La depenalizzazione dell’omesso versamento delle ritenute previdenziali

I giudici della Suprema Corte ritengono che, nel caso di specie, il legislatore non abbia affatto inteso abrogare il reato di cui all’art. 2, comma 1 -bis , l. n. 638/1983 ma, lasciando immutata la condotta omissiva, abbia inteso introdurre la necessità del superamento di un importo di per sé significativo, anche in ragione della mutata realtà socio-economica, caratterizzata da maggiori difficoltà di liquidità.

Limite superiore ai 10000 euro. Con la sentenza n. 37232 depositata il giorno 8 settembre 2016, la Terza sezione Penale della Corte di Cassazione, affronta il tema dell’omesso versamento di ritenute INPS in relazione alla recente depenalizzazione del delitto previsto dall’art. 2, comma 1- bis , d.l. 12 settembre 1983, n. 463. In particolare, secondo gli Ermellini, il legislatore, avendo stabilito che l’omesso versamento delle ritenute previdenziali integra reato ove l’importo sia superiore a quello di 10000 € annui, non si è limitato ad introdurre un limite di non punibilità delle condotte lasciando inalterato, per il resto, l’assetto della precedente figura normativa che non prevedeva nessun limite, ma ha configurato tale superamento, strettamente collegato al periodo temporale dell’anno, quale vero e proprio elemento caratterizzante il disvalore di offensività che viene a segnare il momento consumativo dello stesso. Progressione criminosa. In buona sostanza, secondo i giudici di Piazza Cavour, il reato deve ritenersi perfezionato, in prima battuta, nel momento e nel mese in cui l’importo non versato, calcolato a decorrere dalla mensilità di gennaio dell’anno considerato, superi l’importo di 10000 € senza che le ulteriori omissioni che seguano nei mesi successivi sino al mese finale di dicembre possano aprire un nuovo periodo e, dunque dare luogo, in caso di secondo superamento, ad un ulteriore reato. Al riguardo, i giudici di legittimità ci insegnano che, rispetto alla nuova configurazione introdotta dal legislatore, si realizza una fattispecie – al pari di altre figure criminose – caratterizzata dalla progressione criminosa nel cui ambito, una volta superato il limite di legge, le ulteriori omissioni nel corso del medesimo anno si atteggiano a momenti esecutivi di un reato unitario a consumazione prolungata la cui definitiva cessazione viene a coincidere con la scadenza prevista dalla legge per il versamento dell’ultima mensilità, ovvero, con il termine del 16 del mese di gennaio dell’anno successivo. Diversità del momento consumativo del reato. Nel caso di specie il ricorrente era stato condannato per il reato già richiamato in relazione all’omesso versamento di ritenute previdenziali, intervenendo, tuttavia, nelle more dell’impugnazione, in conseguenza dell’esercizio da parte del governo della delega conferita con legge, la abolitio criminis a seguito di depenalizzazione del reato di cui all’articolo 2 citato. Da qui l’intervento dei giudici della Corte di Cassazione, con la descrizione della sostanza della nuova configurazione del reato de quo . In questo senso, i giudici di legittimità evidenziano la diversità del momento consumativo del reato rispetto alla precedente figura. Infatti, mentre nel precedente assetto normativo il reato si consumava in corrispondenza di ogni omesso versamento mensile, nell’attuale e nuovo – come si legge nella sentenza in commento – la consumazione appare coincidere, secondo una triplice diversa alternativa, o con il superamento, a partire dal mese di gennaio, dell’importo di 10000 € ove allo stesso non faccia più seguito alcuna ulteriore omissione, o con l’ulteriore o le ulteriori omissioni successive sempre riferite al medesimo anno ovvero, definitivamente e comunque, laddove anche il versamento del mese di dicembre sia omesso, con la data del 16 gennaio dell’anno successivo. Annullamento senza rinvio. Date queste premesse, i giudici della Suprema Corte ritengono che il legislatore non abbia affatto inteso abrogare il reato di cui all’art. 2, comma 1- bis , l. n. 638 del 1983 ma, lasciando immutata la condotta omissiva, abbia inteso introdurre la necessità del superamento di un importo di per sé significativo, anche in ragione della mutata realtà socio-economica, caratterizzata da maggiori difficoltà di liquidità e del contemperamento che le esigenze connesse al sistema previdenziale – pensionistico, dell’indice di necessaria offensività della condotta. Da qui l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato con trasmissione di copia degli atti alla Direzione provinciale INPS per quanto di competenza.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 11 maggio – 8 settembre 2016, n. 37232 Presidente Fiale – Relatore Andreazza Ritenuto in fatto 1. L.G. ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello di Catania di conferma, per le mensilità da febbraio ad agosto 2008, della sentenza di condanna per il reato di cui all’articolo 2 della l. n. 638 del 1983 in relazione all’omesso versamento di ritenute previdenziali. 2. Con un primo motivo lamenta violazione dell’articolo 2 della legge delega n. 67 del 2014 posto che i fatti di omissione contributiva previdenziale inferiori al limite annuo di 10.000 Euro devono ritenersi depenalizzati già solo per effetto di detta previsione, di immediata valenza precettiva. 3. Con un secondo e terzo motivo lamenta l’assoluta mancanza di motivazione e il travisamento della prova su un punto decisivo del processo ovvero sul contenuto della documentazione proveniente dal concordato preventivo da cui è risultato il mancato pagamento delle retribuzioni dei lavoratori per un ammontare complessivo di Euro 104.167,00 circa tanto che tutti i lavoratori della Karisma sono stati ammessi alla procedura del concordato nella misura del 100% dei propri emolumenti fino al 31/07/2008 in particolare la Corte si è limitata sul punto a richiamare la decisione di primo grado. 4. Infine con un quarto motivo lamenta l’inosservanza dell’articolo 42 c.p. in relazione ad un aspetto decisivo ai fini dell’accertamento di responsabilità in particolare deduce che alla data del 13/08/2009 di invio della comunicazione dell’articolo 1, comma 1 bis, del d.lgs. n. 211 del 1994 era stato dichiarato da un anno il concordato preventivo con cessione totale dei beni cui era seguita l’insinuazione dell’Inps per i crediti derivanti dalle ritenute previdenziali per cui è processo di qui era derivato il totale spossessamento di tutti i cespiti aziendali della Karisma s.r.l. sicché il ricorrente non aveva più legittimazione ad effettuare il versamento se non a rischio di commettere il reato di bancarotta per distrazione. A fronte di tali censure la Corte d’appello ha reso una motivazione apodittica ritenendo irrilevante il sopraggiungere della procedura concorsuale nel corso del termine dei tre mesi suddetto. L’impossibilità giuridica di provvedere personalmente e direttamente al pagamento delle ritenute previdenziali dovrebbe invece escludere, anche sotto il profilo dell’elemento soggettivo, la configurabilità del reato. Considerato in diritto 5. Il primo motivo è manifestamente infondato avendo questa Corte già ripetutamente precisato che il delitto previsto dall’articolo 2, comma 1 bis, d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito con modificazioni in I. 11 novembre 1983, n. 638, che punisce l’omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, non può ritenersi abrogato per effetto diretto della l. 28 aprile 2014, n. 67, posto che tale atto normativo ha conferito al Governo una delega, implicante la necessità del suo esercizio, per la depenalizzazione di tale fattispecie e che, pertanto, quest’ultimo, fino all’emanazione dei decreti delegati, non potrà essere considerato violazione amministrativa da ultimo, Sez. 3, n. 20547 del 14/04/2015, Carnazza, Rv. 263632 . Tuttavia, nelle more dell’impugnazione, è intervenuta, in conseguenza dell’esercizio da parte del governo della delega conferita con la predetta legge, la abolitio criminis a seguito di depenalizzazione del reato di cui all’articolo 2 cit. per effetto dell’articolo 3, comma 6, del d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 8. A mente di tale norma, infatti, la formulazione della previsione riguardante il delitto di omesso versamento di ritenute previdenziali e assistenziali, di cui all’articolo 2, comma 1 bis, del d.l. 12/09/1983 n. 463, conv. in legge 11/11/1983 n. 638, è stata sostituita nei seguenti termini L’omesso versamento delle ritenute di cui al comma 1, per un importo superiore a Euro 10.000 annui, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a Euro 1.032. Se l’importo omesso non è superiore a Euro 10.000 annui, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da Euro 10.000 a Euro 50.000. Il datore di lavoro non è punibile, né assoggettabile alla sanzione amministrativa, quando provvede al versamento delle ritenute entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto della violazione . Stabilendo che l’omesso versamento delle ritenute previdenziali integra reato ove l’importo sia superiore a quello di 10.000 Euro annui, il legislatore non si è limitato semplicemente ad introdurre un limite di non punibilità delle condotte lasciando inalterato, per il resto, l’assetto della precedente figura normativa che, come noto, nessun limite prevedeva , ma ha configurato tale superamento, strettamente collegato al periodo temporale dell’anno, quale vero e proprio elemento caratterizzante il disvalore di offensività che viene a segnare, tra l’altro, il