Tenera età e condizionamento: quando la credibilità della vittima è a rischio

In materia di reati sessuali su minori in tenera età, il diniego, da parte del magistrato procedente, di disporre una perizia finalizzata a valutare l'adesione della narrazione alla realtà, non è legittimo, in dipendenza di eventuali elaborazioni fantasiose proprie dell'età o della struttura personologica del minore .

E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 43245/16, depositata il 13 ottobre. Il caso. La Corte d'appello di Milano, confermando la statuizione del giudice di prime cure, condannava un imputato per gli illeciti di cui agli artt. 81, comma 2 continuazione , 609- quater , comma 1, n. 1 atti sessuali con soggetto minore degli anni quattordici , e comma 5 atti sessuali con soggetto minore degli anni dieci , 609- ter , comma 2, c.p. circostanze aggravanti . Il condannato ricorreva per cassazione, lamentando contraddittorietà e carenza di motivazione della pronuncia in relazione all'attendibilità dei minori, vittime del reato. L'impugnante, inoltre, rilevava una carenza motivazionale con riferimento al diniego della sua richiesta di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale per l'espletamento di una perizia ai sensi dell'art. 196, comma 2, c.p.p Attendibilità del minore. Il Collegio ha, preliminarmente, preso atto del fatto che la Corte non ha risposto alla richiesta di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale per l'espletamento di una perizia, ex art. 196, comma 2, c.p.p Gli Ermellini hanno, inoltre, sottolineato come i giudici di merito abbiano dedotto l'attendibilità delle persone offese soltanto dalla circostanza che la professionista, che per prima aveva raccolto le rivelazioni delle medesime e sporto denuncia, non avesse nutrito alcun dubbio in relazione alla veridicità di quelle dichiarazioni. I Giudici del Palazzaccio hanno rilevato come la Corte territoriale non si sia preoccupata di motivare l'affermata credibilità delle affermazioni dei minori, pur in presenza di resoconti frammentari, resi dalle vittime, peraltro ancora molto giovani. Il Collegio ha, quindi, ricordato il principio per cui, in materia di reati sessuali su minori in tenera età, il diniego, da parte del magistrato procedente, di disporre una perizia finalizzata a valutare l'adesione della narrazione alla realtà, non è legittimo, in dipendenza di eventuali elaborazioni fantasiose proprie dell'età o della struttura personologica del minore . La giovinezza della persona offesa, infatti, può rendere complicata la ricostruzione delle circostanze e dei fatti che è necessaria per una testimonianza. La Corte, inoltre, ha evidenziato come i bambini molto piccoli presentino modalità relazionali imitative ed adesive e possano, pertanto, subire il condizionamento di stimoli esterni. Esame omnicomprensivo e motivazione rafforzata. Pur non mancando di rilevare che le dichiarazioni sugli abusi erano state rese da soggetti minorenni non più in tenera età e a distanza di dieci anni dai fatti incriminati, i Giudici di Piazza Cavour hanno criticato la carenza motivazionale che affligge le argomentazioni della Corte di merito in relazione all'asserito, non necessario, espletamento della perizia. Gli Ermellini hanno chiosato, chiarendo che l'esame delle dichiarazioni delle persone offese da reati sessuali deve essere omnicomprensivo e deve, quindi, vertere sulla posizione psicologica del dichiarante, la sua attitudine a testimoniare, le condizioni emozionali, le dinamiche familiari e i processi di rielaborazione del vissuto. Nel caso di specie, infine, la circostanza che vi sia stato un notevole distacco temporale tra l'accaduto e il suo disvelamento, pone in capo al giudice un onere di motivazione rafforzata, tesa ad escludere che il trascorrere del tempo possa aver minato l'attendibilità delle rivelazioni delle vittime. Per le ragioni sopra esposte, la Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 13 luglio – 13 ottobre 2016, n. 43245 Presidente Andreazza – Relatore Gai Ritenuto in fatto 1. Con sentenza dell'11 novembre 2015, la Corte d'appello di Milano ha confermato la sentenza dei Tribunale di Milano con la quale I. E. R. era stato condannato in relazione al reato di cui agli art. 81 comma 2, 609-quater comma 1 n. 1 e comma 5, 609 ter comma 2 cod.pen. commessi in Milano nel 2000, ai danni di P. e M.G., alla pena di anni sette di reclusione, oltre pene accessorie e condanna al risarcimento dei danno alle parti civili costituite. 