Intervento chirurgico inesistente o errato fa la differenza!

Non appare circostanza marginale rappresentare un intervento chirurgico come inesistente e millantato, piuttosto che come errato in quanto eseguito su una zona diversa da quella su cui sarebbe stato necessario intervenire, cosa che integra una sostanziale modifica strutturale del fatto oggetto di cronaca.

Così si è espressa, confermando la motivazione data in sede di merito, la Corte di Cassazione con la sentenza n. 41099/16, depositata il 30 settembre. Il fatto. La Corte d’appello confermava la sentenza del Tribunale di Firenze con la quale i ricorrenti erano stati condannati a pena di giustizia, oltre che al risarcimento dei danni nei confronti della costituita parte civile, in relazione ai reati a ciascuno imputato. Il primo il reato di cui agli artt. 81, comma 2, 595 c.p. e 13 l. n. 47/1948 perché con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, con il mezzo della stampa e attribuendogli un fatto determinato, offendeva la reputazione del medico veterinario in due suoi articoli su un quotidiano e il secondo perché, nella qualità di direttore del quotidiano ometteva di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che con il mezzo della pubblicazione fosse compiuto il reato di diffamazione. I due imputati ricorrono in Cassazione lamentando violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 51 e 595 c.p Diffamazione a mezzo stampa e diritto di cronaca. La Corte di Cassazione ritiene, al contrario, che la motivazione della sentenza impugnata appare molto accurata sotto il profilo motivazionale, così come il percorso argomentativo immune da censure logiche. La Corte territoriale, sostengono i Giudici, ha infatti evidenziato come, all'esito dell'istruttoria dibattimentale, fosse chiaramente emerso che il dottore avesse eseguito un intervento erroneo o incompleto. L'articolo di stampa , si è osservato in Cassazione, non ha chiarito la differenza tra un intervento millantato - ossia un intervento fantasma, come definito dall'articolo stesso - ed un intervento inefficace ed erroneo, come nel caso di specie verificatosi . Detta motivazione, per i Giudici di legittimità, non appare affatto confliggente con la giurisprudenza della Corte, considerato che sicuramente non appare circostanza marginale rappresentare un intervento chirurgico come inesistente e millantato, piuttosto che come errato in quanto eseguito su una zona diversa da quella su cui sarebbe stato necessario intervenire, cosa che integra una sostanziale modifica strutturale del fatto oggetto di cronaca . Quanto meno sotto l'aspetto soggettivo, infatti, nel primo caso emerge evidente una volontà ingannatoria da parte del veterinario, mentre nel secondo caso emerge una condotta imperita dal punto di vista professionale, il che non può costituire una differenza marginale. La motivazione, sostiene il Collegio, appare quindi conforme al principio in base al quale in tema di diffamazione a mezzo stampa, ai fini dell'operatività dell'esimente dell'esercizio del diritto di cronaca, non determinano il superamento della verità dei fatto modeste e marginali inesattezze che concernano semplici modalità dei fatto senza modificarne la struttura essenziale . Per tali ragioni, la S.C. dichiara il ricorso inammissibile e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 20 luglio – 30 settembre 2016, n. 41099 Presidente Savani – Relatore Catena Ritenuto in fatto 1.Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Firenze confermava la sentenza del Tribunale di Firenze in composizione monocratica emessa in data 19/01/2012, con cui i ricorrenti erano stati condannati a pena di giustizia, oltre che al risarcimento dei danni nei confronti della costituita parte civile, in relazione ai reati a ciascuno rispettivamente scritto lo S. di cui agli artt. 81, comma 2, 595 cod. pen., 13 I. 47/1948, perché con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, con il mezzo della stampa ed attribuendogli un fatto determinato, offendeva la reputazione di G.P., medico veterinario e direttore sanitario dell'Ambulatorio Veterinario M., riportando, in due suoi articoli sul quotidiano La Nazione, il primo dei quali intitolato Un cane curato ma solo per finta , il caso di una operazione su un cane che definiva intervento fantasma , asserendo che non era mai stato eseguito, ed il secondo intitolato Veterinario bluff, altre denunce , nel quale riferiva di altri casi di operazioni fittizie, aggiungendo particolari inerenti ai luoghi ed alle circostanze dei fatti, tali da indicare senza dubbio la clinica e la persona di G.P. in Firenze il 27 e 28/12/2007 con la recidiva specifica il C. di cui all'art. 13 I. 47/1948, 57 e 595 cod. pen., perché, nella qualità di direttore dei quotidiano La Nazione ometteva di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che col mezzo della pubblicazione fosse compiuto il reato di diffamazione di cui al capo precedente in Firenze il 27 ed il 28/12/2007. 