DASPO non solo nelle manifestazioni sportive, ma anche in quelle politiche

A seguito della novella del 2001, il DASPO non è più applicabile solo a coloro che hanno manifestato pericolosità direttamente in occasione delle manifestazioni sportive, ma anche a coloro che l’hanno manifestata aliunde, per essere stati denunciati/condannati per determinati reati specificamente indicati ed appunto scelti quali precisi indici di pericolosità.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 41501/16, depositata il 4 ottobre. Il caso. Il gip convalidava il provvedimento del Questore nella parte in cui si disponeva ex art. 6, l. n. 401/1989 l’obbligo di presentazione alla P.S. dell’odierno ricorrente, che si rivolge quindi alla Corte di Cassazione lamentando la violazione di legge in ordine all’applicazione della misura fuori delle previsioni di cui alla norma citata, non trattandosi di vicenda inerente una manifestazione sportiva, bensì politica. Il DASPO nelle manifestazioni politiche. Non vi è alcun argomento letterale che induca all’interpretazione della norma de qua nel senso indicato dal ricorrente. La disposizione infatti, come interpolata nel 2001, prevede che il DASPO possa essere applicato anche nei confronti di chi risulta aver tenuto [] una condotta, sia singola che di gruppo, evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione, tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o creare turbative per l’ordine pubblico nelle medesime circostanze di cui al primo periodo . Avendo il ricorrente minacciato, provocato lesioni e portato un oggetto atto ad offendere senza giustificato motivo nell’occasione ed a causa di una manifestazione di natura politica, deve ritenersi concretizzata una delle ipotesi previste dall’art. 6, comma 1, cit. al fine dell’emissione del DASPO e della misura accessoria rafforzativa di cui al comma 2 dello stesso art È evidente che con la novella del 2001 si è inteso estendere la portata della norma a tutte le persone potenzialmente pericolose per l’ordinario e pacifico svolgimento delle manifestazioni sportive. Dunque non più solo a coloro che tale pericolosità hanno manifestato direttamente in occasione delle stesse, ma anche a coloro che l’hanno manifestata aliunde , per essere stati denunciati/condannati per determinati reati specificamente indicati ed appunto scelti quali precisi indici di pericolosità.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 28 giugno – 4 ottobre 2016, n. 41501 Presidente Ramacci – Relatore Manzon Ritenuto in fatto 1.Con ordinanza in data 12 settembre 2015 il Gip del Tribunale di Livorno convalidava il provvedimento del Questore di Livorno in data 8 settembre 2015 emesso ex art. 6, L. 401/1989, nella parte in cui si disponeva l’obbligo di presentazione alla P.S 2. Contro il provvedimento, tramite il difensore fiduciario, ha proposto ricorso per cassazione l’O. deducendo un unico motivo. 2.1 Lamenta il ricorrente violazione di legge in ordine alla applicazione della misura fuori delle previsioni di cui alla fonte normativa evocata, non trattandosi di vicenda inerente una manifestazione sportiva, bensì politica. 3. Il PG ha depositato requisitoria con la quale chiede dichiararsi inammissibile il ricorso, in quanto manifestamente infondato il motivo dedotto. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. Con il motivo dedotto il ricorrente lamenta che il provvedimento impugnato sia viziato da violazione di legge, poiché sostiene che nei suoi confronti sia stata erroneamente applicata la misura del DASPO e quella correlata dell’obbligo di presentazione all’Autorità di PS al di fuori delle ipotesi di cui all’art. 6, comma 1, L. 401/1989. In particolare afferma che tale disposizione possa essere utilizzata soltanto per i comportamenti posti in essere nell’ambito delle manifestazioni sportive e non di quelle politiche, quali quella in cui si sono verificati i fatti che gli vengono ascritti. La censura è infondata. Anzitutto vi è da osservare che non vi è alcun argomento letterale che induca all’interpretazione della norma de qua patrocinata dalla difesa dell’O. . La disposizione infatti, come interpolata nel 