Atti elusivi e inottemperanza ad un provvedimento giudiziale: quando e come rilevano

Ai fini del perfezionamento del reato di cui all’art. 388, comma 1, c.p., riveste fondamentale importanza la scansione temporale tra intimazione ad adempiere, inadempimento ed atto simulato o comunque fraudolento. Tuttavia, a tale fattispecie non sfugge l’ipotesi in cui vi sia una condotta materiale di frode ai creditori realizzata con operazioni sui beni ancora prima ed in previsione di un provvedimento del giudice che poi verrà eluso.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 41118/16, depositata il 30 settembre. Il nodo giuridico. La sentenza in commento affronta la questione se, con riguardo alla fattispecie di cui all’art. 388 comma 1, c.p., sono sanzionabili quegli atti simulati o fraudolenti, compiuti sui propri o altrui beni da un soggetto prima ancora di aver avuto conoscenza di un provvedimento di ingiunzione futuro a suo carico, cui non si darà adempimento. Inottemperanza condizione obiettiva di punibilità? Nella disamina della questione, la Corte parte dalla considerazione che la commissione di condotte fraudolente da parte del soggetto agente, al fine di eludere gli obblighi nascenti da un provvedimento dell’autorità giudiziaria, e l’inottemperanza di tale provvedimento sono entrambi elementi costitutivi del reato de quo . Tale impostazione che potrebbe apparire scontata, eppure, in realtà si scontra con un precedente orientamento che vedeva nell’inottemperanza una condizione obiettiva di punibilità ossia una condizione, indipendente dalla volontà e dalla condotta dell’agente, necessaria affinchè si possa ritenere perfezionato il fatto reato, in aggiunta agli elementi costitutivi dello stesso . o elemento costitutivo del reato? Tuttavia, la giurisprudenza ritiene che l’inottemperanza del provvedimento giudiziale sia un elemento interno alla fattispecie criminosa, la cui ratio è la salvaguardia della tutela apprestata con i provvedimenti dell’AG . Invero, tale elemento è frutto di un comportamento volontario e consapevole dell’agente e, come tale, incompatibile con le caratteristiche proprie della condizione obiettiva di punibilità. Si tratta, invero, di reato istantaneo ad effetti permanenti, la cui consumazione si ha proprio all’atto del mancato adempimento all’ingiunzione ricevuta. Quindi, l’individuazione del momento di perfezionamento del reato nei termini appena indicati vale sicuramente quando la condotta fraudolenta sia antecedente alla pronuncia giudiziale, all’intimazione ad adempiervi e all’inottemperanza che costituisce l’ultimo atto in cui si consuma il reato”. E quindi anche quando tali atti siano posti in essere prima ancora di un presumibile procedimento giudiziario finalizzato ad una ingiunzione di pagamento cui poi non si ottemperi. Atti successivi alla pronuncia. Sul punto, peraltro, la Corte va oltre, affermando che, allo stesso modo, andrebbe risolta anche la diversa ipotesi in cui gli atti fraudolenti o simulati siano posti in essere anche, o unicamente dopo l’adozione del provvedimento dell’autorità giudiziaria e il manifestarsi dell’inottemperanza. Infatti, in tali casi, il reato si consuma nel momento in cui al pronunciamento giudiziale, all’intimazione e alla volontaria inottemperanza seguono atti o fatti mirati a sottrarre l’obbligato agli obblighi derivanti dal provvedimento dell’autorità giudiziaria, atti senza i quali la sola pregressa inottemperanza resterebbe priva di rilievo giacchè mancherebbe uno degli elementi costitutivi di reato . Finalità della norma. D’altra parte, volendo ragionare diversamente, si frustrerebbe la ratio della norma, perché verrebbero esclusi dei comportamenti che, pur connotati dalla medesima finalità eludere il provvedimento giudiziale , siano posti in un momento successivo alla intimazione ad adempiere e al termine individuato. Si realizzerebbe dunque un’inammissibile differenziazione fra condotte del tutto sovrapponibili” che, tuttavia, sono attuate in momenti diversi, seppur nella coincidenza di tutti gli altri elementi di fattispecie. Tempo e luogo del reato. Peraltro, ove gli atti fraudolenti siano plurimi e concatenati, la consumazione del reato coincide con l’ultimo atto rilevante e funzionale, anche se successivo all’inottemperanza con le conseguenze che ne derivano in materia di competenza territoriale.