La mutabilità del valore dei beni soggetti a sequestro preventivo

La possibile diminuzione del valore del bene non rileva perché la confisca di valore, essendo una forma di prelievo pubblico a compensazione di prelievi illeciti di natura sanzionatoria, non ha carattere risarcitorio e il sequestro ad essa funzionale non può assolvere alla funzione conservativa del valore del bene.

Così la sentenza n. 40358/16 della Cassazione depositata il 28 settembre. Il caso. Il Tribunale di Catanzaro, in parziale accoglimento dell’appello cautelare, disponeva la riduzione delle somme sequestrate fino alla concorrenza della metà del loro valore ordinandone la relativa restituzione e rigettando nel resto la richiesta. L’indiziato ricorre per cassazione, eccependo violazione di legge e dei principi di legalità, proporzionalità, accessorietà e presunzione di non colpevolezza. L’incertezza dei mercati. Stando al provvedimento impugnato, risultano essere stati adottati dal gip di Catanzaro 3 distinti decreti di sequestro preventivo emessi sulla ritenuta sussistenza indiziaria del reato di cui all’art. 11 d.lgs. n. 74/00 dal quale sarebbe derivato un profitto di oltre 27 milioni di euro corrispondente alla somma complessivamente sottratta all’Erario. Oltre ai beni personali del ricorrente e di altri correi, risultano sottoposti a sequestro penale beni riconducibili al titolare di una società per un valore complessivo di oltre 31 milioni di euro, di cui 6 milioni circa relativi a beni personali, il resto a beni della società. Il Tribunale ha sostenuto nel provvedimento impugnato che il valore riferibile alla società di cui sopra non costituisce un dato immutabile stante l’incertezza dei mercati economici e finanziari che interessano detta società, che potrebbe incidere sulla possibilità di ottenere, in sede di confisca, l’apprensione dei beni di valore corrispondente alla somma indicata. Si sosteneva ciò sulla base del pericolo di futura perdita di valore dei beni sequestrati e della conseguente necessità di mantenere il vincolo sui beni degli altri concorrenti al fine di scongiurare tale pericolo. La confisca di valore. In tema di sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, la Suprema Corte ricorda che il valore dei beni da sottoporre a vincolo deve essere adeguato e proporzionato al prezzo o al profitto del reato e il giudice, nel compiere tale accertamento, deve fare riferimento alle valutazioni di mercato degli stessi, avendo riguardo al momento in cui il sequestro viene disposto Cass n. 15807/2014 . La possibile diminuzione del valore del bene non rileva perché la confisca di valore, essendo una forma di prelievo pubblico a compensazione di prelievi illeciti di natura sanzionatoria, non ha carattere risarcitorio e il sequestro ad essa funzionale non può assolvere alla funzione conservativa del valore del bene. Concorso nel reato. Di fronte ad un illecito plurisoggettivo va applicato il principio solidaristico che implica l’imputazione dell’intera azione delittuosa e dell’effetto conseguente in capo a ciascun concorrente. La confisca di valore può infatti interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l’intera entità del profitto accertato, non essendo esso ricollegato [] all’arricchimento di uno piuttosto che di un altro soggetto coinvolto, bensì alla corresponsabilità di tutti nella commissione dell’illecito, senza che rilevi il riparto del relativo onere tra i concorrenti, che costituisce fatto interno a questi ultimi cfr. ex multis Cass. n. 26654/08 . L’annullamento dell’ordinanza. Da ciò consegue che non è corretto ancorare la valutazione dei beni sequestrati ad un momento successivo a quello della loro apprensione non è corretto utilizzare i beni sequestrati come garanzia in caso di perdita di valore dei beni sequestrati agli altri co-indagati quando il coacervo complessivo superi l’entità del profitto confiscabile è arbitraria e senza fondamento logico-giuridico l’immotivata decisione del Tribunale di restituire al ricorrente la metà dei beni sequestrati. Segue l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 5 luglio – 28 settembre 2016, n. 40358 Presidente Amoresano – Relatore Aceto Ritenuto in fatto 1. Il sig. F.G. ricorre per l’annullamento dell’ordinanza del 27/10/2015 del Tribunale di Catanzaro che, in parziale accoglimento dell’appello cautelare proposto avverso l’ordinanza del 18/05/2015 di quello stesso Tribunale, ha disposto la riduzione delle somme sequestrate fino alla concorrenza della metà del loro valore ordinandone la relativa restituzione e rigettando nel resto la richiesta. 