Il padre incapace in stato di abbandono: grava sulla figlia l’obbligo di assistenza

L'elemento oggettivo del reato di abbandono di persone minori o incapaci, di cui all'art. 591 c.p., è integrato da qualsiasi condotta, attiva od omissiva, contrastante con il dovere giuridico di cura o di custodia , gravante sul soggetto agente, da cui derivi uno stato di pericolo, anche meramente potenziale, per la vita o l'incolumità dei soggetto passivo.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 44089/16, depositata il 18 ottobre. Il caso. La Corte d'appello di Bari ha confermato la decisione di primo grado nei confronti dell'imputata, che l'aveva condannata per il delitto di abbandono di persone incapaci nei riguardi del padre. Ha presentato ricorso la difesa, che ha lamentato l'errata applicazione di legge in relazione all'art 591 c.p., poiché la Corte aveva mal interpretato la disposizione incriminante, che sarebbe integrata dal pericolo per l'incolumità fisica derivante dall'inadempimento dell'obbligo di assistenza, che non gravava sull'imputata, in quanto il padre non era affidato alla sua custodia. Con il secondo motivo è stata censurata, invece, l'errata applicazione della stesso art 591 c.p., in riferimento all'assenza di dolo, poiché i giudici non avevano valutato che la donna era nell'impossibilità di assistere il padre in quanto impegnata nell'assistenza di tre figli, ed aveva avuto più gravidanze a rischio. La richiesta di prescrizione dei reato è stata poi oggetto del terzo motivo. Reato di abbandono di persone minori o incapaci. A detta della Suprema Corte il primo motivo di ricorso è infondato. Deve premettersi infatti il solido orientamento della Corte riguardo ai presupposti necessari per l'integrazione del delitto de quo , individuati nel mantenimento di condotte contrarie all'obbligo giuridico di cura, gravante sul soggetto agente e nel verificarsi di uno stato di pericolo per il soggetto trascurato . In tal senso l'elemento oggettivo del reato di abbandono di persone minori o incapaci, di cui all'art. 591 c.p., è integrato da qualsiasi condotta, attiva od omissiva, contrastante con il dovere giuridico di cura o di custodia , gravante sul soggetto agente, da cui derivi uno stato di pericolo, anche meramente potenziale, per la vita o l'incolumità dei soggetto passivo . Stato di pericolo per la salute. La Corte chiarisce poi che dalle sentenze di merito emerge senza margini di dubbio lo stato di pericolo concreto per la salute, in cui versava da lungo tempo il padre della ricorrente. Tale apparato motivazionale è stato richiamato dalla sentenza di appello, andando così ad integrarne l'esposizione degli argomenti logico-giuridici giustificativi della decisione, che illustrano correttamente e razionalmente le ragioni per le quali in capo alla ricorrente è stato ritenuto l'obbligo giuridico di cura nei confronti del genitore, la cui violazione ha comportato, nel verificarsi degli altri presupposti di legge, la conferma della declaratoria di responsabilità penale. A fronte della adeguata ed esatta motivazione di cui si è detto, il ricorso ha contestato la decisione riguardo al punto del ritenuto dovere di cura gravante sull'imputata, sostenendo che la donna non aveva mai avuto in custodia il padre. Tale critica non appare condivisibile, proprio in considerazione dell'ampia nozione di obbligo di cura ed assistenza elaborata dalla riflessione della Corte, all'interno della quale le decisioni di merito si sono correttamente mantenute, individuando, anzi, congrui parametri normativi di riferimento per la sua definizione . Necessità del dolo generico. Quanto al secondo motivo, deve rilevarsene l'inammissibilità, in quanto ripetitivo rispetto alla uguale doglianza formulata in appello, alla quale la Corte barese ha adeguatamente risposto, sottolineando - in conformità all'orientamento di questa Corte - la necessità del dolo generico, che nella fattispecie è stato esattamente ritenuto integrato tramite il congruo richiamo alle informazioni che l'imputata aveva avuto da due soggetti qualificati, come il medico e l'assistente sociale, circa le pessime condizioni di vita e di salute del padre . La non manifesta infondatezza del primo motivo di ricorso consente di rilevare l'eccepita prescrizione del reato. La Suprema Corte, alla luce di tali motivazioni, annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essersi il reato estinto per intervenuta prescrizione.