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 5 luglio – 30 settembre 2016, n. 41118 Presidente Rotundo – Relatore Tronci Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 30.09.2015 la Corte d’Appello di Milano confermava la sentenza con cui il Tribunale del medesimo capoluogo aveva condannato G.C. , N. e F. alla pena di Euro 1.000,00 di multa ciascuno, in quanto colpevoli - i primi due quali soci titolari dell’azienda agri-suinicola La Campagnola di G. C. e N. s.s. , il terzo quale socio titolare della società Agricola G.G. di G.F. , C. e N. s.s. - del reato loro in concorso ascritto ai sensi dell’art. 388 co. 1 cod. pen. Tanto per avere a fraudolentemente stipulato contratti di soccida con altra ditta, la Suinicola Riproduttori di L.G. e C. s.s. , aventi ad oggetto la cessione di tutti i suini di loro proprietà, che sarebbero nondimeno rimasti presso le società cedenti, con percezione di corrispettivo per gli incrementi del bestiame, al fine di sottrarsi all’adempimento degli obblighi civili nascenti dai decreti ingiuntivi emessi dal Tribunale di Parma rispettivamente n. 3271/09 per Euro 742.744,21 quanto alla società La Campagnola e n. 3545/09 per Euro 143.087,61 quanto alla società Agricola G. b quindi, onde eludere l’adempimento dei conseguenti provvedimenti dell’A.G. di Forlì - Cesena anche in questo caso partitamente indicati , relativi all’assegnazione in favore della parte lesa di quanto pignorato presso terzi, da individuarsi con la sopra citata Suinicola Riproduttori di L.G. & amp C. s.s. , ceduto entrambe le proprie società alla HA Trust AG , con sede in – omissis , nella qualità di trustee del Trust Sant’Ignazio con domicilio fiscale in – omissis . 2. Avverso detta pronuncia hanno proposto tempestivo ricorso per cassazione i tre imputati, a mezzo di un unico atto a firma del comune difensore di fiducia. In particolare, denuncia il difensore A violazione dell’art. 606 lett. c cod. proc. pen., in conseguenza della dedotta inosservanza dell’art. 555 co. 1 lett. c cpp ovvero, in subordine, dell’art. 521 co. 2 cpp , avendo la Corte disatteso l’eccezione di nullità del decreto di citazione a giudizio, già tempestivamente sollevata innanzi al primo giudice, nonostante la sussistenza di diverse imprecisioni nel capo di imputazione di cui la stessa Corte dà atto, salvo poi ritenere delineato il fatto nei suoi elementi essenziali, con valutazione la cui contraddittorietà scaturisce altresì - giusta la tesi sostenuta - dal confronto tra il capo di imputazione e la ricostruzione operata dai giudici di merito nella parte motiva dei loro provvedimenti , definita illuminante per comprendere come l’ipotesi accusatoria, assolutamente confusa e indeterminata, sia stata montata e rimontata dai giudici di primo e secondo grado, secondo la propria personale ricostruzione, all’esito della cognizione del processo che si è svolto innanzi a loro B violazione dell’art. 606 lett. b e c cod. proc. pen., in relazione agli artt. 6, 16, 388 cod. pen. e 24 cod. proc. pen., per via della incompetenza territoriale dell’A.G. milanese, in favore del Tribunale di Parma - in quel circondario avendo la propria sede il creditore ingiungente, posto che il contestato comportamento fraudolento ha qui ad oggetto l’inottemperanza a decreti ingiuntivi - ovvero del Tribunale di Brescia, nel circondario del quale hanno sede le società debitrici ciò alla luce della struttura propria del reato di cui all’art. 388 co. 1 cod. pen. e della corretta individuazione del momento di consumazione della fattispecie C violazione dell’art. 606 lett. b e lett. e cod. proc. pen. quanto al primo profilo, alla luce della oggettiva inidoneità degli atti contestati a sottrarre gli imputati all’adempimento degli obblighi civili nascenti dai provvedimenti dell’A.G., per le ragioni di diritto all’uopo ampiamente