Imparzialità e incompatibilità del giudice della prevenzione: possibile ricusarlo?

Il procedimento di prevenzione ha natura giurisdizionale devono quindi applicarsi tutte le norme in tema di incompatibilità, astensione e ricusazione che non siano incompatibili con le specificità del procedimento stesso.

Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Prima Penale, con la sentenza n. 43081 depositata il 12 ottobre 2016. Giudizio o pre-giudizio? Siamo nel microcosmo che tanto micro, in realtà, non è affatto delle misure di prevenzione. Una Terra di Mezzo” che vive di regole proprie, giustificate – com’è noto – dalla natura particolarissima degli scopi perseguiti dal sistema preventivo. Due soggetti, padre e figlio, sono proposti l’uno per l’applicazione di una misura personale, l’altro per l’aggravamento di quella già applicatagli in precedenza. Entrambi ricusano uno dei giudici del collegio era già componente del medesimo organo giudiziario – il Tribunale di Reggio Calabria - che aveva, qualche anno addietro, valutato la loro posizione a quei tempi uno dei due, prima di essere promosso a proposto”, era un semplice terzo interessato” . La Corte di appello reggina respingeva la richiesta di ricusazione, e da qui ecco il ricorso per cassazione, articolato su diverse censure. La natura speciale del procedimento di prevenzione, ovvero la fonte di tanti interrogativi. E’ proprio l’autonomia, per molti versi sconfinante nella più assoluta a volte incomprensibile originalità, del procedimento di prevenzione a generare problemi ermeneutici del tipo di quelli qui affrontati. Si può fare applicazione della disciplina dell’astensione e della ricusazione, istituti posti a presidio della imparzialità e della impregiudicatezza del decidente, nati e concepiti nel processo penale e per il processo penale? A monte vi è un interrogativo che, ne siamo convinti, non riceverà mai convincenti risposte le misure di prevenzione vanno a braccetto con il diritto penale, per dirla in vulgaris , ma non sono appartenenti a pieno titolo a questo settore giuridico. Dopo avere scritto questa frase, e dopo averla riletta, vien subito da pensare in cosa consiste concretamente questa parentela tra processo penale e processo di prevenzione? Gli Ermellini, con la sentenza in esame, provano a darci una risposta ma, ve lo anticipiamo subito, non è una risposta del tutto soddisfacente il punto di partenza è la natura giurisdizionale del procedimento di prevenzione. E questo caposaldo ci consente soltanto di affermare che non siamo di fronte ad un procedimento amministrativo. Poi, testualmente, si ricade nel solito problema della specificità” la conformazione normativa del procedimento di prevenzione [] mantiene una connotazione sui generis assomiglia al procedimento penale di esecuzione, non a quello di cognizione. Vi è da dire che la Consulta, dal canto suo, ha cercato di giurisdizionalizzare ancor di più il sistema della prevenzione, incrementando il numero delle somiglianze – sembra quasi un’operazione di chirurgia giuridico-estetica – con il procedimento penale di cognizione. Detto questo il giudice della prevenzione può ricusarsi per tutte le ipotesi previste dal codice di rito? Ricusazione sì, ma solo in alcune ipotesi. La risposta all’interrogativo con cui abbiamo chiuso il precedente paragrafo, quindi, è negativa. Intanto, la Suprema Corte osserva che nel sistema processuale della prevenzione non è fonte di incompatibilità – anzi, è assolutamente normale – il pre-giudizio” derivante dalla pronuncia, nel primo grado di giudizio, di un provvedimento cautelare. Il giudice del sequestro, per intenderci, sarà anche colui che pronuncerà la confisca. E fin qui, nulla di anomalo. Ciò posto, siccome bisogna garantire la giurisdizionalità del procedimento, vi saranno certamente alcune ipotesi in cui il giudice della prevenzione dovrà astenersi e per alcune di esse, in difetto di astensione, potrà essere ricusato. Gli Ermellini le elencano puntigliosamente divieto di partecipare a più gradi del medesimo giudizio, ragioni di parentela con i soggetti del procedimento, interesse in quest’ultimo, particolari rapporti con le parti o col difensore, indebita manifestazione di parere sull’oggetto del procedimento, grave inimicizia, parentela col pm, indebita anticipazione del proprio convincimento. Impossibile ricusare il giudice che ha ritualmente già espresso il proprio convincimento. No alla ricusazione se il decidente, nel corso del medesimo procedimento, ha già espresso – in altro momento, evidentemente – il proprio convincimento. Ecco uno dei tanti adattamenti, destinati a creare la solita confusione interpretativa è la particolare natura del procedimento di prevenzione che impedisce