Abbraccia da dietro la dipendente: ristoratore condannato

Doppia identica aggressione in una serata l’uomo ha afferrato con forza la lavoratrice costringendola a subire un antipatico strofinamento. La sua condotta è punita con due anni di reclusione e 5mila euro da versare come risarcimento dalla donna. Attendibile il racconto della vittima. Irrilevante il fatto che ella, nonostante gli episodi, sia rimasta a lavorare.

Cameriera bloccata dall’abbraccio – da dietro – del proprietario del ristorante. Nessun gesto di affetto spontaneo. La condotta dell’uomo, finalizzata a strofinarsi sui glutei della ragazza, è valutabile come una vera e propria violenza sessuale. Inevitabile la condanna, con una pena fissata in due anni di reclusione. Cassazione, sentenza numero 42439, sezione Terza Penale, depositata il 7 ottobre 2016 Abbraccio . Una volta ricostruito l’episodio, grazie alle parole della vittima e delle due persone – il padre e un’amica – con cui si è sfogata, per i giudici c’è un’unica lettura dell’azione compiuta dal ristoratore. In sostanza, egli una sera ha aggredito da tergo in due diversi momenti la dipendente, afferrandola e abbracciandola con vigore e costringendola a subire atti sessuali, e segnatamente lo strofinamento ripetuto e ritmato del pene sui glutei evidente la violenza sessuale messa in atto. Consequenziale la condanna a due anni di reclusione , con obbligo di versare 5mila euro come risarcimento alla lavoratrice. Violenza. E ora la decisione presa dai giudici d’Appello viene resa definitiva dalla Cassazione. Nel contesto del ‘Palazzaccio’, difatti, sono respinte tutte le obiezioni difensive mosse dall’uomo. In particolare, il legale ha provato a mettere in discussione la attendibilità della donna. E su questo fronte è stato anche richiamato il contesto della vicenda, ossia un piccolo ristorante caratterizzato dalla presenza degli addetti e della moglie del proprietario. Secondo l’avvocato, è impensabile che il suo cliente abbia potuto correre il rischio di una plateale reazione della dipendente , che avrebbe potuto metterlo nei guai, vista la presenza della consorte. Così come è poco plausibile, sempre nell’ottica difensiva, che la donna abbia subito i due episodi di violenza denunciati , prima alle 21.30 e poi alle 22.30, e abbia continuato a lavorare regolarmente, lasciando il ristorante solo attorno alla mezzanotte. Questi elementi, però, non sono sufficienti, per i magistrati della Cassazione, a rivedere la condanna nei confronti dell’uomo. Decisiva e chiara la testimonianza della donna, corroborata, come detto, dal racconto fatto dal padre e da un’ amica che ne avevano raccolto lo sfogo, notandone anche le precarie condizioni, ossia lesioni, agitazione, ansia, paura . E la scelta di rimanere nella struttura commerciale nonostante il comportamento del ristorante è facilmente spiegabile, secondo i giudici ella era rimasta sorpresa dalla situazione, e comunque doveva lavorare non per mantenersi ma solo per dare una mano ai genitori.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 5 maggio – 7 ottobre 2016, n. 42439 Presidente Amoresano – Relatore Socci Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Roma con sentenza del 12 novembre 2014, in riforma parziale in punto di pena della decisione del Tribunale di Roma del 27 novembre 2008, condannava F.P. alla pena di anni 1 e mesi 8 di reclusione, confermava nel resto, per il reato di cui all'art. 609 bis del cod. pen., ritenuta l'ipotesi lieve dell'ultimo comma, per aver con violenza consistita nell'aggredire da tergo e nell'afferrare e abbracciare con vigore I.G. costretto la medesima a subire atti sessuali e segnatamente lo strofinamento ripetuto e ritmato del pene sui glutei della ragazza in Roma il 4 maggio 2006. La sentenza di primo grado aveva condannato l'imputato alla pena di anni 2 di reclusione e all'interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela e alla curatela, oltre danni liquidati in 5.000,00 € e spese alla parte civile. 