L’infondatezza del ricorso per cassazione non è ostativa alla rideterminazione della pena

A seguito della modifiche normative intervenute con la sentenza numero 32 del 2014 della Corte Costituzionale e della legge numero 79 del 16.05.2014 di conversione del decreto legge numero 36 del 2014, neppure l’infondatezza del ricorso per cassazione funge da ostacolo al ridimensionamento del trattamento sanzionatorio, atteso che la questione di legalità della pena deve essere rilevata d’ufficio ex art. 609 c.p.p., non potendosi considerare preclusiva la formazione del giudicato sostanziale.

La Corte di Cassazione, con la pronuncia 36860/16, depositata il 6 settembre, si è pronunciata in materia di sostanze stupefacenti, con riguardo alla rimodulazione della pena a seguito delle modifiche normative intervenute con la sentenza della Corte Costituzionale numero 32 del 2014 e della legge numero 79 del 16.05.2014 di conversione del decreto legge numero 36 del 2014. Il caso. La Corte d’appello di Ancona con sentenza del 21.12.2012, in parziale riforma della sentenza emessa il 06.07.2011 dal Tribunale di Ancona – sezione distaccata di Jesi, confermava il giudizio di colpevolezza nei confronti di un soggetto, presuntivamente tossicodipendente, accusato di detenzione di sostanze stupefacenti finalizzata alla cessione in favore di terzi. L’imputato, nella specie, veniva dichiarato colpevole per il reato di cui agli artt. 110 c.p. e 73, comma 5, d.P.R. 309/90, per aver detenuto in concorso con altri soggetti modiche dosi di eroina suddivise in involucri differenti. Avverso siffatto provvedimento ricorre per Cassazione l’imputato, a mezzo del proprio difensore, articolando una serie di motivi, tra i quali l’erronea applicazione della legge penale con riguardo alla disciplina del concorso di persone nel reato ed alla ritenuta detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio. I limiti tabellari indicati dall’ articolo 73-bis, comma 1°, lett.a del d.P.R. 309/1990. La Corte di Cassazione accoglie parzialmente il ricorso. Gli Ermellini non ritengono meritevole di condivisione nessuno dei motivi di ricorso proposti dalla difesa. Invero, la motivazione fornita dai Giudici territoriali è specifica e adeguata in più occasioni la Corte di legittimità ha evidenziato che il superamento dei limiti tabellari indicati dall’ articolo 73- bis , comma 1°, lett.a del d.P.R. 309/1990 non determina alcuna presunzione di destinazione della droga a terzi, dovendo il giudice valutare globalmente se assieme al parametro quantitativo vi siano altri indici sintomatici dell’attività di spaccio tali da escludere l’ipotesi dell’uso meramente personale. Nella specie, la difesa ha lasciato indimostrato l’addotto stato di tossicodipendenza del proprio assistito e non ha prodotto alcun elemento idoneo ad escludere il proprio contributo causale nell’attività di cessione a terzi della sostanza stupefacente rinvenuta nell’occasione dalla polizia giudiziaria operante. La sentenza merita di essere annullata dal punto di vista sanzionatorio. Deve essere rilevata d’ufficio l’illegalità della pena inflitta. Nelle more del giudizio è intervenuta la sentenza pronunciata dalla Corte Costituzionale numero 32 del 2014, nonché la legge numero 79 del 16.05.2014 di conversione del decreto legge numero 36 del 2014, mediante cui è stata ribadita la natura di reato autonomo dell’ipotesi criminosa contemplata dal comma 5° dell’articolo 73 del d.P.R. 309/90, per tutti i tipi di stupefacenti, con pena rimodulata tra il minimo edittale di sei mesi di reclusione ed euro 1.032 di multa ed il massimo edittale di anni 4 di reclusione ed euro 10.239,00 di multa. Ebbene in ragione del principio del favor rei che ispira la disciplina in materia di successione di leggi penali nel tempo, ai processi in corso deve essere applicata la normativa innanzi detta. V’è di più. Nell’ambito della sentenza in esame i Giudici della Terza sezione statuiscono che neppure l’infondatezza del ricorso per cassazione funge da ostacolo al ridimensionamento del trattamento sanzionatorio, atteso che la questione di legalità della pena deve essere rilevata d’ufficio ex articolo 609 c.p.p., non potendosi considerare preclusiva la formazione del giudicato sostanziale. In definitiva, laddove le modifiche dell’assetto normativo risultino intervenute successivamente alla decisione dei giudici di secondo grado, a prescindere dalla fondatezza o meno del ricorso, dovrà essere necessariamente disposto d’ufficio dal Giudice di legittimità, ex articolo 609 c.p.p., l’annullamento della sentenza per il ridimensionamento del trattamento sanzionatorio.