Condizioni degradanti in carcere: è necessaria l’attualità per ottenere il risarcimento?

Il richiamo di cui all’art. 35-ter, comma 1, al pregiudizio di cui all’art. 69, comma 6, lett. b , individua la categoria del reclamo relativo alla violazione dei diritti inviolabili del detenuto e il modello procedimentale applicabile, ma non può essere riferito ai presupposti del pregiudizio in termini di necessaria attualità al momento della domanda e, ancora meno, della decisione.

Così la Prima sez. Penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 38791/16, depositata il 19 settembre. Il caso. Il magistrato di sorveglianza di Siracusa dichiarava inammissibile la domanda proposta da un detenuto volta ad ottenere la riduzione della pena o il risarcimento del danno per le condizioni di detenzione ex art. 35- ter l. 26 luglio 1975, n. 354. Osservava il magistrato che il detenuto avrebbe diritto al risarcimento ex art. 35- ter l. 26 luglio 1975, n. 354 solo a condizione che vi sia all’attualità della richiesta una condizione di detenzione che violi l’art. 3 CEDU e, dunque, una condizione di trattamento inumano e degradante condizione che, nel caso di specie non sussisteva. Il detenuto, ricorrendo in Cassazione, deduce che il magistrato aveva erroneamente assunto la decisione postulando che l’istanza presupponesse l’attualità del pregiudizio piuttosto che la mera attualità della condizione di detenzione. Il procedimento. Per ciò che concerne il procedimento previsto dalla l. n. 354/1975volto ad ottenere la riduzione della pena o il risarcimento del danno, la decisione va adottata dal magistrato di sorveglianza all’esito dell’udienza camerale, nel contraddittorio delle parti e avverso tale decisione si può proporre reclamo al tribunale di sorveglianza l. n. 10/2014 . Il reclamo di cui all’art. 35- bis contempla dunque un doppio grado sul merito, in pieno contraddittorio tra le parti, salvi i casi di manifesta inammissibilità della richiesta a norma dell’art. 666, comma 2, c.p.p. - in questi ultimi casi, infatti, il magistrato potrà dichiarare il reclamo inammissibile de plano , attraverso una presa d’atto”, senza verifiche di tipo conoscitivo-discrezionale. E avverso tale dichiarazione d’inammissibilità può muoversi ricorso per cassazione e non reclamo al tribunale di sorveglianza . Nel caso di specie, il magistrato di sorveglianza ha dichiarato inammissibile il reclamo proposto dal detenuto ai sensi dell’art. 35- ter l. n. 354/1975, ritenendo sussistente il difetto di una condizione di legge individuata nell’attualità del pregiudizio derivante da condizione detentiva inumana e degradante, in contrasto con la previsione regolatrice di cui all’art. 69, comma 6, lett. b , l. n. 354/1975. Ed, essendo una violazione eventuale medio tempore risolta, rientrava nella competenza del giudice civile e si sarebbe dovuto far fronte con il ristoro monetario. Non residuando ragioni per intervenire sull’esecuzione della pena in essere, l’istanza è stata ritenuta inammissibile. L’attualità del pregiudizio. La ritenuta esclusione del rimedio riparatorio di competenza del magistrato di sorveglianza per coloro che lamentino pregiudizio da condizioni di carcerazione inumane in violazione dell’art. 3 CEDU non più attuali perché rimosse, non risulta conforme alle finalità proprie delle disposizioni introdotte in materia di ordinamento penitenziario tra il 2013 e il 2014. La ratio di tali diposizioni è il rafforzamento complessivo degli strumenti tesi alla riaffermazione della legalità della detenzione con estensione dei poteri di verifica e di intervento dell’autorità giurisdizionale . Dunque, l’attualità del pregiudizio non trova adeguato