2. L'imputato ha proposto ricorso, tramite il difensore, per i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen. 2.1. Violazione di legge art. 178 lettera C, 184, comma 2, e 125 comma 3 del cod. proc. pen. L'avviso di fissazione dell'udienza è stato notificato privo della richiesta di rinvio a giudizio il G.U.P. aveva accolta l'eccezione e disposta la nuova notifica, che è avvenuta nuovamente senza l'atto - richiesta di rinvio a giudizio-. Risollevata l'eccezione la stessa è stata respinta. Minimo il giudice doveva concedere un termine per la difesa alla seconda eccezione, perché la richiesta di rinvio a giudizio mai è stata conosciuta dall'imputato e dal suo difensore. 2.2. Violazione di legge, in relazione all'art. 125 comma 3, e 194 comma 1, e 187 del cod. proc. pen. I.E. e P.C., rispettivamente padre e amica della parte offesa, hanno testimoniato non su fatti, ma sulle condizioni psico fisiche della parte offesa. Testimonianza vietata e non consentita dall'ordinamento, infatti i testi non erano esperti in materia, ed inoltre i fatti non avevano cagionato segni fisici visibili. 2.3. Violazione di legge in relazione agli art. 609 bis, cod. pen. e art. 125, comma 3, del cod. proc. pen. L'unica fonte di prova è quella della parte civile, le altre due sono sempre riferibili alle sue dichiarazioni, è stata ritenuta attendibile, con ragionamenti manifestamente illogici. Al momento della ritenuta violenza la parte offesa restò emotivamente distaccata, mentre arrivata dal padre e poi dall'amica si rappresenta la stessa prostrata ed in condizioni psico fisiche pessime. E' irragionevole ritenere ciò in sentenza. Le molestie sarebbero avvenute secondo il racconto della vittima alle 21,30 e poi alle 22,30 e la G.I. avrebbe lasciato il ristorante solo verso la mezzanotte, alla fine del lavoro. Inoltre in un piccolo ristorante, con la presenza degli addetti e della stessa moglie del ricorrente, dopo una prima violenza la reiterazione della condotta è inverosimile, perché il ricorrente dopo un primo rifiuto avrebbe potuto ottenere una plateale reazione, fonte di guai per lui, se non altro per la presenza della moglie. Inoltre alla fine del turno l'imputato se avesse ricevuto rifiuti alle sue violenze non avrebbe certamente ridotto il compenso - da 35,00 a 25,00 € - alla I., anzi lo avrebbe aumentato per compiacere la vittima, ed evitare denunce. La sentenza è quindi affetta da illogicità manifeste. 2.4. Violazione di legge, art. 62 bis del cod. pen. Si negano le generiche e si concede l'attenuante del fatto lieve, in evidente contraddizione. 2.5. Violazione di legge, art. 538 e 125 comma 3, del cod. proc. pen. Il danno morale andava rimesso al giudice civile, e nella sentenza si è liquidato un danno eccessivo relativamente all'assenza o non eccessiva limitazione della libertà sessuale e alla ritenuta lieve entità del fatto. 2.6. Violazione di legge in relazione all'art. 541 e 605 del cod. proc. pen. L'imputato ha già corrisposto la somma di € 5000,00 e le spese, e quindi in appello dovevano compensarsi le spese. 2.7. Tenuto conto della pena di anni 1 e mesi 8 di reclusione e della sospensione condizionale, la Corte di appello doveva eliminare l'interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla curatela e alla tutela. La pena accessoria dovrebbe seguire le sorti della principale, e il sistema si appalesa irragionevole, e incostituzionale la pena principale è volta all'estinzione perché sospesa ex art. 163 e 167 cod. pen. mentre resterebbe a vita l'accessoria valuterà la Corte se rimettere gli atti alla Corte Costituzionale. Ha chiesto pertanto l'annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto 3. Il ricorso è infondato e deve rigettarsi, con la condanna al pagamento delle spese processuali, e delle spese sostenute nel grado di legittimità dalla parte civile. Il primo motivo di ricorso di natura processuale, nullità dell'avviso di fissazione dell'udienza perché notificato