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 2 maggio – 18 ottobre 2016, n. 44089 Presidente Bruno – Relatore De Gregorio Ritenuto in fatto Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Bari ha confermato la decisione di primo grado nei confronti dell'imputata, che l'aveva condannata a pena di giustizia per il delitto di abbandono di persone incapaci nei riguardi dei padre, fatto di Luglio 2006. 1. Ha presentato ricorso la difesa, che ha lamentato l'errata applicazione di legge in relazione all'art 591 cp, poiché la Corte aveva mal interpretato la disposizione incriminante, che sarebbe integrata dal pericolo per l'incolumità fisica derivante dall'inadempimento dell'obbligo di assistenza, che non gravava sull'imputata, in quanto il padre non era affidato alla sua custodia. 1 2Il secondo motivo è stata censurata l'errata applicazione della stesso art 591 cp, in riferimento all'assenza di dolo, poiché i Giudici non avevano valutato che la donna era nell'impossibilità di assistere il padre in quanto impegnata nell'assistenza di tre figli ed aveva avuto più gravidanze a rischio. 1.3 La richiesta di prescrizione dei reato è stata oggetto dei terzo motivo. All'odierna udienza il Pg, drssa F., ha concluso per l'annullamento senza rinvio per prescrizione del reato. Considerato in diritto Il primo motivo di ricorso è infondato. 1. Deve premettersi il solido orientamento di questa Corte riguardo ai presupposti necessari per l'integrazione del delitto de quo, individuati nel mantenimento di condotte contrarie all'obbligo giuridico di cura, gravante sul soggetto agente e nel verificarsi di uno stato di pericolo per il soggetto trascurato. In tal senso, Sez. 1, Sentenza n. 35814 del 30/04/2015 Ud. dep. 02/09/2015 Rv. 264566 L'elemento oggettivo del reato di abbandono di persone minori o incapaci, di cui all'art. 591 cod. pen., è integrato da qualsiasi condotta, attiva od omissiva, contrastante con il dovere giuridico di cura o di custodia , gravante sul soggetto agente, da cui derivi uno stato di pericolo, anche meramente potenziale, per la vita o l'incolumità dei soggetto passivo. Fattispecie nella quale la Corte ha escluso la sussistenza del reato a carico del responsabile dei reparto di psichiatria di una casa di cura, nonché coordinatore del personale infermieristico, in quanto le mansioni svolte non gli consentivano di impartire disposizioni vincolanti sulle modalità di sorveglianza del paziente, né sulle cure cui lo stesso doveva essere sottoposto . 2. Prima di esaminare la doglianza avanzata col primo motivo deve chiarirsi che dalle sentenze di merito emerge senza margini di dubbio lo stato di pericolo concreto per la salute, in cui era da lungo tempo il padre della ricorrente tale condizione, presupposto dei reato in parola, del resto, è stata posta in discussione dal ricorso solo con inammissibili argomenti in fatto, attraverso un'interpretazione alternativa delle deposizioni T. e L 2.1 Va, inoltre, osservato che il primo Giudice ha ampiamente motivato sul tema del dovere giuridico, oltre che morale, di cura ravvisabile in capo all'imputata verso il padre, tramite una corretta interpretazione sistematica delle norme di livello costituzionale riguardanti il riconoscimento della famiglia come società naturale art 29 Cost , il suo inquadramento tra le formazioni sociali ove si svolge la personalità dei singoli e l'adempimento dei doveri di solidarietà sociale art 3 Cost , nonchè di quelle del codice civile che impongono il dovere di rispetto dei figli verso i genitori, che diventa concretamente stringente in caso di stato di bisogno ed incapacità del singolo a provvedere al proprio mantenimento art 433 cc . A completamento della ricognizione normativa, sono state convenientemente citate le norme contenute nel codice civile sull'amministrazione di sostegno, dirette ai figli, per l'attivazione di meccanismi giuridici di protezione dei genitori non autonomi. 