Inosservanza all’obbligo di fermarsi: quando è reato e quando illecito amministrativo

Nell’inosservanza dell’obbligo di fermarsi all’invito degli agenti in servizio di polizia stradale – costruita come reato dall’art. 650 c.p. e come violazione amministrativa dall’art. 192, comma 1, cds - risultano identici sia il fine perseguito prevenzione e accertamento di reati e infrazioni in materia di circolazione stradale sia le rispettive condotte.

Così si è espressa la Cassazione con la sentenza n. 42951/16 depositata l’11 ottobre. Il caso. La Corte d’appello confermava la sentenza emessa a seguito di giudizio abbreviato in primo grado e la condanna stabilita all’imputato per i reati di cui agli artt. 650, 337, 582, 585, 576, n. 1, 61, n. 2 e 635 c.p., aggravati dalla recidiva infraquinquennale. La contestata inottemperanza all’ordine di arrestare l’autovettura impartito con la paletta segnaletica ha infatti integrato il reato di cui all’articolo 650 c.p., mentre gli atti di autolesionismo praticati dall’imputato, accompagnatisi a quelli di violenza nei confronti dei pubblici ufficiali, hanno integrato il delitto di resistenza. L’imputato ricorre per cassazione, lamentando, tra gli altri, che, per ciò che concerne il reato di cui all’articolo 650 c.p., la condotta in addebito integra esclusivamente l’illecito amministrativo di cui all’articolo 192, comma 1, cds. Deduce inoltre, con riferimento al delitto di resistenza, che i meri atti di autolesionismo non possono aver integrato il reato de quo , non avendo egli manifestato alcuna volontà di opporsi all’operato dei pubblici ufficiali. Resistenza a pubblico ufficiale. Afferma, in relazione a quest’ultimo motivo, la Corte che, invece, il delitto di resistenza a pubblico ufficiale può essere integrato anche da una condotta autolesionistica dell’agente, quando la stessa sia finalizzata ad impedire o contrastare il compimento di un atto dell’ufficio ad opera del pubblico ufficiale Cass. n. 10878/09 . Art. 650 c.p. o articolo 192, comma 1, cds? È fondata la doglianza relativa alla configurabilità della contravvenzione di cui all’articolo 650 c.p., che la Corte territoriale ha ritenuto integrata dalla mera inottemperanza all’ordine di fermarsi. La statuizione si pone in contrasto con il principio di legittimità secondo cui nell’inosservanza dell’obbligo di fermarsi all’invito degli agenti in servizio di polizia stradale – costruita come reato dall’articolo 650 c.p. e come violazione amministrativa dall’articolo 192, comma 1, cds - risultano identici sia il fine perseguito prevenzione e accertamento di reati e infrazioni in materia di circolazione stradale sia le rispettive condotte. Vertendosi nell’ipotesi di concorso apparente di norme, in forza del principio di specialità di cui all’articolo 9 l. n. 689/87, l’omessa ottemperanza all’invito di fermarsi integra gli estremi dell’illecito amministrativo di cui all’articolo 192, comma 1, cds e non già quelli del reato di cui all’articolo 650 c.p. ex multis , Cass. n. 8385/1998 . La sentenza va dunque annullata senza rinvio limitatamente al reato di cui all’articolo 650 c.p. perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 9 settembre – 11 ottobre 2016, numero 42951 Presidente Carcano – Relatore Villoni Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata, la Corte d'Appello di L'Aquila ha confermato quella emessa a seguito di giudizio abbreviato dal Tribunale di Avezzano in data 23/01/2013 e la condanna ivi stabilita di E. M. A. alla pena di un anno di reclusione in ordine ai reati di cui agli artt. 650 cod. penumero capo B , art. 337 cod. penumero capo C artt. 582, 585, 576 numero 1, 61 numero 2 cod. penumero capo D e art. 635 cod. penumero capo E dell'imputazione aggravati dalla recidiva reiterata infraquinquennale art. 99 cod. penumero . Rispondendo ad alcune delle doglianze formulate con l'atto d'appello, la Corte territoriale ha statuito che la contestata inottemperanza all'ordine di arrestare l'autovettura impartito con paletta segnaletica ha integrato il reato di cui all'art. 650 cod. penumero capo B , mentre gli atti di autolesionismo praticati dallo imputato, comunque accompagnatisi a quelli di violenza esercitati nei confronti dei pubblici ufficiali, hanno integrato il delitto di resistenza di cui al capo C. 