1.1.Con unico, articolato motivo eccepisce la violazione degli artt. 25, comma 2, e 27, comma 2, Cost., 322-ter, comma 2, cod. pen., 1, comma 143, legge n. 244 del 2007 e, conseguentemente, dei principi di legalità delle sanzioni penali, di proporzionalità tra pene e misure cautelari, di accessorietà di queste ultime, della presunzione di non colpevolezza in conseguenza della applicazione della sanzione penale in assenza di accertamento di responsabilità. Eccepisce, altresì, il contrasto del provvedimento impugnato con altra decisione assunta nell’ambito del medesimo contesto reale dal medesimo giudice. Deduce, in fatto, che i il 25 luglio 2011 il G.i.p. del Tribunale di Catanzaro, sulla ritenuta sussistenza indiziaria del reato di cui all’art. 11, d.lgs. n. 74 del 2000, aveva ordinato il sequestro, finalizzato alla confisca per equivalente, di beni corrispondenti al profitto quantificato nella misura di Euro 27.672.490,36 ii in particolare erano stati sottoposti a vincolo reale i beni nella disponibilità di tutti i concorrenti nel reato e, per quanto lo riguarda, di tutto il suo patrimonio mobiliare quote di partecipazione societaria e i saldi attivi dei rapporti di conto corrente e immobiliare iii in data 08/02/2013 il G.i.p., sul presupposto che il valore del complesso dei cespiti in disponibilità del solo concorrente G. pari ad Euro 42.000.000,00 circa superava di gran lunga quello corrispondente all’intero profitto confiscabile, aveva revocato parzialmente il sequestro preventivo nei confronti di questi ordinando la restituzione di un immobile del valore di Euro 10.000.000,00 poi sostituito con un altro del valore di Euro 3.647.918,00 iv ciò nonostante il G.i.p., sul rilievo che sul punto si era formato il cd. giudicato cautelare , aveva respinto la richiesta di restituzione dei propri beni con provvedimento del 18/07/2013 impugnato e modificato, sul punto, dal Tribunale dell’appello cautelare di Catanzaro che aveva deciso il dissequestro di una minima parte del suo patrimonio equitativamente quantificata nella misura di Euro 25.000,00 v il 18/05/2015 il Tribunale di Catanzaro, con provvedimento parzialmente riformato dall’ordinanza di cui in epigrafe, aveva respinto analoga istanza vi con l’ordinanza impugnata il Tribunale dell’appello cautelare aveva disposto la parziale restituzione dei suoi beni sul rilievo che il patrimonio in sequestro quello societario e quello personale del G. è esposto a rischi di deprezzamento per effetto dell’andamento dell’economia nazionale e internazionale vii così facendo il Tribunale ha smentito altra precedente decisione adottata il 13/01/2015 nei confronti di altro correo T.G. a favore del quale era stata disposta la restituzione dell’intera somma sequestrata proprio sul rilievo della capienza del patrimonio societario, decisione impugnata dal PM ma confermata da questa S.C. con sentenza Sez. 3, n. 38796 del 09/07/2015. Argomenta in diritto che viii il Tribunale ha ritenuto di prescindere del tutto dall’insegnamento di questa Suprema Corte secondo il quale la legittimità del sequestro per equivalente nei confronti della persona fisica deve essere scrutinata solo all’esito di una valutazione allo stato degli atti in ordine alle risultanze relative al patrimonio dell’ente che ha tratto vantaggio dalla commissione del reato Sez. 3, n. 41073 del 30/09/2015 ix la decisione impugnata si pone in insanabile contrasto teorico-argomentativo con quella adottata il 13/01/2015 ed è fonte di irragionevole disparità di trattamento x in caso di concorso di persone nel reato il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente deve essere tendezialmente commisurato, per ciascun correo, alla quota ideale di profitto o prezzo effettivamente incamerato, quando ciò sia possibile xi in nessun caso, in virtù dei principi di strumentalità, proporzionalità e accessorietà alla sanzione definitiva, la misura cautelare può comportare la duplicazione dell’importo