supporto logico-sistematico. Se l’eliminazione delle condizioni di carcerazione annullasse ipso iure la competenza del magistrato di sorveglianza, pur nel permanere dello stato detentivo del soggetto in condizione di conformità, sarebbe arduo individuare il giudice al quale il detenuto si dovrebbe rivolgere per ottenere il rimedio compensativo del pregiudizio cessato, posto che il comma 3 dell’art. 35- ter cit. attribuisce la competenza al giudice civile per le richieste di coloro che hanno terminato di espiare la pena detentiva. Il richiamo di cui all’art. 35- ter , comma 1, al pregiudizio di cui all’art. 69, comma 6, lett. b , individua la categoria del reclamo relativo alla violazione dei diritti inviolabili del detenuto e il modello procedimentale applicabile, ma non può essere riferito ai presupposti del pregiudizio in termini di necessaria attualità al momento della domanda e, ancora meno, della decisione Cass. n. 46966/15 . Il provvedimento viene dunque annullato e gli atti vengono trasmessi al magistrato di sorveglianza perché provveda alla trattazione della richiesta nel contraddittorio delle parti ex art. 35- bis , comma , l. n. 354/1975.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 21 giugno – 19 settembre 2016, numero 38791 Presidente Siotto – Relatore Cairo Ritenuto in fatto 1. II Magistrato di sorveglianza di Siracusa il 5/3/2015 dichiarava inammissibile la domanda proposta ex art 35-ter I. 26 luglio 1975, numero 354 da B.G., volta ad ottenere la riduzione della pena o il risarcimento del danno per le condizioni di detenzione ex art 35-ter L. 26 luglio 1975, numero 354. Osservava che il pregiudizio di cui all'art 69 comma 6 lett. b 1.26 luglio 1975, numero 354 fosse solo quello connotato dai caratteri della gravità ed attualità. Là dove non fosse stato in atto non avrebbe avuto ragion d'essere, in sostanza, la deroga alla giurisdizione del giudice civile. Il detenuto in sostanza andrebbe risarcito ex art 35-ter 1.26 luglio 1975, numero 354 solo a condizione che viva all'attualità della richiesta una condizione di detenzione che violi l'art 3 CEDU e, dunque, una condizione di trattamento inumano e degradante. Nella specie ha ritenuto il Magistrato di sorveglianza non ricorresse condizione siffatta. Le verifiche operate e la nota di chiarimenti trasmessa dall'Istituto di pena davano conto della non attualità del pregiudizio affermato e della soluzione dei problema dei sovraffollamento carcerario. 2. Ricorre per cassazione il B.G., personalmente. Deduce violazione di legge e dell'art 35-ter L. 26 luglio 1975, numero 354. Il Magistrato di sorveglianza aveva erroneamente assunto la decisione postulando che l'istanza presupponesse l'attualità del pregiudizio piuttosto che la mera attualità della condizione di detenzione. Afferma di aver subito condizioni di detenzione non conformi dalla data del 24-1-2001. nell'istanza aveva indicato che era stato detenuto dal 24-1-2001 in condizioni non conformi presso la Casa Circondariale di Napoli-Poggioreale ed aveva diviso la cella di 4 x 4 mt/q anche con altri otto detenuti Osserva in diritto 1. Tema preliminare è quello di rito relativo all'individuazione dello statuto da seguire, in caso di istanza reclamo risarcitoria dinanzi al magistrato di sorveglianza, ai sensi dell' art. 35-ter, commi 1 e 2, I. 26 luglio 1975, numero 354 e della relativa impugnazione. La questione è già stata affrontata da questa Corte Sez. 1, numero 46966 dei 16/07/2015, Koleci Sez. 1, numero 46966 del 16/07/2015, dep. 12/01/2016, numero 876, Ruffolo Sez. 1, numero 2228 del 16/07/2015, dep. 12/01/2016, numero 874, Tripi ai cui principi si rinvia. 