momento consumativo dello stesso in altri termini, il reato deve ritenersi già perfezionato, in prima battuta, nel momento e nel mese in cui l’importo non versato, calcolato a decorrere dalla mensilità di gennaio dell’anno considerato, superi l’importo di 10.000 Euro senza che, peraltro, attesa, come si è detto, la necessaria connessione con il periodo temporale dell’anno, le ulteriori omissioni che seguano nei mesi successivi dello stesso anno sino al mese finale di dicembre possano aprire un nuovo periodo e, dunque, dare luogo, in caso di secondo superamento, ad un ulteriore reato. Tali omissioni, infatti, contribuiscono ad accentuare la lesione inferta al bene giuridico per effetto del già verificatosi superamento dell’importo di legge sicché, da un lato, non possono semplicemente atteggiarsi quale post factum penalmente irrilevante e, dall’altro, approfondendo il disvalore già emerso, non possono segnare, in corrispondenza di ogni ulteriore mensilità non versata, un ulteriore autonomo momento di disvalore che sarebbe infatti assorbito da quello già in essere . Ricorre, in realtà dunque, a ben vedere, alla stessa stregua di altre figure criminose come, ad esempio, le fattispecie di corruzione o di usura cfr. rispettivamente, per la prima, Sez. 6, n. 49226 del 25/09/2014, Chisso, Rv.261352 per la seconda, da ultimo, Sez. 2, n. 40380 del 11/06/2015, P.G., Tiesi in proc. Cardamone, Rv.264887 , una fattispecie caratterizzata dalla progressione criminosa nel cui ambito, una volta superato il limite di legge, le ulteriori omissioni nel corso del medesimo anno si atteggiano a momenti esecutivi di un reato unitario a consumazione prolungata la cui definitiva cessazione viene a coincidere con la scadenza prevista dalla legge per il versamento dell’ultima mensilità, ovvero, come noto, con il termine del 16 del mese di gennaio dell’anno successivo. 6. Quanto sopra comporta dunque che, rispetto alla precedente figura di reato, il momento consumativo sia evidentemente diverso mentre nel precedente assetto normativo il reato si consumava in corrispondenza di ogni omesso versamento mensile cfr., da ultimo, Sez.3, n. 26732 del 05/03/2015, P.G. in proc. Bongiorno, Rv. 264031 , nell’attuale e nuovo la consumazione appare coincidere, secondo una triplice diversa alternativa, o con il superamento, a partire dal mese di gennaio, dell’importo di Euro 10.000 ove allo stesso non faccia più seguito alcuna ulteriore omissione, o con l’ulteriore o le ulteriori omissioni successive sempre riferite al medesimo anno ovvero, definitivamente e comunque, laddove anche il versamento del mese di dicembre sia omesso, con la data del 16 gennaio dell’anno successivo. La struttura del nuovo reato come tratteggiata sopra, impone inoltre di tenere conto, al fine dell’individuazione o meno del superamento del limite di legge di 10.000 Euro, di tutte le omissioni verificatesi nel medesimo anno e, dunque, nella specie, anche di quelle eventualmente estinte per prescrizione del resto, la mera declaratoria di estinzione del reato per ragioni connesse al decorso del tempo non può significare elisione della materiale sussistenza del fatto di omesso versamento. 7. La diversa strutturazione del reato comporta dunque che, con riferimento ai fatti pregressi, laddove l’omissione annuale non abbia superato l’importo di 10.000 Euro, debba applicarsi, in quanto norma sicuramente più favorevole, la nuova previsione normativa alla stregua dell’articolo 2, comma 4, c.p., mentre, laddove l’importo sia stato superato, previgente norma e nuova norma debbano essere poste a confronto tra loro onde verificare quale delle due sia concretamente più favorevole con riferimento, in particolare, al momento consumativo determinante al fine di individuare la decorrenza del termine di prescrizione tenuto conto peraltro, in entrambe le fattispecie, del periodo di sospensione di mesi tre di cui all’articolo 2, comma 1 quater, del d.l. n. 463 del 1983 non inciso infatti dalle modifiche di cui sopra. Né le modifiche poste in essere dal d.lgs. n. 8 del 2016 sono state di tale segno da avere comportato l’introduzione di una fattispecie di reato totalmente nuova e diversa rispetto a quella di cui al precedente assetto ed incompatibile rispetto a quest’ultima, con conseguente implicita abrogazione della stessa ex articolo 15 Preleggi, sì che dovrebbe, nella specie, farsi applicazione non già dell’articolo 2, comma 4, c.p., bensì dell’articolo 2, comma 2, c.p In senso chiaramente ostativo rispetto a tale conclusione deve infatti essere evidenziato il mantenimento, in entrambe le figure, del medesimo nucleo caratterizzante il reato, ovvero la condotta omissiva del mancato versamento, rimasta chiaramente inalterata, senza che il mutamento del momento consumativo, inevitabilmente