da confiscare xii non si giustifica, dunque, il mantenimento in sequestro di beni in misura eccedente il valore da confiscare, comportando altrimenti conseguenze peggiori di quelle che deriverebbero dalla definitiva ablazione del profitto e che trasformerebbero il vincolo reale in una sanzione patrimoniale extra ordinem xiii non compete al giudice della cautela effettuare valutazioni sul possibile deprezzamento dei beni oggetto di sequestro, essendo onere del PM a monitorarne la volatilità e adeguare le relative garanzie domandando, in caso di diminuzione del valore, l’estensione del vincolo ad altri beni b in ogni caso contrastare la domanda di restituzione dimostrando che i beni sottoposti a sequestro non hanno più il valore originario xiv l’ordinaria dinamica dei prezzi fornisce comunque criteri adeguati e sufficienti a commisurare, secondo i meccanisimi prudenziali tipici dell’iscrizione delle poste di bilancio e di valutazione delle aziende, il valore dei beni mobili sottoposti a sequestro. Considerato in diritto 2. Il ricorso è fondato. 3. Stando al provvedimento impugnato risultano esser stati adottati dal G.i.p. di Catanzaro tre distinti decreti di sequestro preventivo emessi sulla ritenuta sussistenza indiziaria del reato di cui all’art. 11, d.lgs. n. 74 del 2000 dal quale sarebbe derivato un profitto di Euro 27.642.790,00, corrispondente alla somma complessivamente sottratta all’Erario. 3.1. In particolare, oltre ai beni personali del ricorrente e di altri correi, risultano sottoposti a sequestro penale beni riconducibili al G. per un valore complessivo di Euro 31.714.800,23 di cui Euro 6.352.252,00 relativi a beni personali, il resto a beni della società del Gruppo G. . Da tale somma, afferma il Tribunale, deve essere detratto l’importo di Euro 4.171.480,00 prudenzialmente ritenuto necessario alla bonifica di talune aree cadute in sequestro. 3.2. Il valore dei beni riferibili alle imprese del Gruppo G. , si sostiene nell’ordinanza impugnata, non costituisce un dato immutabile poiché l’incertezza dei mercati economici e finanziari che interessano il Gruppo G. potrebbe incidere sulla possibilità di ottenere, in sede di confisca, l’apprensione dei beni di valore corrispondente alla somma riportata nei decreti di sequestro . Il che trova riscontro - prosegue il Tribunale - nelle divergenti valutazioni di amministratori giudiziari e consulenti di parte. Sicché, non potendosi allo stato attribuire alle società del Gruppo G. un valore certo e, sopratutto, non alterabile in negativo per effetto dell’andamento dell’economia nazionale e internazionale, esposta a flussi non controllabili e non prevedibili , la valutazione da ultimo effettuata dall’amministratore giudiziario, che indica nella propria relazione del 19/12/2012 un valore pari ad Euro 21.191.068,23 al netto delle ipotizzate spese di bonifica , non può essere considerata come immutabile nel corso del tempo. 4.L’argomento logico sviluppato dal Tribunale si muove lungo due direttrici tra loro intimamente connesse a il pericolo della futura perdita di valore dei beni sequestrati al gruppo imprenditoriale b la conseguente necessità di mantenere il vincolo sui beni degli altri concorrenti al fine di scongiurare tale pericolo. 4.1.Tanto premesso, ricorda la Corte che secondo il proprio consolidato indirizzo maturato in tema di sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, il valore dei beni da sottoporre a vincolo deve essere adeguato e proporzionato al prezzo o al profitto del reato e il giudice, nel compiere tale verifica, deve fare riferimento alle valutazioni di mercato degli stessi, avendo riguardo al momento in cui il sequestro viene disposto Sez. 3, n. 9146 del 14/10/2015 - dep. 2016, Findarò, Rv. 266453 Sez. 2, n. 36464 del 21/07/2015, Armeli, Rv. 265059 Sez. 6, n. 15807 del 09/01/2014, Anemone, Rv. 259702 Sez. 3, n. 17465 del 22/03/2012, Crisci, Rv. 252380 cfr. altresì, Sez. 3, n. 42639 del 26/09/2013, Lorenzini, Rv. 257439 Sez. 6, n. 15807 del 2014, cit., Rv. 259702 Sez. 6, n. 19051 del 10/01/2013, Curatela fall. Soc. Tecno Hospital s.r.l., Rv. 255256, secondo cui la stima deve costituire oggetto di ponderata valutazione preventiva da parte del giudice della cautela, controllabile dal Tribunale del riesame e non differibile alla fase esecutiva della confisca . 