1.1 In estrema sintesi può ribadirsi che l'art. 35-ter per le domande che rientrano nella cognizione del magistrato di sorveglianza segua il modello procedimentale previsto per il reclamo di cui ali' art. 35-bis I. 26 luglio 1975, numero 354. Il comma 1, invero, della disposizione richiamata rinvia all'art. 69, comma 6, lett. b , I. 26 luglio 1975, numero 354. II reclamo giurisdizionale introdotto con l'art. 35-bis, contempla un doppio grado sul merito, con pieno contraddittorio tra le parti, salvi i casi di manifesta inammissibilità della richiesta a norma dell'art. 666, comma 2, cod. proc. penumero . La decisione deve essere adottata dal magistrato di sorveglianza all'esito dell'udienza camerale, nei contraddittorio delle parti. Detta decisione è impugnabile comma 4 attraverso il reclamo, in senso stretto, al Tribunale di sorveglianza, introdotto dalla legge numero 10 del 2014 in sede di conversione del decreto legge numero 146 del 2013. La descritta cadenza processuale e la scelta legislativa d'un contraddittorio nel doppio grado di merito ammettono, tuttavia, il magistrato di sorveglianza ad un provvedimento fuori dal modello partecipato. E' ipotesi d'eccezione, praticabile nel solo concorso dei presupposti di cui all'art. 35 bis comma 1 I. 26 luglio 1975, numero 354 manifesta inammissibilità della richiesta a norma dell'art. 666, comma 2 cod. proc. penumero . In questi casi il magistrato di sorveglianza potrà dichiarare con decreto de plano il reclamo inammissibile. Deve trattarsi, tuttavia, da parte dei magistrato di sorveglianza d'una presa d'atto dell'assenza delle condizioni di legge. Non deve, cioè, svolgersi una cognizione d'accertamento sui fatti, né dispiegarsi una forma di valutazione conoscitivo-discrezionale Sez. 1, numero 43722 del 11/06/2015, Salierno, che, tuttavia, perviene a diverse conclusioni quanto al regime d'impugnazione . Avverso il provvedimento di inammissibilità adottato de plano dal magistrato di sorveglianza, unico mezzo di impugnazione può essere il ricorso per cassazione e non il reclamo al Tribunale di sorveglianza. Ciò per evitare la perdita di un grado di merito, che si potrebbe concretizzare convertendo la doglianza in reclamo dinanzi al Tribunale di sorveglianza Sez. 1, numero 35840 dei 14/05/2015, Marique Sanchez Josue Ismael Sez. 1 numero 45376 del 12/06/2015, Giordano . Deriva da quanto premesso che il ricorso per cassazione, avverso il decreto di inammissibilità del reclamo proposto ai sensi degli artt. 35-bis e 35-ter Ord. Penumero emesso dal magistrato di sorveglianza ex art. 666, comma 2, cod. proc. penumero , non può essere qualificato come reclamo ai sensi dei comma 4 dell'art. 35-bis L. 26 luglio 1975, numero 354 con trasmissione degli atti al Tribunale di sorveglianza, come invocato dal Procuratore generale nella sua requisitoria. 2. Ciò premesso il ricorso è fondato ed il decreto impugnato deve essere annullato senza rinvio. Il Magistrato di sorveglianza ha dichiarato inammissibile, senza procedura partecipata, il reclamo proposto dal B.G., ai sensi dell'art. 35-ter L. 26 luglio 1975, numero 354. Ha ritenuto, in definitiva, che facesse difetto una condizione di legge individuata nell'attualità del pregiudizio derivante da condizione detentiva inumana e degradante, in contrasto con la previsione regolatrice di cui all'art. 69, comma 6, lett. b , L. 26 luglio 1975, numero 354. Trattandosi, dunque, di violazione eventuale, medio tempore risolta, rientrava, in definitiva, nella competenza del giudice civile e si sarebbe dovuto far fronte con il ristoro monetario. Non residuando ragioni per intervenire sull'esecuzione della pena in essere l'istanza è stata ritenuta inammissibile. 