sviluppate quanto al secondo profilo, essendo la decisione sul punto per certi versi carente e per altri viziata sul piano logico , così come emerge dal tenore dell’atto impugnato D ulteriore violazione dell’art. 606 lett. b cod. proc. pen., per la erroneamente ritenuta possibilità di sanzionare condotte compiute anche prima che il soggetto agente abbia avuto conoscenza di un qualche procedimento adito avanti all’Autorità Giudiziaria per l’accertamento di quegli obblighi che, successivamente, verranno riconosciuti nel provvedimento oggetto di futura ingiunzione e inottemperanza E infine, ennesima violazione dell’art. 606 lett. b e lett. e cod. proc. pen., quanto alla valutazione della sussistenza dell’elemento soggettivo richiesto dalla contestata fattispecie incriminatrice, che si assume viziata da manifesta illogicità . Considerato in diritto 1. Il ricorso proposto non è fondato, di talché se ne impone il rigetto, con ogni consequenziale statuizione in tema di spese. 2. Vanno innanzi tutto disattese le questioni procedurali sollevate con l’unitario atto d’impugnazione, sub A e B . Senza meno inconsistente è l’eccezione con cui è stata reiterata la denunciata violazione dell’art. 555 - rectius 552 - co. 1 lett. c del codice di rito. È noto come la corretta enunciazione del fatto sia finalizzata a consentire, attraverso la pur succinta ma esauriente rappresentazione degli elementi strutturali e sostanziali della fattispecie contestata, la pienezza dell’esercizio del diritto di difesa cfr. in tal senso, da ultimo e fra le tante, Cass. Sez. 3, sent. n. 35964 del 04.11.2014 - dep. 04.09.2015, Rv. 264877 , siffatta esigenza di tutela essendo alla base della sanzione di nullità prevista - per quanto qui interessa - dal capoverso del già citato art. 552 cod. proc. pen Tanto premesso, del tutto correttamente la Corte territoriale ha rappresentato che, al di là di talune imprecisioni riconducibili all’eccesso di dettaglio del capo d’accusa in assenza di un’opportuna sintesi, tuttavia lo stesso delinea con chiarezza gli elementi essenziali del reato ascritto, dai provvedimenti fraudolentemente elusi - che, dopo l’iniziale e generico riferimento ad una imprecisata sentenza di condanna , sono quindi specificati con l’indicazione del numero identificativo, dell’importo e del soggetto destinatario - agli atti simulati o fraudolenti posti in essere onde realizzare l’anzidetta elusione, anche in questo caso segnatamente differenziati per tipologia giuridica contratti di soccida costituzione di trust e scansione temporale che ne ha caratterizzato l’attuazione dapprima in seguito tra il 20.11.2009 ed il 26.01.2010 . Né è a dire che possa essere qui subordinatamente ravvisata la violazione dell’art. 521 co. 2 cod. proc. pen., come pure sostenuto dalla difesa, stante l’indiscutibile rispondenza del fatto valorizzato dalle due convergenti sentenze di condanna a quello oggetto di contestazione, non rivestendo certo valenza di segno contrario la constatazione delle puntualizzazioni di segno giuridico operate dalla Corte milanese, al fine di delineare l’inquadramento della vicenda storica concreta in seno al paradigma normativo astratto. 3. Non riveste fondamento neppure la questione di competenza territoriale, già tempestivamente posta all’attenzione del primo giudice e quindi reiterata innanzi alla Corte d’appello. La peculiare figura criminosa della inosservanza dolosa di un provvedimento del giudice, ex art. 388 co. 1 cod. pen., ruota intorno alla commissione di condotte fraudolente ad opera del soggetto agente ed alla inottemperanza, da parte del medesimo, dell’ingiunzione nascente dal provvedimento giurisdizionale, l’una e l’altra requisiti costitutivi del reato si è infatti puntualizzato in proposito - onde pervenire al superamento della risalente impostazione, che individuava nella succitata inottemperanza una condizione obiettiva di punibilità - come la stessa sia frutto di un comportamento volontario e consapevole dell’agente, come tale appunto incompatibile con le caratteristiche proprie della condizione obiettiva di punibilità, essendosi