4.2. Il possibile deprezzamento o diminuzione del valore del bene non rilevano perché la confisca di valore, costituendo una forma di prelievo pubblico a compensazione di prelievi illeciti di natura preminente sanzionatoria, non ha carattere risarcitorio e il sequestro ad essa funzionale non può assolvere alla funzione conservativa del valore del bene cfr., sul punto, Sez. 6, n. 30543 del 18/06/2007, Chetta, Rv. 237101, nonché, in motivazione, Sez. U, n. 41936 del 25/10/2005, Muci . 4.3.Costituisce altresì principio autorevolmente ribadito da questa Corte che di fronte ad un illecito plurisoggettivo deve applicarsi il principio solidaristico che informa la disciplina del concorso nel reato e che implica l’imputazione dell’intera azione delittuosa e dell’effetto conseguente in capo a ciascun concorrente. Più in particolare, perduta l’individualità storica del profitto illecito, la confisca di valore può interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l’intera entità del profitto accertato entro logicamente i limiti quantitativi dello stesso , non essendo esso ricollegato, per quello che emerge allo stato degli atti, all’arricchimento di uno piuttosto che di un altro soggetto coinvolto, bensì alla corresponsabilità di tutti nella commissione dell’illecito, senza che rilevi il riparto del relativo onere tra i concorrenti, che costituisce fatto interno a questi ultimi cfr. Cass. sez. II 14/6/2006 n. 31989, Troso 20/9/2007 n. 38599, Angelucci 21/2/2007 n. 9786, Alfieri 20/12/2006 n. 10838, Napoletano 6/7/2006 n. 30729, Carere . Sul punto si registra un orientamento giurisprudenziale solo apparentemente contrastante, secondo cui, in caso di pluralità di indagati, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente non può eccedere per ciascuno dei concorrenti la misura della quota di profitto del reato a lui attribuibile, sempre che tale quota sia individuata o risulti chiaramente individuabile cfr. Cass. sez. VI 23/6/2006 n. 25877 sez. VI 5/6/2007 n. 31690 sez. VI 14/6/2007 n. 30966 . È chiaro quindi che, ove la natura della fattispecie concreta e dei rapporti economici ad essa sottostanti non consenta d’individuare, allo stato degli atti, la quota di profitto concretamente attribuibile a ciascun concorrente o la sua esatta quantificazione, il sequestro preventivo deve essere disposto per l’intero importo del profitto nei confronti di ciascuno, logicamente senza alcuna duplicazione e nel rispetto dei canoni della solidarietà interna tra i concorrenti Sez. U, n. 26654 del 27/03/2008, Fisia Italimpianti Spa e altri, Rv. 239926 principio ribadito, tra le altre, anche da Sez. 6, n. 18536 del 06/03/2009, Passantino, Rv. 243190 Sez. 6, n. 34566 del 22/05/2014, Pieracci, Rv. 260815, secondo cui in caso di pluralità di indagati quali concorrenti in un medesimo reato compreso tra quelli per i quali, ai sensi dell’art. 322 ter cod. pen., può disporsi la confisca per equivalente di beni per un importo corrispondente al prezzo o al profitto del reato e il sequestro preventivo funzionale alla futura adozione di detta misura può interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l’intera entità del profitto accertato, ma l’espropriazione non può essere duplicata o comunque eccedere nel quantum l’ammontare complessivo dello stesso, e ciò perché il sequestro preventivo non può avere un ambito più vasto della futura confisca . 4.4. Così individuati i principi applicabili al caso di specie, ne deriva che i non è corretto ancorare la valutazione dei beni sequestrati ad un momento successivo a quello della loro apprensione ii ancor meno lo è utilizzare i beni sequestrati quale sostanziale garanzia in caso di perdita di valore dei beni sequestrati agli altri co-indagati quando il coacervo complessivo superi l’entità del profitto confiscabile iii è conseguentemente arbitraria, e non trova alcun fondamento logico-giuridico, la immotivata decisione del Tribunale di restituire al ricorrente la metà dei beni sequestrati. 4.5. Ne consegue che l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Catanzaro perché riesamini l’appello cautelare del F. applicando i principi di diritto sopra indicati. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Catanzaro.