di fare applicazione di un principio sicuramente valido nel giudizio ordinario di cognizione. Quindi non è calzante il richiamo, operato dai ricorrenti, alla nota decisione della Consulta che ha introdotto l’ipotesi della ricusazione per l’espressione di giudizio in altro procedimento anche non penale” avente ad oggetto lo stesso fatto e la stessa persona. Con un’interpretazione che può legittimamente lasciare perplessi in realtà non mancano letture di segno opposto, anche recentissime, provenienti dalla stessa Cassazione, che testimoniano la confusione regnante ma che in questo caso vengono disattese , la incompatibilità derivante dal pre-giudizio” non vale se il giudice ricusato è colui che deve concludere il procedimento di prevenzione. Di contro, l’adozione di una pronuncia preventiva genera incompatibilità con una successiva, eventuale decisione attinente alla rilevanza penale di quel medesimo fatto. Niente da fare siamo ancora lontani dalla purezza delle forme. Non si rimane soddisfatti, leggendo il principio di diritto estrapolabile dalla sentenza in commento. L’insoddisfazione è dovuta alla portata contingente di ogni decisione riguardante il microcosmo della prevenzione. Troppi distinguo, troppe eccezioni alle consuete regole del penale”. Sarà pure un sistema ibrido, però è gestito dalla giustizia penale siamo davvero sicuri che potrà reggere ancora per molto un sistema che si fonda su di una imperfetta somiglianza tra due modelli processuali simili nelle forme ma diversi negli scopi? Non sarebbe meglio – dato che di giurisdizionalizzazione si parla – azzerare ogni differenza quantomeno procedurale? Conosciamo già la risposta è impossibile.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 27 maggio – 12 ottobre 2016, numero 43081 Presidente Mazzei – Relatore Magi Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Reggio Calabria, con ordinanza emessa in data 12 febbraio 2015 emessa a seguito di procedura partecipata, in riferimento a quanto deciso da questa 1^ Sezione con sentenza numero 1634 del 2015 ha, per quanto qui rileva, respinto l’istanza di ricusazione proposta da A.D. classe XXX e A.R. classe XXX nell’ambito del procedimento di prevenzione numero 170/2012 RG e relativa ad uno dei componenti del collegio giudicante la dott.ssa Alessandra Borselli , essendo venuta meno - per intervenuta astensione - la necessità di verifica della posizione di altro componente. In fatto, dal provvedimento risulta che a con provvedimento emesso il 20 dicembre 2012 il Tribunale di Reggio Calabria composto anche dal giudice oggi ricusato aveva applicato la misura di prevenzione personale e patrimoniale nei confronti di A.D. b in tale procedimento vi era stata considerazione della posizione di A.R. figlio di D. in qualità di terzo intestatario di taluni beni ritenuti riconducibili di fatto al padre D. e pertanto confiscati c in seguito, è stata promossa nuova azione di prevenzione nei confronti, in via diretta, di A.R. - indicato quale portatore di pericolosità - nonché nei confronti di A.D. , sub specie aggravamento della antecedente misura personale, con proposta di confisca di ulteriori beni formalmente intestati ad A.D. ma ritenuti riconducibili ad A.R. . Nel valutare le prospettazioni difensive, tese ad evidenziare la ricorrenza dell’ipotesi di cui all’articolo 37 co.1 lett. b cod.proc.penumero per l’esistenza di valutazioni emesse dal giudice - dott.ssa B. - sul medesimo fatto, sia pure in diverso e antecedente procedimento, la Corte di Appello evidenzia, in sintesi, che - nel corso del primo procedimento era emersa una circostanza di fatto rappresentata dalla sospetta cessione - avvenuta nel giugno 2010 - di alcuni titoli di credito AGEA, da parte di A.D. alla ditta individuale del figlio R. tale comportamento viene posto come motivo di aggravamento in danno del A.D. e fonda la autonoma richiesta personale in danno del figlio R. nel nuovo procedimento. Quanto alla posizione di A.D. la Corte di Appello osserva che, in tema di prevenzione, la competenza in tema di aggravamento è fisiologicamente riconosciuta già ai sensi dell’articolo 7 L.numero 1423 del ‘56 dallo stesso legislatore in capo all’organo che ha emesso il primo provvedimento e pertanto nessuna questione di incompatibilità o necessaria astensione può porsi in rapporto a tale posizione, anche in virtù del fatto che per definizione l’aggravamento dipende da condotte successive o comunque non valutate nel primo procedimento. Quanto alla posizione di A.R. , la Corte di merito osserva che nel procedimento antecedente non è stata compiuta valutazione di merito su una pretesa pericolosità soggettiva di costui, posto che le condotte oggetto di valutazione erano quelle del padre A.D. , in una con la disponibilità di fatto dei beni. L’indicazione dell’avvenuta cessione fittizia dei titoli AGEA era stata menzionata nel decreto originario ma senza adozione di alcun provvedimento di sequestro o confisca. 