Minaccia il proprio “amante” di rivelare tutto alla moglie: è estorsione

Il ripetersi delle minacce o delle violenze da parte dell’estorsore per costringere la vittima non dà luogo, di per sé, ad una pluralità di reati, occorrendo prima accertare se ci si trovi in un’azione unica o meno.

In questo senso si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 43107/16 depositata il 12 ottobre. La vicenda. La Corte d’appello riformava parzialmente la sentenza di primo grado che aveva condannato l’imputata per estorsione continuata per aver costretto l’”amante” a consegnarle una somma di denaro, minacciandolo che, altrimenti, ella avrebbe rivelato alla moglie di lui della loro relazione sentimentale extra coniugale. Ricorre dunque ella per cassazione. Unica azione o reato continuato? Il terzo motivo di ricorso addotto, con cui la ricorrente deduceva insussistenza della contestata continuazione perché i 2 versamenti avvenuti il primo il 4 dicembre 2000 e il secondo il 19 dicembre 2000 sono relativi ad un’unica azione estorsiva, viene ritenuto fondato dalla Suprema Corte. Secondo l’insegnamento della Corte nomofilattica ex multis, Cass. n. 2070/1995 , infatti, il ripetersi delle minacce o delle violenze da parte dell’estorsore per costringere la vittima non dà luogo, di per sé, ad una pluralità di reati, occorrendo prima accertare se ci si trovi in un’azione unica o meno, secondo i due criteri finalistico e temporale. Non necessariamente l’azione unica corrisponde ad un unico atto, ben potendo la stessa essere composta da una molteplicità di atti che costituiscono frammenti dell’azione. Allo stesso modo, l’unicità del fine non è sufficiente per imprimere all’azione un carattere unitario, essendo necessaria la contestualità , ossia l’immediato succedersi dei singoli atti, sì da rendere l’azione unica. Si avrà una serie di reati autonomi unificabili con il vincolo della continuazione quando, singolarmente considerati nel caso concreto in relazione alle modalità di realizzazione e all’elemento temporale, appaiano dotati di una propria individualità al contrario, si avrà un unico reato, allorché i diversi atti intimidatori costituiscano singoli momenti di un’unica azione perché sorretti da un’unica e continua determinazione. Nel caso in esame, i pagamenti, pur realizzati in distinti contesti temporali, sono stati sorretti da un’unica e continua determinazione e dunque costituiscono momenti di un’unica azione. Essendosi però prescritto il reato, la Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 16 giugno – 12 ottobre 2016, n. 43107 Presidente Prestipino – Relatore Verga Motivi delle decisione Con sentenza in data 24.9.2013 la Corte d'appello di Perugia, in parziale riforma della sentenza del Tribunale che in data 16.10.2004 aveva condannato C.A. per estorsione continuata per avere costretto M.M. a consegnarle la somma rispettivamente di 1 milione di lire presso l'Istituto I.P.S.I.A in Perugia e in una successiva occasione in data 19 dicembre 2000 presso l'esercizio commerciale Jet sempre in Perugia la somma di lire 5 milioni procurandosi per sé un ingiusto profitto, mediante la minaccia di rivelare alla moglie del M. una loro relazione sentimentale extra coniugale, testimoniata, a suo dire da alcune foto che li ritraeva in atteggiamenti compromettenti, applicava all'imputata la pena accessoria dell'interdizione dai PPUU per anni 5, concedeva l'indulto sulle pene principali limitatamente ad anni 3 e all'intera pena pecuniaria, confermando nel resto. Ricorre per cassazione l'imputata deducendo 1. insussistenza del reato per inidoneità della minaccia 2. inattendibilità delle dichiarazioni della parte offesa 3. insussistenza della contestata continuazione perché i due versamenti avvenuti il primo il 4 dicembre 2000 e il secondo il 19 dicembre 2000 sono relativi ad un'unica azione estorsiva 4. diversa qualificazione del fatto come truffa considerato che il male asseritamente minacciato come possibile ed eventuale non era proveniente direttamente o indirettamente da chi lo prospettava. Trattasi pertanto di pericolo inesistente I motivi sub 1, 2 e 4 sono manifestamente infondati. La C. ha riproposto le tesi difensive