Rinuncia al mandato, subentro del nuovo difensore di fiducia e atti processuali urgenti

In caso di rinuncia o revoca del difensore di fiducia, possono essere compiuti con l’assistenza di quest’ultimo tutte le attività processuali il cui compimento risulti incompatibile con il decorso del termine concesso al difensore subentrante, fermo restando che tale urgenza processuale non è ricollegabile a specifiche categorie di atti indifferibili ma può essere riferita a qualunque momento processuale secondo il prudente apprezzamento del giudice.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 38239/16 depositata il 14 settembre. Il caso. La sentenza in oggetto origina dal ricorso presentato avverso la pronuncia con cui la Corte d’appello di Torino confermava la condanna dell’imputato per bancarotta fraudolenta. Il ricorrente si duole dinanzi ai Giudici di legittimità per la violazione del diritto di difesa in quanto la Corte territoriale, dopo aver concesso il termine a difesa su richiesta del nuovo difensore di fiducia nominato in sostituzione di quello precedente rinunziante, procedeva alla discussione nominando un difensore d’ufficio a causa dell’assenza di quello di parte. Effetti della rinuncia al mandato. La doglianza trova condivisione da parte del Collegio che coglie l’occasione per ribadire che la rinuncia al mandato da parte del difensore di fiducia non ha effetto finché la parte non sia assistita da un nuovo difensore. Il termine a difesa richiesto dal nuovo difensore configura una condizione sospensiva dell’efficacia della rinuncia al mandato ai sensi dell’art. 107, comma 3, c.p.p. In tal caso, il giudice può dunque legittimamente rigettare l’istanza di rinvio presentata dal fiduciario subentrante per un concomitante impegno professionale e procedere alla discussione nominando un difensore d’ufficio che, in tal caso, subentra in sostituzione del primo difensore di fiducia, il cui mandato mantiene efficacia fino alla decorrenza del termine a difesa. Il diritto di difesa. I summenzionati principi, come sottolinea la Corte, devono però essere interpretati in funzione della loro ratio in modo da evitare frustrazioni dell’evidente scopo di garanzia della difesa dell’imputato. È infatti evidente che la proroga del difensore rinunziante, così come il diritto di quello subentrante di ottenere un congruo termine per la preparazione della difesa, mirano a garantire la continuità dell’assistenza tecnica in giudizio. Allo stesso modo, è evidente che la concessione di un termine a difesa che venga a scadenza in un momento successivo a quello in cui deve essere compiuto un atto processuale, svuota di significato la disposizione normativa con un’inevitabile lesione del diritto di difesa. Atti processuali urgenti. In conclusione, nella ricerca di un bilanciamento tra i diversi diritti sottesi alle disposizioni citate, la Corte afferma che possono essere compiuti con l’assistenza del difensore rinunziante o revocato tutte le attività processuali il cui compimento risulti incompatibile con il decorso del termine concesso al difensore subentrante, precisando che l’urgenza processuale non è ricollegata a specifiche categorie di atti indifferibili ma può essere riferita a qualunque momento processuale secondo il prudente apprezzamento del giudice. Nel caso di specie, non versandosi in una situazione idonea a giustificare l’elisione della possibilità per il difensore subentrante di partecipare alla discussione, è ravvisabile un’ingiustificata lesione del diritto di difesa dell’imputato. Per questi motivi, la Corte annulla la sentenza impugnata e rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Torino.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 6 aprile – 14 settembre 2016, n. 38239 Presidente Vecchio – Relatore Pistorelli Ritenuto in fatto 1.Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Torino ha confermato la condanna di G.A. per i reati di bancarotta fraudolenta aggravata patrimoniale e documentale commessi nella sua qualità di amministratore di fatto della Tecnoclean s.r.l. fallita nel corso del 2006. In parziale riforma della pronunzia di primo grado la Corte territoriale dichiarava invece non doversi procedere nei confronti dell’imputato per il concorrente reato di cui all’art. 367 c.p. per essersi lo stesso estinto per prescrizione. 2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato a mezzo del proprio difensore articolando due motivi. Con il primo eccepisce la violazione del diritto di difesa attraverso le ordinanze emesse all’udienza del 17 giugno 2015, con le quali la Corte territoriale dapprima concedeva il termine a difesa richiesto dal nuovo difensore del G. , nominato in sostituzione di quello precedente rinunziante e successivamente, vista l’assenza del legale nominato, procedeva nella discussione nominando un difensore d’ufficio in sostituzione di quello originario invocando l’art. 107 comma 3 c.p.p. Con il secondo motivo il ricorrente deduce invece errata applicazione della legge penale in merito alla denegata concessione all’imputato delle attenuanti generiche. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è fondato ed al suo accoglimento consegue l’assorbimento del secondo. 2. Dagli atti e dalla stessa sentenza impugnata emerge effettivamente che l’originario difensore di fiducia dell’imputato, a due giorni dalla celebrazione dell’udienza fissata per l’appello, ha comunicato alla Corte la sua rinunzia al mandato difensivo. Parimenti risulta che il giorno stesso dell’udienza è stata depositata la nomina del nuovo difensore di fiducia del G. cui, su sua richiesta, il giudice dell’appello ha concesso termine a difesa di giorni sette. Poiché questi aveva trasmesso la nomina e la richiesta del termine a mezzo sostituto all’uopo incaricato e poiché il difensore rinunziante non era comparso, la Corte territoriale, nonostante la pendenza del termine a difesa, ha quindi provveduto a sostituirlo ai sensi dell’art. 97 comma 4 c.p.p. procedendo oltre nella trattazione dell’appello ed adottando la sentenza. 3. Questa Corte ha avuto modo di affermare che la rinuncia al mandato da parte del difensore di fiducia non ha effetto finché la parte non sia assistita da un nuovo difensore, come nel caso in cui non sia decorso il termine a difesa concesso, ai sensi dell’art. 108 c.p.p., al nuovo difensore nominato, con la conseguenza che, in tale ipotesi, deve ritenersi legittima la trattazione del dibattimento alla presenza del precedente difensore rinunciante, in quanto la pendenza del termine a difesa funge da condizione sospensiva dell’efficacia della rinuncia al mandato ai sensi del terzo comma dell’art. 107 c.p.p. Sez. 5, n. 38944 del 13 aprile 2015, Lico, Rv. 265503 . Quando l’imputato revoca il difensore di fiducia e ne nomina uno nuovo che chiede un termine a difesa, il giudice può legittimamente rigettare la contestuale istanza di rinvio presentata dal fiduciario subentrante in ragione di un concomitante impegno professionale, e nominare per la celebrazione dell’udienza un difensore d’ufficio in sostituzione di quello originario non comparso, attesa la permanenza nell’incarico del primo difensore, il cui mandato mantiene efficacia fino alla decorrenza del termine a difesa, in forza di quanto previsto dagli artt. 107 e 108 cod. proc. pen. Sez. 2, n. 15778 del 17/03/2015 - dep. 16/04/2015, P.G. in proc. Corrado, Rv. 263831 . 3.1 Principio questo cui sostanzialmente si è ispirata la sentenza impugnata, ma che non può ritenersi pienamente condivisibile, fondandosi su di una interpretazione letterale di un dato normativo senza tenere conto della sua ratio. In realtà, già all’indomani dell’entrata in vigore del codice di rito del 1988, autorevole dottrina aveva evidenziato la non del tutto felice formulazione degli artt. 107 e 108 c.p.p., nella misura in cui l’area di reciproca interferenza tra le due disposizioni, così come formalmente scolpita nel dettato normativo, finisce per frustrare - come dimostra il caso in esame - l’evidente scopo di garantire l’effettività della difesa dell’imputato che pure ne ha ispirato l’introduzione. 3.2 Non è in dubbio, infatti, che tanto la proroga del difensore rinunziante o revocato, quanto il diritto di quello subentrante di ottenere un congruo termine per preparare la difesa, sono previsioni dettate innanzi tutto al fine di evitare soluzioni di continuità nell’assistenza dell’imputato, a maggior ragione nelle fasi, come quelle dibattimentali, nelle quali la partecipazione del difensore è ritenuta dalla legge processuale come necessaria. Ma che lo scopo prioritario della disciplina in esame sia quello illustrato risulta particolarmente evidente proprio dalla lettura del terzo comma dell’art. 107 c.p.p., il quale impone la proroga del difensore rinunziante o revocato non solo fino alla nomina di un nuovo difensore, ma altresì fino alla decorrenza del termine a difesa eventualmente concesso a quest’ultimo ai sensi dell’art. 108 c.p.p Il senso della prima norma è infatti e per l’appunto quello di garantire l’effettività della difesa anche durante il tempo necessario al nuovo difensore per prendere conoscenza della materia processuale e svolgere quindi pienamente il proprio mandato, obiettivo questo che chiarisce il significato della seconda norma citata. 3.3 È peraltro ovvio che la concessione di un termine a difesa la cui scadenza venga fissata in un momento successivo a quello in cui deve essere compiuto l’atto processuale in vista del quale è stata compiuta la nomina, rischia di svuotare del suo significato la disposizione dell’art. 108 c.p.p., a maggior ragione nel momento in cui lo stesso configura il conseguimento del termine come un vero e proprio diritto del difensore, che questi esercita non solo a garanzia della propria integrità professionale, ma anche e soprattutto nell’interesse ed a tutela del proprio assistito. Ma in tal modo si finisce per elidere anche il fondamentale diritto dell’imputato di scegliere il proprio difensore, a maggior ragione quando sia rimasto privo di assistenza non per sua volontà. 