2. Avverso detta ordinanza hanno proposto - congiuntamente - ricorso per cassazione, a mezzo del comune difensore, A.D. e A.R. . 2.1 n ricorso premette una articolata esposizione dei fatti, nel cui ambito giova precisare che - si conferma il dato rappresentato dal fatto che nel primo procedimento la posizione di A.R. veniva in rilievo in qualità di terzo intestatario di taluni beni ritenuti riconducibili, in via di fatto, al padre destinarario unico dell’azione di prevenzione - si evidenziava come nel sequestro disposto nel secondo procedimento si menzionasse espressamente il contenuto del primo decreto applicativo della misura personale e patrimoniale nei confronti dell’A.D. In particolare si evidenziava come il secondo procedimento fosse sorto per sostanziale gemmazione” dal primo, in quanto aveva essenzialmente ad oggetto come contenuto patrimoniale - i titoli AGEA oggetto di cessione nel giugno 2010, operazione emersa già nel corso del primo procedimento. Essendo terminate le verifiche investigative su tale cessione solo dopo la conclusione del primo procedimento, né è derivata una nuova” azione di prevenzione coinvolgente, sul piano personale, sia A.D. sub specie aggravamento che A.R. in precedenza considerato esclusivamente come terzo intestatario . Le interrelazioni tra i due procedimenti sono dunque evidenti e pongono il tema della incompatibilità o comunque della apparenza di imparzialità” del membro del collegio ricusato anche in riferimento all’approdo rappresentato, sul tema, da Corte Cost. numero 283 del 2000 . Segue un’ampia sintesi dei contenuti del primo provvedimento emesso dalla Corte di Appello sulla originaria istanza di ricusazione e delle ragioni dell’annullamento di tale decreto - per vizio del procedimento correlato alla impossibilità di ritenere la domanda manifestamente infondata - da parte di questa Corte di legittimità, con la citata decisione numero 1634 del 2015, esplicativa di un obiettivo andamento non uniforme della giurisprudenza di questa Corte sull’applicazione delle regole dell’astensione e ricusazione nel procedimento di prevenzione. 2.2 Quanto ai motivi in senso proprio, i ricorrenti deducono erronea applicazione della disciplina regolatrice, vizio di motivazione per contraddittorietà, assenza e travisamento di dati cognitivi, erronea ricostruzione della disciplina applicabile in tema di ricusazione, anche in riferimento alla necessaria osservanza dei principi costituzionali articolo 111 e 24 Cost. e sovranazionali articolo 6 Conv. Eur. dei diritti dell’Uomo . I ricorrenti contestano l’attribuzione di novità al dato rappresentato dalla pretesa fittizietà della cessione dei titoli AGEA, posto che trattasi di fatto storico già emerso nel primo procedimento e oggetto di delega di approfondimento investigativo da parte del Collegio allora procedente delega del 20 dicembre 2011 . Si indicano in modo analitico i contenuti della informativa che ne è derivata e del successivo decreto di sequestro emesso il 20 dicembre 2012, nell’ambito del secondo procedimento, essendo - peraltro in pari data - definito in primo grado il procedimento nato dalla proposta del 2011. Dunque la vicenda della cessione dei titoli era già nota ai giudici del primo procedimento, che la ritennero sospetta” tanto da inoltrare una delega investigativa di approfondimento. Da ciò emergerebbe il sostanziale travisamento operato dalla Corte di Appello, che non considera gli aspetti sin qui evidenziati e non coglie l’anticipazione di giudizio - rilevante a fini di ricusabilità del giudice - contenuta nell’avvenuta conoscenza del dato e nella ritenuta meritevolezza di approfondimento da parte dei giudici allora procedenti. La tardività dell’evasione della delega avrebbe, dunque, determinato l’apertura del secondo procedimento per fatti già sostanzialmente apprezzati, nei confronti di entrambi i soggetti proposti, nel primo procedimento. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e va pertanto rigettato, per le ragioni che seguono. 