, da ultimo, Sez. 5, n. 14335 del 12/02/2014, Castano, Rv. 259101 . Una determinazione globale, senza distinzione tra onorari, competenze e spese, non consente alle parti di verificare il rispetto dei parametri normativi di riferimento e di controllare l'eventuale onerosità, necessaria per consentire, attraverso il sindacato di legittimità, l'accertamento della conformità della liquidazione a quanto risulta dagli atti ed ai criteri di determinazione fissati dalla normativa di riferimento v. Sez. Un., n. 6402 del 30 aprile 1997, Dessimone, in motivazione, nonché Sez. 4, n. 10920/07 del 29 novembre 2006, Velia, Rv. 236186 . Pertanto il giudice, nel liquidare dette spese, ha il dovere di fornire adeguata motivazione sia sull'individuazione delle voci riferibili effettivamente alle singole attività defensionali dedotte, che sulla congruità delle somme liquidate, avuto riguardo ai parametri normativamente fissati, al numero e all'importanza delle questioni trattate e alla natura ed entità delle singole prestazioni difensive Sez. 5, n. 39208 del 28 settembre 2010, Filpi, Rv. 248661 . Questi oramai consolidati principi non hanno peraltro perduto il loro significato a seguito dell'abrogazione delle tariffe professionali ad opera dei D.L. n. 1 dei 2012, art. 9, comma 1 convertito con modificazioni dalla L. n. 27 del 2012 ed anzi devono essere ribaditi, ancorché con le precisazioni rese necessarie dal mutamento del quadro normativo di riferimento. Se infatti il giudice non è più vincolato, come per il passato, ai limiti minimi e massimi fissati dalle medesime, nel determinare ciò che deve essere rifuso a titolo di compenso per le prestazioni dei patrono di parte civile, egli deve ora comunque fare riferimento - così come previsto dal cit. D.L. n. 1 del 2012, art. 9, comma 2 - ai parametri stabiliti nel D.M. 20 luglio 2012, n. 140 e, pertanto, fornire adeguata e specifica motivazione sulla loro utilizzazione. Dal combinato disposto degli artt. 1, 12, 13 e 14 del suddetto decreto si evince dunque la necessità di determinare il compenso - anche dei difensore della parte civile - in relazione all'impegno profuso nelle diverse fasi del procedimento così come enucleate dalle disposizioni citate, tenendo conto della natura, complessità e gravità del procedimento o del processo, delle contestazioni e delle imputazioni, del pregio dell'opera prestata, del numero e dell'importanza delle questioni trattate, anche a seguito di riunione dei procedimenti o dei processi, dell'eventuale urgenza della prestazione, nonché dei risultati del giudizio e dei vantaggi, anche civili e non patrimoniali, conseguiti dal cliente. Nella Tabella B allegata al D.M. n. 140/2012 sono poi elencati quei parametri specifici per la determinazione nel compenso evocati nel precedente art. 14, comma 1 come valori medi di riferimento per la liquidazione. Come precisato dall'art. 1, comma 1 del decreto, peraltro, si tratta di valori non vincolanti per il giudice, il quale però nel discostarsene deve dare conto delle ragioni per cui ha ritenuto nel caso concreto opportuno non tenerne conto al fine di un più corretto adeguamento del compenso liquidato all'effettivo contenuto della prestazione professionale. Nel caso di specie il G.u.p. del Tribunale di Trani ha provveduto a determinare in maniera globale l'entità delle spese sostenute dalla parte civile, senza specificare, come invece necessario alla luce di quanto testè osservato, la ripartizione delle somme riconosciute in relazione all'attività defensionale svolta nelle diverse fasi del procedimento, ne' l'indicazione delle modalità di calcolo seguite. Ed in particolare, ha liquidato in via del tutto generica a ciascuna delle parti civili 6 la somma ivi indicata, adottando una espressione più che generica se e in quanto dovuta . Risulta, pertanto, ancora evidente il vizio di motivazione denunciato dal ricorrente. Stabilita dunque, alla stregua delle notazioni che precedono, la sussistenza dei suddetto vizio, la sentenza impugnata va annullata limitatamente alla statuizione sulle spese della parte civile con rinvio al giudice civile, a norma dell'art. 622 cod.proc.pen Quanto all'applicabilità di tale ultima disposizione, il Collegio provvede in conformità all'indirizzo, avallato anche dalle Sezioni Unite Sez. U, n. 40288 del 14 luglio 2011, Tizzi e altro, Rv. 250680 , per il quale, in tema di patteggiamento, allorché la Corte di cassazione annulli la pronunzia del giudice relativamente alla liquidazione delle spese a favore della parte civile effettuata globalmente senza nessuna indicazione delle voci concorrenti a formare l'importo, il rinvio va fatto al giudice penale a quo se la relativa statuizione manchi del tutto, mentre l'annullamento va disposto con rinvio al giudice civile competente per valore in grado d'appello, in base al predetto art. 622, laddove l'annullamento riguardi la statuizione circa il diritto della parte civile alla liquidazione delle spese ovvero il quantum effettivamente liquidato dal giudice. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla liquidazione delle spese delle parti civili e rinvia al giudice civile competente per valore in grado di appello.