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 28 giugno – 6 settembre 2016, n. 36860 Presidente Ramacci – Relatore De Masi Ritenuto in fatto Con sentenza del 21/12/2012, la Corte di Appello di Ancona, in parziale riforma la della sentenza emessa il 6/7/2011 dal Tribunale di Ancona - Sezione Distaccata di Jesi, nei confronti - tra gli altri - di M.L. , dichiarato responsabile del reato di cui agli artt. 110 c.p., 73, co. 5, D.P.R. n. 309 del 1990 in relazione alla detenzione a fine di cessione a terzi di più involucri contenenti ciascuno gr. 0,95 lordi di eroina, gr.0,39 lordi di eroina, gr. 0,34 lordi di eroina, gr. 2,70 lordi di eroina, gr. 2,62 lordi di eroina, gr. 0,88 lordi di eroina, ha assolto l’imputato con riferimento alla contestata detenzione, presso abitazione, di gr. 15,38 di hashish, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato ed ha rideterminato la pena, con le già concesse attenuanti generiche, in mesi di reclusione ed Euro 4.000,00 di multa. Avverso la sentenza il M. , tramite difensore fiduciario, propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi di doglianza. Con un primo motivo, deduce, ai sensi dell’art. 606, co.1, lett. b , c.p.p., inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale, con riguardo alla disciplina del concorso di persone ed alla ritenuta detenzione di sostanza stupefacente al fine dell’illecita cessione a terzi. Evidenza la difesa che, ai sensi dell’art. 73, co. 1 bis lett. a , D.P.R. n. 309 del 1990, il superamento del tetto tabellare non determina alcuna presunzione di spaccio e che nella fattispecie de qua non è emersa alcuna prova certa, neppure a livello meramente indiziario, della penale responsabilità dell’imputato, trovato in possesso unicamente di gr. 0,95 lordi di sostanza stupefacente del tipo eroina, posta sul sedile lato guida dell’autovettura dal medesimo condotta, mentre le altre due dosi rispettivamente di gr. 0,34 e gr. 0,39 sono state gettate dal finestrino dell’autovettura sulla quale viaggiavano il M. ed il coimputato C.G. - separatamente giudicato - quest’ultimo risultato in possesso rispettivamente di gr. 2,70, gr. 2,62 e gr. 0,88 lordi di eroina, dunque, erroneamente attribuite all’odierno ricorrente dai Carabinieri che erano al momento interventi. Evidenzia altresì che la sostanza stupefacente in sequestro non è stata sottoposta ad analisi per accertarne il principio attivo per cui neppure poteva escludersi la compatibilità della detenzione con l’uso personale del M. , tossicodipendente, in quel periodo, in trattamento terapeutico con metadone e, dopo l’arresto, entrato nella comunità OMISSIS , che lo stesso aveva le disponibilità economiche per acquistare lo stupefacente senza essere costretto a cederlo a terzi e che la circostanza che era stata del tutto sottovalutata dagli inquirenti che l’autovettura era di proprietà di S.S. . Con un secondo motivo, deduce l’erronea applicazione dell’art. 110 c.p., in tema di concorso di persone nel reato, non essendo sufficiente il richiamo, operato dalla Corte di Appello, all’utilizzo dell’autovettura ed alla condivisione degli strumenti utilizzati per la preparazione delle dosi, questi ultimi rinvenuti nell’abitazione del M. , essendo le posizioni processuali dei coimputati distinte ed autonome, essendo all’odierno ricorrente riferibili solo tre involucri contenenti ciascuno gr. 0,95 lordi di eroina, gr. 0,39 lordi di eroina, gr. 0,34 lordi di eroina, ed alcuni attrezzi e materiali per il confezionamento, ed al coimputato tre involucri contenenti eroina rispettivamente del peso lordo di gr. 2,70, gr. 2,62 e gr. 0,88, un bilancino ed altro, sicché più corretto sarebbe stato, ad avviso della difesa del M. , un contestazione che tenesse conto separatamente di tali circostanze. Deduce altresì che il P.M. aveva indicato come testi alcuni degli operanti S. , D.B. , N. e che ove fosse stata fatta corretta applicazione dell’art. 507 c.p.p. non poteva essere ammesso e sentito come nuovo testimone il P. , disposizione che richiede precisi presupposti per disporre nuovi mezzi di prova. Con un terzo motivo, deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b , c.p.p., manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione della impugnata sentenza, in quanto la Corte di Appello, travisando le emergenze dibattimentali, avrebbe omesso di considerare elementi di valenza risolutiva, quali l’incerta quantità e qualità della sostanza in sequestro, ivi compresa quella individuata come mannitolo, nonché il rinvenimento del bilancino addosso al coimputato, che lo celava all’interno delle mutande, l’uso della carta cellophane per sentire la droga e verificarne la buona qualità, la proprietà dell’autovettura, le disponibilità economiche del M. . Considerato in diritto I motivi di ricorso sono infondati ma la sentenza merita di essere annullata nei limiti e per le ragioni di seguito precisati. Va disatteso il primo motivo di doglianza in quanto la penale responsabilità dell’imputato, in relazione alla contestata detenzione finalizzata alla cessione a terzi della sostanza stupefacente eroina , riposa su di una molteplicità di elementi indiziari che la Corte territoriale ha valutato globalmente ed ha escluso il rilievo della condizione di tossicodipendente avuto riguardo alle particolarmente modeste condizioni finanziarie del M. , alla suddivisione