2. I ricorrenti pongono il tema - facendo riferimento anche ai contenuti della decisione emessa da questa Corte in data 14 gennaio 2015, di annullamento della prima decisione reiettiva dell’istanza di ricusazione - della applicabilità, quantomeno mediata in sede di procedimento di prevenzione, delle disposizioni dettate dal codice di procedura penale agli articoli 36 e 37. In ciò una prima osservazione è d’obbligo. Si tratta effettivamente di tema controverso e di non univoca lettura interpretativa, posta la necessità di conciliare due aspetti di fondo rappresentati da a la indubbia natura giurisdizionale del procedimento di prevenzione evidenziata con particolare forza da Corte Cost. numero 93 del 2010 - in tema di diritto alla pubblicità dell’udienza, per stare agli approdi più recenti pur se trattasi di procedimento non destinato ontologicamente alla irrogazione di una pena ma di provvedimenti potenzialmente incidenti in via temporanea sulla libertà di circolazione, su talune facoltà correlate alla libertà personale ed economica e in via tendenzialmente stabile in caso di confisca sul patrimonio, e strettamente correlati alla formulazione di un giudizio essenzialmente prognostico C. Cost. numero 177 del 1980 decisivo è che anche per le misure di prevenzione, la descrizione legislativa, la fattispecie legale, permetta di individuare la o le condotte dal cui accertamento nel caso concreto possa fondatamente dedursi un giudizio prognostico, per ciò stesso rivolto all’avvenire b la conformazione normativa del procedimento di prevenzione, che pur nella accentuazione del carattere di giurisdizionalità inteso come emissione di un provvedimento decisorio a seguito di domanda rivolta da una parte pubblica ad un soggetto terzo, previo contraddittorio personale e tecnico con i soggetti privati coinvolti , mantiene una connotazione sui generis, non essendo stato costruito e modellato sull’archetipo del giudizio penale cognitivo quanto storicamente - su quello di tipo esecutivo e, in particolar modo su quello destinato alla applicazione delle misure di sicurezza secondo il riferimento contenuto nell’articolo 4 co. 12 legge numero 1423 del ‘56, con precisazione operata dal legislatore del 2011 che, all’articolo 7 co.9 del d.lgs. numero 159 del 2011,fa esplicito rinvio - per quanto non espressamente regolato - all’articolo 666 cod.proc.penumero . Da ciò deriva, specie in epoca successiva alla decisione del 2010 Corte Cost. una costante tensione interpretativa degli istituti tipicamente prevenzionali”, sulla scia di una sempre più marcata tendenza alla assimilazione - ferme restando le peculiarità della materia - agli omologhi istituti del procedimento penale cd. ordinario, nei limiti di compatibilità. È evidente, tuttavia, che trattasi di un percorso interpretativo per forza di cose frammentario, posto che soltanto una riforma organica dell’intero procedimento applicativo, in quanto espressione della discrezionalità legislativa, potrebbe portare a soluzioni radicalmente più avanzate, dovendosi - in sede di applicazione del diritto vigente - limitarsi ad individuare i punti di frizione più evidenti con alcuni diritti fondamentali, vuoi in chiave di interpretazione adeguatrice ove razionalmente giustificata che in chiave di dubbio di costituzionalità ove rilevante e non manifestamente infondato , e dovendosi tenere conto del fatto che la stessa Corte Costituzionale - nella recente decisione numero 106 del 2015 - ha ribadito, in ogni caso, che la diversità di oggetto e di scopo dei due procedimenti penale da un lato - di prevenzione dall’altro tollera, sul piano dei valori, scelte diversificate in punto di conformazione normativa del diritto di difesa del soggetto proposto per l’applicazione della misura di prevenzione in tal caso si discuteva del limite di rilevabilità del vizio di motivazione in sede di ricorso per cassazione . Dunque non possono realizzarsi affermazioni perentorie come quelle proposte dal ricorrente e rinvenibili in talune decisioni emesse da questa Corte, che il collegio non ignora in punto di trasposizione” della intera disciplina posta a presidio dell’imparzialità del giudice penale” in sede di prevenzione, né tampoco ciò è stato affermato da questa 1^ Sezione nella decisione di annullamento del provvedimento emesso dalla Corte di Appello di Reggio Calabria in data 6 maggio 2014 decisione nel cui ambito si è dato conto dell’esistenza di indirizzo interpretativo favorevole ad aperture condizionate, nella misura in cui ciò ricadeva sulla disciplina procedimentale partecipata da seguire nella decisione sull’istanza di ricusazione, con identificazione di un vizio del procedimento . Piuttosto, appare necessario riflettere - in termini generali - sulla possibile identificazione di talune regole normative la cui portata generalizzante ne consente l’applicazione nei due procedimenti penale e di prevenzione e successivamente sottoporre a verifica il caso qui in trattazione allo scopo di verificare se rientri o meno tra queste. Nel compiere tale operazione bisogna, necessariamente, tener conto del fatto che il dato normativo di settore, anche dopo l’emissione del d.Lgs. 159 del 2011 è manifestamente ostativo alla trasposizione dell’istituto della