2.1. Ad avviso del Collegio, la ritenuta esclusione dei rimedio riparatorio di competenza dei magistrato di sorveglianza, disciplinato dal comma 1 e 2 dell'art. 35-ter L. 26 luglio 1975, numero 354, per coloro che in costanza di detenzione lamentino il pregiudizio derivante da condizioni di carcerazione inumane in violazione dell'art. 3 CEDU, non più attuali, perché rimosse, non risulta conforme alle finalità proprie delle disposizioni introdotte dal legislatore in materia di ordinamento penitenziario nel corso degli anni 2013 e 2014. Le innovazioni normative hanno, invero, tratto scaturigine dalla necessità di porre termine alle condizioni di espiazione delle pene detentive, ritenute in contrasto con la Convenzione dei diritti dell'uomo, secondo le indicazioni della Corte EDU a partire dai casi S. e T. . Oltre alla finalità di risarcire i pregiudizi derivati dalla condizione detentiva stessa obiettivo dell'intervento è stato quello di realizzare un sistema di tutela dei diritti dei soggetti in vinculis, che garantisse effettività e tempestività. In ciò, dunque, va ricercata la ratio complessiva delle modifiche anche afferenti l'introduzione dei particolari rimedi riparatori di cui all'art. 35-ter L. 26 luglio 1975, numero 354 Sez. 1, numero 43722 dell'11/06/2015, Salierno , ratio che mira al rafforzamento complessivo degli strumenti tesi alla riaffermazione della legalità della detenzione con estensione dei poteri di verifica e di intervento dell'autorità giurisdizionale . Premessa siffatta lascia intendere come l'individuazione del discrimine interpretativo nell'attualità del pregiudizio non trovi adeguato supporto logico sistematico. Fissare il riparto di competenza tra il magistrato di sorveglianza commi 1 e 2 art. 35-ter ed il giudice civile comma 3 , per inferirne la possibilità di ottenere il rimedio compensativo in forma specifica riduzione della pena da espiare ovvero solo quello pecuniario, pone limiti all'anzidetto principio d'effettività della tutela stessa. Il richiamo contenuto nel comma 1 dell' art. 35-ter all'art. 69, comma 6, lett. b , L. 26 luglio 1975, numero 354 non autorizza l'unica interpretazione secondo cui le caratteristiche di gravità e attualità dei pregiudizio stesso - indicate dalla norma testé evocata - costituiscano condizione strutturale necessaria per accedere al rimedio risarcitorio di tipo compensativo, che può essere richiesto dal detenuto al magistrato di sorveglianza a norma dei commi 1 e 2 dell'art. 35-ter L. 26 luglio 1975, numero 354. Se l'eliminazione delle condizioni di carcerazione, causa di pregiudizio risarcibile, annullasse ipso iure la competenza del magistrato di sorveglianza, pur nel permanere dello stato detentivo del soggetto in condizione di conformità, sarebbe arduo individuare il giudice al quale il detenuto si dovrebbe rivolgere per ottenere il rimedio compensativo del pregiudizio cessato, posto che il comma 3 dell'art. 35-ter L. 26 luglio 1975, numero 354 espressamente attribuisce la competenza al giudice civile per le richieste di coloro hanno terminato di espiare la pena detentiva. D'altro canto, non sarebbe sostenibile una soluzione volta a congelare eventualmente per anni la possibilità di tenere indenne chi abbia subito un trattamento carcerario contrario al senso di umanità. Né, in ipotesi siffatte, ammettere la competenza del giudice civile, alla luce del tenore della norma, potrebbe legittimare un'interpretazione protesa ad escludere che il detenuto possa ottenere il risarcimento nella forma specifica della diminuzione della pena da espiare, là dove sia cessata la condizione di contrarietà all'art 3 CEDU, che ne legittimava la domanda. Dubbie, quanto ad