2. Avverso la sentenza di condanna ha presentato ricorso I. E. R., a mezzo del difensore di fiducia, e ne ha chiesto l'annullamento per i seguenti motivi enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen. 2.1. Con un primo e articolato motivo deduce la violazione di cui all'art. 606 comma 1 lett. e cod.proc.pen. in relazione alla illogicità, contraddittorietà e mancanza di motivazione sull'attendibilità dei minori P. e Sostiene il ricorrente che la Corte d'appello non avrebbe considerato le innumerevoli contraddizioni nel racconto dei due minori, minori all'epoca del racconto rispetto a fatti avvenuti dieci anni prima quando erano in tenerissima età che avrebbe omesso di motivare sulla richiesta di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale per l'espletamento di una perizia sulla capacità a testimoniare degli stessi che la motivazione in ordine alla ritenuta capacità a testimoniale sarebbe, ictu oculi, illogica perché fondata sulla circostanza che fu presentata denuncia da parte della dottoressa che per prima raccolse le rivelazioni di P., soggetto che presentava disturbi comportamentali e che, in ragione di ciò, avrebbe richiesto approfondimento investigativo sulla sua capacità a testimoniare che la Corte avrebbe omesso di confrontarsi con le specifiche censure mosse nei motivi di appello sulla evenienza che i fatti si fossero svolti presso altra comunità, ove i minori erano stati collocati in precedenza, e ciò si riverserebbe sulla stessa identificazione dei ricorrente, identificazione avvenuta tramite le fattezze corporali. La Corte d'appello avrebbe, poi, disatteso gli arresti della giurisprudenza di legittimità che, in tema di valutazione della testimonianza di un minore, impongono un giudizio onnicomprensivo nella valutazione della credibilità, giudizio dei tutto pretermesso dai giudici milanesi che non avrebbero considerato la peculiare situazione famigliare e il rapporto dei minori con la madre. Anche la valutazione della credibilità intrinseca sarebbe illogica, e la ritenuta frammentarietà delle dichiarazioni, quale elemento di ritenuta positiva attendibilità. Infine l'affermata circostanza che i fatti erano avvenuti quando i minori erano in tenera età, lungi da configurare un elemento di prova dell'attendibilità, avrebbe dovuto imporre un maggior rigore, da parte dei giudici di appello, nella valutazione dell'attendibilità di costoro. 2.2. Con il secondo motivo deduce la violazione dell'art. 606 lett. e cod.proc.pen. in relazione all'omessa motivazione della richiesta di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale per l'espletamento di una perizia ai sensi dell'art 196 comma 2 cod.proc.pen., richiesta avanzata nei motivi di appello, a cui la Corte non avrebbe dato risposta. 2.3. Con il terzo motivo l'erronea applicazione della legge penale in relazione al diniego di concessione dell'ipotesi di minore gravità di cui all'art. 609 quater comma 3 cod.proc.pen. in presenza di motivazione assertiva che non si misura con le condotte poco insidiose per le concrete modalità del fatto. 3. In udienza, il Procuratore generale ha chiesto che il ricorso sia rigettato. Considerato in diritto 4. II ricorso è fondato con riguardo al primo e secondo motivo di ricorso, restando assorbito il terzo motivo. 4.1. In primo luogo la sentenza impugnata non risponde alla richiesta di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale per l'espletamento di una perizia ai sensi dell'art. 196 comma 2 cod.proc.pen., limitandosi a rigettare la richiesta di acquisizione dei parere forense del dott. Camerini, allegato ad una memoria depositata ex art. 121 cod.proc.pen. pag. 8 , e confermando la capacità a testimoniare e l'attendibilità dei minori con motivazione illogica e, in parte, anche assertiva, come denunciato con l'articolato primo motivo di ricorso che è, per le ragioni che verranno esposte, fondato. Dalla lettura della sentenza impugnata risulta che i giudici milanesi hanno escluso, a carico dei minori P. e M., specifiche problematiche di natura psichiatrica tali da porre in dubbio la capacità a testimoniare dei medesimi, mentre i disturbi comportamentali rilevati a carico dei P. non erano tali, a giudizio della corte territoriale, da mettere in dubbio la sua capacità a testimoniare in ragione della circostanza che la dott. S., che raccolse le prime rivelazioni dei minore, non dubitò affatto che il ragazzino avesse riportato le circostanze di un illecito realmente verificatosi e fece scattare la denuncia pag. 8 . Motivazione che appare, ictu oculi, carente rispetto all'articolata censura mossa dal ricorrente vedi supra par. 2.1. , e, altresì, illogica nella parte in cui desume l'assenza di profili di dubbio circa la capacità a testimoniare dalla circostanza che la dottoressa presentò denuncia e ciò in quanto non può, in via logica, dedursi la capacità a testimoniare e la veridicità dei racconto dalla circostanza che la dott.ssa S. presentò una denuncia, atto che era, all'evidenza, doveroso, ma dal quale non si può inferire la prova dell'attendibilità dei racconto. 