2001 d.l. n. 336 convertito con modificazioni in L. n. 377 e da ultimo nel 2014 con il d.l. n. 119 convertito con modificazioni in L. n. 146 , prevede che il DASPO possa essere applicato anche nei confronti di chi risulta aver tenuto una condotta, sia singola che di gruppo, evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione, tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o creare turbative per l’ordine pubblico nelle medesime circostanze di cui al primo periodo . Orbene, essendo pacifici i fatti ascritti al ricorrente ossia che egli abbia minacciato, provocato lesioni personali e portato un oggetto atto ad offendere senza giustificato motivo nell’occasione ed a causa di una manifestazione di natura politica in Livorno il 14 luglio 2015, come correttamente rilevato dal Gip del Tribunale di Livorno, integrando la terza di tali condotte il reato di cui all’art. 4, L. 110/1975, per il quale l’O. è stato denunciato e sottoposto ad indagini preliminari, deve perciò ritenersi concretizzata una delle ipotesi previste dall’art. 6, comma 1, L. 401/1989 al fine dell’emissione del DASPO e della misura accessoria rafforzativa di cui al comma 2 della disposizione stessa. Il ricorrente peraltro evoca il criterio della volontà del legislatore , citando le dichiarazioni fatte in sede di conversione di detto decreto legge dal relatore, che indurrebbero ad un’interpretazione restrittiva delle nuove disposizioni, limitandone la sfera applicativa alle sole manifestazioni di tipo sportivo. A parte che dai resoconti parlamentari richiamati testualmente nel ricorso ciò non sembra proprio essere stato espressamente detto da chi è intervenuto nell’ iter legislativo, comunque il testo della legge non è questo, posto che viene usata la disgiunzione ovvero e quindi ciò univocamente significa che si tratta di previsioni normative tra loro alternative. In altri termini si deve affermare che, stando alla lettera dell’enunciato, le misure de quibus possono essere alternativamente applicate sia nei casi di cui alla prima parte della disposizione persone denunciate o condannate per uno dei reati di cui sia ovvero nel caso di cui alla seconda parte per aver preso parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive . D’altro canto configurare in questi termini la sfera applicativa della disposizione legislativa ha una logica stringente che la fa rientrare pienamente nella ratio della scelta del legislatore. È infatti evidente che con la novella del 2001 si è inteso estendere la portata della disposizione medesima estendendone ex novo l’efficacia a tutte le persone potenzialmente pericolose per l’ordinario e pacifico svolgimento delle manifestazioni sportive. Quindi non più soltanto a coloro che tale pericolosità hanno manifestato direttamente in occasione delle stesse, ma anche a coloro i quali tale pericolosità hanno evidenziato aliunde, per essere stati denunciati/condannati per determinati reati specificamente indicati ed appunto scelti quali indici precisi della pericolosità stessa cfr. in senso analogo, ancorché su fattispecie concreta diversa, Sez. 3 n. 27284 del 2010 . Sicché l’inserimento del reato di cui all’art. 6 bis, stessa legge n. 401/1989 nel catalogo di questi indici di pericolosità non fa che rafforzare l’interpretazione che si afferma e comunque, al contrario di quanto deduce il ricorrente, non la smentisce affatto, essendo peraltro evidente il più stretto collegamento tra le condotte sanzionate da questa norma incriminatrice con gli eventi sportivi. In ogni caso non si ravvede alcuna controindicazione costituzionale all’orientamento ermeneutico espresso dal Gip del Tribunale di Livorno e che questa Corte condivide, particolarmente rispetto ai principi di uguaglianza/ragionevolezza, trattandosi di una scelta discrezionale che ben può essere fatta dal legislatore, onde rafforzare la tutela pubblica di fenomeni sociali, quali quelli sportivi, di amplissima fruizione da parte della collettività nazionale e per questa ragione evidentemente considerati dal legislatore stesso di preminente interesse pubblico. 3. Il ricorso va dunque rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.