3.4 Ciò peraltro non significa che la concessione del termine a difesa debba comportare necessariamente la sospensione del procedimento per tutta la sua durata. L’art. 108 non lo stabilisce espressamente - come ad esempio previsto nei casi disciplinati dagli artt. 519 e 520 c.p.p. -, ma nemmeno implicitamente, che altrimenti a perdere di significato sarebbe proprio il terzo comma dell’art. 107 c.p.p. Non si comprenderebbe infatti la stessa ragione della proroga del difensore revocato o rinunziante se alcuna attività processuale dovesse essere svolta a causa della sospensione del procedimento, nel mentre proprio la previsione di tale proroga dimostra come il legislatore abbia invece presupposto che, nelle more del decorso del termine, possano essere compiuti atti che richiedono la presenza del difensore, anche al fine di evitare un uso strumentale della sostituzione del difensore funzionale a determinare la paralisi del processo ipotesi che la prassi insegna non essere solo scolastica . 3.5 L’apparente e latente conflitto tra gli interessi sottesi alle disposizioni citate deve dunque trovare un bilanciamento, il cui primo riferimento è proprio la scelta dei codificatori di non esprimere una regola rigida come quella di imporre la sospensione necessaria del procedimento. Tradurre questa scelta, come ha fatto la Corte territoriale ed il precedente di legittimità citato in precedenza, nell’indiscriminata facoltà del giudice di procedere in ogni caso avvalendosi del difensore revocato o rinunziante o addirittura sostituendolo, come avvenuto nel caso di specie, con un difensore d’ufficio investito ai sensi dell’art. 97 comma 4 c.p.p. risulta però altrettanto fuori luogo, risolvendosi nell’indiscriminato ed irragionevole sacrificio dei diritti dell’imputato e del suo difensore, così come scolpiti, innanzi tutto, nell’art. 111 comma 3 Cost. e nell’art. 6 p. 3 lett. b e c CEDU. 3.6 Alla luce di quanto osservato appare dunque preferibile ritenere che possano essere compiuti con l’assistenza del difensore rinunziante o revocato tutte quelle attività processuali il cui svolgimento risulti incompatibile con il decorso del termine concesso al difensore subentrante, al cui compimento devono altrimenti essere differite. Va peraltro precisato che l’urgenza processuale in grado di prevalere sull’effettività del termine a difesa non è legata esclusivamente a determinate categorie di atti indifferibili per loro stessa natura, ma può rivelarsi in riferimento a qualsiasi adempimento processuale, spettando alla prudente valutazione del giudice individuare la regola di bilanciamento da applicare in relazione alle condizioni del caso concreto ed all’esito della comparazione tra l’urgenza dell’incombente e la compressione del diritto di difesa effettivamente imposto per procedervi, così come è sua facoltà, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite, perfino negare la stessa concessione del termine a difesa ex art. 108 c.p.p. qualora ritenga che l’avvicendamento del difensore abbia natura strumentale alla mera dilatazione dei tempi processuali traducendosi in un abuso del diritto Sez. Un., n. 155/12 del 29 settembre 2011, Rossi e altri, Rv. 251497 . 3.7 In tal senso anche la celebrazione di un’udienza dibattimentale, ancorché dedicata esclusivamente alla discussione delle parti ed all’adozione della decisione, può essere ritenuta indifferibile ad un momento successivo al decorso del pur concesso termine a difesa, laddove in concreto sussistano in concreto condizioni che giustifichino siffatta valutazione si pensi, a puro titolo esemplificativo, all’imminente prescrizione del reato, piuttosto che alla scadenza dei termini cautelari, situazioni che invero lo stesso art. 108 c.p.p. considera ai fini della contrazione della durata del termine a difesa , ovvero compatibile con la garanzia del diritto di difesa si pensi invece nell’ipotesi di processo soggettivamente cumulativo all’eventualità che l’udienza sia dedicata ad adempimenti istruttori che non attingono la posizione dell’imputato assistito dal difensore subentrante od alla discussione di altri difensori . 3.8 Nel caso di specie, dalla sentenza non emerge che si versasse in una situazione idonea a giustificare la sostanziale elisione della possibilità per il difensore subentrante di partecipare alla discussione esercitando nella sua pienezza il mandato professionale legittimamente conferitogli, né la Corte territoriale ha evidenziato elementi in grado di far ritenere che la sua nomina - che si ricorda è avvenuta a seguito alla rinunzia al mandato di quello che aveva assistito l’imputato per tutto il primo grado di giudizio redigendo altresì l’atto d’appello - fosse dovuta ad una iniziativa dilatoria. In tal modo si è dunque determinata una ingiustificata lesione del diritto di difesa che ha viziato il giudizio riverberandosi sulla sentenza impugnata, che deve dunque essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Torino per nuovo giudizio. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’appello di Torino.