4.2. Parimenti si appalesa dei tutto assertiva la conclusione, cui giunge la sentenza, secondo cui il racconto dei minori non può essere frutto d'inattendibilità intrinseca, non risultando elementi, che consentano di affermare la loro inclinazione al mendacio od alla manipolazione degli eventi pag. 8 . Sotto questo profilo la sentenza offre una motivazione assertiva e apodittica non offrendo elementi positivi a cui ancorare la positiva valutazione di attendibilità, e, in parte, anche, contraddittoria nella parte in cui, pur dando atto di un racconto frammentario dei minori, in quanto i fatti si erano svolti quando i minori erano molti piccoli, P. anni 5 e M. anni 6 pag. 9 e raccontati a molti anni di distanza dai fatti, giunge a ritenere la veridicità del narrato da costoro. Proprio la tenera età era circostanza che doveva indurre i giudici dell'impugnazione a valutare compiutamente la richiesta di rinnovazione dell'istruttoria per l'espletamento di una perizia sulla capacità a testimoniare dei minori ovvero ad argomentare in modo adeguato le ragioni per le quali, alla luce dei compendio probatorio in atti, tale integrazione non era necessaria. La carenza motivazionale rispetto alla richiesta istruttoria e l'illogicità e/o assertività con cui è stata affermata la credibilità dei minori integrano la violazione denunciata. 5. Come è noto questa Corte, nel ritenere, in generale, che l'assenza di perizia sulla capacità dì testimoniare non preclude la valutazione positiva dell'attendibilità della persona offesa vittima di reati sessuali in presenza di congrua motivazione Sez. 3, n. 38211 del 07/07/2011, Rv. 25138 , ha, tuttavia affermato il principio secondo cui in tema di reati sessuali su minori in tenera età, è illegittimo, per violazione del principio della formazione della prova in contraddittorio, il rifiuto dei giudice di disporre una perizia psicologica, al fine di accertare l'aderenza alla realtà o meno della narrazione dei fatti, in dipendenza di eventuali elaborazioni fantasiose proprie dell'età o della struttura personologica del minore Sez. 3, n. 40851 dei 18/07/2012, P.M Rv. 253689 Sez. 3, n. 17339 del 04/12/2012, G., Rv. 255285 Sez. 3, n. 26692 del 23/02/2011, B., 250629 vedi anche Sez. 3, n. 38211 del 07/07/2011, C, Rv. 251381 Sez. 3, n. 37147 del 18/09/2007, P.M. in proc. Scancarello e altri, Rv. 237554 . La tenera età delle persone offese è circostanza che non può non portare a considerare, con particolare rilievo, la necessità di verificare con scrupolo le capacità di memorizzazione della stessa, allorquando rievochi i fatti occorsile. E' un dato indubitabile quello secondo cui, tanto più è ridotta l'età del minore tanto più può essere difficile l'operazione, da parte dello stesso, di ricostruzione dei fatti che la testimonianza comporta. Inoltre, non può non considerarsi che i bambini in tenera età presentano modalità relazionali orientate in senso imitativo ed adesivo e siano influenzabili da stimoli esterni potenzialmente suggestivi, con possibilità di non essere in grado di differenziare le proprie opinioni da quelle dell'interlocutore Sez. 3, n. 24248 del 13/05/2010, 0.1, Rv. 247285 . 6. Nel caso in scrutinio gli abusi sessuali contestati al R., presso la Comunità ove le persona offese erano ospiti, sarebbero stati commessi quando i minori avevano, rispettivamente, cinque e sei anni, e vennero disvelati a dieci anni dai fatti, dapprima dal minore P., poi confermati dal fratello M., alla madre e al convivente di lei. Dunque, al momento in cui i fatti erano stati svelati non si era più in presenza di minori in tenera età, situazione che imponeva, secondo gli arresti sopra ricordati, lo svolgimento nel contraddittorio di una perizia sulla capacità di testimoniare. Ciò non di meno, la Corte distrettuale non ha adeguatamente spiegato le ragioni per le quali riteneva non necessario l'espletamento di perizia al fine di accertare l'aderenza alla realtà o meno della narrazione dei fatti, in dipendenza di eventuali elaborazioni fantasiose proprie dell'età o della struttura personologica dei minori al momento dei fatti e l'incidenza del tempo trascorso rispetto al momento della narrazione avvenuta quando i minori erano adolescenti. In particolare, la corte territoriale dopo aver escluso problematiche specifiche di natura psichiatrica dei minori G., tali da far sospettare l'incapacità a testimoniare pag. 8 ha evidenziato come la dott.ssa S. avesse rilevato disturbi comportamentali per il solo P., segno di un evidente disagio psicologico pag.8 , evidenze riprese nel parere medico del prof. Camerini, che la corte ha trascurato limitandosi a respingere l'acquisizione dei parere medico legale del prof. Camerini, laddove il citato parere medico, avrebbe dovuto essere considerato ai fini della richiesta di perizia. 