ricusazione, posto che il rinvio generale operato all’articolo 666 cod.proc.penumero e non alle norme del procedimento di cognizione rappresenta una precisa scelta legislativa tesa alla semplificazione delle forme procedurali e si va a collocare in un ambito che - nel sistema del codice di rito - non soltanto non prevede espressamente la facoltà di ricusazione in tal senso Sez. 1, 15.3.2004, Rabih ma addirittura valorizza in tema di competenza il rapporto tra giudice della cognizione e giudice dell’esecuzione, il che necessariamente porterebbe - anche in ipotesi di interpretazione adeguatrice su altri fronti correlati - alla esclusione, quantomeno, del rilievo dei casi di incompatibilità o astensione per essere stata emessa un precedente decisione di merito nei confronti del medesimo soggetto anche nell’ambito della medesima procedura esecutiva, come pacificamente ritenuto da questa Corte nel caso della opposizione di cui all’articolo 667 co.4 cod.proc.penumero che ben può essere trattata dallo stesso giudice persona fisica, da ultimo Sez. I numero 18872 del 17.3.2016, rv 267021 . La stessa Corte Costituzionale, nella nota decisione numero 183 del 2013 relativa all’articolo 671 cod.proc.penumero ha eccezionalmente introdotto - nel sistema della esecuzione - una ipotesi di incompatibilità, a seguito di annullamento con rinvio della decisione in tema di riconoscimento o meno della continuazione, attraverso una riflessione di sistema basata sulla constatazione che - in tal particolare caso - il giudice dell’esecuzione apre un frammento aggiuntivo di cognizione. Tale decisione, pertanto, non autorizza in alcun modo a ritenere introdotta una breccia nel rapporto tra giudice dell’esecuzione e regime delle incompatibilità. 3. Fermo restando quanto detto in precedenza, alla base del ragionamento giuridico, in tema di principi comuni tra le due realtà esaminate, vi è la constatazione di alcuni attributi ineliminabili della giurisdizionalità del procedimento a ciò si richiamano le decisioni che, in diverso modo e in rapporto a singoli casi, tendono a ritenere estensibile la disciplina dell’astensione e ricusazione al giudizio di prevenzione da ultimo Sez. VI numero 15979 del 8.3.2016, rv. 266533, nonché - in precedenza - Sez. V numero 3278 del 16.10.2008, rv. 242942 . Per essere tale, un procedimento non può essere semplicemente caratterizzato da distinzione funzionale tra soggetto attore e soggetto giudicante, ma è necessario che quest’ultimo offra concrete garanzie di indipendenza e di imparzialità, tale da essere riconosciuto come terzo” rispetto agli interessi che muovono le parti contrapposte. Ciò posto, le garanzie di indipendenza e di imparzialità, connaturali alla giurisdizione, vanno correlate da un lato alla struttura ordinamentale ma trattasi di un aspetto che qui non rileva dall’altro alla tutela delle parti da condotte poste in essere dal soggetto chiamato a realizzare il giudizio tali da ingenerare il fondato sospetto di assenza di tali connotati. Non vi è dubbio, pertanto, circa il fatto che - quale che sia il procedimento in corso, e dunque anche in sede di prevenzione - la tutela della apparenza di imparzialità va garantita in tutte le ipotesi in cui la persona chiamata a giudicare si trovi in una delle condizioni di appannamento della suddetta condizione, di cui all’articolo 36 lettere a , b , c , d , e , f del codice di procedura penale. In detti casi, è del tutto evidente che anche in sede di procedura di prevenzione non possono nutrirsi dubbi circa l’applicazione dell’istituto della ricusazione, in ipotesi di mancato esercizio del dovere di astensione così come precisato, in ipotesi di sussistenza della fattispecie di cui all’articolo 36, lettera a, cod.proc.penumero da Sez. V numero 16311 del 23.1.2014, rv 259873 . Del tutto diverso è - per contro - il tema del rapporto tra le valutazioni espresse dal giudice penale in una fase diversa del medesimo procedimento articolo 34 cod.proc.penumero in tema di incompatibilità, norma richiamata dall’articolo 36, lettera g, e dall’articolo 37 e la disciplina del procedimento di prevenzione. Qui infatti non vengono in rilievo - come in precedenza detto - condotte extragiudiziarie o esistenza di pregressi rapporti con i diversi attori del procedimento profili, per così dire, personali dell’istituto dell’astensione, valevoli erga omnes quanto aspetti di regolamentazione normativa dei modelli procedimentali, caratterizzati tra procedimento penale e di prevenzione da profonde differenze, correlate al diverso contenuto del giudizio. Il procedimento penale è luogo di più elevato tasso di garanzia in rapporto alle sue caratteristiche ontologiche ricostruzione compiuta del fatto dedotto nella imputazione