effettività, risulterebbero, ancora, possibili forme e modalità di intervento del giudice civile stesso, proprio in ragione delle limitate ipotesi cui si riferisce lo specifico procedimento dinanzi al tribunale in composizione monocratica, ai sensi dell'art. 737 cod. proc. civ., disciplinato dal comma 3 dell'art. 35-ter Ord. Penumero . D'altro canto, ed a ben vedere, il rimedio risarcitorio per equivalente è succedaneo alle ipotesi in cui quello del ristoro diretto, in forma specifica, non sia più praticabile. Questa Corte sentenza numero 43722 dell'11/06/2015 ha sottolineato la finalità compensativa-risarcitoria del rimedio in esame, che si affianca, come quid p/uris, all'inibizione della prosecuzione della condizione detentiva non conforme. Indiscussa la compatibilità dei due rimedi, inibitorio e risarcitorio, deve ritenersi che l'attualità del pregiudizio sia condizione connaturale al reclamo di cui all'art. 69, comma 6, L. 26 luglio 1975, numero 354, in ragione della correlazione con la specifica tipologia di tutela art. 35-bis comma 3 . Non è, tuttavia, presupposto necessario quando il reclamo è volto ad ottenere quegli effetti compensativi che garantiscano una riparazione effettiva delle violazioni della CEDU risultanti dal sovraffollamento, richiesti dalla Corte EDU nella sentenza pilota T. cfr. Corte cost. numero 279 del 2013, p. 7 . In questa prospettiva il legislatore ha voluto attuare con predeterminazione dei quantum e, in via prioritaria, attraverso un ristoro in forma specifica , la riduzione della durata della pena ancora da espiare nella misura di un giorno per ogni dieci di pregiudizio sofferto, rimedio questo che presuppone, come unica condizione necessaria, la detenzione in atto. 2.2. Va, pertanto, ribadito che il richiamo contenuto all'art. 35-ter comma 1 L. 26 luglio 1975, numero 354 al pregiudizio di cui all'art. 69, comma 6, lett. b , individua la categoria del reclamo relativo alla violazione dei diritti inviolabili del detenuto e il modello procedimentale applicabile, ma non può essere riferito ai presupposti del pregiudizio in termini di necessaria attualità al momento della domanda e, ancor meno, della decisione Sez. 1, numero 46966 del 16/07/2015, Koleci Sez. 1, numero 46966 del 16/07/2015, dep. 12/01/2016, numero 876, Ruffolo Sez. 1, numero 2228 dei 16/07/2015, dep. 12/01/2016, numero 874, Tripi . Quanto al tema ulteriore che ha fondato l'inammissibilità si deve osservare che essa nel caso di specie è stata pronunciata de plano in difetto delle condizioni normative Sez.1, sentenza numero 22164 del 13/05/2015 Cc. dep. 27/05/2015 , Ferraro, Rv.263613 . Nel caso di specie il detenuto ha indicato come dalla data del 24-1-2001 la sua restrizione non fosse conforme ed avrebbe esplicitato che la condizione lesiva sarebbe derivata dalla condizione di sovraffollamento, condizione che il Magistrato di sorveglianza indica come risolta all'attualità. Al cospetto della domanda risulta, dunque, essere stata svolta un'attività istruttoria, richiamata espressamente nel corpo del provvedimento. Le valutazioni, dunque, espresse risultano afferire già il merito e postulavano, pertanto, la procedura partecipata. 2.3. II provvedimento impugnato deve, per le ragioni esposte, essere annullato senza rinvio e gli atti devono essere trasmessi al Magistrato di sorveglianza di Siracusa perché provveda alla trattazione della richiesta nel contraddittorio delle parti ai sensi dell' art. 35-bis, comma 1, L. 26 luglio 1975, numero 354, adeguandosi ai principi di diritto sopra enucleati. P.Q.M. Annulla senza rinvio il decreto impugnato e dispone la trasmissione degli atti al Magistrato di sorveglianza di Siracusa .