6.1. Dunque, in continuità con la pronuncia di questa Corte n. 948 del 07/10/2014, Rv. 261926, secondo cui solo con riferimento a reati sessuali su minori in tenera età è illegittimo il rifiuto del giudice di disporre una perizia psicologica in contraddittorio al fine di accertare l'aderenza alla realtà o meno della narrazione dei fatti, in dipendenza di eventuali elaborazioni fantasiose proprie dell'età o della struttura personologica del minore sui minori in tenera età, Sez. 3, n. 26692 dei 23/02/2011, B., Rv. 250629 Sez. 3, n. 40851 del 18/07/2012. P., Rv. 253689 , ciò non di meno, non si può escludere, alla luce dei caso concreto, che l'accertamento peritale possa essere disposto, alle medesime condizioni, anche nei confronti di minori non in tenera età al momento dei disvelamento rispetto a fatti accaduti quando erano in tenera età, e che, qualora vi sia stata richiesta l'integrazione probatoria, il giudice dei merito, nel caso di rigetto, debba dar conto, con motivazione rafforzata le ragioni dei diniego. 6.2. Dal provvedimento impugnato risulta che la Corte milanese non si è attenuta ai principi sopra richiamati. La corte territoriale ha liquidato la richiesta di perizia con motivazione dei tutto carente rispetto alla domanda, essendosi limitata a rigettare la richiesta di acquisizione di un parere medico prodotto dalla difesa e, dunque, ricorre, anche, una vera e propria omissione di pronuncia. Per il resto la motivazione sulla attendibilità intrinseca si è risolta in affermazioni assertive, apodittiche e illogiche vedi supra par. 4 . 7. La sentenza impugnata va, dunque, annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte d'Appello di Milano. Nel giudizio di rinvio la Corte dovrà attenersi al principio sopra enunciato. Dovrà, altresì, attenersi, nel procedere a tale giudizio, ai principi affermati da questa Corte in tema di valutazione delle dichiarazioni dei minori vittime di reati sessuali secondo cui la valutazione delle dichiarazioni testimoniali del minore che sia parte offesa di un delitto di tipo sessuale - proprio in considerazione delle assai complesse implicazioni che siffatta materia comporta di ordine etico, culturale ed affettivo e delle quali non è facile stabilire l'incidenza in concreto - presuppone un esame della sua credibilità in senso omnicomprensivo, valutando la posizione psicologica del dichiarante rispetto al contesto di tutte le situazioni interne ed esterne la sua attitudine, in termini intellettivi ed affettivi, a testimoniare, tenuto conto della capacità dei minore di recepire le informazioni, di ricordarle e raccordarle nonché, sul piano esterno, le condizioni emozionali che modulano i suoi rapporti con il mondo esterno la qualità e la natura delle dinamiche familiari i processi di rielaborazione delle vicende vissute, con particolare attenzione a certe naturali e tendenziose affabulazioni Cass., sez. 3^, 4 ottobre 2007, Bagalà . AI principio della valutazione onnicomprensiva, che, affermato sin da risalenti sentenze Sez. 3, n. 39994 del 26/09/2007, Sez. 3, n. 35224 dei 23/05/2007, Sez. 3, n. 42984 del 04/11/2007 , può dirsi orami un approdo consolidato Sez. 3, n. 8057 del 06/12/2012, Rv. 254741 , dovrà attenersi il giudice dei giudizio di rinvio. Ed ancora, per la peculiare situazione di disvelamento dei fatti a molti anni di distanza, il giudice sarà tenuto ad una motivazione rafforzata che dia conto della inidoneità dei distacco temporale ad incidere sull'attendibilità delle dichiarazioni, in particolare precisando se non siano intervenuti fattori esterni di disturbo , o se questi, ove intervenuti, non si siano comunque dimostrati in grado di alterare il corretto ricordo dei fatti Sez 3, n. 30865 del 14/05/2015, M., Rv. 264248 . Resta, quindi, affidato al giudice dei rinvio, in ragione della pregiudizialità dei motivo, l'intero aspetto della valutazione delle dichiarazioni della minore, cui dovrà seguire l'ulteriore profilo della identificazione dell'autore dei reati nel ricorrente R. I. E., in considerazione del fatto che i minori furono ospiti di due Comunità distinte e all'identificazione del R. si pervenne in ragione del ruolo di educatore e dei suoi connotati fisici avendo i giudici dei merito primo e secondo grado escluso ogni rilievo probatorio nel riconoscimento fotografico. 8. E' assorbito il terzo motivo di ricorso con cui si censura la sentenza in relazione al mancato riconoscimento dell'ipotesi di cui all'art. 609 quater comma 3 cod.proc.pen. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Milano.