e finalistiche l’eventuale inflizione di una pena lì dove il procedimento applicativo di misura di prevenzione è diversamente modellato specie in rapporto alla fase del primo grado sia sul piano funzionale non si ricostruisce in quanto tale uno specifico fatto di reato ma si realizza un aspetto cognitivo sulle condotte della persona in funzione della formulazione, positiva o negativa, di una prognosi di pericolosità attuale e/o di illecita accumulazione patrimoniale che strutturale, essendo caratterizzato da una maggiore elasticità di forme. Negare tale diversità strutturale e funzionale, in chiave di netta equiparazione tra i due ambiti delle regole in tema di incompatibilità del giudice per valutazioni espresse nel medesimo procedimento e correlata astensione e ricusazione sarebbe operazione del tutto illogica, oltre che antigiuridica, posto che l’apprezzamento delle diversità e la loro tollerabilità in chiave di tutela dei diritti fondamentali è l’in sé della interpretazione giuridica. Non può non evidenziarsi, in particolare, che in sede di prevenzione, nel modello legale del procedimento, non vi è separazione funzionale tra giudice della fase cautelare in caso di sequestro dei beni, di emissione provvisoria del provvedimento di ritiro del passaporto ai sensi dell’articolo 9 o di anticipazione dei divieti di cui all’articolo 67 co.3 d.lgs. del 2011 e giudice della decisione di primo grado, aspetto improponibile nel giudizio penale caratterizzato da marcata differenziazione, derivante anche dal principio di separazione tra le fasi del procedimento e che offre la misura di come il legislatore anche quello della riforma” adottata con il riordino dei testi in tema di prevenzione, datata 2011 abbia diversamente apprezzato - in modo non irragionevole - la necessità di tutela dell’apparenza di imparzialità, accordando al contraddittorio ed allo sviluppo successivo del procedimento - in caso di prevenzione - la capacità persuasiva idonea a smentire, potenzialmente, una prima valutazione operata dal collegio in sede cautelare. Così come, in sede di prevenzione patrimoniale, il giudice procedente è investito di un ampio potere officioso anche in tema di individuazione” - tramite le attività gestionali svolte dall’amministratore giudiziario - di ulteriori beni potenzialmente confiscabili, il che rappresenta una caratteristica tipica ed esclusiva di tale forma di giudizio, espressamente prevista dalla legge. In dette ipotesi, dunque, non può certo affermarsi che il procedimento di prevenzione perda i connotati della giurisdizionalità il che implicherebbe la necessità di promuovere una interpretazione adeguatrice o sollevare il dubbio di costituzionalità essendo - per converso - la disciplina positiva interpretabile come la proiezione della diversità di oggetto del procedimento in tal senso, tra le altre, Sez. II numero 2821 del 2.12.2008, rv 242720 . Una giurisdizione che tollera l’identità soggettiva tra giudice della misura cautelare e giudice della decisione di primo grado come quella della prevenzione non può dirsi per ciò solo minore” ma, più semplicemente adotta un diverso modello di tutela della imparzialità rapportato alla diversa tipologia di giudizio. Nel processo penale la natura degli interessi protetti possibile inflizione di pena si salda all’adozione di un modello procedimentale basato sulla tendenziale sterilizzazione” del giudizio da conoscenze maturate nella fase investigativa. Da qui l’adozione di una tutela rigida in punto di disciplina delle incompatibilità per valutazioni compiute nella fase anteriore del medesimo procedimento articolo 34, 36, 37 cpp . In sede di prevenzione non vi è separazione delle fasi il che esclude l’influenza negativa della conoscenza dei materiali investigativi e la componente cognitiva sulle condotte del proposto è solo una frazione” del giudizio, essenzialmente consistente in una prognosi sulle condotte future con valutazione di pericolosità che può supportare, anche in via incidentale, l’ablazione patrimoniale . Da ciò deriva che il connotato di giurisdizionalità della prevenzione - sul piano della disciplina del procedimento - resta integro, pur nella attuale disciplina con limitazione della incompatibilità di cui all’articolo 34 cpp al solo caso previsto da detta norma al comma 1, norma posta a tutela del sistema delle impugnazioni posto che la cd. forza pregiudicante” endoprocedimentale della prima valutazione quella cautelare pur esistente, può essere neutralizzata dal successivo dispiegarsi del contraddittorio nel corso della trattazione del procedimento, con fiducia normativa nelle capacità di selezione dei dati e di adeguamento valutativo da parte del giudice. Vanno pertanto espresse, in rapporto