al difensore privo della richiesta di rinvio a giudizio, è infondato poiché la seconda notifica disposta dal Giudice l'udienza preliminare a sanatoria proprio dello stesso vizio, e su specifica eccezione della difesa, pur priva della richiesta di rinvio a giudizio non lede i diritti di difesa poiché il difensore aveva a disposizione l'atto. L'atto quindi era conosciuto o conoscibile dalla difesa la mancata notifica non può pertanto cagionare nessuna lesione al diritto di difesa. Infine deve rilevarsi, per completezza, che l'art. 419, comma 1 e 2 del cod. proc. pen. prevede la notifica della richiesta di rinvio a giudizio per il solo imputato, al difensore è sufficiente la notifica del solo avviso. 4. I testi I.E. e P.C., padre e amica della parte offesa, hanno testimoniato non sulle condizioni psico fisiche della vittima, ma su quello che loro hanno visto e compreso, testimonianza diretta, e su quanto a loro raccontato dalla vittima immediatamente dopo i fatti, a poche ore. Le condizioni della vittima agitazione, lesioni, ansia, paura ed altro dopo un delitto, sono visibili e possono essere notate anche da persone normali il problema quindi non è di ammissibilità o no, ma di attendibilità delle dichiarazioni. 5. Con il terzo motivo si contesta la ritenuta attendibilità delle dichiarazioni della vittima, parte civile, e si ritiene la motivazione della sentenza impugnata, sul punto, manifestamente illogica. La Corte di Appello e il Giudice di primo grado, in doppia conforme ha, invece, con esauriente motivazione, immune da vizi di manifesta illogicità o contraddizioni + ampiamente motivato sull'attendibilità della parte offesa la decisione, quindi, non presenta vizi logici per un eventuale intervento di legittimità. Infatti, in tema di reati sessuali, poiché la testimonianza della persona offesa è spesso unica fonte del convincimento del giudice, è essenziale la valutazione circa l'attendibilità del teste tale giudizio, essendo di tipo fattuale, ossia di merito, in quanto attiene il modo di essere della persona escussa, può essere effettuato solo attraverso la dialettica dibattimentale, mentre è precluso in sede di legittimità, specialmente quando il giudice del merito abbia fornito una spiegazione plausibile della sua analisi probatoria. Sez. 3, n. 41282 del 05/10/2006 - dep. 18/12/2006, Agnelli e altro, Rv. 235578 . Le dichiarazioni della persona offesa possono da sole, senza la necessità di riscontri estrinseci, essere poste a fondamento dell'affermazione di responsabilità penale dell'imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve, in tal caso, essere più penetrante e rigorosa rispetto a quella cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone. A tal fine è necessario che il giudice indichi le emergenze processuali determinanti per la formazione del suo convincimento, consentendo così l'individuazione dell'iter logico-giuridico che ha condotto alla soluzione adottata mentre non ha rilievo, al riguardo, il silenzio su una specifica deduzione prospettata con il gravame qualora si tratti di deduzione disattesa dalla motivazione complessivamente considerata, non essendo necessaria l'esplicita confutazione delle specifiche tesi difensive disattese ed essendo, invece, sufficiente una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione implicita di tale deduzione senza lasciare spazio ad una valida alternativa. Sez. 5, n. 1666 del 08/07/2014 - dep. 14/01/2015, Pirajno e altro, Rv. 261730 le regole dettate dall'art. 192, comma terzo, cod. proc. pen. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di penale responsabilità dell'imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone. Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012 - dep. 24/10/2012, Bell'Arte ed altri, Rv. 253214 . Nel nostro caso le analisi delle due decisioni, conformi, sono precise, puntuali e rigorose nell'affrontare l'attendibilità della persona offesa, e la sentenza di appello risponde in modo esauriente ai motivi dell'appello. Inoltre la ragazza racconta sia al padre e sia all'amica P.C. le stesse cose poi rappresentate in sede di denuncia. La ricostruzione alternativa rappresentata dall'imputato nel ricorso per Cassazione non trova elementi certi negli atti, e né gli stessi, del resto, sono indicati nell'atto di impugnazione, e quindi sono solo ipotesi teoriche, non valutabili in sede di legittimità vedi espressamente Cassazione, Sez. 5, n. 18999 del 19/02/2014 - dep. 08/05/2014, C e altro, Rv. 260409 La regola dell' al di là di ogni ragionevole dubbio , secondo cui il giudice pronuncia sentenza di condanna solo se è possibile escludere ipotesi alternative dotate di razionalità e plausibilità, impone all'imputato che, deducendo il vizio di motivazione della decisione impugnata, intenda prospettare, in sede di legittimità, attraverso una diversa ricostruzione dei fatti, l'esistenza di un ragionevole dubbio sulla colpevolezza, di fare riferimento ad elementi sostenibili, cioè desunti dai dati acquisiti al processo, e non meramente ipotetici o congetturali . Infatti il ricorrente ritiene che, per la particolare configurazione dei locali del ristorante molto piccolo e per la presenza di altri dipendenti e della stessa moglie del ricorrente, la reiterazione della condotta di invasione della sfera sessuale per la seconda volta dopo un primo rifiuto sarebbe inverosimile per il pericolo di una plateale reazione la parte civile avrebbe lasciato il ristorante solo verso la mezzanotte e non subito dopo i due episodi di violenza, posti in essere alle ore 21,30 e 22,30 circa. Infine la vittima avrebbe denunciato le violenze per un possibile licenziamento per incapacità al lavoro, o per una differenza della paga giornaliera, da € 35,00 ad € 25,00. Tutti questi elementi - fattuali, teorici - sono stati ampiamente trattati dalla sentenza impugnata con motivazione che non può ritenersi manifestamente illogica infatti la presenza al ristorante anche dopo le due violazioni - sostiene la sentenza impugnata - della sfera sessuale è compatibile logicamente per la sorpresa e novità della vicenda sulla giovane ragazza la ragazza del resto lavorava non per mantenersi, ma solo per arrotondare i soldi dei genitori, per la sua maggiore indipendenza la reiterazione del comportamento da parte del ricorrente con il rischio di una plateale reazione è un rischio che il ricorrente si è assunto, e quindi non può utilizzarsi per diminuire o annullare la credibilità della parte civile. 6. Sulle generiche non concesse si rileva che la sentenza impugnata contiene adeguata motivazione sul punto, relativamente alla reiterazione del comportamento, pur dopo la manifestazione di dissenso da parte della ragazza, ed il divario di età tra il ricorrente datore di lavoro e la ragazza. La decisione sulla concessione o sul diniego delle attenuanti generiche è rimessa, infatti, alla discrezionalità del giudice di merito, che nell'esercizio del relativo potere agisce con insindacabile apprezzamento, sottratto al controllo di legittimità, a meno che non sia viziato da errori logico-giuridici. Sez. 2, n. 5638 del 20/01/1983 - dep. 14/06/1983, ROSAMILIA, Rv. 159536 Sez. 5, n. 7562 del 17/01/2013 - dep. 15/02/2013, P.G. in proc. La Selva, Rv. 254716 Sez. 6, n. 14556 del 25/03/2011 - dep. 12/04/2011, Belluso e altri, Rv. 249731 . Le attenuanti generiche previste dall'art. 62-bis cod. pen. sono state introdotte con la funzione di mitigare la rigidità dell'originario sistema di calcolo della pena nell'ipotesi di concorso di circostanze di specie diversa e tale funzione, ridotta a seguito della modifica del giudizio di comparazione delle circostanze concorrenti, ha modo di esplicarsi efficacemente solo per rimuovere il limite posto al giudice con la fissazione del minimo edittale, allorché questi intenda determinare la pena al di sotto di tale limite, con la conseguenza che, ove questa situazione non ricorra, perché il giudice valuta la pena da applicare al di sopra