già sostenute in sede di merito e disattese dal Tribunale prima e dalla Corte d'appello poi. Al riguardo giova ricordare che nella giurisprudenza di questa Corte è stato enunciato, e più volte ribadito, il condivisibile principio di diritto secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, dev'essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell'art. 591, comma 1, lett. c , all'inammissibilità in termini, Sez. 4, n. 5191 del 29/03/2000 Ud. - dep. 03/05/2000 - Rv. 216473 CONF Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, dep. 25/03/2005, Rv. 231708 E deve inoltre evidenziarsi che il primo giudice aveva affrontato e risolto le questioni sollevate dalla difesa seguendo un percorso motivazionale caratterizzato da completezza argomentativa e dalla puntualità dei riferimenti agli elementi probatori acquisiti e rilevanti di tal che, trattandosi di conferma della sentenza di primo grado, i giudici di seconda istanza, a fondamento dei convincimento espresso, legittimamente hanno richiamato anche la motivazione addotta dal Tribunale, senza peraltro mancare di ricordare i passaggi più significativi dell'iter argomentativo seguito dal primo giudice e di fornire autonome valutazioni a fronte delle deduzioni dell'appellante è principio pacifico in giurisprudenza quello secondo cui, nel caso di doppia conforme, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione ex plurimis , Sez. 3, n. 4700 del 14/02/1994 Ud. - dep. 23/04/1994 - Rv. 197497 . Nella concreta fattispecie la decisione impugnata si presenta dunque formalmente e sostanzialmente legittima ed i suoi contenuti motivazionali forniscono, con argomentazioni basate su una corretta utilizzazione e valutazione delle risultanze probatorie, esauriente e persuasiva risposta ai quesiti concernenti la idoneità delle minacce, l'attendibilità delle dichiarazioni della parte offesa, la qualificazione dei fatti in termini di estorsione. Deve invece essere accolto il terzo motivo di ricorso. Secondo l'insegnamento della Suprema Corte il ripetersi delle minacce o delle violenze da parte dell'estorsore per costringere la vittima non da luogo, di per sè, ad una pluralità di reati, occorrendo prima accertare se ci si trovi in presenza di una azione unica o meno, e ciò alla stregua del duplice criterio finalistico e temporale. Azione unica, infatti, non equivale ad atto unico, ben potendo la stessa essere composta da una molteplicità di atti che, in quanto diretti al conseguimento di un unico risultato, altro non sono che un frammento dell'azione, una modalità esecutiva della condotta delittuosa. L'unicità dei fine a sua volta non basta per imprimere all'azione un carattere unitario essendo necessaria, la così detta contestualità, vale a dire l'immediato succedersi dei singoli atti, sì da rendere l'azione unica. I diversi conati posti in essere per procurarsi un ingiusto profitto costituiscono autonomi reati, unificabili con il vincolo della continuazione, quando, singolarmente considerati in relazione alle circostanze del caso concreto e, in particolare, alle modalità di realizzazione e soprattutto all'elemento temporale, appaiono dotati di una propria completa individualità al contrario, si ha un solo reato di estorsione, pur in presenza di diversi atti intimidatori, allorché gli stessi costituiscono singoli momenti di un'unica azione perchè sorretti da un'unica e continua determinazione, che non registri sul piano della volontà interruzioni o desistenze. N. 2070 del 1995 Rv. 200554, N. 27314 del 2003 Rv. 225174, N. 41167 del 2013 Rv. 256729 N. 7555 del 2014 Rv. 258543 . Nel caso in esame i pagamenti, pur realizzati in distinti contesti temporali, sono stati sorretti da un'unica e continua determinazione e quindi costituiscono momenti di un'unica azione Il reato, ritenuto che deve trovare applicazione la disciplina della prescrizione ante Novella del 2005, e rilevato che erano state concesse le circostanze attenuanti generiche e che quindi il termine massimo di prescrizione per il combinato disposto degli artt. 157 e 160 ultimo comma era pari ad anni 15, risulta prescritto alla data del 19.12.2015. La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.