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l'imputato, che deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine a tutti i reati oggetto di condanna. Con riferimento al reato di danneggiamento capo E , sostiene che la docu mentazione versata in atti non è idonea a fornire la prova della sussistenza del reato di cui all'art. 635 cod. penumero , dal momento che il water dei Commissariato della Polizia di Stato di Avezzano oggetto del contestato danneggiamento non risultava affatto divelto, ma solo leggermente spostato dalla sua sede. Quanto al reato di cui al capo B, deduce che la condotta in addebito integra esclusivamente l'illecito amministrativo di cui all'art. 192, comma 1 C.d.S. Con riferimento al delitto di resistenza, deduce poi che i meri atti di autolesio nismo non possono avere integrato il reato de quo, non avendo egli manifestato alcuna volontà di opporsi all'operato dei pubblici ufficiali contesta, infine, la sus sistenza delle lesioni personali patite dai pubblici ufficiali, quali risultanti dai referti medici acquisiti agli atti processuali, dovendo le stesse essere qualificate come mere percosse art. 581 cod. penumero . Considerato in diritto 1. II ricorso è infondato e va rigettato, tranne per la parte concernente la con travvenzione di cui all'art. 650 cod. penumero 2. Risulta infondata la doglianza riferita alla pretesa inconfigurabilità dei delit to di cui all'art. 337 cod. penumero in dipendenza da atti di autolesionismo. Secondo la giurisprudenza di questa Corte di Cassazione, infatti, & lt il delitto di resistenza a pubblico ufficiale può essere integrato anche da una condotta autolesionistica dell'agente, quando la stessa sia finalizzata ad impedire o contrastare il compimento di un atto dell'ufficio ad opera del pubblico ufficiale& gt Sez. 6, sent. numero 10878 del 18/11/2009, dep. 2010, M. e altro, Rv. 246675 Sez. 6, sent. numero 4929 del 17/12/2003, dep. 2004, Moraes De Jesus, Rv. 229511 . 3. Attengono, invece, propriamente al merito dei giudizio le censure riferite alle modalità del danneggiamento contestato al capo E nonché la sussistenza delle lesioni personali cagionate e certificate dai sanitari ai pubblici ufficiali di cui al capo D e come tali risultano improponibili in questa sede di legittimità art. 606, comma 3 cod. proc. penumero 4. E' invece fondata la doglianza riguardante la configurabilità della contrav venzione di cui all'art. 650 cod. penumero capo B , che la Corte territoriale ha ritenu to integrata dalla mera inottemperanza all'ordine di fermarsi, giusta motivazione consistente, peraltro, in una mera tautologia & lt non potendo la condotta del pre venuto . inquadrarsi nella semplice inottemperanza all'ordine di fermarsi . astrattamente punibile con una semplice sanzione amministrativa& gt . La statuizione, come detto immotivata, si pone, infatti, anche in contrasto con il principio costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte di legit timità, secondo cui & lt nell'inosservanza dell'obbligo di fermarsi all'invito degli agenti in servizio di polizia stradale - costruita come reato dall'art. 650 cod. penumero e come violazione amministrativa dall'art. 192, comma primo, cod. strad. - risul tano dei tutto identici sia il fine perseguito, cioè la prevenzione e l'accertamento di reati e infrazioni in materia di circolazione stradale, sia le rispettive condotte. Ne consegue che, vertendosi nell'ipotesi di concorso apparente di norme, in forza del principio di specialità di cui all'art. 9 della legge numero 689 del 1981, l'omessa ottemperanza da parte dei conducente di un veicolo all'invito a fermarsi di funzionari, ufficiali e agenti cui spetta la prevenzione e l'accertamento dei reati in materia di circolazione stradale integra gli estremi dell'illecito amministrativo previsto dall'art. 192, comma 1 cod. strad., e non già quelli della fattispecie criminosa di cui all'art. 650 cod. penumero & gt Sez. 1, sent. numero 8385 del 10/07/1998, Balestra, Rv. 211147 Sez. 6, sent. numero 23824 del 29/04/2003, Artese, Rv. 225688 Sez. 1, sent. numero 3943 del 15/01/2008, Faggioli, Rv. 238382 Sez. 1, numero 36736 del 17/09/2008, Beninati, Rv. 241127 . 5. La sentenza impugnata va, pertanto, annullata senza rinvio limitatamente al reato di cui al capo B perché il fatto non è previsto dalla legge come reato e per l'effetto eliminata la pena corrispondente. Può, tuttavia, procedersi direttamente in questa sede alla eliminazione ai sensi dell'art. 620 lett. I cod. proc. penumero , atteso che dalla sentenza di primo grado si ricava che l'aumento a titolo di continuazione art. 81 cod. penumero sulla pena base riferita al più grave reato di cui all'art. 337 cod. penumero è stato determinato nella misura di un mese di reclusione anche per la contravvenzione de qua, aumento successivamente ridottosi a venti giorni per effetto del rito speciale di cui all'art. 442 cod. proc. penumero e che va, pertanto, espunto. P.Q.M. annulla la sentenza impugnata senza rinvio limitatamente al reato di cui al capo B perché il fatto non è previsto dalla legge come reato e per l'effetto elimi na la pena corrispondente pari a giorni venti di reclusione. Rigetta nel resto il ricorso.