del limite, il diniego della prevalenza delle generiche diviene solo elemento di calcolo e non costituisce mezzo di determinazione della sanzione e non può, quindi, dar luogo né a violazione di legge, né al corrispondente difetto di motivazione. Sez. 3, n. 44883 del 18/07/2014 - dep. 28/10/2014, Cavicchi, Rv. 260627 . In tema di reati sessuali, all'applicazione della circostanza attenuante speciale prevista dall'art. 609 bis, comma terzo, cod. pen. casi di minore gravità non consegue automaticamente l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche, in quanto mentre per la concedibilità di queste ultime rilevano tutti i parametri indicati nell'art. 133 cod. pen., per la concedibilità dell'attenuante speciale rilevano solo gli elementi indicati nel comma primo e non quelli indicati nel comma secondo del predetto articolo. Conf. Sez. III, 12 ottobre 2007, n. 40453, Tolomelli, non massimata . Sez. 3, n. 1192 del 08/11/2007 - dep. 11/01/2008, Fiori, Rv. 238551 vedi anche, nello stesso senso, Sez. 3, n. 31841 del 02/04/2014 - dep. 18/07/2014, C, Rv. 260289 . 7. Infondati sono anche i due motivi relativi alla liquidazione del danno in favore della parte civile, e sulla liquidazione delle spese del grado, in favore della parte civile. In relazione agli art. 538 e 539 del cod. proc. pen. il giudice penale può liquidare direttamente i danni se le prove acquisite consentono la liquidazione. In tema di liquidazione del danno morale, la relativa valutazione dei giudice, in quanto affidata ad apprezzamenti discrezionali ed equitativi, costituisce valutazione di fatto sottratta al sindacato di legittimità se sorretta da congrua motivazione. Fattispecie relativa al risarcimento disposto in favore di un Comune per effetto di un reato di abuso di ufficio . Sez. 6, n. 48461 del 28/11/2013 - dep. 04/12/2013, P.G., Fontana e altri, Rv. 258170 . La parte civile del resto ha il diritto a seguire il processo anche dopo il risarcimento del danno ed inoltre la riforma della decisione di primo grado chiesta dall'imputato con l'appello incideva direttamente anche sulle statuizioni civili. Corretta pertanto risulta la condanna del ricorrente alle spese in favore della parte civile per l'appello solo se l'accoglimento dell'appello fosse stato neutro per gli interessi della parte civile non avrebbero dovuto liquidarsi le spese. In tema di impugnazioni, qualora dall'eventuale accoglimento del ricorso proposto dall'imputato non possa derivare alcun pregiudizio alla parte civile, quest'ultima, non avendo interesse a formulare proprie conclusioni nel giudizio, non ha titolo alla rifusione delle spese processuali in caso di rigetto o declaratoria di inammissibilità del gravame. Fattispecie relativa a ricorso per Cassazione proposto dall'imputato, avente ad oggetto la declaratoria di inammissibilità nel giudizio di appello della richiesta di applicazione dell'istituto della messa alla prova e il computo della pena . Sez. 2, n. 18265 del 16/01/2015 - dep. 04/05/2015, Capardoni e altri, Rv. 263791 . 8. Anche l'ultimo motivo la pena accessoria doveva seguire le sorti della pena principale sospesa risulta infondato. Il beneficio della sospensione condizionale della pena principale inflitta per uno dei reati in materia sessuale si estende, di diritto, anche alle pene accessorie previste dall'art. 609 novies cod. pen., non necessitando un'esplicita statuizione in tal senso. Nella specie, il giudice, nel concedere il beneficio di cui all'art. 163 cod. pen., aveva omesso di specificare che quest'ultimo si estendesse anche alle pene accessorie . Sez. 3, n. 763 del 28/10/2009 - dep. 11/01/2010, Tomasetti, Rv. 245898 nello stesso senso, Sez. 3, n. 27113 del 19/02/2015 - dep. 30/06/2015, Merlo, Rv. 264019 . P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, I.G., che liquida in complessivi € 3.298,88. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati significativi, a norma dell`art. 52 del d. lgs 196/03 in quanto imposto dalla legge.