discendente, per quanto già spiegato, dalla diversa strutturazione quantitativo - temporale, possa condurre ad esiti diversi. Né può sottovalutarsi, nel senso concorrente alla conclusione qui esposta, il mantenimento della medesima sanzione già originariamente prevista. In definitiva, per concludere sul punto, deve ritenersi che il legislatore non abbia affatto inteso abrogare il reato di cui all’articolo 2, comma 1 bis, l. n. 638 del 1983 ma, lasciandone immutata la condotta omissiva, abbia inteso introdurre la necessità del superamento di un importo di per sé significativo, anche in ragione della mutata realtà socio - economica, caratterizzata da maggiori difficoltà di liquidità e del contemperamento con le esigenze connesse al sistema previdenziale - pensionistico, dell’indice di necessaria offensività della condotta. 8. Nella specie, allora, già dichiarata in primo grado l’improcedibilità del reato quanto al periodo dal terzo quadrimestre del 2006 a tutto il 2007 in ragione della intervenuta pregressa condanna, per le medesime mensilità, ad opera del decreto penale del 28/03/2009 esecutivo il 24/04/2009, è residuato, come emergente dagli atti, l’omesso versamento, per l’anno 2008, quand’anche in esso compresa la mensilità di gennaio per la quale la Corte d’Appello ha però già dichiarato l’estinzione per intervenuta prescrizione, di complessivi Euro 6.579,00 quale importo inferiore, dunque, al limite annuo considerato dalla legge come discrimine tra fatto penalmente rilevante e fatto sanzionabile unicamente in via amministrativa. Versandosi dunque, nella specie, in ipotesi di violazione, per così dire, sotto soglia , e facendosi allora applicazione della nuova norma sicuramente più favorevole rispetto alla precedente, il fatto contestato al ricorrente non è più previsto dalla legge come reato sicché, ex articolo 2, comma 2, c.p., la sentenza impugnata va annullata senza rinvio per tale ragione. Va solo precisato che tale formula assolutoria si impone anche in ragione della infondatezza delle censure formulate dal secondo al quarto motivo di ricorso volte a pretendere un difetto motivazionale quanto alla sussistenza stessa del reato. Con riguardo infatti alle doglianze del secondo e terzo motivo, la sentenza impugnata ha posto in evidenza, a fronte dell’invio dei modelli DM 10, la mancata risultanza in atti della natura dei crediti in ragione dei quali sarebbe intervenuta l’ammissione dei lavoratori al concordato preventivo sì da non emergere in alcun modo il mancato pagamento delle retribuzioni, mentre, con riguardo al quarto motivo, ha evidenziato la posteriorità, in ogni caso, del decreto di ammissione dell’imputato al concordato preventivo del 23/09/2008 rispetto alla scadenza di pagamento relativo all’ultima mensilità agosto 2008 contestata come non versata. 9. Peraltro, dovendo, ai sensi dell’articolo 8 del d.lgs. cit., le disposizioni del decreto che sostituiscono sanzioni penali con sanzioni amministrative applicarsi anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto stesso, sempre che il procedimento penale non sia stato definito con sentenza o con decreto divenuti irrevocabili, e dovendo, ai sensi del successivo articolo 9, farsi luogo alla trasmissione, all’autorità amministrativa competente, degli atti dei procedimenti penali relativi ai reati trasformati in illeciti amministrativi, salvo che il reato risulti prescritto o estinto per altra causa alla medesima data, deve essere disposta la trasmissione degli atti alla sede INPS di Ragusa in relazione alle mensilità non prescritte al momento dell’entrata in vigore della legge ovvero quelle da marzo ad agosto del 2008 . Va peraltro necessariamente precisato che, al fine dell’individuazione delle mensilità da considerarsi già prescritte per le quali tale obbligo di trasmissione non sussiste, non può che farsi riferimento, nella logica conseguente alla natura intertemporale della norma, al momento di consumazione, secondo le modalità, mese per mese, del reato, di cui al previgente regime e del resto una diversa opzione interpretativa comporterebbe, con una singolare eterogenesi dei fini, che nessuna trasmissione potrebbe essere attuata posto che, in base alla nuova disposizione, il reato, non avendo il mancato versamento oltrepassato la soglia di 10.000 Euro, non potrebbe nella specie considerarsi mai perfezionato. 10. Conclusivamente, la sentenza impugnata deve essere annullata, senza rinvio, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato dovendo inoltre disporsi la trasmissione degli atti alla sede INPS di Ragusa nei termini già sopra chiariti. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato dispone la trasmissione di copia degli atti alla Direzione provinciale INPS di Ragusa per quanto di competenza.