a tali considerazioni, alcune parziali conclusioni, che molto possono agevolare la soluzione - a parere del Collegio dei casi relativi al rapporto tra valutazioni espresse in procedimento diverso sia esso penale o di prevenzione e giudizio di prevenzione in corso tema posto dagli odierni ricorrenti - la natura giurisdizionale del procedimento di prevenzione impone l’applicabilità delle norme in tema di incompatibilità, astensione e ricusazione del giudice che non si pongano in manifesto contrasto con la conformazione normativa del relativo modello procedimentale - in tal senso vanno ritenute applicabili al procedimento di prevenzione le disposizioni previste dall’articolo 34 del codice di rito al comma 1 divieto di partecipare a più gradi del medesimo giudizio , dall’articolo 35 ragioni di parentela, affinità o coinugio , dall’articolo 36 co.1 lettere a interesse nel procedimento , b particolari rapporti con la parte privata o con il difensore , c manifestazione indebita ed extragiudiziaria di parere sull’oggetto del procedimento , d grave inimicizia , f rapporto di parentela con il pubblico ministero , h gravi ragioni di convenienza, ove risultino correlate a condotte extragiudiziarie . Va altresì ritenuta applicabile la previsione di cui all’articolo 37 co.2 cod.proc. penumero ipotesi di sola ricusazione lì dove la manifestazione anticipata del convincimento sia indebita e pertanto emessa non in rapporto all’esercizio di poteri valutativi consentiti dalle norme che governano la sequenza procedimentale come ribadito da Corte Cost. 283 del 2000 - non possono, per converso, ritenersi applicabili le disposizioni dell’articolo 34 cod.proc.penumero diverse dal comma 1 manifestazioni di convincimento emesse ritualmente nel corso del medesimo procedimento , pur richiamate dall’articolo 36 alla lettera g, in rapporto alla particolare conformazione del procedimento di prevenzione, esclusione che risulta razionalmente giustificata in rapporto alla tipologia di giudizio ed all’oggetto del procedimento. 4. Tali considerazioni consentono di affrontare il tema del rapporto tra procedimento di prevenzione e giudizi espressi in procedimento diverso e antecedente tema posto dai ricorrenti, in rapporto a quanto deciso da Corte Cost. numero 283 del 2000 . Come è noto, con tale decisione il giudice delle leggi ha colmato una lacuna del sistema penale lì dove la valutazione pregiudicante” sia stata emessa non nel medesimo procedimento articolo 34 ma in un procedimento diverso con introduzione di una facoltà aggiuntiva di ricusazione la dichiarazione di incostituzionalità riguarda l’articolo 37 co.1 nella parte in cui non prevede che possa essere ricusato dalle parti il giudice che - chiamato a decidere sulla responsabilità dell’imputato - abbia emesso in altro procedimento, anche non penale, una valutazione di merito sullo stesso fatto e nei confronti del medesimo soggetto . Ora, va affermato, contrariamente a quanto ritenuto in taluni arresti di questa Corte Sez. VI 15979 del 8.3.2016, rv 266533 Sez. I numero 32492 del 10.7.2015, rv 264621 Sez. V numero 32077 del 24.6.2014, rv 261643 che tale decisione, nel suo contenuto normativo, non risulta applicabile lì dove l’attività di giudizio a cui il giudice ricusato è chiamato a procedere consista nell’atto conclusivo del procedimento di prevenzione. Testualmente, la Corte Costituzionale ha individuato la necessità di poter eliminare la cd. forza del pregiudizio” lì dove venga in rilievo l’affermazione di responsabilità dell’imputato la funzione pregiudicata va individuata in una decisione attinente alla responsabilità penale, essendo necessario, perché si verifichi un pregiudizio per l’imparzialità, che il giudice sia chiamato ad esprimere una valutazione di merito collegata alla decisione finale della causa mentre le valutazioni emesse in sede di prevenzione possono essere apprezzate come fonte” del pregiudizio. La previsione introdotta da detta decisione additiva è dunque manifestamente unidirezionale l’espressione di giudizio in prevenzione può essere fonte di pregiudizio in sede penale e non biunivoca, il che esclude di poter compiere una mera operazione applicativa del principio in una condizione processuale del tutto diversa. L’interprete, in altre parole, è vincolato all’espresso contenuto della decisione di illegittimità costituzionale e non può introdurre un’ipotesi estensiva di tale decisum ad un caso ipotizzato come analogo senza promuovere - in ipotesi di ritenuto contrasto della disciplina che regolamenta il caso diverso con i principi costituzionali - - un nuovo incidente di legittimità costituzionale, come affermato - con portata generale - dalla stessa Corte Cost. in numerosi arresti si veda, sul