Nessuna doppia condanna per l’imputato che evade dai domiciliari se non si dimostra un nuovo allontanamento

E’ violato il divieto di un secondo giudizio, di cui all’art. 649 c.p.p., nel caso di pluralità di condanne per il delitto di evasione relative a fatti commessi nello stesso arco temporale in cui si è protratto l’allontanamento, in quanto si tratta di un reato istantaneo con effetti permanenti, che si consuma nel momento dell’allontanamento del soggetto agente dal luogo della detenzione, anche domiciliare.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 40017/16, depositata il 26 settembre. Il caso. La Corte d’appello di Milano, a seguito di gravame interposto dall’imputato avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Monza, ha confermato la decisione con la quale il predetto è stato riconosciuto responsabile del reato di cui all’art. 385 c.p., e condannato alla relativa pena. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo violazione dell’art. 649 c.p.p., in relazione al rigetto dell’istanza difensiva di declaratoria di improcedibilità dell’azione penale per precedente giudicato. Infatti il ricorrente risultava già condannato con sentenza dello stesso Tribunale, passata poi in giudicato, per il medesimo reato relativo alla violazione della medesima ordinanza cautelare. Violazione del divieto di un secondo giudizio. Per il Collegio il ricorso è fondato. E’ infatti violato il divieto di un secondo giudizio, di cui all’art. 649 c.p.p., nel caso di pluralità di condanne per il delitto di evasione relative a fatti commessi nello stesso arco temporale in cui si è protratto l’allontanamento, in quanto si tratta di u reato istantaneo con effetti permanenti, che si consuma nel momento dell’allontanamento del soggetto agente dal luogo della detenzione, anche domiciliare, mentre l’effetto permanente cessa quando l’evaso torna ne l luogo che non avrebbe dovuto lasciare, interrompendo in tal modo l’elusione del controllo da parte dell’autorità vigilante . Deve essere, quindi, annullata senza rinvio, per violazione del divieto di un secondo giudizio, la sentenza che ha pronunciato condanna per il reato di evasione dagli arresti domiciliari, quando era già stata emessa precedente sentenza che aveva giudicato l’imputato per lo stesso reato in relazione ad un periodo di tempo compreso tra l’inizio e la cessazione dello stato di illegittima libertà. Per la Corte d’appello era verosimile che l’imputato fosse rientrato nell’abitazione prima del secondo accertamento una prova che gravava però sull’accusa e che il pm non ha fornito. La Suprema Corte accoglie dunque il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 15 settembre – 26 settembre 2016, n. 40017 Presidente Paolini – Relatore Capozzi Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Milano, a seguito di gravame interposto dall’imputato B.H. avverso la sentenza emessa il 19.7.2013 dal Tribunale di Monza, ha confermato la decisione con la quale il predetto è stato riconosciuto responsabile del reato di cui all’art. 385 cod. pen., accertato il omissis , e condannato a pena di giustizia. 2. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore, deducendo violazione dell’art. 649 cod. proc. pen. in relazione al rigetto della istanza difensiva di declaratoria di improcedibilità dell’azione penale per precedente giudicato. Il ricorrente, invero, risultava già condannato con sentenza dello stesso Tribunale del 23.9.2010, passata in giudicato il 4.11.2010, per il medesimo reato relativo alla violazione della medesima ordinanza cautelare, commesso in data omissis . Nella specie si tratta di un unico reato riconducibile ad un periodo di ininterrotto allontanamento dalla propria abitazione. La Corte di merito avrebbe erroneamente affermato la pluralità delle condotte rispetto alla natura di reato istantaneo con effetti permanenti della fattispecie in questione, non essendosi mai provato - dal luglio 2010 - il rientro del ricorrente presso l’abitazione. Sarebbe, inoltre, erroneo l’assunto della Corte secondo il quale l’onere della prova della protrazione dell’allontanamento dal luglio al settembre 2010 incombeva sull’imputato e non essendo verosimile il prospettato rientro nell’abitazione. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. È violato il divieto di un secondo giudizio, di cui all’art. 649 cod. proc. pen., nel caso di pluralità di condanne per il delitto di evasione relative a fatti commessi nello stesso arco temporale in cui si è protratto l’allontanamento, in quanto si tratta di un reato istantaneo con effetti permanenti, che si consuma nel momento dell’allontanamento del soggetto agente dal luogo della detenzione, anche domiciliare, mentre l’effetto permanente cessa quando l’evaso torna nel luogo che non avrebbe dovuto lasciare, interrompendo in tal modo l’elusione del controllo da parte dell’autorità vigilante Sez. 6, n. 12664 del 09/03/2016 Rv. 266785 Pantaleo ancora, deve essere annullata senza rinvio, per violazione del divieto di un secondo giudizio, la sentenza che ha pronunciato condanna per il reato di evasione dagli arresti domiciliari, quando era già stata emessa precedente sentenza che aveva giudicato l’imputato per lo stesso reato in relazione ad un periodo di tempo, compreso tra l’inizio e la cessazione dello stato di illegittima libertà, considerato anche dalla seconda decisione Sez. 6, n. 6382 del 13/02/1998 Rv. 210903 Di Firmo B. 3. La Corte di merito ha rigettato la analoga doglianza difensiva proposta in appello escludendo che fosse provato l’ininterrotto allontanamento del ricorrente dalla abitazione presso la quale era stato ristretto dal primo accertamento della sua assenza in data 27.7.2010 fino all’arresto del 16.9.2010 - che aveva dato luogo alla sentenza passata in giudicato e la cui condanna era stata posta in primo grado in continuazione con la presente vicenda. 4. Ritiene la Corte che fallace è l’assunto dei Giudici di merito secondo il quale gravava sull’imputato l’onere della prova della interruzione dell’allontanamento dopo il primo accertamento e, che, in difetto di tale prova risultava verosimile che l’imputato fosse rientrato nell’abitazione prima del secondo accertamento. 5. Invero, grava sull’accusa la prova della condotta di evasione e, quindi, della sua reiterazione risultando apodittica la addotta verosimiglianza della interruzione dell’allontanamento oggetto del primo accertamento e del presente processo. 6. Cosicché l’imputato risulta essere stato giudicato in ordine al presente fatto-reato già oggetto di giudicato intervenuto a seguito della sentenza emessa in occasione del suo arresto del OMISSIS . 7. La sentenza deve, pertanto, essere annullata senza rinvio eliminando la relativa pena di mesi quattro di reclusione inflitta a titolo di continuazione con la precedente condanna - perché l’azione penale non poteva esser proseguita per precedente giudicato. P.Q.M. Annulla senza rinvio la impugnata sentenza, eliminando la relativa pena, perché l’azione penale non poteva essere proseguita per precedente giudicato.