qui in presenza di un elemento interno alla struttura della fattispecie criminosa, la cui ratio è giusto la salvaguardia dell’effettività della tutela apprestata con i provvedimenti dell’A.G. Donde ancora l’affermazione, da tempo ricorrente nella giurisprudenza di legittimità, in ordine alla caratterizzazione della fattispecie in questione come reato istantaneo ad effetti permanenti, proprio perché la sua consumazione si concretizza all’atto del mancato adempimento alla ingiunzione ricevuta il danno del creditore si verifica al momento dell’inottemperanza del debitore - ovviamente istantaneo mentre la eventuale permanenza dell’inadempimento rappresenta semplicemente la protrazione degli effetti di un fenomeno che si è già realizzato così Cass. Sez. 6, sent. n. 44936 del 03.10.2005, Rv. 233502 . Fermo quanto sopra, la Corte territoriale ha osservato che l’individuazione del momento di perfezionamento del reato nei termini anzidetti vale laddove la condotta fraudolenta si collochi in un momento anteriore alla pronuncia giudiziale, alla intimazione ad adempiervi ed all’inottemperanza, che costituisce l’ultimo atto in cui si consuma il reato l’ultima frazione della condotta sanzionata – omissis . Così non è, tuttavia, laddove gli atti simulati o fraudolenti siano posti in essere - con la finalità specifica indicata dall’art. 388 c.p. - anche - o soltanto - dopo l’adozione del provvedimento dell’A.G., dopo la formale intimazione e dopo il manifestarsi dell’inottemperanza. In tale situazione - che non è evenienza rara ed è pienamente compatibile con lo schema normativo - il reato si consuma nel momento in cui al pronunciamento giudiziale, all’intimazione ed alla volontaria inottemperanza seguono atti o fatti mirati a sottrarre l’obbligato agli obblighi derivanti dal provvedimento dell’A.G., atti senza i quali la sola pregressa inottemperanza resterebbe priva di rilievo . Trattasi di considerazioni del tutto condivisibili, non contraddette in alcun modo dalla lettera della norma incriminatrice e, anzi, rispondenti appieno alla pacifica ratio che sovrintende alla norma medesima, che sarebbe gratuitamente frustrata, ove si volessero reputare estranei al suo paradigma quei comportamenti che, pur connotati dalla identica finalità, siano posti in essere successivamente alla intimazione ad adempiere ed alla scadenza del termine relativo, così introducendo una incomprensibile e non giustificabile differenziazione fra condotte del tutto sovrapponibili, unicamente sulla base del momento della loro attuazione, nella coincidenza di tutti i restanti elementi della fattispecie. In senso contrario, non coglie nel segno l’obiezione del ricorrente, secondo cui la figura criminosa per cui è processo, nell’ipotesi da ultimo tratteggiata, verrebbe ad essere inopinatamente trasformata in reato di mera condotta , atteso che l’evento inadempimento - di cui non pare in dubbio la connotazione in senso strettamente giuridico, non assumendo certo le caratteristiche di una modificazione della realtà fenomenica esterna - permane nel novero degli elementi costitutivi del reato, così come vi permane la sua stretta correlazione, che vale a legittimarne la rilevanza sul piano penale, con la condotta fraudolenta del soggetto agente, sia antecedente - in tal caso, con evidenza forse ancor maggiore sul piano del nesso causale - sia posteriore - al chiaro e sovrapponibile scopo di rendere immodificabili le conseguenze deteriori in danno dell’avente diritto. Né è a dire che la sentenza n. 36692 del 27.09.2007 delle Sezioni Unite di questa Suprema Corte si ponga in rotta di collisione con le considerazioni che precedono - così come si assume dalla difesa dei ricorrenti - posto che la pronuncia citata si limita a porre in evidenza la comunanza dell’oggetto giuridico proprio delle ipotesi disciplinate dai primi due commi dell’art. 388 cod. pen., nel contesto di un discorso mirato alla risoluzione della ben distinta questione che ha comportato l’intervento dell’Alto Consesso, inerente specificamente alla differente figura criminosa di cui al secondo comma del