dell’eroina in sei involucri di plastica, le c.d. palline che vengono cedute dallo spacciatore al tossicodipendente , al rinvenimento nell’autovettura del bilancino di precisione, strumento evidentemente finalizzato al confezionamento delle dosi , atteso che un diverso impiego di tale strumento non è ipotizzabile , al rinvenimento, in un involucro a parte, di una polvere diversa dall’eroina, sia essa mannitolo o altro che rafforza, sempre per il tramite di un percorso logico-induttivo, l’ipotesi accusatoria , atteso che il tossicodipendente non taglia la droga a sé destinata e ciò già basterebbe ad escludere l’uso esclusivamente personale, e ciò anche a prescindere dalla capacità drogante della sostanza in sequestro. Si tratta di motivazione specifica ed adeguata ed il motivo di ricorso si risolve in una censura in fatto con la quale ci si limita a chiedere, in questa sede di legittimità, una lettura alternativa delle risultanze probatorie piuttosto che a indicare vizio logici della motivazione della impugnata sentenza che, peraltro, è in linea con la giurisprudenza di questa Corte secondo cui il solo dato ponderale dello stupefacente rinvenuto - e l’eventuale superamento dei limiti tabellari indicati dall’art. 73-bis, comma primo, lett. a , del D.P.R. n. 309 del 1990 - non determina alcuna presunzione di destinazione della droga ad un uso non personale, dovendo il giudice valutare globalmente, anche sulla base degli ulteriori parametri normativi, se, assieme al dato quantitativo che acquista maggiore rilevanza indiziaria al crescere del numero delle dosi ricavabili , le modalità di presentazione e le altre circostanze dell’azione siano tali da escludere una finalità meramente personale della detenzione ex multis, Sez. 3, n. 46610 del 9/10/2014, P.G. in procomma Salaman, Rv. 260991 . Va disatteso anche il secondo motivo di doglianza. Ed infatti, quanto alla dedotta questione concernente la configurabilità del concorso è sufficiente rilevare come i giudici di appello abbiamo posto in risalto l’utilizzo della medesima autovettura e la condivisione degli strumenti utilizzati per la predisposizione delle dosi , circostanze ritenute, con motivazione del tutto logica, sufficienti a dimostrare la compartecipazione all’altrui attività criminosa con volontà di adesione che integra il dolo del concorso nel reato. Infondatamente, inoltre, il ricorrente deduce che ove fosse stata fatta corretta applicazione dell’art. 507 c.p.p. non avrebbe potuto essere ammesso e sentito come testimone il P. , avendo il P.M. rinunciato ad uno dei testi indicati nonostante l’opposizione della difesa dell’imputato, atteso che la censura, cui la Corte territoriale ha dato corretta risposta, non involge profili di inutilizzabilità della prova o di nullità di ordine generale ricollegabile all’art. 178, lett. c , c.p.p., e non tiene conto del principio giurisprudenziale secondo cui, in tema di diritto alla prova, quando una parte nella specie, il P.M. rinuncia all’esame di un proprio testimone, le altre parti nella specie, la difesa dell’imputato hanno diritto a procedervi solo se questo era inserito nella loro lista testimoniale - circostanza che qui non ricorre - valendo altrimenti la loro richiesta come mera sollecitazione all’esercizio dei poteri officiosi del giudice Sez. 1, n. 13338 del 4/3/2015, Zappone, Rv. 263095 . Cionondimeno, la sentenza merita, quanto al trattamento sanzionatorio, di essere annullata, vendo in rilievo il tema della illegalità della pena, in relazione alle sopravvenute vicende normative di cui appresso. Occorre infatti tener conto, quanto al trattamento sanzionatorio, delle modifiche normative conseguenti alla sentenza della Corte Costituzionale n. 32 del 2014 e della legge n. 79 del 16.5.2014 di conversione del decreto legge n. 36 del 2014, con la quale è stata ribadita la natura di reato autonomo dell’ipotesi di cui al comma 5 del D.P.R. 309/90 per tutti i tipi di stupefacenti e rimodulata la pena da 6 mesi a 4 anni di reclusione e da Euro 1.032 ad Euro 10.239 di multa. Ritiene il Collegio che alla applicazione della nuova normativa nei processi in corso, in quanto più favorevole, non sia di ostacolo neppure l’infondatezza del ricorso in quanto la questione di legalità della pena deve essere rilevata di ufficio ex art. 609 c.p.p., non potendosi considerare preclusiva la formazione del giudicato in senso sostanziale, atteso che le modifiche dell’assetto normativo sono intervenute successivamente alla pronuncia della decisione dei giudici di appello 21/12/2012 e non era, pertanto, possibile tenerne conto. Si impone, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio alla Corte di appello competente, con la precisazione che il capo concernente la responsabilità penale è divenuto ai sensi dell’art. 624 c.p.p. irrevocabile. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della pena, con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Roma. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.