2. Con ricorso depositato il 24/04/2015 lo S.G. ed il C. F., a mezzo del difensore di fiducia Avv.to A. D., ricorrono per violazione di legge e vizio di motivazione ex art. 606 lett. b ed e , cod. proc. pen., in relazione agli artt. 51 e 595 cod. pen., avendo la Corte territoriale illegittimamente negato la sussistenza dei diritto di cronaca, pur avendo qualificato come grave la condotta del veterinario che non aveva effettuato l'intervento necessario e non aveva spiegato alla proprietaria dei cane che l'operazione preventivata non era stata eseguita, giungendo a rappresentarle la possibilità dei decesso dei cane, osservandosi come la locuzione intervento fantasma utilizzata costituisca solo una inesattezza marginale a fronte della gravità della condotta, e, soprattutto, della omessa effettuazione dell'intervento chirurgico necessario ciò si evincerebbe dalla deposizione del dott. S. e del teste L., entrambi testi della parte civile, oltre che della Farsi, proprietaria del cane, che ha evidenziato come altro veterinario, pur avendo confermato la bontà della diagnosi effettuata dal dott. P., avesse rilevato la mancata effettuazione dell'intervento dovuto e poi effettuato da altro veterinario con esito positivo, in contrasto con le previsioni del P. in ogni caso si rileva che i reati sono prescritti. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile. La motivazione della sentenza impugnata appare estremamente accurata sotto il profilo motivazionale, il cui percorso argomentativo risulta dei tutto immune da censure logiche. La Corte territoriale ha infatti evidenziato come, all'esito dell'istruttoria dibattimentale, fosse chiaramente emerso, sin dal primo grado, che il dott. P. avesse eseguito un intervento quanto meno erroneo o incompleto, risultando accertata la circostanza che l'operatore era intervenuto su una parte adiacente al campo operatorio preventivato all'esito delle analisi strumentali, come confermato dal dott. Baroni, il veterinario che in seguito aveva definito corretta la diagnosi effettuata, constatando che, tuttavia, l'ernia non risultava asportata lo stesso dott. P., inoltre, aveva effettuato una dimissione protetta , non avendo chiarito alla Farsi, proprietaria del cane, cosa fosse effettivamente accaduto, essendo egli stesso consapevole di non essere intervenuto nel punto in cui la TAC aveva evidenziato un'ernia discale. Tuttavia è stato ritenuto - anche sulla scorta di quanto chiarito dal presidente dell'Ordine dei Medici Veterinari delle province di Firenze e Prato - che l'articolo di stampa non avesse chiarito la differenza tra un intervento millantato - ossia un intervento fantasma, come definito dall'articolo stesso - ed un intervento inefficace ed erroneo, come nel caso di specie verificatosi. Detta motivazione non appare affatto confliggente con la giurisprudenza di questa Corte, considerato che sicuramente non appare circostanza marginale rappresentare un intervento chirurgico come inesistente e millantato, piuttosto che come errato in quanto eseguito su una zona diversa da quella su cui sarebbe stato necessario intervenire, cosa che integra una sostanziale modifica strutturale del fatto oggetto di cronaca. Quanto meno sotto l'aspetto soggettivo, infatti, nel primo caso emerge evidente una volontà ingannatoria da parte del veterinario, mentre nel secondo caso emerge una condotta imperita dal punto di vista professionale, il che non può costituire una differenza marginale. La motivazione, sotto detto aspetto, appare quindi conforme al principio secondo cui in tema di diffamazione a mezzo stampa, ai fini dell'operatività dell'esimente dell'esercizio del diritto di cronaca, non determinano il superamento della verità dei fatto modeste e marginali inesattezze che concernano semplici modalità dei fatto senza modificarne la struttura essenziale. Sez. 5, sentenza n. 28258 del 08/04/2009, P.C. in proc. Frignani ed altro, RV. 244200 . A ciò va aggiunta la considerazione che sotto l'aspetto critico il ricorso non considera affatto gli altri aspetti del percorso motivazionale, con cui, quindi, finisce per non confrontarsi affatto la Corte territoriale, infatti, ha analizzato anche l'attribuzione - negli articoli in esame - al dott. P. di ulteriori episodi di truffa ai danni dei clienti, menzionando l'apertura di un'indagine per truffa e di un procedimento disciplinare, laddove l'indagine scaturita da un esposto della Farsi era stata archiviata in epoca precedente la pubblicazione degli articoli stessi, evidenziando come fosse stato abbondantemente superato il criterio della continenza. II ricorso, quindi, finisce per reiterare le doglianze già ampiamente trattate dalla Corte territoriale, senza - come detto - neanche approfondire tutti gli aspetti della motivazione. La inammissibilità dei ricorso rende del tutto irrilevante la prescrizione del reato, che risulterebbe decorsa in data 27/06/2015, quindi in epoca successiva alla pronuncia della sentenza impugnata Sez. U., sentenza n. 32 del 22/11/2000, Rv. 217266 . Dalla declaratoria di inammissibilità discende, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, oltre che al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile, liquidate in euro 1.500,00, oltre oneri di legge. Si precisa che, per mero errore materiale, nel dispositivo di sentenza letto alla pubblica udienza del 20/07/2016 non si è provveduto ad esplicitare la liquidazione delle spese sostenute dalla costituita parte civile nel presente grado di giudizio come sopra precisate. Si provvederà, pertanto, a fissare udienza ex ak 127, od. proc. pen., al fine di provvedere alla indicata correzione dell'errore materiale. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.