già citato art. 388 cod. pen., onde non assume certo valore, ai fini della ricostruzione della struttura della fattispecie qui in esame, la circostanza che nella motivazione si faccia riferimento al caso, più ricorrente, di comportamenti destinati a precostituire una situazione di ineseguibilità della decisione giudiziaria definitiva . Anzi, conferma puntuale della correttezza della impostazione seguita dal giudice distrettuale milanese si trae dalla disamina della giurisprudenza di questa Corte in subiecta materia. In particolare, la sentenza n. 29828 del 27.06.2012 di questa Corte Rv. 253696 , nel ribadire in parte motiva l’esattezza della interpretazione seguita dal giudice di merito sul tema della individuazione dei momenti rilevanti ai fini della perfezione del reato in questione - in quella vicenda determinante in funzione del calcolo della prescrizione del reato - valorizza la circostanza che ci si trovi in presenza di una condotta materiale di frode ai creditori realizzata con operazioni sui beni ancora prima, ed in previsione, del provvedimento del giudice civile , poi divenuto esecutivo a significare indirettamente, cioè, come la scansione temporale fra intimazione ad adempiere, inadempimento ed atto simulato o comunque fraudolento non sia affatto indifferente rispetto all’esatta individuazione del momento di consumazione del reato de quo. Ancor più esplicite sono le indicazioni che si traggono dalla sentenza n. 2266 del 13.01.2000 Sez. 6, Rv. 215642 , per la quale Integra gli estremi del reato consumato di cui all’art. 388, comma primo, cod. pen. il comportamento dell’agente che nella procedura di conversione del pignoramento, ottenuto il provvedimento di conversione con l’obbligo di versare la somma residua fissata dal giudice, paghi un importo inferiore a quello determinato e depositi in cancelleria la ricevuta falsificata, dalla quale figuri il pagamento della intera somma prestabilita, così cercando di svincolare i beni pignorati. Poiché il fatto tipico previsto dalla norma consiste nel compimento di atti simulati o fraudolenti, o altri fatti fraudolenti, con il comportamento posto in essere non si tenta solo di compiere una frode, che risulta perfettamente realizzata perché l’apparente pagamento della somma costituisce un fatto fraudolento . Qui, infatti, il pagamento parziale - che realizza l’inottemperanza al provvedimento dell’A.G. - è ovviamente anteriore al comportamento fraudolento concretizzatosi nella falsificazione della ricevuta o, per meglio dire, al deposito in cancelleria della ricevuta falsificata, che segna il momento in cui il falso - e, per l’effetto, il detto comportamento fraudolento - si esteriorizza e assume rilevanza ne consegue che, anche nella descritta vicenda, ci si trova innanzi all’inversione della più frequente scansione temporale, l’inadempimento essendo precedente al comportamento elusivo. 3.1 Ulteriori considerazioni vanno spese per dar conto del corretto radicamento della competenza territoriale innanzi all’A.G. di Milano. Rappresenta, ancora, la Corte meneghina che, ove gli atti simulati o fraudolenti siano plurimi e concatenati, la consumazione del reato la stessa norma dell’art. 388 c.p. attribuisce unitaria rilevanza agli atti nel loro complesso coincide con l’ultimo atto rilevante e funzionale, anche se successivo all’inottemperanza, con ciò che ne consegue in termini di locus e tempus commissi delicti . In effetti, nella presente vicenda la condotta degli imputati si è articolata, dapprima, nella stipulazione dei contratti di soccida, quindi, successivamente alla notifica dei decreti ingiuntivi e dei correlati atti di precetto - avvenuta il 03.12.2009, quanto al provvedimento relativo alla società La Campagnola , ed il 19.01.2010, quanto a quello relativo alla Agricola G. - nella costituzione del Trust Sant’Ignazio , cui gli imputati trasferivano le proprie azienda con atti di cessione formalizzati il OMISSIS , ossia - come leggesi nella sentenza impugnata - ad intimazione ed inosservanza già intervenute . Ciò posto, se - come detto - la finalità alla cui salvaguardia