2.2 Tale congruo apparato motivazionale è stato richiamato dalla sentenza di Appello, andando così ad integrarne l'esposizione degli argomenti logico-giuridici giustificativi della decisione, che illustrano correttamente e razionalmente le ragioni per le quali in capo alla ricorrente è stato ritenuto l'obbligo giuridico di cura nei confronti del genitore, la cui violazione ha comportato, nel verificarsi degli altri presupposti di legge, la conferma della declaratoria di responsabilità penale. 2.3 La decisione risulta in tal modo in armonia con l'antico ma chiaro indirizzo di questa Corte, che ha ritenuto il valore etico sociale della sicurezza personale come bene/interesse tutelato dalla norma incriminante, senza porre limiti nell'individuazione delle fonti da cui derivano gli obblighi di assistenza e cura. In tal senso Sez. 5, Sentenza n. 290 del 30/11/1993 Ud. dep. 14/01/1994 Rv. 196779 La norma dell'art. 591 cod. pen. tutela il valore etico sociale della sicurezza della persona fisica contro determinate situazioni di pericolo. In questa prospettiva, nessun limite si pone nella individuazione delle fonti da cui derivano gli obblighi di custodia e di assistenza che realizzano la protezione di quel bene e che si desumono dalle norme giuridiche di qualsivoglia natura, da convenzioni di natura pubblica o privata, da regolamenti o legittimi ordini di servizio, rivolti alla tutela della persona umana, in ogni condizione ed in ogni segmento del percorso che va dalla nascita alla morte. Ad ogni situazione che esige detta protezione fa riscontro uno stato di pericolo che esige un pieno attivarsi, sicché ogni abbandono diventa pericoloso e l'interesse risulta violato quando la derelizione sia anche solo relativa o parziale. Nella fattispecie concernente sanitario che rivestiva la qualifica di assistente con incarico di reperibilità presso una clinica privata che, malgrado l'evidente gravità della patologia del paziente, poi deceduto, anziché intervenire prontamente, per sopperire all'inadeguatezza del medico di guardia, palesata dalla delicatezza dei caso, si era limitato a dare per telefono generiche indicazioni ed a suggerire di attendere l'evoluzione del quadro clinico. . 2.4 A fronte della adeguata ed esatta motivazione di cui si è dato conto, il ricorso ha contestato la decisione riguardo al punto dei ritenuto dovere di cura gravante sull'imputata, sostenendo che la donna non aveva mai avuto in custodia il padre. Tale critica non appare condivisibile, proprio in considerazione dell'ampia nozione di obbligo di cura ed assistenza elaborata dalla riflessione di questa Corte, innanzi citata, all'interno della quale le decisioni di merito si sono correttamente mantenute, individuando, anzi, congrui parametri normativi di riferimento per la sua definizione. 3. Quanto al secondo motivo, deve rilevarsene l'inammissibilità, in quanto ripetitivo rispetto alla uguale doglianza formulata in appello, alla quale la Corte barese ha adeguatamente risposto, sottolineando - in conformità all'orientamento di questa Corte - la necessità dei dolo generico, che nella fattispecie è stato esattamente ritenuto integrato tramite il congruo richiamo alle informazioni che l'imputata aveva avuto da due soggetti qualificati, come il medico e l'assistente sociale, circa le pessime condizioni di vita e di salute del padre. 4. La non manifesta infondatezza del primo motivo di ricorso consente di rilevare l'eccepita prescrizione del reato, maturatasi il 29 Dicembre 2014. Alla luce delle considerazioni che precedono la sentenza deve essere annullata senza rinvio per essersi il reato estinto per intervenuta prescrizione. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essersi il reato estinto per intervenuta prescrizione.