Poca luce nel vagone e lui le tocca il sedere: condannato

Confermata la sanzione decisa in appello sedici mesi di reclusione. Nessun dubbio sulla colpevolezza dell’uomo che in treno ha preso d’assalto una donna. Decisivo il racconto della vittima, rafforzato dalle parole di un altro passeggero e del capotreno.

‘Tocco di mano’ punito. Il palpeggiamento è valutato, ancora una volta, come violenza sessuale in piena regola. Confermata la condanna nei confronti di un uomo, colpevole di aver palpeggiato in treno il sedere di una donna. Cassazione, sentenza n. 39786, sezione Terza Penale, depositata il 26 settembre 2016 Aggressione. È il racconto della vittima, soprattutto, a dare forza all’accusa di violenza sessuale . La donna ha richiamato alla mente i dettagli dell’aggressione subita, e ha spiegato che, una volta uscita dal vagone per rispondere a una telefonata , è stata seguita da un uomo che, poi, approfittando del buio le ha palpeggiato i glutei . A confermare questa versione, però, anche le parole di un altro passeggero e del capotreno , che aveva immediatamente raccolto la richiesta di aiuto della donna ed avvertito le forze dell’ordine . Quadro probatorio chiaro, secondo i giudici, che difatti ritengono legittima, prima in Tribunale e poi in Corte d’appello, una condanna a sedici mesi di reclusione . Violenza. E anche in Cassazione la posizione dell’uomo sotto accusa per violenza sessuale non migliora affatto. Respinte le obiezioni proposte dal difensore dell’uomo e finalizzate a una lettura meno grave dell’episodio. Per i magistrati, difatti, non è in discussione la visione fornita dalla vittima, anche grazie, come detto, alle parole di due testimoni. Né tantomeno è plausibile l’ipotesi di una mera violenza privata il palpeggiamento dei glutei è da catalogare come violenza sessuale , ribadiscono i giudici del ‘Palazzaccio’. Ciò anche alla luce del modo di agire dell’uomo, che ha approfittato della solitudine della vittima e della condizione di oscurità del vagone , cioè della situazione di minorata difesa in cui si trovava la donna. Confermati, quindi, in via definitiva, i sedici mesi di reclusione stabiliti in appello.