è deputata la norma incriminatrice è quella di assicurare l’effettività della tutela giudiziaria, logico corollario è che, ove ci si trovi innanzi a meccanismi complessi e diversificati, nella fattispecie finalizzati allo scopo di consentire al soggetto agente di mantenere la sua signoria effettiva sui beni oggetto del provvedimento del giudice, la condotta non può essere segmentata in una pluralità di ipotesi delittuose in danno dell’agente e nemmeno circoscritta ai soli comportamenti iniziali, collocando nell’alveo del post factum non punibile giusto le condotte elusive connotate da maggiore insidiosità, con cui il reo intende raffinare e perfezionare il raggiungimento della finalità illecita che ne muove l’agire unitario. Il che trova riscontro nella elaborazione che la giurisprudenza di questa Corte ha compiuto in tema di trasferimento fittizio di beni, ex art. 12 quinques d.l. 306/1992, pur essendo anche tale reato istantaneo con effetti permanenti, attraverso la previsione del carattere plurimo o frazionato che assume la condotta in siffatte evenienze, con conseguente spostamento in avanti del momento di consumazione del reato, coincidente con l’atto ultimo posto in essere cfr., per tutte, Cass. Sez. 2, sent. n. 47452 del 19.11.2015, Rv. 265381 e n. 39756 del 05.10.2011, Rv. 251192 . Alla stregua delle ragioni esposte, aventi valenza assorbente anche rispetto agli altri profili sollevati, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., la questione di competenza territoriale va dunque rigettata. 4. Egualmente infondati sono i residui motivi ragioni di doglianza. Ed infatti - non riveste valenza contraria la circostanza che la società MAGIC, creditrice dell’ammontare delle forniture di mangime a suo tempo effettuate, abbia comunque visto integralmente soddisfatte le proprie ragioni sì che la sua costituzione di parte civile non è stata ammessa , neppure da ciò potendosi far discendere la dedotta inidoneità dei contestati comportamenti ciò in quanto la norma incriminatrice si limita a richiedere la commissione di atti fraudolenti finalizzati alla elusione dello specifico provvedimento giudiziario ed accompagnati dall’inadempimento, cui si ricolleghi la frapposizione di un ostacolo concreto ed effettivo all’esecuzione del provvedimento medesimo. Il che non può esser posto in discussione nel caso di specie, atteso che - per quanto consta dalle sentenze di merito - la società anzidetta, in dipendenza degli iniziali contratti di soccida, fu costretta a richiedere un atto di pignoramento presso terzi, peraltro per rivalersi non già sul bestiame, all’apparenza ceduto, bensì solo sui crediti maturati in favore delle società dei G. per effetto dell’incremento del bestiame medesimo, comunque rimasto presso le danti causa atto di pignoramento presso terzi del pari rimasto privo di esecuzione in prima battuta, per via della cessione delle aziende al Trust appositamente costituito e divenuto quindi nuovo creditore della società soccidaria per di più senza che fra i debiti ceduti ed espressamente elencati quali passività, figurassero quelli verso i fornitori, rimasti quindi in capo alle ormai nullatenenti società dei G. . Con la connessa implicazione che le anzidette considerazioni, palesando l’insussistenza della pretesa violazione di legge, rendono irrilevante il contestato vizio di motivazione sul punto - fine a sé stesso è l’assunto incentrato sulla negazione della possibilità di sanzionare condotte antecedenti alla conoscenza del procedimento destinato a sfociare nel provvedimento oggetto di futura ingiunzione e inottemperanza , alla stregua della ricostruzione della vicenda di cui sopra in ordine alla unitarietà della condotta degli imputati, avente il suo momento terminale nella costituzione del Trust e nella susseguente cessione allo stesso delle loro società - congrua e lineare è la ricostruzione della finalità elusiva perseguita, quindi non inficiata da alcun vizio suscettibile di esser fatto valere, ai sensi della lettera e dell’art. 606 del codice di rito. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.