tema, C.Cost. numero 110 del 2012 . Ma, al di là dei profili strettamente formali, l’opzione interpretativa che tende ad estendere i contenuti della decisione al giudizio di prevenzione ipotizzando che il giudice della prevenzione possa essere ricusato in ipotesi di precedente valutazione emessa nei confronti del medesimo soggetto in sede penale o in precedente giudizio di prevenzione si scontra - ad avviso del Collegio - con la specificità e con la complessiva architettura del giudizio di prevenzione, prima richiamata. Si è già detto che in prevenzione non vi è previsione di incompatibilità in rapporto a valutazioni di merito cautelare effettuate dal medesimo collegio nell’ambito dello stesso procedimento, e che ciò corrisponde ad un modello procedimentale che affida al contraddittorio davanti al medesimo giudice e alla progressione istruttoria la capacità di contrasto della cd. forza pregiudicante” della prima valutazione. Non risulterebbe coerente, dunque, una attribuzione alla parte del potere di ricusare il giudice della prevenzione - che può legittimamente esercitare il potere cautelare e poi decidere nel merito - lì dove la forza del pregiudizio risulti indubbiamente meno intensa per valutazioni emesse in diverso procedimento , con vizio di irragionevolezza di simile opzione. Inoltre, quanto al rapporto con il giudizio penale, va qui ribadito tra le molte, Sez. I numero 32032 del 10.6.2013 ric. De Angelis che nel giudizio di prevenzione personale la componente ricostruttiva delle condotte tenute dal proposto rappresenta una sia pur rilevante porzione del giudizio complessivo, per sua natura prognostico ed in tal senso libero da precedenti valutazioni e non diretto alla inflizione di una pena. Ciò, sul piano dei principi generali - ed anche in tema di giusto processo ai sensi dell’articolo 111 cost. e 6 Conv. Eur - rende ontologicamente e finalisticamente diverso il giudizio di prevenzione rispetto a quello penale classico”, con conseguenze in punto di tollerabilità” di una - parziale - diversa disciplina in punto di ricusazione già evidenziata in rapporto ai contenuti dell’articolo 34 cod. proc. penumero . L’analogia dei due giudizi penale e di prevenzione , pur indubbiamente esistente, non è qualificabile in termini di corrispondenza, il che esclude la trasposizione ragionando in termini di diritto positivo - in sede di prevenzione della più accentuata forma di tutela della imparzialità, prevista in tal caso per il solo giudizio penale ferma restando l’opportunità di un ripensamento complessivo, da realizzarsi in sede legislativa e teso ad un ulteriore allineamento delle garanzie, specie lì dove venga in rilievo l’applicazione di misure patrimoniali, congiunta o disgiunta a quelle personali . Né a diverse conclusioni può pervenirsi nell’ipotesi in cui il precedente - e diverso - giudizio sia quello di prevenzione, posto che l’inoltro di una nuova domanda da parte dell’organo titolare dell’azione non può che derivare a pena di improcedibilità, data la forza preclusiva del bis in idem anche in tale settore da un novum intendendo per tale anche un fatto emerso ma non delibato e ciò confina la precedente valutazione - anche se espressa dal medesimo giudice nel contenitore dei meri antecedenti storici, anche qui in modo meno intenso rispetto alla a tutt’oggi consentita emissione di provvedimento cautelare e decisione finale nel medesimo procedimento. 5. Ciò posto, le doglianze difensive sono infondate. Al di là di quanto sinora affermato in diritto circa la inapplicabilità, in sede di prevenzione, delle ricadute di Corte Cost. numero 283 del 2000 e ciò sarebbe sufficiente , va evidenziato come nel procedimento - di prevenzione antecedente non sia stata concretamente apprezzata la consistenza dimostrativa sul piano della pericolosità soggettiva dei contraenti e della confiscabilità dei beni della avvenuta cessione, essendo esclusivamente emerso il fatto” ed essendo stata avvertita l’esigenza di un suo approfondimento. Ciò non pregiudica la valutazione - nel nuovo procedimento - di tali esiti, da ritenersi un novum in senso processuale, posto che la stessa non risulta neanche sul piano logico - influenzata in modo rilevante dalle conclusioni cui si è pervenuti nella prima misura, trattandosi di apprezzare una realtà non conosciuta nei suoi risvolti effettivi all’epoca della prima decisione. Ciò vale sia in rapporto alla posizione dell’A.R. , sulla cui pericolosità soggettiva nessuna valutazione è stata in precedenza emessa, che in rapporto ad A.D. , essendo l’eventuale aggravamento - normativamente attribuito al medesimo giudice - dipendente da una autonoma valutazione della consistenza dei nova. Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.