Corte di Cassazione, sez. Terza Penale, sentenza 12 maggio – 26 settembre 2016, n. 39786 Presidente Ramacci – Relatore Riccardi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 8 ottobre 2014 la Corte di Appello di Catanzaro confermava la sentenza di condanna alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione emessa, all'esito del giudizio abbreviato e previo riconoscimento dell'ipotesi di minore gravità, dal Gip del Tribunale di Rossano in data 04/04/2011 nei confronti di M.A., imputato del reato di cui all'art. 609 bis, per avere costretto, con violenza e minaccia, A.S., a compiere e subire atti sessuali, consistiti in toccamenti e palpeggiamenti ai glutei, all'interno di una carrozza del treno percorrente la tratta Catanzaro-Sibari. 2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il difensore del ricorrente, Avv. Mario Saporito, deducendo tre motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen. 1 vizio di motivazione e violazione di legge l'affermazione di responsabilità è fondata sulla sola deposizione della persona offesa, con una acritica valutazione ed una ricostruzione che prescinde dall'elemento della costrizione la valutazione di attendibilità è stata affermata in assenza di riscontri, ed in presenza di contraddizioni l'omessa invocazione di aiuto dopo la fuga e di illogicità la violenza sarebbe avvenuta in presenza di altre persone presenti nella vettura manca il requisito della costrizione, essendosi l'imputato limitato ad apprezzamenti verbali e ad appoggiare il braccio sulla spalla della donna 2 vizio di omessa motivazione in ordine alla richiesta di riqualificazione del fatto ai sensi dell'art. 610 cod. pen., avanzata in appello 3 violazione di legge sostanziale e vizio di motivazione, in ordine all'omesso riconoscimento delle attenuanti generiche, nonostante il riconoscimento del fatto di minore gravità ed il comportamento processuale dell'imputato, che ha scelto il rito abbreviato ed ha reso confessione in sede di udienza preliminare. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 2. Il primo motivo è manifestamente infondato. Invero, giova preliminarmente rammentare il principio, pacifico, secondo il quale le dichiarazioni della persona offesa, vittima del reato di violenza sessuale, possono essere assunte, anche da sole, come prova della responsabilità dell'imputato, non necessitando le stesse di riscontri esterni Sez. 3, n. 1818 del 03/12/2010, dep. 2011, L.C., Rv. 249136, che, in motivazione, ha precisato che, in questa materia, proprio perché al fatto non assistono testimoni, posso tuttavia acquisire valore di riscontro esterno le confidenze rese dalla vittima a terzi in periodi non sospetti . Immune da censure appare, dunque, la sentenza impugnata, che ha fondato l'affermazione di responsabilità sulla valutazione di attendibilità delle dichiarazioni rese dalla vittima. La Corte territoriale, infatti, ha ricostruito il fatto, evidenziando che la violenza era stata perpetrata dall'imputato approfittando dell'allontanamento della donna dal vagone per rispondere ad una telefonata l'uomo l'aveva seguita verso lo scompartimento in fondo al vagone, e, approfittando del buio, le aveva palpeggiato i glutei. La testimonianza della vittima, peraltro, è stata ritenuta confermata altresì dalle dichiarazioni del capotreno, S.G., che aveva immediatamente raccolto la richiesta di aiuto della donna ed avvertito le forze dell'ordine, e del passeggero T.G., che, udite le urla di una ragazza, era uscito dal proprio scompartimento, notando la vittima fuggire verso l'altro vagone, ed un uomo di corporatura robusta uscire dalla medesima cabina e rientrare in altro scompartimento già occupato da un uomo anziano. Va, dunque, affermata l'inammissibilità delle doglianze relative alla valutazione probatoria operata dal giudice del merito, in quanto sollecitano, in realtà, una rivalutazione di merito preclusa in sede di legittimità infatti, pur essendo formalmente riferite a vizi riconducibili alle categorie del vizio di motivazione, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., sono in realtà dirette a richiedere a questa Corte un sindacato sul merito delle valutazioni effettuate dalla Corte territoriale. Va, infatti, rammentato che l'indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato - per espressa volontà del legislatore - a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l'adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944 Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794 Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074 . Efficacemente è stato, altresì, evidenziato che gli accertamenti giudizio ricostruttivo dei fatti e gli apprezzamenti giudizio valutativo dei fatti cui il giudice del merito sia pervenuto attraverso l'esame delle prove, sorretto da adeguata motivazione esente da errori logici e giuridici, sono sottratti al sindacato di legittimità e non possono essere investiti dalla censura di difetto o contraddittorietà della motivazione solo perché contrari agli assunti del ricorrente ne consegue che tra le doglianze proponibili quali mezzi di ricorso, ai sensi dell'art. 606 cod. proc. pen., non rientrano quelle relative alla valutazione delle prove, specie se implicanti la soluzione di contrasti testimoniali, la scelta tra divergenti versioni ed interpretazioni, l'indagine sull'attendibilità dei testimoni e sulle risultanze peritali, salvo il controllo estrinseco della congruità e logicità della motivazione Sez. 4, n. 87 del 27/09/1989, dep. 1990, Bianchesi, Rv. 182961, pur nella vigenza del precedente codice di rito . Ebbene, esclusa l'ammissibilità di una rivalutazione del compendio probatorio, va ribadito che la sentenza impugnata ha fornito logica e coerente motivazione in ordine alla ricostruzione dei fatti, ed alla qualificazione giuridica degli stessi, con argomentazioni prive di illogicità tantomeno manifeste e di contraddittorietà. Del resto, è inammissibile il ricorso per cassazione i cui motivi si limitino genericamente a lamentare l'omessa valutazione di una tesi alternativa a quella accolta dalla sentenza di condanna impugnata, senza indicare precise carenze od omissioni argomentative ovvero illogicità della motivazione di questa, idonee ad incidere negativamente sulfa capacità dimostrativa del compendio indiziario posto a fondamento della decisione di merito Sez. 2, n. 30918 del 07/05/2015, Falbo, Rv. 264441 . 3. Il secondo motivo, relativo all'omessa motivazione sulla riqualificazione di violenza privata, è manifestamente infondato. Al riguardo, infatti, è principio consolidato che, in tema di impugnazioni, il mancato esame, da parte del giudice di secondo grado, di un motivo di appello non comporta l'annullamento della sentenza quando la censura, se esaminata, non sarebbe stata in astratto suscettibile di accoglimento, in quanto l'omessa motivazione sul punto non arreca alcun pregiudizio alla parte e, se trattasi di questione di diritto, all'omissione può porre rimedio, ai sensi dell'art. 619 cod. proc. pen., la Corte di cassazione quale giudice di legittimità Sez. 3, n. 21029 del 03/02/2015, Dell'Utri, Rv. 263980 . Nel caso in esame, la ricostruzione del fatto in termini di violenza sessuale, posta in essere con palpeggiamenti dei glutei della vittima, esclude in radice una diversa qualificazione giuridica in termini di violenza privata, essendo, peraltro, stata affermata l'inverosimiglianza della versione difensiva secondo la quale l'imputato si sarebbe limitato ad appoggiare un braccio sulla spalla della ragazza. 4. Il terzo motivo è manifestamente infondato. Premesso che alcuna contraddittorietà sussiste tra il riconoscimento del fatto di minore gravità e il diniego delle attenuanti generiche, poichè, in tema di reati sessuali, all'applicazione della circostanza attenuante speciale prevista dall'art. 609 bis, comma terzo, cod. pen. casi di minore gravità non consegue automaticamente l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche, in quanto mentre per la concedibilità di queste ultime rilevano tutti i parametri indicati nell'art. 133 cod. pen., per la concedibilità dell'attenuante speciale rilevano solo gli elementi indicati nel comma primo e non quelli indicati nel comma secondo del predetto articolo Sez. 3, n. 1192 del 08/11/2007, dep. 2008, Fiori, Rv. 238551 , la sentenza impugnata ha negato il riconoscimento delle attenuanti generiche, con apprezzamento di fatto immune da censure, e dunque insindacabile in sede di legittimità, rilevando che l'imputato aveva agito approfittando della solitudine della vittima e della condizione di oscurità del vagone, integranti una situazione di minorata difesa, e che i palpeggiamenti erano stati reiterati. 5. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e la corresponsione di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, somma che si ritiene equo determinare in Euro 1.500,00 infatti, l'art. 616 cod. proc. pen. non distingue tra le varie cause di inammissibilità, con la conseguenza che la condanna al pagamento della sanzione pecuniaria in esso prevista deve essere inflitta sia nel caso di inammissibilità dichiarata ex art. 606 cod. proc. pen., comma 3, sia nelle ipotesi di inammissibilità pronunciata ex art. 591 cod. proc. pen. . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 d.lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.